N. 62 SENTENZA 9 - 12 febbraio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Rilevanza   della   questione   -   Eccepito   difetto   -   Ritenuta
  inapplicabilita'   della  norma  censurata  al  caso  di  specie  -
  Insussistenza.
Locazione  di immobili urbani - Immobili ad uso abitativo - Procedure
  esecutive   di   rilascio   -   Sospensione  ex  lege  -  Lamentata
  irragionevole    disparita'    di   trattamento   degli   inquilini
  beneficiari,  rispetto  a quelli individuati dalla legge n. 431 del
  1998  -  Inconferenza  del  tertium  comparationis  evocato  -  Non
  fondatezza della questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 20.
- Costituzione, art. 3 (in relazione all'art. 6, comma 5, della legge
  9 dicembre 1998, n. 431).
Locazione  di immobili urbani - Immobili ad uso abitativo - Procedure
  esecutive  di  rilascio - Sospensione ex lege - Requisiti personali
  degli  inquilini  beneficiari  - Presenza nel «nucleo familiare» di
  ultrasessantacinquenni  o  handicappati gravi - Mancato riferimento
  temporale relativo al possesso del requisito - Lamentata intrinseca
  irrazionalita' - Possibilita' di interpretazione compatibile con la
  Costituzione  -  Riferibilita'  del possesso del requisito ad epoca
  anteriore   alla   cessazione  del  rapporto  di  locazione  -  Non
  fondatezza, nei sensi di cui in motivazione, della questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 80, comma 20.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.7 del 18-2-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA,  Annibale  MARINI,  Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 20,
della  legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2001),  promosso  con  ordinanza del 14 gennaio 2003 dal Tribunale di
Palermo  nel  procedimento  civile vertente tra Balistreri Giuseppe e
Ferraro  Angela,  iscritta  al  n. 302  del registro ordinanze 2003 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 novembre 2003 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Tribunale  di  Palermo,  nel  corso  di un processo di
opposizione all'esecuzione di un provvedimento di rilascio per finita
locazione,  in  cui  il conduttore opponente aveva dedotto di versare
nelle  condizioni,  previste  dall'art. 80,  comma 20, della legge 23
dicembre  2000,  n. 388  (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001) al fine
di  ottenere  la  sospensione dell'esecuzione medesima (nella specie,
per   avere  nel  nucleo  familiare  un  ultrasessantacinquenne,  non
disponendo  di  altra abitazione o di redditi sufficienti ad accedere
alla  locazione  di  altro immobile), con ordinanza pronunziata il 14
gennaio   2003,   ha   sollevato,  in  riferimento  all'art. 3  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 80,
comma 20, della legge n. 388 del 2000.
    Il  giudice  rimettente  riferisce  che,  promossa  l'opposizione
all'esecuzione  con  ricorso  depositato il 24 gennaio 2002 - e cioe'
nella vigenza del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito,
con  modificazioni,  dall'art. 1 della legge 27 febbraio 2002, n. 14,
che  aveva prorogato fino al 30 giugno 2002 il termine di sospensione
previsto  dalla  norma impugnata - con ordinanza del 3 giugno 2002 e'
stata  revocata  la  sospensione,  concessa in via d'urgenza ai sensi
dell'art. 625,  secondo  comma,  cod.  proc. civ., per la carenza del
requisito personale, richiesto dal citato art. 80, comma 20, in uno a
quello  reddituale,  consistente  nella presenza nel nucleo familiare
del conduttore di persona ultrasessantacinquenne o handicappata grave
e che, nel vigore della successiva proroga del termine di sospensione
-  disposta  fino  al 30 giugno 2003 dall'art. 1 del decreto-legge 20
giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della
legge 1° agosto 2002, n. 185 - con istanza depositata il 16 settembre
2002  l'opponente  ha  chiesto,  e  poi ottenuto in via cautelare, la
revoca  dell'ordinanza  del  3  giugno 2002, avendo prodotto un nuovo
certificato  di  stato  di  famiglia e di residenza dal quale risulta
inclusa     nel     proprio     nucleo    familiare    una    persona
ultrasessantacinquenne. Sull'istanza della locatrice-opposta, diretta
alla  revoca  della  nuova ordinanza di sospensione, e' stata rimessa
alla Corte la questione in esame.
    Il  giudice  rimettente  osserva  che  l'art. 1 del decreto-legge
n. 450  del 2001, vigente al momento della instaurazione del giudizio
a  quo,  nel  disporre l'ulteriore proroga del termine di sospensione
delle  procedure  di rilascio, non precisava le modalita' processuali
con  cui  i soggetti in possesso dei requisiti previsti dall'art. 80,
comma   20,  della  legge  n. 388  del  2000  potessero  ottenere  il
riconoscimento  di  detto  beneficio,  ragion per cui il Tribunale di
Palermo,  come  del  resto  molti  altri,  aveva  ritenuto necessaria
l'instaurazione,   come  nel  caso  di  specie,  di  un  giudizio  di
opposizione  all'esecuzione.  Solo il successivo decreto-legge n. 122
del  2002  aveva introdotto un apposito procedimento semplificato, ad
iniziativa   del   locatore,  senza  peraltro  dettare  alcuna  norma
transitoria  per  i  giudizi di opposizione gia' pendenti; sicche' il
processo in corso, ad opinione del rimettente, doveva essere istruito
e  definito  coerentemente  con  il rito e le forme imposte dall'atto
introduttivo.
    Il  Tribunale osserva, quanto alla rilevanza della questione, che
essa  concerne  una  norma  di  cui  va fatta applicazione in sede di
definizione   della  controversia  concernente  l'operativita'  della
sospensione ex lege dell'esecuzione.
    In  punto  di  non  manifesta infondatezza, il giudice rimettente
considera   poi   come   -   in  assenza  di  qualsivoglia  norma  di
coordinamento  tra la legge n. 388 del 2000 (e successive proroghe) e
la  legge  9  dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del
rilascio  degli immobili adibiti ad uso abitativo), dettanti peraltro
discipline  fondate  su diversi presupposti (la prima non tiene alcun
conto,  a  differenza della seconda, delle condizioni del locatore) -
entrambe   possono   ritenersi  contemporaneamente  e  parallelamente
operanti.  Cio'  posto,  e  valutata l'impossibilita' di applicare al
caso  concreto l'art. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998, stante
il  suo  carattere  di  eccezionalita',  il  giudice  a  quo  ritiene
irragionevole  il  diverso  trattamento  previsto dal legislatore del
2000:   l'art.   80,   comma  20,  infatti,  prevede  come  requisito
concorrente  con quello reddituale, alternativamente, la presenza nel
nucleo familiare del conduttore di un soggetto ultrasessantacinquenne
o  affetto da grave handicap, ma non prevede - a differenza dell'art.
6, comma 5 - che il soggetto il quale versi in tali condizioni faccia
parte  del  nucleo  familiare  e  sia convivente con il conduttore da
almeno sei mesi.
    Osserva  ancora  il  Tribunale  che dagli atti del giudizio a quo
risulta  che  il soggetto ultrasessantacinquenne, la cui presenza nel
nucleo  familiare  del  conduttore  legittimerebbe l'accoglimento del
ricorso,  e'  entrato a comporre detto nucleo solo in data successiva
sia   alla  proposizione  della  domanda  che  alla  prima  pronunzia
cautelare  sulla  stessa;  circostanza che, ad avviso del rimettente,
non  influirebbe  sulla  decisione  dell'opposizione ex art. 615 cod.
proc.  civ.,  avente ad oggetto l'accertamento dei requisiti indicati
dal   citato   art.   80,   comma   20,   tra  i  quali  non  figura,
irragionevolmente,   quello   temporale   (con   grave   rischio   di
strumentalizzazioni e distorsioni).
    Considera  infine  il giudice a quo come neppure la temporaneita'
della norma denunciata possa costituire ostacolo alla rilevanza della
questione,  viste  le  numerose  proroghe  di  cui essa e' gia' stata
oggetto e quelle possibili per il futuro.
    2. - E' intervenuto, rappresentato dall'Avvocatura generale dello
Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri il quale ha eccepito,
in    primo    luogo,    l'inammissibilita'   della   questione   per
l'inapplicabilita'  nel  giudizio  a  quo  della invocata sospensione
dell'esecuzione  per  rilascio  di immobili adibiti ad uso abitativo:
tale  sospensione,  prevista dal piu' volte citato art. 80, comma 20,
e'  stata prorogata dall'art. 1 del decreto-legge n. 122 del 2002, il
quale  fa  riferimento  alla precedente proroga disposta dall'art. 1,
comma  1,  del  decreto-legge n. 450 del 2001, la quale, a sua volta,
faceva  riferimento  alle  procedure  «iniziate  nei  confronti degli
inquilini in possesso dei requisiti indicati al comma 20 dell'art. 80
della  legge  23  dicembre  2000,  n. 388»;  sicche' di tali proroghe
potrebbero  beneficiare  soltanto  gli  inquilini  nei  cui confronti
fossero  state  iniziate procedure di sfratto alla data di entrata in
vigore della legge n. 388 del 2000.
    Ad   avviso  della  difesa  erariale  intervenuta,  la  questione
sollevata sarebbe comunque manifestamente infondata nel merito per la
disomogeneita' delle situazioni comparate, posto che l'art. 80, comma
20,  della  legge n. 388 del 2000, nel disporre provvidenze pubbliche
in  favore  di inquilini bisognosi assoggettati a procedure esecutive
di  sfratto,  prevede,  in  via  moratoria, la sospensione ex lege di
queste   ultime  al  ricorrere  di  determinati  presupposti,  mentre
l'art. 6, comma 5, della legge n. 431 del 1998 e' norma a regime che,
ricorrendo  taluni  requisiti (tra i quali, peraltro, non v'e' quello
di avere nel nucleo familiare soggetto ultrasessantacinquenne diverso
dal  conduttore), dispone il differimento, fino ad un termine massimo
di  diciotto  mesi,  delle  esecuzioni di cui al comma 1 del medesimo
articolo.

                       Considerato in diritto

    1.   -   Il   Tribunale  di  Palermo  dubita  della  legittimita'
costituzionale, in relazione all'art. 3 della Costituzione, dell'art.
80,  comma 20, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2001),  in quanto creerebbe una irragionevole disparita'
di trattamento, ai fini della sospensione delle procedure di sfratto,
tra  gli  inquilini  ai  quali tale norma fa riferimento e quelli che
debbono  valersi  del  disposto  dell'art.  6, comma 5, della legge 9
dicembre  1998,  n. 431  (Disciplina  delle  locazioni e del rilascio
degli  immobili  adibiti ad uso abitativo), ed in quanto, inoltre, la
norma  impugnata  sarebbe di per se' «del tutto irragionevole» per la
mancata previsione di un riferimento temporale quanto al possesso dei
requisiti   richiesti   all'inquilino   per   poter  usufruire  della
sospensione stessa.
    2.    -   Preliminarmente   deve   respingersi   l'eccezione   di
inammissibilita'  proposta  dall'Avvocatura erariale, ad avviso della
quale  la  norma impugnata non potrebbe applicarsi al caso di specie;
sicche'   la   questione   di   legittimita'  costituzionale  sarebbe
irrilevante.
    Tale  tesi  si  fonda  sul  rilievo  che  - poiche' il periodo di
sospensione  (originariamente  di  180  giorni dall'entrata in vigore
della  legge n. 388 del 2000) e' stato prorogato (dapprima fino al 31
dicembre 2001: decreto-legge 2 luglio 2001, n. 247; quindi fino al 30
giugno  2002:  decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450; poi fino al 30
giugno  2003: decreto-legge 20 giugno 2002, n. 122; da ultimo fino al
30   giugno   2004:   decreto-legge   24  giugno  2003,  n. 147)  con
formulazione  che  fa  riferimento  alla «sospensione delle procedure
esecutive  ...,  gia'  disposta  ai sensi dell'art. 80, comma 22 ...,
iniziate  nei  confronti  degli  inquilini  in possesso dei requisiti
indicati al comma 20 ...» - tali proroghe riguarderebbero soltanto le
procedure  gia'  iniziate  alla data di entrata in vigore della legge
n. 388 del 2000 e, come tali, «investite» dalla sospensione da quella
legge introdotta.
    Tale  interpretazione,  pur  se  possibile  in  base  alle parole
sopratrascritte  della  norma,  e'  improponibile in quanto - anche a
prescindere  dalla  sua  dubbia conformita' a Costituzione (art. 3) -
essa trascura di considerare che la lettera dei vari decreti-legge di
proroga va coordinata con il disposto dell'art. 80 della legge n. 388
del  2000, il quale prevede una sospensione delle procedure esecutive
di  sfratto  coordinata  al  reperimento,  da  parte  dei  comuni, di
immobili  da  destinare  agli inquilini che versino nelle particolari
condizioni  di  bisogno  ivi indicate. Essendo indubbio che l'art. 80
citato  non  e' norma che esaurisca la sua efficacia allo scadere dei
180  giorni  dalla  sua  entrata  in vigore - e cioe' a quella che la
norma   stessa   definisce,   significativamente,   la   sua   «prima
applicazione»  -  ma,  al contrario, una norma che mira ad avviare un
meccanismo  permanente di reperimento da parte dei comuni di immobili
da  destinare  a persone bisognose soggette a sfratti, e' altrettanto
indubbio che i successivi provvedimenti di proroga investono la norma
di  base  in  tutta  la sua portata «permanente», e non gia' limitata
alla   sua   prima   (e,  secondo  la  tesi  dell'Avvocatura,  unica)
applicazione.
    In  conclusione, un'interpretazione sistematicamente corretta del
combinato disposto dell'art. 80 citato e dei successivi provvedimenti
di  proroga  comporta  che  il  richiamo  operato  da tali successivi
provvedimenti  all'art.  80  mira  esclusivamente  ad  individuare  i
requisiti  soggettivi che, del tutto a prescindere dal momento in cui
e  iniziata  o  potrebbe  iniziare la procedura esecutiva di sfratto,
debbono possedere gli inquilini beneficiari della proroga.
    3.  -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  posta dal
rimettente  assumendo  quale tertium comparationis l'art. 6, comma 5,
della  legge  n. 431  del  1998  e' infondata, non potendo tale norma
essere adottata quale termine di confronto con la norma impugnata.
    Di  cio', invero, sembra aver consapevolezza lo stesso rimettente
allorquando rileva che l'art. 6, comma 5, citato non consente, attesa
la  sua  eccezionalita',  una  applicazione  analogica  del requisito
temporale  in  esso  previsto;  e  la  circostanza che, ad avviso del
rimettente,   sia   «altrettanto   eccezionale»  la  norma  impugnata
conferma,    con   l'impraticabilita'   del   ricorso   all'analogia,
l'impossibilita' di operare un confronto tra le due norme indicate.
    In   effetti   -  a  prescindere  dalla  correttezza  della  loro
qualificazione  come  «eccezionali»  - le due norme (art. 6, comma 5,
della  legge  n. 431  del  1998 e art. 80, commi 20 - 22, della legge
n. 388 del 2000) hanno in comune esclusivamente la generica finalita'
di procrastinare - nei comuni ad alta tensione abitativa - il momento
di  effettiva attuazione del rilascio forzato dell'immobile locato in
vista  della  piena  entrata  a  regime  del  sistema tendenzialmente
«liberalizzato»  introdotto  dalla  legge  n. 431  del 1998 (sentenza
n. 310  del  2003),  ma divergono radicalmente sotto altri e ben piu'
pregnanti profili.
    In  primo luogo, i requisiti soggettivi dei beneficiari delle due
norme  sono  profondamente  diversi:  non  soltanto perche' l'art. 6,
comma  5,  ha come destinatari inquilini nei cui confronti, attesa la
prevedibile  temporaneita'  del loro interesse ad occupare l'immobile
locato  (assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica o
di  ente  previdenziale  o  assicurativo;  prenotatario  di  alloggio
cooperativo  in  costruzione;  acquirente di alloggio in costruzione;
proprietario  di  alloggio che abbia iniziato azione di rilascio), la
procedura  esecutiva appare inopportuna per lo sproporzionato disagio
che  essa  creerebbe  all'inquilino  rispetto  al  vantaggio  che  ne
conseguirebbe   il  locatore,  ma  anche  perche',  laddove  ha  come
destinatari   inquilini   bisognosi  di  particolare  protezione,  li
individua  secondo  criteri divergenti da quelli utilizzati dall'art.
80,  comma  20, della legge n. 388 del 2000: in particolare, la prima
norma  considera disgiuntivamente le condizioni personali (eta' di 65
anni  del  conduttore,  cinque  o  piu'  figli a carico, presenza nel
nucleo  familiare  e convivenza da almeno sei mesi di un portatore di
handicap  o  di un malato terminale) e quelle reddituali («tipizzate»
nell'iscrizione  nelle  liste  di  mobilita' o nella percezione di un
trattamento  di  disoccupazione o di integrazione salariale), laddove
la  seconda norma esige sia le une (esistenza nel nucleo familiare di
ultrasessantacinquenni   o   handicappati   gravi)   sia   le   altre
(genericamente  individuate nel non disporre di altra abitazione o di
redditi sufficienti ad accedere all'affitto di una nuova casa).
    In  secondo  luogo,  e'  del tutto evidente - e tale da dar conto
anche  delle  segnalate differenze circa i requisiti soggettivi, - il
meccanismo  radicalmente  diverso  al  quale le due norme danno vita:
l'art.  6, comma 5, mira ad attenuare gli effetti, nei comuni ad alta
tensione    abitativa,    dell'entrata    a    regime   del   sistema
«liberalizzato»,  e  pertanto  prevede la possibilita' per il giudice
dell'esecuzione  di  accordare agli inquilini «normali», per una sola
volta  ed  a  loro  domanda, un termine di grazia non superiore a sei
mesi   con  decreto  avverso  il  quale  e'  proponibile  opposizione
(camerale)  e  la possibilita' di accordare agli inquilini «protetti»
il  differimento  dell'esecuzione  fino  a  diciotto mesi; l'art. 80,
commi   20   -   22,   invece,   prevede   una  sospensione  ex  lege
dell'esecuzione  (al  fine  di consentire ai comuni il reperimento di
immobili  da  destinare  agli sfrattati bisognosi) per il tempo dalla
legge stessa (via via) indicato.
    La  prima  norma  si  ispira  al  sistema  della graduazione, con
conseguente   previsione  di  un  potere  discrezionale  del  giudice
dell'esecuzione quanto alla fissazione del momento del rilascio entro
un  termine  determinato  nel massimo dalla legge, laddove la seconda
norma  -  prevedendo la sospensione automatica delle procedure per il
tempo  fissato  dalla  legge  -  risponde  alla  logica  propria  del
(nominalmente)   cessato   regime   c.d.   vincolistico:  sicche'  di
quest'ultima  norma  (e  non  certamente della prima) questa Corte ha
dovuto  sottolineare,  a  fronte  delle numerose proroghe che si sono
succedute  e che si sono sopra ricordate, che «la procedura esecutiva
... non puo' essere paralizzata indefinitamente con una serie di pure
e  semplici  proroghe,  oltre un ragionevole limite di tollerabilita'
[in quanto] il legislatore ... non puo' indefinitamente limitarsi ...
a  trasferire  l'onere  relativo  [alla  protezione  di  categorie di
soggetti  bisognosi]  in via esclusiva a carico del privato locatore»
(sentenza  n. 310 del 2003, che affronta un profilo di illegittimita'
costituzionale in questa sede non dedotto).
    Non  e'  casuale,  puo'  aggiungersi, ma ulteriore conferma della
profonda  diversita' delle due norme, che il decreto-legge n. 122 del
2002,  nel  disporre  la  terza  proroga  del  termine di sospensione
introdotto dalla legge n. 388 del 2000, abbia avvertito l'esigenza di
creare  un  procedimento  ad hoc - sostanzialmente inverso rispetto a
quello  di cui all'art. 6, commi 3 e 4, della legge n. 431 del 1998 -
secondo   il   quale   e'  il  locatore  a  dover  adire  il  giudice
dell'esecuzione  per  contestare la sussistenza dei presupposti della
sospensione  dedotti dall'inquilino in sede di accesso dell'ufficiale
giudiziario  (deduzione  di fronte alla quale l'ufficiale giudiziario
deve arrestare la sua attivita).
    In  conclusione,  la generica comune funzione di procrastinare il
compimento  dell'esecuzione  forzata  non  e'  tale,  a  fronte delle
radicali  difformita'  quanto  a  presupposti e struttura che si sono
indicate,  da consentire di utilizzare l'art. 6, comma 5, della legge
n. 431  del  1998,  quale  tertium  comparationis  nel  sindacato  di
legittimita'   costituzionale,  ex  art. 3  della  Costituzione,  del
censurato  art. 80, comma 20, della legge n. 388 del 2000; sicche' la
relativa questione deve ritenersi infondata.
    4.  - Infondata e' anche la questione sollevata con riguardo alla
intrinseca  irrazionalita'  della  norma  denunciata  per  la mancata
previsione  di  ogni riferimento al momento in cui deve sussistere il
possesso  dei  requisiti richiesti per usufruire della sospensione ex
lege della procedura esecutiva di sfratto.
    Osserva  questa  Corte  che  la  censura  sarebbe fondata qualora
davvero  la  norma consentisse esclusivamente la lettura che ne offre
il  giudice  rimettente,  ma  deve  escludersi  che  essa sia l'unica
consentita dal suo tenore letterale, e sottolinearsi, per contro, che
e'  ben  possibile  una  sua  interpretazione  conforme  al canone di
ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione.
    L'art.  80,  comma  20,  della  legge  n. 388  del 2000, infatti,
individua  i  beneficiari della sospensione negli «inquilini» nel cui
nucleo  familiare»  vi  siano  ultrasessantacinquenni  o handicappati
gravi.
    E'  del  tutto  evidente  che la locuzione «nucleo familiare» non
allude,  qui,  ad  un  concetto  tecnico  e ben definito (come fa, ad
esempio,  ai  fini  dell'individuazione dei beneficiari degli assegni
familiari,  l'art. 38  del  d.P.R.  n. 818  del  1957):  ai  fini del
soddisfacimento   dell'esigenza   di   godere   di  un'abitazione  il
legislatore   ricorre   -   senza  pretendere  di  interferire  nella
complessita'  e  varieta'  dei rapporti interpersonali, con l'operare
tra  di  essi  selezioni  che  suonerebbero  come  ingerenze in sfere
strettamente personali - ad una nozione empirica di nucleo familiare,
in tal modo alludendo ad un rapporto dotato di un grado di stabilita'
e  continuita'  tale  da  consentire  di  definirlo, a prescindere da
(meramente  eventuali)  relazioni di coniugio, parentela o affinita',
come afferente ad un «nucleo familiare».
    Peraltro, la norma de qua richiede che l'ultrasessantacinquenne o
l'handicappato    grave    sia    inserito   nel   nucleo   familiare
dell'«inquilino»,  e  cioe'  di  soggetto  che  occupa  l'immobile in
questione  in forza del titolo costituito dal contratto di locazione;
laddove  colui  che  occupa l'immobile dopo lo spirare del termine di
durata  della  locazione  e'  un  «occupante  senza titolo», tenuto a
corrispondere   al  proprietario  non  gia'  il  canone,  bensi'  una
indennita' (appunto) di occupazione.
    E'  evidente, allora, che l'esigenza di un minimo di stabilita' e
continuita'   della  relazione  interpersonale  sottesa  all'atecnica
locuzione  «nucleo familiare» e' soddisfatta dalla norma esigendo che
l'inserimento      nel      nucleo     familiare     del     soggetto
(ultrasessantacinquenne  o  handicappato grave) in relazione al quale
e'  concesso  il  beneficio  della  sospensione ex lege deve risalire
quanto meno al momento in cui sussisteva ed era efficace il contratto
di  locazione,  e  con esso la qualita' di «inquilino». Cosi' come e'
evidente   che   siffatto   requisito  e'  verificabile  dal  giudice
dell'esecuzione con rapidita' e semplicita' del tutto compatibili con
il  carattere  sommario dell'accertamento demandatogli dalla legge in
caso di contestazione da parte del locatore.
    Non a caso, d'altra parte, la giurisprudenza dominante intende il
requisito  reddituale  come  riferito  al complesso dei componenti il
«nucleo  familiare»,  ed adotta quale utile parametro di riferimento,
al  fine  di  stabilire se il reddito «familiare» sia sufficiente per
accedere  all'affitto  di  una  nuova abitazione, i limiti di reddito
stabiliti   (dalle  singole  normative  regionali  e  delle  Province
autonome)  per  conseguire  l'assegnazione di un alloggio di edilizia
residenziale  pubblica  (cfr.  circolare  del  Ministero  dei  lavori
pubblici  del  23 febbraio 2001): tale giurisprudenza, infatti, da un
lato  presuppone  che  «nucleo familiare» possa definirsi solo quello
connotato  da  un  minimo  di  stabilita' e continuita' e, dall'altro
lato, conferma che il requisito reddituale (del nucleo familiare) per
godere  della  sospensione  dello  sfratto deve sussistere al momento
(cessazione  della  locazione)  determinante per quello («speculare»)
dell'inserimento  nelle  graduatorie  dei  potenziali  assegnatari di
alloggi di edilizia residenziale pubblica.
    Interpretata nel senso per cui l'inserimento nel nucleo familiare
dell'ultrasessantacinquenne  o  dell'handicappato grave deve risalire
ad epoca anteriore alla cessazione del rapporto di locazione la norma
denunciata  si  sottrae  ad  ogni  censura  di  irrazionalita' per la
(pretesa)  assenza,  in  essa,  di un riferimento temporale quanto al
possesso dei requisiti richiesti per beneficiare della sospensione ex
lege della procedura di sfratto.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non  fondata,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione, la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  80, comma 20,
della  legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2001),  sollevata,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal
Tribunale di Palermo, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Vaccarella
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 febbraio 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
04C0200