N. 46 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 novembre 2003
Ordinanza emessa il 6 novembre 2003 dal G.U.P. del Tribunale di Nocera Inferiore nel procedimento penale a carico di Izzo Michele Processo penale - Udienza preliminare - Atti introduttivi - Avviso di fissazione dell'udienza contenente, a pena di nullita', l'avviso all'imputato della possibilita' di presentare, prima delle conclusioni delle parti, le richieste di cui agli artt. 438 e 444 cod. proc. pen. - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto all'imputato tratto in giudizio con citazione diretta. - Codice di procedura penale, art. 419, comma 1. - Costituzione, art. 3.(GU n.9 del 3-3-2004 )
IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Visti gli atti del processo indicato in epigrafe nei confronti di Izzo Michele nato a Nocera Inferiore il 22 marzo 1962, imputato come in atti; Esaminata la questione di legittimita' costituzionale sollevata all'odierna udienza preliminare dall'avv. Carmine Guadagno del Foro di Salerno, difensore di fiducia dell'imputato; O s s e r v a L'imputato Izzo Michele ha ricevuto rituale notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ai sensi dell'art. 419 c.p.p. Al1'odierna udienza preliminare il difensore dell'imputato ha eccepito la nullita' dell'avviso determinata dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 419 c.p.p. nella parte in cui non prevede, analogamente all'art. 552, primo comma, lettera f), c.p.p., che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare debba contenere, a pena di nullita', l'avviso all'imputato della facolta' di richiedere in udienza preliminare la definizione del procedimento nelle forme previste dagli artt. 444 e seguenti c.p.p. o 438 e seguenti c.p.p. Osserva il difensore come tale difformita' di previsioni, tra l'art. 419 c.p.p. e l'art. 552 c.p.p., determini una irragionevole disparita' di trattamento tra imputati - in violazione dell'art. 3 della Costituzione - ed una ingiustificata lesione del diritto di difesa - in violazione dell'art. 24 della Costituzione. Rileva il giudice che l'art. 552, primo comma, lett. f), c.p.p. prevede che il decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal pubblico ministero debba contenere, a pena di nullita' (prevista dal secondo comma), l'avviso all'imputato del diritto di richiedere, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, la definizione del giudizio nelle forme del rito abbreviato o dell'applicazione della pena su richiesta delle parti. L'art. 419 c.p.p., nel disciplinare i requisiti formali dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, non prevede l'avviso in parola. Va premesso che la ormai pietrificata giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr., ex plurimis, le ordinanze n. 224/2001 e n. 335/2002) riconosce all'udienza preliminare connotati sostanziali di udienza di pieno merito sotto il profilo istruttorio. Ne consegue che - pur permanendo del tutto distinta dall'udienza dibattimentale - l'udienza preliminare assume contenuto di merito ana1ogamente, sotto il profilo della ricostruzione e qualificazione del fatto, all'udienza dibattimentale. Va inoltre osservato come il decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal pubblico ministero costituisca esercizio dell'azione penale, al pari della richiesta di rinvio a giudizio che determina la fissazione dell'udienza preliminare previo avviso ai sensi dell'art. 419 c.p.p. Il decreto di citazione diretta a giudizio e la richiesta di rinvio a giudizio costituiscono pertanto due forme di esercizio dell'azione penale che determinano direttamente la citazione dell'imputato innanzi al giudice dell'accertamento di merito (sebbene il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare differisca ontologicamente dal provvedimento conclusivo del dibattimento, eccezion fatta per l'applicazione dell'art. 521 c.p.p.). Inoltre, deve osservarsi che il decreto di citazione diretta a giudizio prevede l'avviso all'imputato del diritto di accedere ai riti alternativi proprio in ragione del termine decadenziale posto a tale accesso dalla dichiarazione di apertura del dibattimento. Analogamente, la presentazione delle conclusioni delle parti nell'udienza preliminare costituisce il termine decadenziale oltre il quale l'imputato tratto a giudizio mediante richiesta di rinvio a giudizio non puo' piu' accedere ai riti alternativi previsti dagli artt. 438 e 444 c.p.p. Ne consegue che sussiste oggettivamente una disparita' di trattamento tra posizioni analoghe. L'imputato tratto a giudizio di merito (dibattimentale) in relazione a reati contemplati dall'art. 550 c.p.p. nelle forme di cui all'art. 552 c.p.p. e' avvisato, nel decreto di citazione diretta a giudizio, della facolta' di accedere ai riti premiali entro la dichiarazione di apertura del dibattimento. L'imputato tratto a giudizio di merito (preliminare) in relazione a reati non contemplati dall'art. 550 c.p.p. nelle forme della richiesta di rinvio a giudizio non e' invece avvisato, nell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, della facolta' di accedere ai riti premiali entro la presentazione delle conclusioni delle parti nell'udienza preliminare. La valutazione di ragionevolezza di tale disparita' di trattamento puo' riposare esclusivamente sulla valutazione di due aspetti: la diversa tipologia dei reati e la diversita' ontologica dei due giudizi. Quanto alla diversa tipologia dei reati, appare evidentemente irragionevole negare all'imputato dei reati piu' gravi l'avviso del termine decadenziale entro il quale puo' accedere ai riti premiali, laddove tale avviso sia invece previsto in relazione all'imputato dei reati meno gravi. Quanto alla diversita' ontologica dei due giudizi, una volta premessa la natura di giudizio di merito anche dell'udienza preliminare non pare potersi ritenere ragionevole la disparita' di trattamento in discorso esclusivamente sulla base di tale distinzione. Ne consegue che devesi ritenere che la disparita' di trattamento sin qui delineata afferisca a situazioni del tutto analoghe, rectius identiche, e non sia sorretta da una ragionevole giustificazione. Non e' manifestamente infondata dunque la questione di legittimita' costituzionale in relazione alla violazione del principio di uguagliauza e parita' di trattamento posto dall'art. 3 della Costituzione. Non sfugge al giudice la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale in virtu' della quale il giudice e' obbligato a rinvenire l'interpretazione della legge che renda la norma conforme al dettato ed ai principi della Costituzione. Nel caso di specie, tuttavia, l'estensione analogica, per via interpretativa, dell'art. 552, primo comma, lett. f), c.p.p., all'art. 419 c.p.p., anche e soprattutto in virtu' della sanzione di nullita' che vi e' necessariamente ricollegata ed al principio di tassativita' delle nullita' vigente nel codice di rito, non costituirebbe una forma di interpretazione, ma una vera e propria addizione (nel senso tradizionalmente riservato alle sentenze «additive» della Corte costituzionale) al dettato dell'art. 419 c.p.p. di un requisito - con relativa sanzione di nullita' - dallo stesso espressamente escluso e consapevolmente non previsto. Non puo' pertanto superarsi per via ermeneutica la disparita' di trattamento rilevata. E' invece manifestamente infondata la questione sotto il profilo della violazione del diritto di difesa, dal momento che l'imputato partecipa della presunzione generale di conoscenza della legge, di guisa che egli deve conoscere i riti premiali previsti dalla legge ed i termini decadenziali entro i quali puo' accedervi. Tale questione non merita ulteriore sviluppo, restando assorbita dalla non manifesta infondatezza della questione in relazione alla violazione dell'art. 3 della Costituzione. E' appena il caso di osservare come il giudizio in corso non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale, dal momento che la dedotta nullita' dell'avviso non puo' essere sanata nella contumacia dell'imputato e nell'assenza di richiesta di accesso a riti alternativi premiali da parte del difensore. E' pertanto necessario disporre l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospendere il giudizio in corso.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante per la definizione del giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 419, comma 1 del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare debba contenere, a pena di nullita', l'avviso all'imputato che, qualora ne ricorrano i presupposti, prima della presentazione delle conclusioni delle parti in udienza preliminare ai sensi degli artt. 421 comma 3 e 422 comma 3 del codice di procedura penale, puo' presentare le richieste previste dagli artt. 438 e 444 del codice di procedura penale, per violazione del principio di uguaglianza e parita' di trattamento posto dall'art. 3 della Costituzione, ed all'uopo dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Letto l'art. 23, comma 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87 ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata, a cura del cancelliere, anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Letto l'art. 1 della deliberazione della Corte costituzionale del 16 marzo 1956, ordina che la presente ordinanza sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme con gli atti e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni predette, prescritte dall'art. 23, comma 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87. La presente ordinanza viene letta in udienza preliminare e allegata al verbale. Manda la cancelleria per quanto di competenza. Nocera Inferiore, addi' 6 novembre 2003 Il giudice dell'udienza preliminare: Cioffi 04C0198