N. 312 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 2003
Ordinanza emessa il 18 novembre 2003 dal giudice di pace di Torre Annunziata nel procedimento civile vertente tra Pepe Francesca e comune di Torre Annunziata Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento fra ricorrente e Pubblica Amministrazione, nonche' fra cittadini abbienti e meno abbienti - Contrasto con il compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli economico-sociali limitativi di fatto della liberta' e dell'uguaglianza - Lesione di diritti inviolabili - Compressione del diritto di azione e difesa - Contrasto con i principi di parita' delle parti in giudizio e del giudice naturale precostituito per legge - Irragionevolezza. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, introdotto dall'art. 1-septies, della legge 1° agosto 2003, n. 214 [recte: dall'art. 4, comma 1-septies, del d.l. 27 giugno 2003, n. 151, convertito, con modifiche, nella legge 1° agosto 2003, n. 214]. - Costituzione, artt. 2, 3, 24, 25 e 111.(GU n.17 del 28-4-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale. Con ricorso del 14 agosto 2003, depositato in pari data, Pepe Francesca proponeva ricorso in opposizione ex art. 22 legge 24 novembre 1981 n. 689 avverso l'accertamento di violazione n. 77826/S emesso dalla Polizia Municipale di Torre Annunziata in data 10 luglio 2003 e notificato in data 17 luglio 2003, chiedendo la sospensione dell'esecutivita' del detto accertamento di violazione, la fissazione con decreto dell'udienza ed all'esito, l'annullamento del provvedimento amministrativo emesso dalla detta Polizia Municipale. Dall'esame degli atti e della documentazione allegata va rilevato che il ricorso e' stato depositato in cancelleria senza il versamento previsto dall'art. 204-bis n. 285/1992, cosi' come introdotto dalla legge n. 214/03. Tale omissione, secondo il disposto del citato articolo, determina l'inammissibilita' del ricorso, provvedimento che, all'esito del preliminare controllo dell'avvenuto versamento, il giudicante deve adottare ex officio. La legge n. 214/03 e' stata pubblicata in data 12 agosto 2003 ed e' entrata in vigore il giorno successivo, secondo il disposto dell'art. 1 n. 2. Va, pertanto, rilevata l'applicabilita' della detta norma al ricorso interposto dalla Pepe Francesca in base alla successione delle leggi nel tempo e del principio tempus regit actum. Tutto cio' premesso questo giudicante rileva la non conformita' al dettato costituzionale dell'art. 204-bis d.lgs. n. 285/1992, cosi' come introdotto dall'art. 1-septies legge n. 214/03 e solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis d.lgs. n. 285/1992 - introdotto dalla legge n. 214/03 - nella parte in cui (comma 3): «All'atto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore», per i seguenti motivi: 1) La pregiudiziale ha rilevanza nella controversia in esame, dal momento che il presente giudizio non puo' essere deciso indipendentemente dalla risoluzione della questione di costituzionalita'. Infatti se si ritenesse la conformita' dell'art. 204-bis al dettato costituzionale, il ricorso interposto dalla Pepe dovrebbe essere dichiarato inammissibile; di contro se si ritenesse l'illegittimita' costituzionale del disposto legislativo il ricorso medesimo dovra' essere esaminato nel merito. 2) Violazione degli artt. 3 e 2 della Costituzione. Il legislatore, con la novella introdotta, ha riservato una diversa posizione al ricorrente ed alla pubblica amministrazione, differenziando il cittadino abbiente da quello meno facoltoso. La previsione della cauzione nel giudizio di opposizione, solo per i verbali di contravvenzione da infrazione al codice stradale, ha il carattere dell'assoluta singolarita' nel nostro ordinamento, dal momento che gli istituti processuali che prevedono la cauzione sono stati posti dal legislatore in funzione di particolari interessi pubblici, che, nel caso che ci occupa, non solo non sono ravvisabili, ma, al contrario, costituiscono una remora se non un'inibente all'instaurazione di un'azione in sede giurisdizionale. La previsione della cauzione di cui all'art. 204-bis lede il principio previsto dall'art. 3 della Costituzione ponendo un discrimine tra soggetto abbiente e non abbiente, dando solo al primo la possibilita', attraverso il pagamento della cauzione, di esercitare la tutela dei propri diritti proponendo ricorso al giudice ordinario. Contrariamente a quanto sancito dall'art. 3, comma 2, della Costituzione che prevede tra i compiti della Repubblica quello di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Tale contrasto ulteriormente si amplifica se solo si consideri che, proprio al fine di eliminare gli ostacoli di carattere economico tra cittadini, il legislatore ha previsto agli artt. 24 e 26 legge 689/1981 il pagamento rateale della sanzione, sia su disposizione dell'autorita' giudiziaria che della pubblica amministrazione, su richiesta dell'interessato che si trovi in situazioni economiche disagiate, norma applicabile a tutte le sanzioni amministrative e, dunque, anche a quelle originate da infrazioni al codice della strada. La previsione poi che tale cauzione sia dovuta solo in caso del ricorso giurisdizionale e non anche in caso del ricorso amministrativo ancor piu' sottolinea e pone all'evidenza il discrimine socio-economico tra cittadini abbienti, che potendo pagare il doppio della somma prevista potranno usufruire di entrambi i rimedi, e cittadini non abbienti che di fatto vedono compresso il proprio diritto di difesa al solo ricorso amministrativo. Atteso, inoltre, il collegamento tra l'art. 3 e l'art. 2 della Costituzione si appalesa quindi anche la violazione di quest'ultimo che garantisce il diritto inviolabile dell'uomo tra i quali va compreso il diritto all'uguaglianza. 3) Violazione degli artt. 24, 25 e 111 della Costituzione. Va, altresi, rilevato il contrasto tra il piu' volte citato art. 204-bis ed il dettato costituzionale previsto dall'art. 24 Cost. che prevede: «Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento». Invero la disposizione normativa dell'art. 204-bis pone una illegittima compressione del diritto di difesa, facendo leva sul diverso trattamento previsto tra la sede giurisdizionale e la sede amministrativa della tutela azionabile, sulla base della gia' illustrata, nei capi che precedono, disuguaglianza tra soggetti. Infatti con tale previsione il legislatore pone la situazione di discrimine tra soggetti abbienti e non abbienti per convogliare verso il ricorso amministrativo piuttosto che quello giurisdizionale, con l'ulteriore malcelato scopo «deflativo» per il carico giurisdizionale e di trattamento di favore per la p.a. in quanto questa, a differenza che per l'opponente, in caso di esito positivo della lite, ha, immediatamente, a propria disposizione la somma che le e' dovuta oltre ad una parte delle spese di causa, dal momento che la cauzione versata e' pari al doppio della sanzione oggetto di discussione tra le parti del giudizio. In caso di scelta del ricorso amministrativo nella ipotesi di soccombenza della p.a. questa non sara' soggetta alle spese di giustizia. Ponendo su un piano di non parita' le parti secondo il dettato dell'art. 111 Cost. Va sottolineato che, nel nostro ordinamento, la tutela giurisdizionale e' la regola, costituzionalmente garantita, mentre la previsione dei ricorsi amministrativi, pur positiva, oltre a non avere identico rilievo costituzionale non puo' mai costituire uno svuotamento del diritto inviolabile di difesa innanzi al giudice terzo, palesandosi in tal modo anche la violazione dell'art. 25 Cost. con la sottrazione, di fatto, del soggetto non abbiente al giudice naturale precostituito per legge. Va evidenziato che la gia' prevista perdita del beneficio del pagamento in misura ridotta, come deterrente dei ricorsi, rende ancora piu' irragionevole la nuova previsione normativa. Va da ultimo rilevato che, benche' la Corte costituzionale con la sentenza n. 268/1984, abbia affermato che la Costituzione non sancisce la gratuita' del servizio giudiziario, tuttavia la medesima Corte ha sancito (sent. n. 67/60) la illegittimita' costituzionale dell'art. 98 c.p.c., che prevedeva il potere del giudice di imporre una cauzione alla parte, con conseguente estinzione del giudizio in caso di mancato versamento ed ha abolito (sent. n. 21/61) la clausola del solve et repete, che imponeva di pagare comunque i tributi richiesti dall'amministrazione finanziaria per poter agire in giudizio, proprio perche' compressiva del diritto alla tutela giurisdizionale. 4) Per completezza di argomento si rappresenta infine come a fronte della previsione normativa dell'art. 204-bis, comma 3, che prevede che il deposito della cauzione avvenga presso la cancelleria del giudice di pace, il Ministero della giustizia, con una circolare del 13 agosto 2003, ha disposto che in luogo della cancelleria, il deposito della somma puo' essere effettuato su un libretto di deposito giudiziario presso l'ente poste. Secondo la previsione circolare cio' si rende necessario atteso il disposto dell'art. 4 r.d. n. 149/10, tutt'ora in vigore, che dispone che le cancellerie non possono in alcun modo ricevere versamenti in danaro. A voler tacere sull'opportunita' di emanare circolare interpretative su aspetti lasciati al libero apprezzamento del giudice - e, dunque, un vero e proprio conflitto tra poteri dello Stato - l'ipotesi interpretativa del Ministero e' quanto meno incongrua dal momento che: il d.l. 151/03, cosi' come convertito, e' fonte posteriore rispetto al r.d. 149/10, pertanto secondo i principi di interpretazione della legge deve prevalere sulla fonte antecedente. Inoltre, e l'argomento deve ritenersi risolutivo, il r.d. n. 149/10 e' un regolamento - cioe' una fonte secondaria - mentre il d.l. n. 151/03, cosi' come modificato, e' fonte primaria. Non e' dunque possibile far prevalere una disposizione di fonte secondaria, quale l'art. 4 r.d. n. 149/10 - ancorche' antecedente e che, per altro, non vieta in assoluto il deposito di somme presso le cancellerie -, su una disposizione che costituisce fonte primaria oltre che successiva. In sostanza piu' che un'opera di interpretazione, la circolare finisce con il disapplicare una norma di legge.
P. Q. M. Solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis d.lgs. n. 285/1992, cosi come introdotto dall'art. 1-septies della legge n. 214/03, per violazione degli artt. 2, 3, 24, 25 e 111 Cost., nei termini e per le motivazioni che precedono. Letto l'art. 23 legge n. 87/53, ritenuto rilevante e non manifestamente infondata l'eccezione per i motivi esposti Sospende il presente procedimento. Manda alla cancelleria perche' trasmetta gli atti alla Corte costituzionale, notifichi la presente ordinanza alle parti, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente della Camera ed al Presidente del Senato. Torre Annunziata, addi' 18 novembre 2003 Il giudice: Buonocore 04C0498