N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 febbraio 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  16 febbraio  2004  (del Presidente del Consiglio dei
ministri)

Edilizia  e  urbanistica - Norme della Regione Toscana riguardanti le
  opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi - Prevista
  inapplicabilita'  nel  territorio regionale della normativa statale
  sul   condono   edilizio,   eccezion   fatta  per  le  disposizioni
  concernenti  l'oblazione  penale - Ricorso dello Stato - Denunciata
  lesione  della  potesta'  legislativa  statale  in materia penale -
  Diversificazione   della   legge   penale  a  livello  regionale  e
  conseguenti  disuguaglianze  nella stessa materia - Incidenza sulla
  manovra  finanziaria  e  di  bilancio dello Stato, sulla «autonomia
  finanziaria»  e  sulle risorse occorrenti allo Stato ed agli enti a
  finanza  derivata, sull'obbligo di copertura delle leggi di spesa e
  sul   rispetto  del  patto  di  stabilita'  dell'Unione  europea  -
  Compressione  della  competenza  legislativa  statale in materia di
  «coordinamento  della  finanza  pubblica e dei sistemi tributari» -
  Violazione  della  competenza  statale  a determinare i principi in
  materia di governo del territorio e di titoli abilitativi edilizi -
  Non  consentita adozione di legge regionale di mera «reazione», per
  escludere  l'applicabilita' in territorio regionale di disposizioni
  statali  appena  prodotte  -  Possibile pregiudizio al principio di
  unita'  della  Repubblica - Inconciliabilita' con la facolta' delle
  Regioni   di   impugnare   le  leggi  statali  dinanzi  alla  Corte
  costituzionale.
- Legge della Regione Toscana 4 dicembre 2003, n. 55, art. 1, commi 1
  e 2.
- Costituzione,  artt. 3,  5, 51, 81, 117, commi secondo, lett. l), e
  terzo, 119, 127, comma secondo, e 134.
(GU n.9 del 3-3-2004 )
    Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato;

    Nei   confronti   della  Regione  Toscana,  in  persona  del  suo
presidente  della giunta, avverso la legge regionale 4 dicembre 2003,
n. 55,  intitolato  «Accertamento di conformita' delle opere edilizie
eseguite  in  assenza  di  titoli  abilitativi,  in totale o parziale
difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio della Regione
Toscana», pubblicata nel Boll. uff. n. 44 del 10 dicembre 2003.
    La  determinazione  di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata  dal  Consiglio  dei ministri nella riunione del 23 gennaio
2004 (si depositera' estratto del relativo verbale).
    La   Regione  Toscana  ha  proposto  una  prima  controversia  di
legittimita' costituzionale nei riguardi (anche) dei commi da 25 a 40
dell'art. 32  del  d.l.  30  settembre  2003,  n. 269  ed una seconda
similare  controversia  nei riguardi (anche) dei commi da 25 a 43 del
medesimo  art. 32,  come  risultato  dalla conversione nella legge 24
novembre  2003,  n. 326.  Con  la  legge  ora  in esame la Regione ha
disposto  nell'art. 1,  comma 2  che «i commi da 25 a 38 e da 40 a 45
dello  stesso  art. 32  non si applicano nel territorio della Regione
Toscana,  ad  eccezione delle disposizioni di detti commi concernenti
l'oblazione  penale».  Il  comma  1 del citato art. 1 costituisce una
sorta  di  premessa  alla  teste'  riportata  statuizione,  che pero'
rafforza mediante l'avverbio «esclusivamente».
    La  legge  in  esame si basa sul «gia' avvenuto adeguamento della
disciplina regionale» ai principi posti del testo unico approvato con
d.P.R.  6  giugno 2001, n. 380 e quindi su una lettura per cosi' dire
«condizionante»  del  comma  2  del  menzionato art. 32. Una siffatta
lettura  di  questo  comma  2 non e' pero' condivisibile; detto comma
(premesso  all'intero  art. 32  e  non  soltanto  ai  commi  di  esso
menzionati dalla legge toscana) fa riferimento al contesto generale e
d'insieme  entro  il  quale  i  commi successivi dello stesso art. 32
vanno  a  collocarsi,  e  si  limita  a  rammentare  l'esigenza di un
rinnovato «adeguamento» di tutte le leggi regionali in essere.
    Comunque,  la  normativa introdotta dai commi dell'art. 32 citato
che  l'art. 1,  comma  2 della legge toscana in esame intende rendere
non  applicabili  va  molto  oltre le previsioni in tema di «rilascio
della  concessione  (ancora  e'  usata la previgente denominazione) e
dell'attestazione  di conformita' in sanatoria» contenute nelle leggi
toscane  menzionate  nel  comma 1 dello stesso art. 1. Non puo' certo
contestarsi   che   gli   anzidetti  commi  dell'art. 32  introducono
innovativamente  un  principio  generale non presente nella anteriore
legislazione  toscana.  La  controversia  concerne dunque non gia' se
tale  anteriore  legislazione  fosse  o  meno sufficiente, ma se allo
Stato  era  consentito  porre le regole che si vorrebbero rendere non
applicabili ed i principi che si vorrebbero lasciare inosservati.
    Quanto  osservato rende palese come le parole «ad eccezione delle
disposizioni  di  detti  commi  concernenti  l'oblazione  penale» (in
chiusura  del  citato  comma  2)  siano destinate a rimanere prive di
concreta  effettivita'  qualora  il «non si applicano» che le precede
superasse  il  vaglio  di legittimita' costituzionale per non essersi
ravvisata  lesione della competenza legislativa esclusiva dello Stato
in  materia di «ordinamento penale» (art. 117, comma secondo, lettera
L Cost.). Competenza legislativa esclusiva che il legislatore statale
ha   utilizzato   nel   produrre   quelle  norme  sull'oblazione  che
costituiscono  il  fulcro  delle  disposizioni  che si vorrebbero non
applicabili,   e  che  il  legislatore  toscano  solo  apparentemente
salvaguarda.
    Posto  che  la  materia  «ordinamento  penale»  e'  di  esclusiva
competenza  statale,  la  sottrazione  dal  territorio  nazionale del
territorio  di  una  o  piu' regioni introduce disuguaglianze (art. 3
Cost.)  non  legittimate  dal  riconoscimento  in  Costituzione delle
autonomie   regionali.  Queste  non  possono  condurre  a  discipline
diversificate  nell'ambito  delle  materie  riservate allo Stato. Non
pare  che  fatti  identici  (ad  esempio,  edificazioni in assenza di
permesso  di  costruire)  siano repressi penalmente in una Regione, e
non repressi perche' sanati «per condono» in altre regioni.
    In  questo  quadro, la legge regionale in esame appare, oltre che
irriguardosa  dell'art. 117,  comma secondo, lettera L Cost. e lesiva
dell'art. 3  Cost.,  anche  contrastante con l'art. 117, comma terzo,
Cost.,  con gli artt. 81 e 119 Cost., e persino con gli artt. 51, 127
comma secondo e 134 Cost.
    Considerato  che  gli  introiti attesi dalle oblazioni sono stati
inseriti  nella finanziaria 2004 dello Stato (legge 24 dicembre 2003,
n. 350),  impedire  l'applicazione  nel territorio di una regione dei
commi  menzionati  nel  comma  2  dell'art. 1  in  esame concreta una
ingerenza  nella formazione del bilancio annuale dello Stato e quindi
una   lesione   di  quella  «autonomia  finanziaria»  che  anche,  ed
anzitutto,  allo  Stato deve essere garantita, una compressione della
competenza legislativa per il «coordinamento della finanza pubblica e
dei  sistemi  tributari»,  una  sottrazione di risorse destinate alla
copertura   (art. 81   Cost.)   di   spese  pubbliche  approvate  dal
Parlamento, e - da ultimo - una rottura del vincolo dato dal patto di
stabilita' concordato a livello da Unione europea.
    L'art. 119  Cost.  e' anche qui evocato perche' essenziale dovere
costituzionale  dello Stato e' assicurare a se stesso ed agli enti «a
finanza  derivata»  le  risorse  occorrenti:  tale dovere e' talmente
prioritario   e  fondamentale  da  aver  reso  superflua  l'esplicita
indicazione in Costituzione dei modi e dei mezzi consentiti per farvi
fronte;   significativa  e'  l'assenza  nell'art. 119  Cost.  di  una
esplicita garanzia di risorse proprie anche per lo Stato.
    La  Regione  la quale ostacoli mediante propria legge una manovra
di  finanza  pubblica  statale  dovrebbe  farsi  carico di assicurare
altrimenti  l'invarianza  del  «livello  massimo  del  saldo netto da
finanziare»  (art. 1,  comma  1  della  legge finanziaria citata), ad
esempio rinunciando ad apporti di finanza derivata dallo Stato.
    D'altro  canto, la legge in esame contrasta con l'art. 117, comma
terzo   Cost.   che   riconosce   allo   Stato   la  competenza  alla
«determinazione  dei  principi»  (si  noti  «determinazione»,  e  non
ottativa indicazione) in materia di «governo del territorio». Codesta
Corte  ha  insegnato  che  spetta  tuttora  allo Stato - anche per le
evidenti  e  plurime  connessioni con la materia «ordinamento civile»
(art. 117,  comma  secondo, lettera L Cost.) - produrre la disciplina
normativa  in  tema  di  titoli abilitativi edilizi. In questo ambito
deve   collocarsi  pure  la  previsione  di  titoli  abilitativi  non
ordinari,  quali  quelli per sanatoria non «a regime», specie se tale
previsione  si  salda  con  (ed e' integrata da) la prefigurazione di
programmi di riqualificazione urbanistico-edilizia.
    Da  ultimo, occorre rilevare - e trattasi di argomento assorbente
- che ai legislatori regionali non puo' essere consentito di produrre
norme  meramente demolitorie e «di reazione», le quali statuiscano la
non  applicazione  nel  territorio regionale di disposizioni poc'anzi
prodotte   dallo  Stato.  Iniziative  siffatte  possono  pregiudicare
l'unita'  della  Repubblica  (art. 5 Cost.) e comunque concretano una
sorta  di  anomala  «autodichia».  L'ordinamento  costituzionale (ora
art. 127,  comma secondo Cost.) riconosce ad ogni Regione la facolta'
di  sottoporre  a  codesta  Corte  le disposizioni statali che reputa
affette  da  illegittimita'  costituzionale,  e  cosi' esclude che il
potere   legislativo   regionale  possa  -  grazie  alla  agevolmente
realizzabile  rapidita'  della  produzione  legislativa  ad opera dei
Consigli  regionali  ed  alla  soppressione  dell'istituto del rinvio
governativo, e facendo leva sulla successione della leggi nel tempo -
essere   utilizzato   per   contrastare   l'applicazione   di   dette
disposizioni  statali  (non  rileva  se  in assenza o in pendenza del
ricorso della Regione).
    Quest'ultima  considerazione appare di particolare importanza per
il  sereno  ed  equilibrato  esplicarsi  dei poteri legislativi dello
Stato  e  delle  autonomie.  Si confida in un insegnamento di codesta
Corte,  il  quale  tenga  conto  anche dell'esigenza di salvaguardare
appieno l'autorita' del Parlamento nazionale.
                              P. Q. M.
    Si  chiede  che  sia  dichiarata la illegittimita' costituzionale
della legge sottoposta a giudizio, con ogni conseguenziale pronuncia.
        Roma, addi' 30 gennaio 2004
                Vice avvocato generale: Franco Favara
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