N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2003

Ordinanza  emessa  il  6  ottobre  2003  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento penale a carico di Caltagirone Gaetano ed altri

Reati  e  pene  -  Intermediazione  finanziaria  -  Reato di abuso di
  informazioni   privilegiate  -  Criteri  per  stabilire  quando  la
  condotta  incriminata influisca sensibilmente sul prezzo dei titoli
  -  Mancata previsione - Violazione del principio di uguaglianza, in
  considerazione  della  troppo  ampia discrezionalita' attribuita al
  giudice  nella valutazione della sussistenza del reato - Violazione
  del principio di tassativita' delle fattispecie criminose.
- Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 180.
- Costituzione, artt. 3 e 25, secondo comma.
Reati  e  pene  -  Intermediazione  finanziaria  -  Reato di abuso di
  informazioni  privilegiate - Trattamento sanzionatorio - Previsione
  di  una  pena  superiore  a quella indicata nella legge di delega -
  Eccesso di delega.
- Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, art. 180.
- Costituzione, artt. 76.
In alternativa alla precedente questione:
Reati  e  pene  -  Intermediazione  finanziaria  -  Reato di abuso di
  informazioni  privilegiate  -  Legge di delega - Determinazione del
  quantum  di  pena per le violazioni omogenee e di pari offensivita'
  rispetto  a  quelle gia' disciplinate dalle leggi vigenti - Mancata
  previsione   -  Violazione  del  principio  di  tassativita'  delle
  fattispecie penali - Eccesso di delega.
- Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 3, comma 1, lett. c).
- Costituzione, artt. 25, secondo comma, e 76.
(GU n.9 del 3-3-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel  presente  procedimento  penale  Caltagirone  Gaetano risulta
imputato  del  reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. e 180 comma 1 e 2
del  d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 unitamente ad altri altri quattro
soggetti  per  la medesima violazione dell'art. 180, limitatamente al
comma 2.
    All'udienza  18 giugno 2003, la difesa dei prevenuti ha sollevato
questioni  di incostituzionalita' della citata disposizione normativa
delegata sotto duplice motivo.
    Il  primo  verte  sulla  definizione che l'art. 180 d.lgs. 58 del
1998   da'   della   nozione  di  informazione  privilegiata  ovvero:
«l'informazione   specifica  di  contenuto  determinato,  di  cui  il
pubblico non dispone, concernente strumenti finanziari o emittenti di
strumenti  finanziari,  che,  se  resa  pubblica,  sarebbe  idonea  a
influenzare   sensibilmente  il  prezzo».  Secondo  la  difesa,  tale
definizione  risulta  meramente  apparente  o,  comunque, generica in
quanto  non  consente di stabilire ex ante quando un'informazione sia
idonea  ad  influenzare  «sensibilmente»  il  prezzo  dei  titoli. In
definitiva la difesa degli imputati ha fatto osservare come l'ipotesi
incriminatrice  non  consente  agli stessi destinatari di orientare i
propri  comportamenti  ed,  in  particolare,  di  percepire  l'esatta
portata    sanzionatoria    ed    i   confini,   sufficientemente   e
preventivamente  controllabili,  tra  cio' che e' illecito e cio' che
non  lo  e'.  Di qui, in carenza di un criterio legale, la violazione
del  principio  di  tassativita'  di  cui  all'art. 25, comma 2 della
Costituzione  nonche'  di  quello di uguaglianza previsto dall'art. 3
della  stessa  Carta  costituzionale che, nel caso di specie, sarebbe
vulnerato  per  i  possibili, contrastanti giudizi di responsabilita'
penale,    proprio    determinati    dalla   vaghezze   della   norma
incriminatrice.
    Il  secondo  motivo di doglianza addotto dalla difesa riguarda la
sanzione  che il reato de quo prevede con una pena superiore a quella
indicata  nella  legge  delega,  quella  del  6 febbraio  1996 n. 52,
laddove  all'art. 3 comma 1, lettera c), ultima parte, aveva previsto
sanzioni  penali «identiche» a quelle gia' comminate da leggi vigenti
per  violazioni  omogenee e di pari offensivita'. In tale situazione,
il  legislatore  delegato avrebbe oltrepassato il limite della delega
stessa.  Secondo l'assunto difensivo, la disciplina normativa del cd.
insider   trading,  vigente  con  la  legge  17 maggio  1991  n. 157,
all'art. 2,  prevedeva  la pena della reclusione fino ad un anno e la
multa fino a L. 300 milioni mentre l'attuale art. 180 Testo Unico dei
mercati  finanziari ha previsto una pena superiore (fino a due anni e
la  multa  da  L.  20  a 600 milioni). Anche in tal caso si sarebbero
violati gli artt. 25, comma 2 e 76 della Costituzione.
    Tanto    premesso,    le   eccezioni   difensive   non   appaiono
manifestamente infondate.
    Quanto  alla  prima,  l'art. 180, comma 3 T.U.M.F. si appalesa in
contrasto  con  l'art. 25,  comma 2 della Costituzione per violazione
del principio di tassativita' della fattispecie penale.
    Il  cit.  art. 180  definisce  l'informazione  privilegiata  come
«informazione  specifica di contenuto determinato, di cui il pubblico
non   dispone,   concernente  strumenti  finanziari  o  emittenti  di
strumenti   finanziari,  che  se  resa  pubblica,  sarebbe  idonea  a
influenzare sensibilmente il prezzo.»
    Orbene, se il legislatore ha sentito il bisogno di indicare quali
sono   gli   «strumenti   finanziari»,   definendoli   analiticamente
all'art. 1, comma 2 del citato d.lgs. 58/1998, non altrettanto sembra
essere  stato  puntuale  ovvero  preciso  nel  formulare il contenuto
precettivo  della  norma  ed in particolare, l'esatta tipologia della
condotta.
    Piu'   segnatamente,   non   si   ravvisano  i  precisi  contorni
dell'azione  criminosa  da  parte  di «chiunque» il quale, essendo in
possesso  di  informazioni  privilegiate  o avendole ottenute e, rese
pubbliche,  abbia  determinato,  in  maniera  «idonea»,  un'influenza
sensibile del prezzo.
    La  fattispecie  descritta,  ad  avviso  di  questo  giudice, non
consente  all'interprete  di  esprimere un giudizio di corrispondenza
sorretto  da  fondamento controllabile soprattutto laddove l'avverbio
«sensibilmente» assume un'accezione non sempre comprensibile.
    Nella  suo  significato  «quantificativo» (e come, puo' ritenersi
nel  lessico di tale locuzione), e' possibile pensare ad un'influenza
del  prezzo  del  mercato  dei titoli in modo oggettivamente evidente
oppure  apprezzabile ovvero ancora in modo addirittura considerevole.
In  proposito,  non si puo' non osservare come la parola «sensibile»,
sebbene  riferita  ad alterazioni del prezzo in tema di «aggiotaggio»
su  strumenti  finanziari (cfr. il successivo art. 181 T.U.M.S.), sia
stata  usata dal legislatore per connotare una circostanza aggravante
(tanto   da   determinare   un   aumento  di  pena).  Ne'  sfugge  la
considerazione  secondo  la quale lo stesso legislatore, per il reato
in   discussione,  abbia  previsto,  al  comma  4  dell'art. 180,  la
circostanza della «rilevante offensivita' del fatto», come aggravante
che,   evidentemente,   al  di  la'  dell'entita'  del  profitto,  si
differenzia dal concetto dell'influenza «sensibile» del prezzo.
    Se  e'  pur  vero  che  spesso le norme penali si limitano ad una
descrizione  «elastica»  del  precetto  in  modo  da  ricondurvi, nel
miglior modo possibile, l'esigenza di una previsione tipica dei fatti
costituenti  reato, va sottolineato, come nel caso di specie, risulta
in  modo indeterminata la condotta penalmente rilevante. Ad avviso di
questo  giudice,  il  legislatore  avrebbe  potuto meglio tipicizzare
comportamenti  prodromici,  distinguendo  le  azioni, idonee, atte ad
influenzare il prezzo dei titoli, tipicizzando le speculazioni lecite
e   quelle  illecite  e,  comunque,  fornendo  all'interprete  (e  al
cittadino)  parametri  di  comportamento tali da offrire una migliore
comprensione  sui casi in cui l'impatto dell'informazione sul mercato
finanziario possa influenzare il prezzo dei titoli.
    In  definitiva,  l'incertezza  normativa non consente una precisa
interpretazione   se,   in   relazione  alle  variabili  del  mercato
finanziario  esistenti  al  momento  in  cui  l'agente  si e' avvalso
dell'informazione,  costui abbia o meno commesso il reato de quo e la
cui  sussistenza  si  fonda  su una valutazione del giudice del tutto
dicrezionale.  Tale  apprezzamento  contrasta  con  il  principio  di
determinatezza-tassativita'  dell'art. 25,  comma  2 Costituzione che
sarebbe  vulnerato  da,  contrastanti apprezzamenti giurisprudenziali
inficiati proprio dalla vaghezza della norma.
    La  rilevanza delle questioni nel giudizio a quo appare evidente.
Infatti, una pronuncia di accoglimento inciderebbe direttamente sulla
valutazione  della  condotta tenuta dagli imputati che, parametrata a
criteri precisi, potrebbe non integrare il delitto loro contestato.
    Quanto  alla  seconda  questione di incostituzionalita' sollevata
dalla  difesa  si  osserva  che  la  legge  delega sopra citata aveva
previsto, all'art. 3, comma 1, lett. c) ultima parte, sanzioni penali
«identiche»   a   quelle  gia'  comminate  dalle  leggi  vigenti  per
violazioni  omogenee  e  di  pari  offensivita'. L'art. 180 in esame,
invece,   risulta  aver  oltrepassato  il  limite  della  delega.  La
precedente  normativa  di  cui  all'art. 2 della legge 157/1991 - che
pure  disciplinava  «l'insider  trading»  -  prevedeva  la pena della
reclusione  fino  ad  un  anno  e  la  pena della multa fino a L. 300
milioni  mentre  l'attuale  art. 180  T.U.M.F.  ha  previsto una pena
superiore  (reclusione  fino  a  due  anni  e la multa da L. 20 a 600
milioni ).
    Al  riguardo,  si  osserva che non appare chiara l'intenzione del
legislatore  delegante laddove parla di sanzioni «identiche» a quelle
gia'  comminate  dalle  leggi  vigenti.  Se  con  tale  aggettivo (il
legislatore  delegante ha voluto intendere una pena uguale per genere
e  per quantum a quella gia' prevista dall'art. 2, legge n. 157/1991,
l'art. 180  in  esame,  nel  prevedere una pena superiore, ha violato
l'art. 76 della Costituzione per eccesso dei limiti della delega.
    Se, invece, il legislatore delegante ha voluto intendere una pena
uguale   solo   per  genere  a  quella  prevista  dall'art. 2,  legge
n. 157/1991, la norma censurabile per violazione degli artt. 76 e 25,
comma  2, Costituzione e' quella dell'art. 3, comma 1, lett. c) della
legge  delega n. 52/1996 la quale non ha previsto il quantum pena con
cui sanzionare le violazioni omogenee e di pari offensivita' rispetto
a  quelle  gia disciplinate da leggi vigenti, tra le quali rientra il
reato di «insider trading».
    La questione non appare, dunque, manifestatamente infondata ed ha
rilevanza  nel  giudizio  a  quo  stante  l'immediata  e  inevitabile
incidenza  che  un'eventuale  pronuncia di accoglimento avrebbe nella
valutazione della condotta degli imputati.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 180  d.lgs. 24 febbraio 1998,
n. 58   in   relazione  agli  artt. 3  e  25,  comma  secondo,  della
Costituzione    nella   parte   in   cui   non   contiene   parametri
sufficientemante  determinati  per  stabilire  quando l'influenza sul
prezzo  dei  titoli  determinata  dalla  condotta  incriminata  debba
considerarsi «sensibile».
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 180, d.lgs. 24 febbraio 1998,
n. 58  per  violazione dell'art. 76 della Costituzione nella parte in
cui  sanziona il reato con una pena superiore a quella indicata nella
legge  delega  6 febbraio  1996,  n. 52  o,  in  alternativa dichiara
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  lett.  c),  ultima  parte,  della legge
n. 52/1996  per  violazione degli artt. 25, comma secondo, e 76 della
Costituzione,  nella  parte  in cui non prevede la determinazione del
quantum  di  pena  per  le violazioni omogenee e di pari offensivita'
rispetto a quelle gia' disciplinate dalle leggi vigenti, tra le quali
rientra il reato di «insider trading».
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e, per l'effetto, sospende il presente giudizio.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Roma, addi' 6 ottobre 2003
                        Il giudice: Scivicco
04c0207