N. 112 SENTENZA 25 marzo - 6 aprile 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Legge  regionale  delle  Marche  -  Impugnazione  governativa  in via
  principale - Termini normativi individuati nel ricorso - Successivo
  abbandono  da  parte  del  ricorrente  di  alcune  delle originarie
  censure - Oggetto del giudizio di costituzionalita' - Limitazione.
- Legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 10, artt. 2, comma 1,
  lettera a) e comma 2, 4, 6, comma 1, 10, comma 2.
Regione  Marche  -  Risparmio  energetico  -  Misure urgenti - Potere
  sostitutivo  regionale  nei confronti di enti locali - Nomina di un
  commissario  ad  acta, da parte del difensore civico regionale, per
  provvedere  in  via  sostitutiva in luogo del Comune inadempiente -
  Incidenza    in    modo    diretto    e    gravoso   sull'autonomia
  costituzionalmente    garantita    ai   Comuni   -   Illegittimita'
  costituzionale.
- Legge della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 10, art. 10.
- Costituzione, artt. 114, primo e secondo comma, 117, secondo comma,
  lettera p), e 120.
(GU n.15 del 14-4-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lettera a),   e   comma 2,   dell'art. 4,   dell'art. 6,  comma 1,  e
dell'art. 10 nonche' dell'allegato B, punti 7 ed 8, della legge della
Regione  Marche  24 luglio  2002, n. 10 (Misure urgenti in materia di
risparmio  energetico  e  contenimento  dell'inquinamento  luminoso),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato   il   30 settembre   2002,   depositato   in  cancelleria
l'8 ottobre 2002 ed iscritto al n. 65 del registro ricorsi 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 novembre  2003  il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, con ricorso
notificato  il 30 settembre 2002, depositato il successivo 8 ottobre,
ha   sollevato   questione  di  legittimita'  costituzionale  in  via
principale  dell'art. 2, comma 1, lettera a), e comma 2, dell'art. 4,
dell'art. 6,  comma 1, e dell'art. 10, comma 2, nonche' dell'allegato
B,  punti  7  ed  8, della legge della Regione Marche 24 luglio 2002,
n. 10   (Misure   urgenti   in  materia  di  risparmio  energetico  e
contenimento  dell'inquinamento  luminoso), pubblicata nel Bollettino
ufficiale della Regione Marche del 1° agosto 2002, n. 87.
    2.  - Il ricorrente censura un primo gruppo di disposizioni della
citata  legge  regionale  n. 10  del  2002 e, precisamente, l'art. 2,
comma 1,   lettera a),   e  comma 2,  e  l'art. 4  (il  quale  rinvia
all'allegato  B  -  punti 7 ed 8), deducendo che esse, nella parte in
cui   attribuiscono   alla  Regione  la  competenza  ad  adottare  il
«regolamento  di  riduzione e prevenzione dell'inquinamento luminoso»
che  dovrebbe  definire  i  requisiti  tecnici  per la progettazione,
l'installazione   e  la  gestione  degli  impianti  di  illuminazione
esterna,  pubblici  e  privati, realizzerebbero una restrizione della
circolazione  delle  merci  nel  mercato  unico europeo in violazione
dell'art. 117,  primo  comma,  della Costituzione, e sarebbero lesive
della  competenza legislativa statale in tema di tutela dell'ambiente
(art. 117,  secondo  comma, lettera s), della Costituzione) e in tema
di  determinazione  dei  principi  fondamentali in materia di energia
elettrica   (art. 117,  terzo  comma,  della  Costituzione).  Inoltre
l'art. 6,  comma 1,  si porrebbe in contrasto con l'art. 117, secondo
comma,  lettera l),  della  Costituzione,  violando la competenza del
legislatore  statale  in  tema di «ordinamento civile» nella parte in
cui   impone   all'autonomia  negoziale  dei  privati  l'adozione  di
capitolati conformi alle prescrizioni della legge stessa.
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna,  inoltre,
l'art. 10  della  predetta legge regionale n. 10 del 2002, sostenendo
che  tale  disposizione, nella parte in cui - al comma 2 - stabilisce
che,  «decorso  inutilmente il termine di cui al comma 1» (e cioe' il
termine  per  provvedere assegnato dal difensore civico regionale nel
caso  in  cui  «i  Comuni  ritardino  o omettano di compiere gli atti
obbligatori  previsti  dalla  presente legge»), «il difensore civico,
sentito  il  Comune  inadempiente,  nomina un commissario ad acta che
provvede  in  via  sostitutiva»,  si  porrebbe  in  contrasto con gli
artt. 114,  primo  e secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), e
120, secondo comma, della Costituzione.
    Quest'ultimo  attribuisce  al Governo il potere di «sostituirsi a
organi (...) delle Citta' metropolitane, delle Province e dei Comuni»
nei  casi  espressamente  previsti,  riservando, nel secondo periodo,
alla «legge» la fissazione delle procedure, nel rispetto dei principi
di  sussidiarieta'  e di leale collaborazione. Secondo il ricorrente,
la   «continuita'   dei  due  periodi  dell'unitario»  secondo  comma
dell'art. 120  della Costituzione, l'art. 114, primo e secondo comma,
della  Costituzione,  nonche'  l'art. 117, secondo comma, lettera p),
che  attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la
materia  «organi  di  governo  e  funzioni  fondamentali  di  Comuni,
Province  e  Citta'  metropolitane»,  unitamente  all'esigenza di una
disciplina «unica o quanto meno fortemente coordinata delle modalita'
di   esercizio   dei   poteri   sostitutivi  sin  dal  momento  della
individuazione  dell'organo  deliberante  l'intervento  sostitutivo»,
indurrebbero  a  ritenere che la «legge» indicata nell'art. 120 della
Costituzione sia la legge statale.
    Pertanto,   la   disposizione   censurata   recata   dall'art. 10
violerebbe  i  succitati  parametri,  attribuendo al difensore civico
regionale il potere di nominare un commissario ad acta, senza neppure
chiarire   se  quest'ultimo  debba  o  meno  osservare  le  direttive
impartite dal difensore civico.
    Il   ricorrente   osserva,  infine,  che  indubbiamente  sussiste
l'esigenza   di  adeguare  gli  artt. 136,  141  e  247  del  decreto
legislativo   18 agosto   2000,   n. 267  (Testo  unico  delle  leggi
sull'ordinamento  degli  enti locali), alla soppressione degli organi
regionali  di  controllo,  ma  ad essa deve provvedere il legislatore
statale,   stabilendo   modalita'   uniformi  sull'intero  territorio
nazionale,  e  conclude  deducendo, «in via logicamente subordinata»,
«che  lo  statuto  della  Regione non pare consenta l'attribuzione al
difensore civico regionale di funzioni di tanto spessore».
    3.  -  La  Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta
regionale,  si  e' costituita nel giudizio chiedendo che le questioni
siano dichiarate infondate.
    In  particolare, in relazione alle censure concernenti l'art. 10,
la   resistente   deduce   che   l'art. 120,  secondo  comma,  Cost.,
riguarderebbe  esclusivamente  l'esercizio  del potere sostitutivo da
parte  dello  Stato  e  non  escluderebbe  il potere delle regioni di
disciplinare  forme  e modalita' dell'esercizio di poteri sostitutivi
di queste ultime nei confronti degli enti locali.
    4.  -  Nell'imminenza dell'udienza pubblica l'Avvocatura generale
dello  Stato  ha  depositato memorie nelle quali dichiara di limitare
«la  materia del contendere al citato art. 10», in relazione al quale
insiste  per  l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nel ricorso
introduttivo, «con abbandono delle rimanenti censure».
    5.  -  Anche  la Regione Marche ha depositato memorie nelle quali
insiste  per l'accoglimento delle conclusioni rassegnate nell'atto di
costituzione.  Con  riferimento  alle censure sollevate nei confronti
dell'art. 10  -  al cui vaglio e' stato circoscritto il ricorso dello
Stato  «per  espressa  rinuncia  alle  altre censure» - la resistente
deduce  l'infondatezza  del  ricorso,  dal momento che «la disciplina
dettata  dall'art. 120,  comma  secondo, della Costituzione» - che si
assume  violata  -  «si  riferisce  (...)  esclusivamente all'ipotesi
dell'esercizio  del  potere  sostitutivo  da  parte  dello  Stato  (e
segnatamente  del  Governo),  senza  percio' escludere la facolta' di
introdurre   e  disciplinare  proprie  forme  ed  ipotesi  di  poteri
sostitutivi  da parte delle Regioni nei confronti degli enti locali».
La  Regione  Marche  sostiene, peraltro, che la norma censurata, «nel
definire un potere sostitutivo regionale in caso di inattivita' degli
enti   locali»,   non  sarebbe  lesiva  del  «rilievo  costituzionale
riconosciuto  dal  novellato  art. 114 Cost. agli enti locali ed alla
loro  autonomia»,  ma,  «al  contrario», ne rafforzerebbe la portata,
«prevedendo  una  procedura di attivazione del Comune nell'ipotesi di
inadempienza  (cui  viene  assegnato  un  termine per provvedere e il
diritto    di    essere    «sentito»    comunque,    pur   insistendo
nell'inadempienza),   in   conformita'   (...)   a   quanto  previsto
dall'art. 120,  secondo  comma,  Cost.»,  che associa il principio di
sussidiarieta'  al principio di leale collaborazione, ed in linea con
quanto  affermato  di  recente  dalla  giurisprudenza  costituzionale
(sentenza  n. 313  del  2003).  Ne'  risulterebbe fondata - ad avviso
della  resistente  -  la  censura  relativa  alla presunta violazione
dell'art. 117,   secondo   comma,   lettera p),   «che  assegna  alla
legislazione  esclusiva  dello  Stato  le  funzioni  fondamentali  di
Comuni,   Province  e  Citta'  metropolitane»,  dal  momento  che  la
normazione  sull'organizzazione  e  sullo  svolgimento delle funzioni
fondamentali  sarebbe  lasciata  «al potere regolamentare dei singoli
enti  locali  (...) per le funzioni di spettanza legislativa statale,
alla  Regione  e  al  potere  regolamentare  dell'ente  locale per le
funzioni   rientranti   nella  competenza  legislativa  regionale»  e
considerato  che  la  previsione di poteri sostitutivi da parte delle
regioni nei confronti degli enti locali rientrerebbe tra le «forme di
consultazione  e di raccordo tra enti locali, Regione e Stato», volte
a  garantire il «rispetto del principio di leale collaborazione tra i
diversi  livelli  di  governo locale nello svolgimento delle funzioni
fondamentali  che  richiedono per il loro esercizio la partecipazione
di  piu'  enti».  Quanto, infine, alla censura secondo cui lo statuto
della  Regione  Marche non consentirebbe «l'attribuzione al difensore
civico regionale di funzioni di tanto spessore», la resistente, oltre
ad  eccepirne  la  genericita', ne deduce l'infondatezza, considerato
che «l'attribuzione al difensore civico della competenza ad assegnare
un  termine  ed  a  nominare  il commissario ad acta costituisce mera
applicazione  e  quasi  letterale  riproduzione del modello di potere
sostitutivo indicato dall'art. 136 del d.lgs. n. 267 del 2000».
    6. - All'udienza pubblica dell'11 novembre 2003 la Regione Marche
e  la  difesa  erariale  hanno  insistito  per  l'accoglimento  delle
conclusioni rassegnate nelle difese scritte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  questione di legittimita' costituzionale, promossa dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri con il ricorso in epigrafe,
concerne  gli artt. 2, comma 1, lettera a), e comma 2; 4; 6, comma 1;
10,  comma 2,  nonche'  l'allegato B, punti 7 ed 8, della legge della
Regione  Marche  24 luglio  2002  n. 10 (Misure urgenti in materia di
risparmio  energetico  e contenimento dell'inquinamento luminoso), in
riferimento  agli artt. 114, primo e secondo comma, 117, primo comma,
secondo  comma,  lettere p),  s)  ed  l),  e terzo comma, e 120 della
Costituzione.
    Secondo    il    ricorrente,   che   nella   memoria   presentata
nell'imminenza  dell'udienza  ha delimitato la materia del contendere
al  solo art. 10 «con abbandono delle rimanenti censure», il predetto
articolo  violerebbe  in  particolare  gli artt. 114, primo e secondo
comma, 117, secondo comma, lettera p), e 120 della Costituzione nella
parte in cui attribuisce al difensore civico il potere di nominare un
commissario  ad  acta, senza neppure chiarire se quest'ultimo debba o
meno  osservare  le  direttive  impartite dal difensore civico, cosi'
innovando  alla  disciplina  statale  vigente  e  sovrapponendo  «una
disposizione  legislativa  regionale ad una specifica norma statale».
Ed  invero, anche se sussiste l'esigenza di adeguare l'attuale regime
legislativo  alla soppressione degli organi di controllo, a cio' deve
provvedere  il  legislatore  statale  stabilendo  modalita'  uniformi
sull'intero territorio nazionale.
    2. - Preliminarmente va ricordato che l'Avvocatura generale dello
Stato,  dopo  avere  dichiarato,  nella  memoria  del 20 ottobre 2003
presentata  nell'imminenza dell'udienza, l'«abbandono delle rimanenti
censure»  -  non  risultanti  neppure  nella  relazione  ministeriale
allegata alla delibera del Consiglio dei ministri di proposizione del
ricorso,  nella quale si censurava esclusivamente il predetto art. 10
- ha contestualmente circoscritto l'originaria materia del contendere
al  «citato  art. 10» della legge censurata, senza alcuna indicazione
di  commi.  Lo  scrutinio  di  costituzionalita' va quindi limitato a
questa  ultima disposizione, la quale prevede che il difensore civico
regionale,  dopo avere assegnato ai Comuni, che ritardino od omettano
di  compiere atti obbligatori previsti dalla stessa legge, un termine
per  provvedere,  nomina,  decorso  inutilmente il predetto termine e
sentito  il Comune inadempiente, un commissario ad acta, che provvede
in via sostitutiva.
    3. - La questione e' fondata.
    La  giurisprudenza  di questa Corte (cfr. in particolare sentenze
n. 43  e  n. 69  del  2004) ha gia' precisato, a proposito del potere
sostitutivo regionale e dei suoi limiti, che nel sistema del Titolo V
l'art. 120  della  Costituzione, nel prevedere, in via straordinaria,
l'intervento   sostitutivo   del  Governo,  non  esaurisce  tutte  le
possibili ipotesi di esercizio di poteri sostitutivi e in particolare
non preclude che la legge regionale, disciplinando materie di propria
competenza, possa anche stabilire, in caso di inadempimento o inerzia
dell'ente  locale  competente,  poteri  sostitutivi in capo ad organi
regionali  per  il  compimento  di  atti  obbligatori  per legge, nel
rispetto,  peraltro, di rigorosi limiti prefissati dal legislatore, a
tutela   dell'autonomia,  costituzionalmente  garantita,  degli  enti
locali.  La  legge  regionale  deve  dunque innanzi tutto prevedere e
disciplinare   l'esercizio  dei  poteri  sostitutivi,  definendone  i
presupposti  sostanziali e procedurali (sentenza n. 338 del 1989); in
secondo   luogo  stabilire  che  la  sostituzione  concerna  solo  il
compimento  di  attivita' «prive di discrezionalita' nell'an», la cui
obbligatorieta'  derivi da interessi di livello superiore, tutelabili
appunto  attraverso  l'intervento  sostitutivo  (sentenza  n. 177 del
1988);  disporre inoltre che il potere sostitutivo sia esercitato, in
ogni  caso, da un organo di governo della Regione o almeno sulla base
di  una  sua  decisione  (sentenze n. 460 del 1989, n. 342 del 1994 e
n. 313  del  2003);  prevedere infine congrue garanzie procedimentali
ispirate  ai  principi  di  sussidiarieta' e di leale collaborazione,
cosi'  da  consentire  all'ente  sostituito di interloquire e, se del
caso,  intervenire  nel procedimento di sostituzione (sentenza n. 416
del 1995 e ordinanza n. 53 del 2003).
    La  norma censurata delinea una disciplina del potere sostitutivo
regionale  nel  settore  del  risparmio energetico e del contenimento
dell'inquinamento  luminoso,  la  quale  appare, in linea di massima,
rispettosa,  sotto  il  profilo procedimentale, dei predetti principi
giurisprudenziali,   mentre,   sotto   il   profilo   soggettivo,  in
riferimento  alla  titolarita'  del  potere  incentrata sul difensore
civico  regionale  e  su  un  commissario  ad acta di sua nomina, non
appare   conforme   ai   criteri   prospettati.   Ed   invero   nella
giurisprudenza  di  questa  Corte e' stato piu' volte affermato che i
poteri   sostitutivi  in  ambito  regionale  sono  in  ogni  caso  da
ascrivere,   per   lo   spostamento  eccezionale  di  competenze  che
determinano   e   per   l'incidenza  diretta  su  enti  politicamente
rappresentativi,  ad  organi  di  governo della Regione e non gia' ad
apparati  amministrativi  (sentenze n. 460 del 1989, n. 352 del 1992,
n. 313 del 2003), dal momento che le scelte relative ai criteri ed ai
modi  degli  interventi  sostitutivi  a  salvaguardia di interessi di
livello superiore a quelli delle autonomie locali presentano un grado
di   politicita'   tale   che   la   loro   valutazione   complessiva
ragionevolmente  non  puo'  che  spettare  agli  organi  regionali di
vertice,   cui   istituzionalmente  competono  le  determinazioni  di
politica generale, delle quali assumono la responsabilita'.
    In  questa  categoria  non  rientra certo la figura del difensore
civico  regionale,  che,  indipendentemente  da  ogni  qualificazione
giuridica,  e' generalmente titolare di sole funzioni di tutela della
legalita'   e  della  regolarita'  amministrativa,  in  larga  misura
assimilabili  a  quelle  di  controllo,  gia'  di  competenza,  prima
dell'abrogazione   dell'art. 130  della  Costituzione,  dei  previsti
comitati regionali di controllo, ai quali, del resto, tale figura era
gia' stata equiparata dall'art. 17 della legge 15 maggio 1997, n. 127
(ora  art. 136  del  decreto  legislativo  18 agosto  2000,  n. 267),
nonche'  da  alcune  leggi  regionali  successive. Anche il difensore
civico  della Regione Marche, istituito in base alla legge 14 ottobre
1981, n. 29, rientra in questo schema, poiche' ha il compito precipuo
di  vigilare,  a  tutela  di  cittadini,  enti  e formazioni sociali,
sull'imparzialita'    e    sul    buon    andamento    degli   uffici
dell'amministrazione regionale, degli enti pubblici regionali e delle
amministrazioni  pubbliche  dipendenti  dalla  Regione,  al  fine  di
rilevarne eventuali «irregolarita' o ritardi» e di «suggerire mezzi e
rimedi» per la loro eliminazione.
    Si  tratta  quindi  essenzialmente di un organo - tra l'altro non
previsto   dallo  statuto  -  preposto  alla  vigilanza  sull'operato
dell'amministrazione  regionale  con limitati compiti di segnalazione
di  disfunzioni  amministrative,  al  quale  non  puo'  dunque essere
legittimamente  attribuita,  proprio  perche'  non  e'  un  organo di
governo  regionale,  la  responsabilita'  di  misure  sostitutive che
incidono  in modo diretto e gravoso sull'autonomia costituzionalmente
garantita dei comuni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge
della Regione Marche 24 luglio 2002, n. 10 (Misure urgenti in materia
di risparmio energetico e contenimento dell'inquinamento luminoso).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 aprile 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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