N. 308 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 - 29 gennaio 2004
Ordinanze 308 e 309 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse l'8 gennaio e il 29 gennaio 2004 dal giudice di pace di Mileto nei procedimenti civili vertenti tra: Colacchio Roberto e Ufficio territoriale dei Governo di Vibo Valentia ed altra (R.O. n. 308/2004); Mercatante Alfredo e Ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia (R.O. n. 309/2004). Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento fra soggetti abbienti e non abbienti, nonche' fra cittadini e Pubblica Amministrazione - Limitazione di fatto della liberta' e dell'uguaglianza dei cittadini - Contrasto con il valore assoluto della persona umana e con i diritti fondamentali dell'individuo - Violazione del diritto di azione e difesa - Ingiustificato vantaggio per la P. A. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.17 del 28-4-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza. Letto il ricorso ex art. 22 e 23 legge 24 novembre 1981, n. 689, iscritto al n. 1/04 R.G.A.C di quest'Ufficio, promosso da Colacchio Roberto n. 5/5/1982 a Vibo Valentia elettivamente domiciliato nello studio dell'avv. Alfredo Mercatante, via Roma, 136, San Costantino Calabro che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, opponente; Contro Ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia in persona del Prefetto p.t., opposto; Nonche': Regione Carabinieri Calabria - Compagnia di Vibo Valentia, opposto; Avente ad oggetto: ricorso in opposizione avverso verbale di contestazione n. 141925914 del Nucleo Radiomobile Carabinieri di Vibo Valentia. F a t t o Con ricorso depositato in data 3 gennaio 2004, il ricorrente proponeva rituale opposizione avverso il verbale di contestazione n. 141925914 elevato in data 11 ottobre 2003 dalla Regione Carabinieri Calabria - Nucleo Radiomobile di Vibo Valentia per violazione dell'art. 141, commi 3 e 8, c.d.s. con conseguente irrogazione della sanzione di euro 68,25 oltre la sanzione accessoria della decurtazione di punti 5 a disposizione del titolare della patente di guida. L'opponente impugnava il verbale nel merito per violazione di legge. Chiedeva inoltre, preliminarmente che questo giudice, in riferimento alla dichiaranda inammissibilita' per mancato versamento della cauzione imposta, volesse eventualmente so1levare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del c.d.s., introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione. D i r i t t o Esaminati gli atti, questo giudice rileva come il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato, presso la cancelleria in data 3 gennaio 2004, non accompagnato dalla ricevuta di versamento della somma pari alla meta' del massimo edittale previsto per la sanzione inflitta dall'organo accertatore. Tale obbligo, previsto a pena di inammissibilita' del ricorso, scaturisce dall'art. 204-bis (d.lgs.) 30 aprile 1992, n. 285, introdotto della legge 1° agosto 2003, n. 214 di conversione del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151. Detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003 - suppl. ord. - n. 133, e' entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, pertanto nel caso in questione, doveva essere osservata. Questo giudice, ritiene che l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto della legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge con modificazioni il d.l. 27 giugno 2003, n. 151, non sia conforme alla Costituzione ed intende, pertanto, sollevare d'ufficio, come in effetti solleva, incidente di costituzionalita' nei termini che seguono. Sulla rilevanza della questione Nel caso de quo il collegamento giuridico, e non gia' di mero fatto, tra la res giudicanda e la norma ritenuta incostituzionale, appare del tutto evidente. Infatti ove si ritenesse l'art. 204-bis, legge 1° agosto 2003, n. 214, conforme alla Costituzione il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile, mentre ove, per contro, si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione dovra' essere esaminata nel merito. Sulla non manifesta infondatezza Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione. Per ritenere l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151 conforme alla Costituzione occorrerebbe affermare che la diversa posizione che il legislatore ha riservato a cittadino e pubblica amministrazione, oltre che a cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi alcun precetto costituzionale. Tale assunto, tuttavia, non viene condiviso da questo giudice, in quanto la normativa in parola lede il diritto fondamentale dell'individuo espressamente tutelata dall'art. 3 della Costituzione, ponendo i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di diseguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di poter tutelare i propri diritti proponendo ricorso al giudice di pace. Non e' sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare ricorso al Prefetto in quanto tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto a maggior ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente ai soggetti facoltosi, sia in quanto la scelta di tutelare i propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i cittadini sul piano economico e sociale limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto che questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tale censura in quanto l'art. 3 della Costituzione prevede che compito delle Repubblica e' rimuovere, non gia' creare, ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' ed uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Peraltro, il disposto della cui costituzionalita' si dubita lede altresi' l'art. 2 Cost. che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo. Violazione dell'art. 24 della Costituzione. L'ingiustificato ostacolo imposto per la tutela dei diritti del cittadino nella sola sede giurisdizionale contrasta con l'art. 24 Cost., il quale espressamente prevede che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed aggiunge che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. La sola lettura della norma costituzionale fa apparire il netto contrasto di quest'ultima con l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in legge con modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151. Infatti l'imposizione del versamento della cauzione previsto per la tutela dei diritti del ricorrente nella sola sede giurisdizionale oltre a rappresentare un ingiustificato quanto ingiusto vantaggio per l'autorita' opposta che, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria ha immediatamente a propria disposizione quanto eventualmente dovuto, non assicura la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica,in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa. Peraltro e' indubbio che l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in legge il d.l. 27 giugno 2003, n. 151 nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di tutela che quest'ultimo ha a propria disposizione soggetto al pripcipio della soccombenza, costringendo o comunque inducendo i meno facoltosi a presentare ricorso al Prefetto per la tutela dei propri diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell'opposizione il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l'assistenza di un professionista, ma neppure delle spese vive sostenute. Si deve concludere che il fondamentale diritto alla difesa non puo' essere condizionato al pagamento di una cauzione. Tale principio e' stato gia' riconosciuto dallo stesso giudice delle leggi con sentenza n. 8/1993 quando ha ritenuto che il mancato od omesso versamento di una imposta di bollo non puo' essere ostativo alla produzione in giudizio di documenti o difese scritte. Aggiungasi che neppure il mancato pagamento del contributo unificato per le spese degli atti giudiziari, ex art. 16 d.P.R. n. 115/2002 risulta essere ostativo all'accesso al servizio della giustizia, essendosi statuito che «in caso di omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato, si applicano le disposizioni di cui alla parte VII, titolo VII del presente testo unico e nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati gli interessi legali, decorrenti dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo». Con l'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito il d.l. 27 giugno 2003, n. 151, statuendosi l'obbligo del versamento della cauzione, a pena di inammissibilita' del ricorso, si introduce di fatto una anomala figura di imposta solve et repete che, cacciata dalla porta con sentenza del giudice delle leggi n. 21 del 1961, trova modo di rientrare per la finestra. Ne' si dimentichi che la stessa Corte costituzionale (sent. 29 novembre 1960, n. 67) dichiaro' costituzionalmente illegittimo l'art. 98 del c.p.c., che prevedeva proprio il potere del giudice di imporre una cauzione alla parte, con conseguente estinzione del giudizio in caso di mancato versamento. Ed inoltre sul rilascio di copie conformi uso appello di sentenze non registrate (sent. n. 80 del 1966; sull'obbligo nell'indicazione nell'atto di precetto della registrazione dei contratti di locazione, della dichiarazione dei redditi e delle ricevute I.C.I. (sent. n. 333 del 2001; sul rilascio di copie esecutive di atti non registrati (sent. n. 522 del 2002). Ritiene pertanto questo giudice che l'art. 16 del d.P.R. n. 115/2002 puo' essere indicato quale tertium comparationis rispetto all'art. 204-bis c.d.s. in quanto il primo elimina l'irricevibilita' degli atti giudiziari in caso di omesso od insufficiente pagamento del contributo unificato anche per somme ingenti, mentre il secondo introduce una cauzione a volte anche elevata, a pena di inammissibilita', per avere accesso alla giustizia. Si deve concludere che nel caso in esame - vertendosi tra l'altro nella operativita' della legge n. 689/1981 che consente il ricorso diretto del cittadino alla giustizia in un procedimento snello e privo di eccessivo formalismo - il versamento della cauzione non puo' ritenersi un onere allo scopo di assicurare al processo uno svolgimento meglio conforme alla sua funzione bensi' un onere che mira esclusivamente al risultato di precludere od ostacolare l'esperimento della tutela giudiziale, con la conseguenza che l'onere imposto non puo' non incorrere nella sanzione di incostituzionalita' risolvendosi di fatto in una compressione del diritto alla tutela giurisdizionale, costituzionalmente garantito.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge 23 marzo 1953, n. 87, ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza; Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede che, all'atto del deposito del ricorso, il ricorrente debba versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Sospende il presente giudizio n. 1/2004 del ruolo generale per affari contenziosi dell'anno 2004; Manda alla cancelleria per l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri; Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Mileto, addi' 8 gennaio 2004 Il giudice di pace: Di Leo 04C0495