N. 45 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 settembre 2003

Ordinanza  emessa  il 18 settembre 2003 dalla Corte di cassazione sul
ricorso proposto da Pollice Paolo contro I.N.P.S.

Previdenza  e  assistenza  sociale - Pensioni INPS - Determinazione e
  aggiornamento  periodico  della  retribuzione di riferimento per la
  prosecuzione   contributiva   volontaria   -  Possibilita'  che  la
  contribuzione    volontaria    possa   superare   l'importo   della
  retribuzione media corrispondente alla piu' elevata delle classi di
  contribuzione  di  cui  alla tabella F allegata allo stesso decreto
  n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento, nell'art. 2, comma
  quarto,  al  limite massimo di retribuzione pensionabile vigente al
  momento  cui  si  riferisce  il  versamento  - Mancata previsione -
  Incidenza   sul   principio   di   uguaglianza   e  sulla  garanzia
  previdenziale.
- Decreto-legge  29 luglio  1981,  n. 402,  art. 2,  commi 3,  5 e 6,
  convertito,   con  modificazioni  nella  legge  26 settembre  1981,
  n. 437.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 38.
(GU n.9 del 3-3-2004 )
                       LA CORTE DI CASSAZIONE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso
proposto  da Pollice Paolo, elettivamente domiciliato in Roma, piazza
Cola  di Rienzo n. 69, presso lo studio dell'avvocato Paolo Boer, che
lo rappresenta e difende, giusta delega in atti - ricorrente;
    Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in
persona   del   legale   rappresentante  pro  tempore,  elettivamente
domiciliato  in  Roma,  via  della  Frezza n. 17, presso l'Avvocatura
centrale  dell'Istituto,  rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo
De  Angelis, Michele Di Lullo, Nicola Valente, giusta delega in atti;
controricorrente;
    Avverso la sentenza n. 28185/00 del Tribunale di Roma, depositata
il 18 settembre 2000 r.g.n. 18230/97;
    Udita  la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20 giugno 2003 dal consigliere dott. Saverio Toffoli;
    Udito l'avvocato Paolo Boer;
    Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore generale dott.
Vincenzo Nardi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

                             M o t i v i

    Con  ricorso  al  Pretore di Roma depositato il 20 dicembre 1995,
Paolo  Pollice,  esponeva  che  nel  giugno  del 1988, all'atto della
risoluzione  del  rapporto di lavoro, egli aveva chiesto all'I.N.P.S.
di  essere  ammesso alla prosecuzione volontaria della contribuzione,
allo  scopo di raggiungere il requisito contributivo richiesto per la
pensione di anzianita';
        che  l'I.N.P.S.  aveva  accolto l'istanza ammettendo pero' la
contribuzione  volontaria su un valore inferiore a quello medio della
retribuzione  imponibile  e  pensionabile,  poiche'  l'Istituto aveva
fatto  applicazione  dell'art.  2  del  d.l.  29 luglio 1981, n. 402,
convertito  in  legge  26 settembre 1981, n. 437, cosi' applicando il
valore  dell'ultima  classe  di  contribuzione  di  cui alla relativa
tabella F;
        che, tenuto conto dei versamenti volontari effettuati (anni 3
e  mesi  9) per raggiungere 35 anni di contribuzione, la retribuzione
pensionabile  dell'ultimo quinquennio, determinata ai sensi dell'art.
3  della  legge  n. 297/1982,  era  risultata  inferiore  di oltre 30
milioni   alla  retribuzione  effettivamente  fruita  nel  corso  del
rapporto  di  lavoro  dipendente e, di conseguenza, anche la pensione
liquidata  era  risultata notevolmente inferiore a quella che sarebbe
spettata  in  base alla retribuzione media rivalutata del quinquennio
antecedente la cessazione del rapporto.
    Tutto  cio'  premesso  in  linea  di fatto, deduceva, in linea di
diritto,  che  l'art.  2,  comma  sesto, del d.l. n. 402/1981, doveva
essere  interpretato  sia  alla  luce  del  d.P.R.  31 dicembre 1971,
n. 1432,  che  aveva  posto  il  principio  della  equiparazione  tra
contribuzione   volontaria   e  contribuzione  obbligatoria,  sia  in
relazione  alla sopravvenuta legge 11 marzo 1988, n. 67, che all'art.
21  aveva  abolito  il c.d. «tetto pensionistico» e conferito effetti
utili a tutta la retribuzione imponibile assoggettata a contribuzione
obbligatoria,  con  la  conseguenza  che  la retribuzione media delle
ultime 156 settimane precedenti la domanda di prosecuzione volontaria
(di  cui  all'art.  8,  comma  primo,  del d.P.R n. 1432/1971) doveva
essere  determinata  non  gia'  nei  limiti del massimale di cui alla
suddetta  tabella  F,  ma  in relazione alla media della retribuzione
effettivamente assoggettata a contribuzione nell'ultimo triennio.
    Aggiungeva   che   un'interpretazione  diversa  era  da  ritenere
incostituzionale,  perche'  atta a discriminare gli assicurati che si
avvalevano  della  prosecuzione  volontaria  rispetto  ai  lavoratori
dipendenti.
    Concludeva  chiedendo  che  venisse riconosciuto il suo diritto a
eseguire  la  contribuzione  volontaria  sulla  media della effettiva
retribuzione   fruita   nel   precedente   triennio,  assoggettata  a
contribuzione e previamente rivalutata;
        che fosse dichiarato il suo diritto alla riliquidazione della
pensione  di  anzianita' con riferimento alla retribuzione effettiva,
senza  i  limiti  del massimale di cui alla tabella F del d.l. n. 402
del 1981;
        che  l'I.N.P.S. fosse condannato al risarcimento del danno in
misura  pari  alla  differenza  tra  la  pensione  spettante e quella
liquidata, maggiorata di interessi e rivalutazione;
        che,   in  subordine,  fosse  dichiarata  non  manifestamente
infondata  la  questione  di costituzionalita' dell'articolo 2, sesto
comma, del d.l. n. 402/1981, convertito in legge n. 437/1981;
        che,   in   ulteriore   subordine,   fosse   dichiarata   non
manifestamente  infondata la questione di costituzionalita' dell'art.
8, comma 1, del d.P.R. n. 1432/1971.
    Costituendosi  in  giudizio  l'I.N.P.S.  eccepiva la decadenza ex
art. 47 d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, contestava la fondatezza della
domanda  e  faceva presente che, in applicazione della sentenza della
Corte   costituzionale   n. 264   del  1994  (rectius,  n. 428/1992),
l'Istituto  avrebbe  provveduto,  al  momento del compimento da parte
dell'assicurato  dell'eta'  richiesta per la pensione di vecchiaia (8
luglio  1996),  a  riliquidare  il  trattamento  pensionistico  dalla
decorrenza   originaria   e  senza  il  computo  della  contribuzione
volontaria,  tanto ai fini della retribuzione pensionabile, quanto ai
fini della anzianita' contributiva, e ad assoggettare l'importo della
pensione cosi' determinato a tutti gli aumenti di legge medio tempore
intervenuti.
    Il  pretore,  respinta  l'eccezione  di  decadenza,  rigettava le
domande  con  sentenza che, appellata dal Pollice, era confermata dal
tribunale di Roma.
    Il  giudice  di secondo grado osservava che ai sensi dell'art. 8,
primo  comma,  del  d.P.R. n. 1432 del 1971, l'importo del contributo
volontario  settimanale  e'  stabilito in relazione alla retribuzione
settimanale   media   percepita   dall'assicurato  nelle  ultime  156
settimane   di   contribuzione   effettiva  in  costanza  di  lavoro,
antecedenti la domanda di autorizzazione, e che il successivo art. 9,
primo comma, dello stesso decreto stabilisce il principio, richiamato
dall'appellante,  della  parificazione  dei  contributi  volontari  a
quelli   obbligatori   «ai   fini   del   diritto  alle  prestazioni,
dell'anzianita'    contributiva    e   della   determinazione   della
retribuzione   annua   pensionabile»,   quest'ultima   a   sua  volta
determinata  secondo il sistema all'epoca previsto dall'art. 14 della
legge   30  aprile  1969,  n. 153,  comprensivo  dei  c.d.  tetti  di
retribuzione annua pensionabile. Ricordava anche che detta disciplina
e'  stata  modificata  dall'art.  21, sesto comma, della citata legge
n. 67/1988, che testualmente recita: «A decorrere dal 1° gennaio 1988
ai  fini  della  determinazione  della misura delle pensioni a carico
dell'assicurazione   generale   obbligatoria   per  l'invalidita'  la
vecchiaia  e  i superstiti dei lavoratori dipendenti, la retribuzione
imponibile   eccedente   il  limite  massimo  di  retribuzione  annua
pensionabile  previsto  per  l'assicurazione  predetta  e'  computata
secondo le aliquote di cui alla allegatatabella. La quota di pensione
cosi'  calcolata si somma alla pensione determinata in base al limite
massimo  suddetto e diviene, a tutti gli effetti, parte integrante di
essa».  Peraltro  -  ricordava  il  tribunale - il successivo d.l. 21
marzo  1988,  n. 86  (convertito  in legge 20 maggio 1988, n. 160) ha
stabilito,  all'art.  3,  comma  2-bis, che «l'art. 21 della legge 11
marzo  1988,  n. 67,  si  interpreta  nel  senso  che la retribuzione
pensionabile va calcolata sulla media delle retribuzioni imponibili e
pensionabili,  rivalutate  a  norma dell'undicesimo comma dell'art. 3
della  legge  29  maggio  1982,  n. 297,  e  relative alle ultime 260
settimane di contribuzione».
    Tanto  premesso,  riteneva  il tribunale che non poteva ritenersi
fondata  la  tesi dell'appellante, secondo cui, una volta abrogato il
c.d. tetto pensionabile per effetto dell'art. 21 della legge 11 marzo
1988,  n. 67, e tenuta presente l'equiparazione posta dall'art. 9 del
d.P.R.  n. 1432/1971  tra  contribuzione  volontaria ed obbligatoria,
dovrebbe concludersi per la sostanziale innovazione della complessiva
materia  e,  quindi,  per  la  valutazione ai fini della retribuzione
pensionabile  della intera retribuzione. Infatti tale interpretazione
postula   una  sostanziale,  implicita  abrogazione  della  normativa
specificamente  dettata  dal legislatore con il d.l. n. 402/1981, che
ha   ridisciplinato   la   materia   della   prosecuzione  volontaria
dell'assicurazione  i.v.s., con finalita' di contenimento della spesa
previdenziale e adeguamento delle contribuzioni, come evidenziato dal
titolo della legge; di tale ipotizzata abrogazione tacita, pero', non
erano  ravvisabili nella specie i presupposti, in ragione del diverso
ambito applicativo dei due provvedimenti normativi, di cui quello del
1988  incidente  sulla  sola retribuzione pensionabile dei lavoratori
dipendenti.
    Ne'  poteva ritenersi incoerente la scelta del legislatore di far
coesistere due diverse discipline per i lavoratori dipendenti e per i
soggetti che si avvalevano della preosecuzione volontaria, poiche' si
era  nell'ambito  delle  scelte  discrezionali  del  legislatore, non
sospettabili  di violazione di principi costituzionali, anche perche'
era  stato  precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 432 del
1999)  che  non  sussistono  principi costituzionali che impongano in
ogni  caso  e a tutti gli effetti l'equiparazione della contribuzione
volontaria   a   quella  obbligatoria,  mentre,  nella  materia,  gli
interventi  correttivi della Corte costituzionale erano stati imposti
da  situazioni  in  cui  occorreva  assicurare  il mantenimento della
misura  della  prestazione  potenzialmente  maturata  al  momento del
raggiungimento  del  requisito  minimo contributivo. D'altra parte la
situazione  del  contributore volontario non e' equiparabile a quella
del   lavoratore   dipendente:   la   situazione  di  occupazione  di
quest'ultimo   impone  di  valutare  l'intera  retribuzione  ai  fini
pensionistici,  mentre  nel  caso della prosecuzione volontaria e' il
lavoratore  che  opta  per una soluzione che gli consente comunque di
raggiungere  un  trattamento  pensionistico, pur cessando di lavorare
prima  del raggiungimento dell'anzianita' contributiva minima. Ne' e'
vero  che  in  caso di prosecuzione volontaria non sia applicabile un
meccanismo rivalutativo delle retribuzioni.
    Contro   questa   sentenza   il  Pollice  proponeva  ricorso  per
cassazione, articolato in un unico complesso motivo.
    L'I.N.P.S. resisteva con controricorso.
    Il  ricorrente denuncia violazione degli artt. 6, primo comma, 8,
primo  comma, e 9, primo comma, del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432,
in  relazione  all'art.  12  della  legge  30  aprile 1969, n. 153, e
dell'art.  21  della  legge  11 marzo 1988, n. 67. Premesso che egli,
all'atto  della  cessazione  del  rapporto  di  lavoro, fruiva di una
retribuzione   settimanale   superiore   alla   classe   massima   di
contribuzione  di  cui alla tabella F allegata al d.l. n. 402/1981, e
che  l'art.  21 della legge n. 67/1988 ha attribuito effetti utili ai
fini   pensionistici   a   tutta   la   retribuzione  assoggettata  a
contribuzione  obbligatoria,  sostiene  che,  in  applicazione  della
regola  di  cui  all'art.  9,  primo  comma, del d.P.R. n. 1423/1971,
secondo  cui  i  contributi  volontari  sono parificati ai contributi
obbligatori  ai  fini  del  diritto alle prestazioni, dell'anzianita'
contributiva  e  della  retribuzione  annua  pensionabile,  tutta  la
retribuzione  assoggettata a contribuzione in costanza di rapporto di
lavoro  doveva essere considerata nella formazione della retribuzione
media  rilevante ai fini della misura della contribuzione volontaria,
senza  alcun  limite  di massimale (il quale era stato posto a tutela
dei  prosecutori  volontari,  al  fine  di  evitare  di  imporre  una
contribuzione  sulla  parte  di  retribuzione che non veniva presa in
considerazione nel calcolo della retribuzione pensionabile).
    In  via  sostanzialmente subordinata e strumentale, il ricorrente
eccepisce  l'illegittimita'  costituzionale sopravvenuta dell'art. 2,
commi 3 e 6, del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con legge 26
settembre  1981,  n. 437,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 38 della
Costituzione.  Osserva  che  il massimale di contribuzione volontaria
non   aveva   la   funzione   di   contenimento   della  retribuzione
pensionabile,  ma  quella  di non aggravare il prosecutore volontario
dell'onere  di versare una contribuzione non suscettibile di riflessi
pensionistici,  e  che la persistenza del massimale dopo la rimozione
del  tetto di retribuzione pensionabile ha generato un'ingiustificata
disparita'   di  trattamento  tra  lavoratore  attivo  e  prosecutore
volontario,  in  quanto  ha  impedito a quest'ultimo di raggiungere a
pieno il fine dell'istituto della prosecuzione volontaria.
    Analogamente, eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art.
7, comma 8, del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 184.
    Ricordato  che  con  tale  disposizione  si  e' riconosciuta agli
assicurati,  cui  in  precedenza  era stata assegnata l'ultima classe
contributiva  vigente pro tempore, la facolta' di richiedere entro un
anno  l'assegnazione della retribuzione corrispondente a quella media
percepita  in  costanza  di  rapporto nell'anno precedente la data di
decorrenza  dell'autorizzazione alla prosecuzione volontaria, lamenta
che  il  legislatore  delegato  - che, a norma dell'art. 1, comma 39,
legge  8 agosto 1995, n. 335, doveva limitarsi a dettare disposizioni
dirette  a  riordinare, armonizzare e razionalizzare la materia della
prosecuzione   volontaria   -,   invece   di  limitarsi  a  formulare
disposizioni  utili  a rimuovere lo stato di fatto pregiudizievole ai
contributori  volontari,  conseguente  ad un'erronea prassi dell'ente
previdenziale,   ha   avallato  la  prassi  dell'ente  previdenziale,
rimuovendo  un  impedimento che doveva ritenersi gia' automaticamente
eliminato per abrogazione tacita e, comunque, limitando l'adeguamento
normativo al futuro.
    Osserva la Corte che non puo' ritenersi fondata la tesi sostenuta
in  via  principale  dal  ricorrente, ampiamente ripresa e sviluppata
nella  memoria,  secondo  cui puo' pervenirsi in via interpretativa a
ritenere  operativa  anche  ai  fini  della  contribuzione volontaria
l'eliminazione,  attuata  dall'art. 21, comma 6, della legge 11 marzo
1988,  n. 67,  del  c.d.  tetto  pensionistico  (disposizione  questa
applicabile   non   solo   con   riferimento   anche  alla  pregressa
contribuzione,  ma  pure,  sia pure con effetti ex nunc alle pensioni
gia'  liquidate: cfr. Corte cost. n. 72/1990 e, ex plurimis, Cass. 12
novembre  1992 n. 12170, 11 maggio 1996, n. 4446, cit., 6 marzo 2001,
n. 3225).
    Al  riguardo deve innanzitutto precisarsi che questa disposizione
(precedentemente  trascritta)  -  rispetto alla quale la disposizione
interpretativa  di  cui  all'art.  3,  comma 2-bis, del d.l. 21 marzo
1988,  n. 86,  convertito  con modificazioni in legge 20 maggio 1988,
n. 160,  ha avuto la funzione di chiarire l'applicabilita', anche per
la  retribuzione eccedente il c.d. tetto, della rivalutazione secondo
gli  indici  Istat prevista dall'art. 3, comma undicesimo della legge
29  maggio  1982,  n. 297  (cfr.  Cass.  11  maggio  1996, n. 4446, 6
novembre 1996, n. 9687, 13 gennaio 1998, n. 220) - non ha abrogato la
disciplina  sui limiti massimi di retribuzione annua pensionabile, ma
ha  dettato una complementare disciplina finalizzata al computo anche
delle  quote di retribuzione media annua eccedenti il tetto, sia pure
sulla  base  di  aliquote  di  rendimento  minore  di quella normale,
precisate  nella  tabella  allegata. E' opportuno anche ricordare che
tale sistema risulta espressamente confermato dall'art. 12 del d.lgs.
30   dicembre  1992,  n. 503,  il  cui  primo  comma  ha  sostituito,
apportandovi  modesti ritocchi, la tabella appena citata contenente i
tassi  di  rendimento  pensionistico  della retribuzione eccedente il
c.d.  tetto,  e  il  cui  secondo  comma  ha  delineato  modalita' di
estensione  alle  forme  di previdenza sostitutive ed esclusive della
disciplina  sul  tetto  pensionistico, cosi' come integrata dall'art.
21,  comma  6,  della  legge  n. 67/1988, confermando anche a livello
terminologico  la  nozione di limite massimo della retribuzione annua
pensionabile.
    Se  si prende ora in considerazione la disciplina dettata, per la
determinazione della misura dei contributi volontari, dall'art. 2 del
d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito con modificazioni dalla legge
26  settembre 1981, n. 437, deve rilevarsi che il terzo comma recita:
«Con  decorrenza  dal  1°  aprile  1981 le aliquote a percentuale dei
contributi   volontari  dovuti  dai  lavoratori  gia'  occupati  alle
dipendenze  di terzi si applicano alle retribuzioni medie settimanali
delle  singole  classi di retribuzioni di cui alla tabella F relativa
alla  contribuzione volontaria, allegata al presente decreto», mentre
il  quinto  comma  dispone: «a decorrere dall'anno 1982 e con effetto
dal  1° gennaio di ciascun anno le retribuzioni di cui al terzo comma
sono  aumentate  nella essa misura percentuale delle variazioni delle
pensioni  che  si verificano in applicazione dell'art. 19 della legge
30  aprile  1969,  n. 153,  entro  il  limite massimo di retribuzione
pensionabile vigente nel periodo cui si riferisce il versamento».
    L'utilizzazione  di  un  sistema  tabellare  per l'individuazione
della retribuzione media settimanale da utilizzare per il calcolo dei
contributi  e,  a  norma dell'art. 2, sesto comma, della retribuzione
pensionabile,  in  concorrenza  con  la  circostanza  che la medesima
tabella  ha  un  numero  limitato  di classi di contribuzione, di cui
l'ultima  correla una determinata retribuzione «media» di riferimento
a tutte le retribuzioni superiori a un determinato importo, confligge
irrimediabilmente  con  la  tesi  interpretativa secondo cui i limiti
posti  alla  contribuzione  volontaria  dall'art.  2  in esame devono
ritenersi  abrogati,  per  incompatibilita',  da  parte dell'art. 21,
legge  n. 67/1988,  oppure che gli stessi, a seguito della previsione
di  una  forma di computabiita' anche della retribuzione eccedente il
tetto,   possono   assumere   un   valore  diverso  e  limitato,  non
incompatibile con il versamento di contributi volontari sulla base di
retribuzioni  figurative eccedenti quella indicata dall'ultima classe
della tabella F.
    Alle  conclusioni  prospettate dal ricorrente non puo' pervenirsi
nonostante  sia  fondato  il  suo  rilievo,  secondo  cui  vi  e' una
corrispondenza,  non  casuale, tra i valori della quarantasettesima e
ultima  classe di detta tabella e quelli del c.d. tetto pensionistico
(in  coerenza  con  una  direttiva seguita gia' in precedenza, pur in
assenza  di  un'apposita tabella per la contribuzione volontaria, per
effetto  della  disposizione  di  cui  all'art. 6, comma secondo, del
d.P.R.   n. 1432/1971,  a  norma  del  quale,  per  la  contribuzione
volontaria, l'aliquota dei contributi a percentuale e' applicata alle
retribuzioni  medie settimanali delle singole classi di contribuzione
obbligatoria vigenti, in correlazione con l'art. 5, quarto comma, del
d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, che, in relazione all'introduzione del
criterio  retributivo  di liquidazione delle pensioni, aveva posto un
limite   alla  retribuzione  pensionabile,  disponendo  che  «non  si
prendono  in  considerazione, per la parte eccedente, le retribuzioni
che  superino  il limite massimo della penultima classe della tabella
in vigore alla data di decorrenza della pensione, aumentato del 5 per
cento»). In effetti all'epoca dell'emanazione del d.l. n. 402/1981 il
limite  massimo  di retribuzione annua pensionabile era stato fissato
in  L. 18.500.000 dall'art. 19 della legge 23 aprile 1981, n. 155, ed
un  semplice  calcolo  dimostra  che  il valore medio di un'ulteriore
classe  retributiva avrebbe comportato, su base annua, il superamento
di   detto  importo.  Peraltro  il  limite  massimo  di  retribuzione
pensionabile  e'  stato  poi assoggettato, a norma dell'art. 3, comma
13,  legge  29 maggio 1982, n. 297, ad adeguamento annuale, secondo i
criteri  della  perequazione  automatica delle pensioni, ed e' stato,
poi, elevato a L. 32. 000.000 dall'art. 9 della legge 15 aprile 1985,
n. 140.
    Deve  anche  osservarsi  che  il limite posto dal gia' richiamato
quinto  comma  dell'art.  2  del  d.l. n. 402/1981 alla rivalutazione
annuale   delle   retribuzioni   di   cui  al  terzo  comma  conferma
l'intenzione  del  legislatore  dell'epoca  di assumere il c.d. tetto
pensionistico  in  vigore come limite della contribuzione volontaria.
Inoltre  la vigenza di tale disciplina fino all'entrata in vigore del
d.lgs.  30  aprile  1997,  n. 184,  il  cui  art. 7 ha abbandonato il
sistema  tabellare  anche  ai  fini  del  versamento  dei  contributi
volontari  -  prevedendo,  genericamente, il riferimento «all'importo
medio   della   retribuzione   imponibile   percepita   nell'anno  di
contribuzione precedente la data della domanda» (salvo un determinato
importo  minimo),  con applicazione della stessa aliquota prevista in
caso   di  contribuzione  obbligatoria  per  il  finanziamento  della
gestione   pensionistica   -,   e'   confermata   dalla  disposizione
transitoria  di  cui al comma 8 del citato art. 7, che ha previsto la
facolta'   dei   soggetti,  ai  quali,  ai  fini  della  prosecuzione
volontaria,  era stata assegnata l'ultima classe vigente pro tempore,
di   chiedere,  entro  un  anno,  l'assegnazione  della  retribuzione
corrispondente  a  quella media, percepita in costanza di rapporto di
lavoro nell'anno precedente la data di decorrenza dell'autorizzazione
alla prosecuzione volontaria.
    Deve   pertanto  esaminarsi  se  presenta  possibili  profili  di
illegittimita'   costituzionale   la   permanenza   del  limite  alla
contribuzione volontaria posto dal d.l. n. 402/1981, limite eliminato
dal  legislatore, come si e' gia' visto, solo a distanza di vari anni
dall'elevazione    della    retribuzione   massima   pensionabile   e
dall'entrata  in  vigore  dell'art.  21  della  legge  n. 67/1988  (e
successivamente allo stesso pensionamento dell'attuale ricorrente).
    Appare  indubbia,  peraltro, la rilevanza della questione, tenuto
presente l'oggetto della domanda proposta dal Pollice, le ragioni del
suo  rigetto  da  parte  del  giudice  di  merito - cui peraltro sono
devoluti  l'interpretazione  della  domanda giudiziale e i giudizi di
fatto  -,  i  motivi  del  ricorso  per  cassazione,  e le precedenti
considerazioni  circa  la  portata  normativa  dell'art.  2  del d.l.
n. 402/1981.  D'altra  parte  l'impostazione  delle  domande proposte
dall'attuale  ricorrente  si correla con il principio di diritto, che
non  appare  contestabile,  secondo  cui  il soggetto che ha proposto
domanda   di   prosecuzione   volontaria   puo',   a  seguito  di  un
provvedimento    autorizzativo    erroneo   circa   l'entita'   della
contribuzione   per  cui  e'  ammessa  la  contribuzione  volontaria,
contestare   in   giudizio  tale  provvedimento  al  fine  di  vedere
riconosciuto  il  suo  diritto  a  una contribuzione volontaria nella
corretta   misura.   E'   opportuno  anche  rilevare  che  le  difese
dell'I.N.P.S., attenendo al merito delle questioni di interpretazione
e di costituzionalita', confermano la rilevanza di queste ultime.
    Ritiene  questa  Corte  che  in  effetti  sia  non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
agli  artt.  3, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione,
dell'art.  2,  commi  terzo, quinto e sesto, del d.l. 29 luglio 1981,
n. 402,  convertito  con modificazioni dalla legge 26 settembre 1981,
n. 437,  nella  parte in cui, in relazione alle successive elevazioni
del  limite  annuo  della  retribuzione pensionabile e all'entrata in
vigore  della normativa di cui all'art. 21 della legge 11 marzo 1988,
n. 67,  impedisce  che,  in  sede  di  determinazione e aggiornamento
periodico  della  retribuzione  di  riferimento  per  la prosecuzione
contributiva volontaria, questa retribuzione possa superare l'importo
della  retribuzione  media  corrispondente  alla  piu'  elevata delle
classi  di  contribuzione  di cui alla tabella F allegata allo stesso
decreto n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento, nell'art. 2,
comma  quinto, al limite massimo di retribuzione pensionabile vigente
nel periodo cui si riferisce il versamento.
    Come  rilevato  dal  ricorrente,  un  tetto  alla retribuzione di
riferimento  per  la  contribuzione  volontaria,  correlato ai limiti
posti  dalla legge alla retribuzione pensionabile, aveva una precipua
giustificazione   nell'intento   del   legislatore  di  esonerare  il
lavoratore  optante  per  la prosecuzione volontaria dal pagamento di
contributi  che,  in relazione alla disciplina vigente, non avrebbero
potuto  arrecare alcun beneficio alla sua posizione assicurativa. Non
e' ravvisabile, quindi, un collegamento di detta specifica disciplina
con  un  intento  del legislatore di contenere la spesa previdenziale
sulla  base  di  criteri di contribuzione e di calcolo delle pensioni
meno  favorevoli  al  lavoratore  rispetto  a  quelle  vigenti  per i
lavoratori  dipendenti. A tale intento di contenimento sono correlate
numerose  altre  disposizioni  del  provvedimento normativo, comprese
quelle  per la fissazione di minimi di contribuzione volontaria e per
l'adeguamento  nel  tempo  della  contribuzione. In ogni caso, ove un
simile  intento  fosse  presente,  lo  stesso non e' certo di per se'
sufficiente  a  rendere esente la normativa da una verifica della sua
compatibilita'  con le direttive costituzionali di cui agli artt. 3 e
38 della Costituzione.
    In  particolare  deve  tenersi  presente  che, nell'ambito di una
normativa   pensionistica   che  correla  la  misura  della  pensione
all'entita' delle retribuzioni negli ultimi anni di contribuzione, in
caso  di  contribuzione  volontaria  la misura della pensione dipende
dalla  retribuzione  figurativa  sulla  cui  base  e'  effettuata  la
contribuzione volontaria.
    Ne  consegue che, mentre in un sistema pensionistico contributivo
(dal  punto  di  vista  dei  criteri  di liquidazione delle pensioni)
eventuali  limiti  quantitativi  massimi specifici alla contribuzione
volontaria  (come  quello  ex art. 11, legge 20 febbraio 1958, n. 55,
non  a  caso abrogato dall'art. 41 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488,
in  coincidenza  con  l'introduzione  della  pensione retributiva: al
riguardo cfr. anche l'art. 12, quarto comma, del d.P.R. n. 1432/1971)
diminuiscono  la  possibile  incidenza  positiva  della contribuzione
volontaria,  ma non comportano alcun effetto negativo della medesima,
dato  che  ogni versamento contributivo determina un incremento della
pensione  liquidabile,  al  contrario  in  un  sistema retributivo di
liquidazione  delle  pensioni, limiti di tale genere hanno un rilievo
del tutto diverso, costituendo il presupposto di un'incidenza in gran
parte  negativa, invece che positiva, della contribuzione volontaria,
rispetto  ai  soggetti  la  cui  ultima retribuzione sia superiore al
limite specifico della contribuzione volontaria.
    Nel  caso in esame il mancato coordinamento della normativa sulla
contribuzione  volontaria  con  le  successive  disposizioni relative
all'elevazione  del  limite massimo della retribuzione pensionabile e
con  la  riforma  che, pur senza eliminare formalmente il tetto della
retribuzione pensionabile, ne ha modificato la portata (prevedendo la
computabilita'  anche  della  retribuzione  eccedente, sia pure sulla
base  di  tassi  di  rendimento inferiori), rende la normativa stessa
ampiamente   irrazionale   e   tale   da  penalizzare  gravemente  la
prosecuzione volontaria, nei confronti dei soggetti che, negli ultimi
anni  della  loro attivita' lavorativa, e in particolare nelle ultime
156  settimane,  hanno fruito di una retribuzione superiore di quella
media  imponibile  di  cui  all'ultima  classe di contribuzione della
tabella F allegata al d.l. n. 402/1981.
    Tale  penalizzazione,  effetto  diretto,  naturale  e prevedibile
dalla  discrasia normativa gia' evidenziata, contraddice a priori, in
violazione dell'art. 38 della Costituzione, la fuizione propria della
contribuzione volontaria, che - come rilevato da Corte costituzionale
n. 307/1989  (che  richiama  le sentenze n. 574/1987 e n. 822/1988) -
«per  ovviare  agli  effetti  negativi,  ai fini previdenziali, della
mancata prestazione di attivita' lavorativa», «mira a far raggiungere
i  requisiti  minimi  di  anzianita'  contributiva  per  il diritto a
pensione»   e   a  «mantenere  costante  e  intangibile  in  capo  al
lavoratore, ai fini del pensionamento, il livello retributivo attinto
in  tutto  l'arco  della  sua  attivita'  lavorativa». E' stato anche
osservato,   nella   medesima  pronuncia,  che  tale  funzione  trova
riscontro  nelle disposizioni generali sulla contribuzione volontaria
e,  in  particolare, nell'art. 9, primo comma, del d.P.R. 31 dicembre
1971,  n. 1432,  che  parifica  i  contributi volontari al contributi
obbligatori  al  fini  del  diritto alle prestazioni, dell'anzianita'
contributiva   e   della   determinazione  della  retribuzione  annua
pensionabile,  e  che  «tale  funzione  di salvaguardia dei contenuti
economici  della  retribuzione  pensionabile percepita in costanza di
rapporto   di   lavoro   e'  (...)  evidentemente  frustrata  ove  la
contribuzione  volontaria  consegua  l'effetto  di  farla decrescere,
cosi'   vanificando   le   aspettative   legittimamente  nutrite  dal
lavoratore  per  il  tempo  successivo  alla cessazione della propria
attivita».
    E'  ravvisabile  anche una correlata violazione dell'art. 3 della
Costituzione,   sia   per  l'irrazionalita'  di  una  disciplina  che
contraddice  la  finalita'  della  contribuzione  volontaria, sia per
l'ingiustificato operare di limiti alla retribuzione pensionabile non
corrispondenti  a quelli operanti in caso di prestazioni di attivita'
lavorativa,  sia,  infine,  per  l'analogamente  ingiustificata - nel
quadro della disciplina all'epoca vigente - disparita' di trattamento
tra lavoratori con retribuzione inferiore a detti limiti, per i quali
la  prosecuzione volontaria e' idonea a svolgere adeguatamente la sua
funzione,  e lavoratori con retribuzione superiore, per i quali, come
si  e' visto, la prosecuzione volontaria, per ragioni strutturali, e'
prevalentemente inidonea a svolgere la sua funzione tipica.
    In  relazione  all'eventuale rilievo che potrebbe rientrare nella
discrezionalita'   del  legislatore  la  previsione  di  una  diversa
disciplina, quanto alla contribuzione volontaria, in riferimento alla
retribuzione  eccedente il limite della retribuzione pensionabile, in
considerazione  del  suo  minore  rendimento  ai  fini pensionistici,
sembra    potersi   affermare   che   questa   particolarita'   della
contribuzione,  per  il  complesso  di  ragioni  gia'  esposte  e, in
particolare,  se  si  vuole  evitare  che  sia  tradita  la ordinaria
funzionalita'  della contribuzione volontaria, non possa giustificare
-  in  un  sistema  normativo  in  cui  l'ammontare della pensione e'
correlata  alla retribuzione (reale o figurativa) dell'ultimo periodo
anteriore  al pensionamento - l'abbandono del principio che la misura
della   contribuzione  volontaria  deve  tenere  conto  di  tutta  la
retribuzione  rilevante  ai  fini  della misura della pensione, salvo
l'esercizio,  meramente  eventuale,  da  parte  del legislatore della
facolta'  di  ampliare  le  possibilita'  di  scelta del contributore
volontario,  consentendogli  di  optare per versamenti correlati alla
sola  retribuzione  non  eccedente il massimale (facolta' della quale
peraltro  il  legislatore  non  si  e'  avvalso  in  occasione  della
emanazione del citato d.lgs. n. 184/1997).
    Deve  darsi  atto  che  la  richiamata sentenza n. 307/1989 della
Corte  costituzionale,  nel  prendere in considerazione un'ipotesi in
cui  la  contribuzione volontaria, in base ai criteri di liquidazione
della pensione di cui all'art. 3, comma ottavo, della legge 29 maggio
1982,  n. 297,  aveva comportato il diritto ad una pensione di misura
inferiore  a quella conseguibile all'eta' pensionabile con il computo
della  sola contribuzione obbligatoria, si e' limitata a statuire che
in  tal  caso  la  pensione  non  puo'  essere inferiore a quella che
sarebbe  spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile sulla base
della  contribuzione  obbligatoria, e che pronunce da questo punto di
vista  di  tenore  simile sono state adottate da Corte costituzionale
n. 428/1992,  n. 264/1994,  n. 388/1995 e n. 432/1999 con riferimento
ad  ipotesi  in  cui  il  deterioramento della posizione contributiva
sotto il profilo dell'entita' della c.d. retribuzione pensionabile e'
causato  da  una  contribuzione  volontaria  o  figurativa,  o  dallo
svolgimento  di ulteriore attivita' lavorativa, non necessari al fini
del   raggiungimento   del  periodo  minimo  di  contribuzione.  Deve
osservarsi  pero'  che  tale  risultato  piu'  limitativo, rispetto a
quello  perseguito  dall'attuale  ricorrente (il quale ha gia' potuto
giovarsi  degli  effetti di Corte cost. n. 428/1992), si correla alle
diversita'  delle  situazioni  e  delle  questioni  proposte  con  le
ordinanze  di  rimessione, le quali (probabilmente in relazione anche
all'operare di vari fattori, connessi alla evoluzione nel tempo della
normativa  previdenziale,  e  non  gia',  come in questo caso, di una
incongruita'   della   normativa   sulla   contribuzione   volontaria
sussistente    all'epoca   dell'autorizzazione   alla   contribuzione
volontaria)  hanno  preso in considerazione solo le conseguenze delle
vicende  contributive  e non le normative in base alle quali nei vari
casi era stata effettuata la contribuzione.
    Quanto  alla  affermazione,  contenuta  in  Corte  costituzionale
n. 432/1999  e  richiamata  dal tribunale di Roma, secondo cui non si
rinvengono  principi costituzionali che impongano in tutti i casi e a
tutti  gli  effetti  l'equiparazione della contribuzione volontaria a
quella  obbligatoria,  sembra  potersi  rilevare  che tale principio,
nella  sua genericita', non offre parametri di valutazione pertinenti
al  fine  di smentire l'ipotesi, sopra formulata, di un contrasto con
gli  artt.  3  e  38 della Costituzione della specifica disciplina in
esame.  Del  resto  detta  osservazione della Corte costituzionale e'
stata  formulata  al fine di contestare l'ipotesi della necessita' di
fare  comunque  riferimento  alla sola contribuzione obbligatoria per
determinare  la  retribuzione  pensionabile, quando la considerazione
(in  applicazione  delle  pertinenti  regole  generali)  anche  della
contribuzione   volontaria,  necessaria  ai  fini  del  conseguimento
dell'anzianita' contributiva minima, avrebbe determinato un risultato
meno  favorevole.  Non  era  stata,  peraltro,  messa in questione la
legittimita' costituzionale delle norme sulla cui base, nella specie,
era  stato  determinato l'importo della contribuzione volontaria (del
resto  puo',  tra  l'altro,  osservarsi  che la maggiore brevita' del
periodo  di riferimento considerato dalla legge per la determinazione
dell'entita'   della  contribuzione  volontaria,  rispetto  a  quello
rilevante per la determinazione della retribuzione pensionabile, puo'
determinare  ipotesi fisiologiche e giustificate di diminuzione della
virtuale  retribuzione  pensionabile  per effetto della contribuzione
volontaria  -  salvi  i limiti individuati dalla Corte costituzionale
per l'ipotesi di anteriore conseguimento dell'anzianita' contributiva
minima  -,  equiparabili  a  quelli  determinati dallo svolgimento di
attivita' lavorativa con retribuzione inferiore a quella percepita in
un periodo precedente).
    E', infine, opportuno rilevare che una eventuale dichiarazione di
parziale    sopravvenuta    illegittimita'    costituzionale    delle
disposizioni  in  questione  dell'art.  2  del  d.l.  n. 402/1981 nei
termini  gia'  prospettati  non comporterebbe un vuoto normativo, ne'
richiederebbe  ulteriori  specificazioni  ricadenti nell'ambito della
discrezionalita'  del  legislatore,  poiche'  il  sistema  tabellare,
impostato  su  fasce  di  retribuzione  e relative retribuzioni medie
imponibili,  utilizzato  dall'articolo  citato,  in  effetti  non era
essenziale,  dato  l'esauriente  tenore dell'art. 8, comma primo, del
d.P.R.  n. 1432/1971,  tanto piu' in riferimento alle nuove richieste
di  autorizzazione  alla  contribuzione  volontaria  (in  effetti  la
disposizione  transitoria  e  di coordinamento di cui al comma quarto
dell'art.  2, d.l. n. 402/1981 evidenzia una funzione della tabella F
di  attuare una rivalutazione delle retribuzioni di riferimento per i
soggetti  autorizzati  alla  prosecuzione  volontaria  con decorrenza
anteriore al 1° aprile 1981). Cio' e' confermato anche dall'abbandono
del sistema tabellare da parte dell'art. 7 del d.lgs. n. 184/1997, in
un quadro normativo ai fini in esame non sostanzialmente modificato.
    Deve peraltro osservarsi - ad integrazione dei precedenti rilievi
circa  la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale in
esame  - che la normativa cui e' correlata la fondatezza o meno delle
pretese del ricorrente e' proprio quella di cui all'art. 2 del d.lgs.
n. 402/1981,  e  non quella di una disciplina transitoria intervenuta
pacificamente   quando   non  era  piu'  in  corso  la  contribuzione
volontaria  del  Pollice  e  lo  stesso  era gia' pensionato. Ne' una
pronuncia  di  illegittimita'  costituzionale  di detto art. 2 appare
pregiudicabile da un'eventuale non perfetta coerenza della disciplina
transitoria  di  cui  all'art.  7,  comma  8,  d.lgs. n. 184/1997 con
l'assetto  normativo conseguente alla dichiarazione di illegittimita'
costituzionale.  Peraltro  una  simile  incoerenza non e' formalmente
configurabile,  la  disposizione  in  questione  essendo  pur  sempre
riferibile   ai   periodi  in  cui  legittimamente  operavano  limiti
quantitativi alla contribuzione volontaria.
    In   conclusione,   la   prospettata  questione  di  legittimita'
costituzionale  appare  rilevante  e  non  manifestamente infondata e
devono quindi essere adottati i consequenziali provvedimenti.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3, primo
comma,  e  38,  secondo  comma della Costituzione, dell'art. 2, commi
terzo,  quinto  e  sesto, del d.l. 29 luglio 1981, n. 402, convertito
con  modificazioni dalla legge 26 settembre 1981, n. 437, nella parte
in  cui, successivamente all'elevazione dei limiti della retribuzione
pensionabile  e all'entrata in vigore della normativa di cui all'art.
21  della  legge  11  marzo  1988,  n. 67,  impedisce che, in sede di
determinazione   e  aggiornamento  periodico  della  retribuzione  di
riferimento per la prosecuzione contributiva volontaria, questa possa
superare  l'importo della retribuzione media corrispondente alla piu'
elevata  delle classi di contribuzione di cui alla tabella F allegata
allo  stesso decreto n. 402/1981 e il valore inerente al riferimento,
nell'art.   2,  comma  quinto,  al  limite  massimo  di  retribuzione
pensionabile vigente nel periodo cui si riferisce il versamento.
    Sospende  il giudizio e dispone che gli atti siano trasmessi alla
Corte  costituzionale e che la presente ordinanza sia notificata alle
parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai
Presidenti dei due rami del Parlamento.
        Cosi' deciso in Roma, il 20 giugno 2003.
                       Il Presidente: Mattone
                        Il relatore: Toffoli
04C0197