N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2003

Ordinanza emessa il 21 novembre 2003 dal tribunale di sorveglianza di
Bari sul reclamo proposto da p.m.

Ordinamento  penitenziario - Sospensione condizionata dell'esecuzione
  della  parte  finale della pena detentiva - Ammissione al beneficio
  delle  persone  condannate  che abbiano subito la revoca, per fatto
  colpevole,   di   una   misura   alternativa   alla   detenzione  -
  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto ai condannati
  ammessi  alle  misure  alternative  alla detenzione (per i quali la
  sospensione non si applica) - Violazione del principio di finalita'
  rieducativa della pena.
- Legge 1° agosto 2003, n. 207, art. 1, comma 3, lett. d).
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma secondo [recte: comma terzo].
(GU n.9 del 3-3-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    A   scioglimento   della  riserva  espressa  all'udienza  dell'11
novembre 2003, nel procedimento avente ad oggetto il reclamo del p.m.
avverso  l'ordinanza  in  data  13  settembre  2003 del magistrato di
sorveglianza  di  Bari di concessione del beneficio della sospensione
condizionata  dell'esecuzione  della  pena  detentiva  ai sensi della
legge  n. 207/2003 nei confronti di Picerno Leonardo, nato a Altamura
il 20 marzo 1977, ivi residente, V. Maggio 1648 n. 139;
    Sentite le parti,
    Su conforme parere del s.p.g.;
    Ha emesso la seguente ordinanza.

                              In fatto

    Con  ordinanza  in  data  13  settembre  2003,  il  magistrato di
sorveglianza  di  Bari  concedeva  a  Picerno  Leonardo,  in epigrafe
generalizzato,    il   beneficio   della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione  della  parte  finale  della pena detentiva, ai sensi
della  legge  n. 207/2003,  in  relazione  alla  condanna di cui alla
sentenza 27 aprile 1999 g.i.p. del Tribunale di Bari.
    Con  atto  pervenuto in data 20 settembre 2003, il p.m. presso il
Tribunale  di Bari proponeva reclamo avverso la predetta ordinanza ai
sensi  dell'art. 2,  comma  2,  legge  succitata, lamentando l'errata
applicazione   della  legge  in  questione  nella  parte  in  cui  il
magistrato  di  sorveglianza aveva ritenuto di applicare il beneficio
anche  a  soggetto  nei  confronti  del  quale  fosse  intervenuto un
provvedimento  di  revoca di misura alternativa; e cio', in contrasto
con   l'art. 1,  comma  3,  lett. d)  della  legge  n. 207/2003  che,
escludendo  dal  beneficio  della  sospensione  dell'esecuzione della
parte  finale  della pena detentiva le persone che, dopo la condanna,
fossero  state  ammesse  a misure alternative alla detenzione, poneva
una preclusione anche nei confronti di coloro che - come il Picerno -
pur  ammessi a misure alternative, ne avessero successivamente subito
la revoca.
    Per  tali  motivi  il  p.m.  reclamante  chiedeva al tribunale di
sorveglianza  la riforma del provvedimento impugnato o, in subordine,
la   proposizione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  comma  3,  lett. d), nella parte in cui consente che la
sospensione  condizionata  dell'esecuzione  della  parte finale della
pena detentiva operi anche nei confronti della persona condannata che
abbia subito la revoca di una misura alternativa alla detenzione.

                             In diritto

    Ad  avviso  del  collegio,  la  questione  appare rilevante e non
manifestamente infondata.
    Invero,  l'art. 1,  comma  3,  lett. d)  della  legge n. 207/2003
esclude   dalla   concessione   del   beneficio   della   sospensione
dell'esecuzione  della  parte  finale della pena detentiva le persone
che,  dopo la condanna, siano state ammesse a misure alternative alla
detenzione;  e'  il  caso  del  Picerno  che, con ordinanza di questo
Tribunale  di sorveglianza di Lecce in data 26 marzo 2002, fu ammesso
al  regime  di affidamento in prova ai ss., subendo poi la revoca del
beneficio.
    Ora,  l'art. 7  della legge n. 207/2003 (che testualmente prevede
che  «Le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti
dei  condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione
della  pena  alla data di entrata in vigore della medesima»), ha solo
il  valore di norma di chiusura, destinata ad individuare il criterio
temporale  per  l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma
non  anche  di  individuare  le condizioni sostanziali, soggettive ed
oggettive,  per l'ammissione e/o l'esclusione del beneficio, che sono
invece  previste  dall'art. 1 della legge in questione. La lettera d)
di  tale  articolo  prevede, tra le condizioni ostative, l'ammissione
del  condannato  ad  una  misura  alternativa alla detenzione, ma non
anche  l'attualita'  di  tale  condizione:  pertanto,  la  condizione
ostativa  deve ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati
nei  cui  confronti  la  misura alternativa alla detenzione sia stata
revocata successivamente all'ammissione.
    Una  diversa  interpretazione  della  norma  -  fondata  sul dato
meramente  letterale  -  appare  in  contrasto  con  la Costituzione,
perche'  ancora  ad  un  dato  meramente  temporale  (essere  o  meno
sottoposto  a misura alternativa alla data di entrata in vigore della
legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in
tal  modo  dipendente  da  una  circostanza  meramente  aleatoria, in
violazione  del  principio  di  ragionevolezza. Per altro verso, poi,
essa  discrimina  ingiustamente  la  condizione di chi, essendo stato
ammesso  a  misura  alternativa  alla detenzione, non abbia subito la
revoca della stessa e che pertanto, avendo rispettato le prescrizioni
di   legge,   verrebbe   escluso   dal  beneficio  de1la  sospensione
dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, a differenza
di  chi  abbia  subito  la  revoca  di  misura  alternativa  che,  al
contrario, potrebbe fruire di detto beneficio.
    Tale  interpretazione  appare  in  contrasto  con il principio di
uguaglianza dei cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione: se e'
vero,  infatti, che tale principio viene pur sempre rispettato quando
le situazioni disciplinate diversamente non siano identiche fra loro,
e'  anche  vero,  pero',  che  nel  caso  in  esame la condizione del
condannato  cui sia stata revocata una misura alternativa e' diversa,
ma  senz'altro  deteriore, rispetto a quella di chi, ammesso a misura
alternativa,  non  ne  abbia  subito  la revoca. Il primo dunque, pur
trovandosi  in  una  situazione soggettivamente deteriore rispetto al
secondo,  potrebbe  pero'  ugualmente  fruire  del beneficio, con una
vistosa  ed ingiustificata disparita' di trattamenta' rispetto a chi,
originariamente  nella  sua stessa condizione, abbia invece tenuto un
comportamento  osservante  delle  prescrizioni,  come  tale in teoria
meritevole  di  maggiore  tutela  (e che pertanto sarebbe addirittura
legittimato al perverso gioco di farsi revocare la misura alternativa
pur   di   fruire   in   seguito   della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione della pena!).
    Ne  consegue  che  il  mancato inserimento, tra le cause ostative
alla  concessione  del  beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003,
delle  ipotesi di cui all'art. 58-quater legge n. 354/1975 appare per
un verso irragionevole (l'art. 58-quater vieta infatti la concessione
di  misure  le  cui prescrizioni sono ben piu' rigorose di quelle del
beneficio  de  quo,  sicche'  non  appare razionale un sistema che, a
fronte  di determinati comportamenti del condannato, gli neghi per un
certo   periodo  dei  benefici  penitenziari,  ma  nel  contempo  gli
riconosca  il  diritto  di  ottenerne  immediatamente  un  altro piu'
favorevole),  e  per  altro  verso  contrastante  con  i  principi di
uguaglianza  e  di finalita' rieducativa della pena (la legge de qua,
difatti,  pare  concedere  al condannato autore di trasgressioni agli
obblighi o persino di reati in corso di misura alternativa - cioe' ad
un  soggetto  rivelatosi  per facta concludentia poco affidabile - un
beneficio  che,  contestualmente,  nega  invece  al  condannato  che,
essendo  stato  ammesso  a  misura  alternativa e non avendo commesso
violazioni,  si  presenta sicuramente come piu' meritevole), sicche',
in  definitiva,  non  manifestamente infondata appare la questione di
legittimita' costituzionale della disposizione de qua, nella parte in
cui  consente  l'ammissione  al  beneficio  di coloro i quali abbiano
subito la revoca, per fatto colpevole, della misura alternativa.
    Infine,  in  punto  di  rilevanza va evidenziato che la decisione
della  presente questione appare determinante ai fini della pronuncia
di questo collegio in ordine al proposto reclamo.
                              P. Q. M.
    Applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1,  comma  3,  lett. d) della
legge  n. 207/2003,  in riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma,
della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  consente l'ammissione al
beneficio  di  coloro  i  quali  abbiano  subito la revoca, per fatto
colpevole, della misura alternativa.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Sospende  il  procedimento  avente ad oggetto il reclamo del p.m.
presso  il Tribunale di Bari avverso l'ordinanza in data 15 settembre
2003 del magistrato di sorveglianza di Bari con cui e' stato concesso
a  Piperno Leonardo Emanuele, in a.g., il beneficio della sospensione
condizionata  dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva
di cui alla sent. 27 aprile 1999 g.i.p. Tribunale di Bari;
    Riserva  la definizione del suddetto procedimento all'esito della
decisione della Corte costituzionale.
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  ed  al Presidente del Consiglio dei ministri
nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Bari, addi' 11 novembre 2003
                       Il Presidente: Illuzzi
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