N. 158 ORDINANZA 24 - 28 maggio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e  pene  -  Armi  e materie esplodenti - Obblighi e divieti in
  materia  di  collezione  di armi - Detenzione, da parte di soggetto
  fornito   di  licenza  di  collezione,  di  munizioni  regolarmente
  denunciate  -  Trattamento  sanzionatorio - Lamentata equiparazione
  rispetto   a  condotte  criminose  ritenute  di  maggior  gravita',
  compromissione  della  finalita' rieducativa della pena - Manifesta
  infondatezza della questione.
- Legge 18 aprile 1975, n. 110, art. 10, decimo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.1001 del 3-6-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 10, decimo
comma,  della  legge  18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della
disciplina  vigente  per  il  controllo delle armi, delle munizioni e
degli  esplosivi),  promosso  con  ordinanza  del  9 gennaio 2003 dal
Tribunale  di  Trento  nel  procedimento  penale  a carico di S.E.L.,
iscritta  al  n. 222  del  registro ordinanze 2003 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 18,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 10 marzo 2004 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Trento
ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 10, decimo comma,
della   legge   18 aprile   1975,  n. 110  (Norme  integrative  della
disciplina  vigente  per  il  controllo delle armi, delle munizioni e
degli esplosivi), che punisce con la reclusione da uno a quattro anni
e  con la multa da euro 206 a euro 1.032 l'inosservanza dei divieti e
degli  obblighi stabiliti dal sesto, ottavo e nono comma del medesimo
articolo in materia di collezione di armi;
        che  il giudice a quo riferisce, in punto di fatto, di essere
investito  del  processo penale nei confronti di persona imputata del
reato  previsto dalla norma impugnata, per aver continuato a detenere
munizioni,  gia'  regolarmente  denunciate,  dopo l'ottenimento della
licenza  di collezione di armi, violando cosi' il divieto sancito dal
nono comma dell'art. 10 della legge n. 110 del 1975;
        che,  ad  avviso  del  rimettente,  la  norma  incriminatrice
censurata   lederebbe   il   principio   di  uguaglianza,  in  quanto
accomunerebbe  nel  medesimo  trattamento  sanzionatorio  condotte di
gravita'  notevolmente  differenziata,  impedendo cosi' al giudice di
adeguare  la  pena  alle  caratteristiche  oggettive e soggettive del
singolo fatto criminoso;
        che  la pena comminata dalla norma censurata risulterebbe, in
particolare,  «assolutamente sperequata» per eccesso, con riferimento
alla  fattispecie  oggetto del giudizio a quo, ossia alla detenzione,
da  parte  di soggetto fornito di licenza di collezione, di munizioni
regolarmente  denunciate:  fattispecie  che  -  non  evidenziando una
«personalita'  criminale»  dell'autore  del  reato - si presenterebbe
come di disvalore assai ridotto;
        che    l'irragionevolezza   del   trattamento   sanzionatorio
censurato  emergerebbe  anche  dalla circostanza che la detenzione di
munizioni  denunciate,  da  parte  del collezionista di armi, risulta
punita  piu' gravemente sia rispetto alla detenzione di munizioni non
denunciate  da  parte  di  qualsiasi altro soggetto, configurata come
semplice contravvenzione dall'art. 697 cod. pen. (e cio' - in base al
«diritto  vivente» - anche qualora si tratti di munizioni relative ad
arma  clandestina); sia - e addirittura - rispetto alla detenzione di
munizioni  per  armi da guerra, allorche' ricorra l'ipotesi attenuata
di  cui  all'art. 5  della legge 2 ottobre 1967, n. 895 (Disposizioni
per il controllo delle armi);
        che  l'irrogazione  di  una pena sproporzionata all'effettivo
disvalore  del  fatto ed alla personalita' del reo - quale quella che
si   avrebbe   in   applicazione  della  norma  impugnata,  la  quale
rifletterebbe  l'idea di un regime sanzionatorio commisurato al «tipo
d'autore»  - comprometterebbe, altresi', il principio della finalita'
rieducativa della pena, enunciato dall'art. 27, terzo comma, Cost;
        che  nel  giudizio  di  costituzionalita'  e'  intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il  quale ha chiesto che la
questione sia dichiarata manifestamente infondata.
    Considerato  che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la
configurazione  delle  singole  ipotesi criminose e la determinazione
della   pena   per   ciascuna   di  esse  rientra  nell'ambito  della
discrezionalita'   legislativa:   discrezionalita'  che  puo'  essere
censurata,  in  sede  di  sindacato di costituzionalita', solo ove il
relativo  esercizio  contrasti  in modo manifesto con il canone della
ragionevolezza  (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 177 del 2003; n. 110
del 2002; n. 144 del 2001);
        che  in  tale  ottica  -  come  parimenti  rilevato  in  piu'
occasioni  da  questa  Corte,  anche  con  specifico riferimento alla
disciplina  delle  armi  -  non  e' precluso in linea di principio al
legislatore   includere  in  una  medesima  previsione  punitiva  una
pluralita' di fattispecie diverse per struttura e disvalore: restando
affidato  in  tal  caso  al  giudice  il  compito  di far emergere la
differenza  tra  le  varie  ipotesi criminose, tramite la graduazione
della pena da irrogare in concreto nell'ambito della cornice edittale
(cfr. sentenza n. 285 del 1991; ordinanza n. 145 del 1998);
        che,  nel  caso  in  esame,  il  significativo divario tra il
minimo  ed  il  massimo  edittale  della  pena  prevista  dalla norma
impugnata  rende  il  trattamento  punitivo ampiamente flessibile, in
rapporto  all'esigenza  di  adeguamento al differente disvalore delle
singole  infrazioni  che  -  a  seguito  del  richiamo,  in  funzione
sanzionatoria,  ai  divieti  ed  obblighi  stabiliti  in  materia  di
collezione  di armi - rientrano nel campo di applicazione della norma
stessa;
        che  - per quanto attiene poi, in particolare, al trattamento
sanzionatorio  riservato  dalla  norma  censurata  alla detenzione di
munizioni,  ancorche'  denunciate, relative alle armi da collezione -
l'irragionevolezza  della  scelta legislativa non puo' essere desunta
dal  fatto  che detta risposta punitiva risulta piu' severa di quella
prefigurata  per  l'ipotesi  generale  della  detenzione  abusiva  di
munizioni,  di  cui  all'art. 697 cod. pen., nonche' per quella della
detenzione di munizioni da guerra (art. 2 della legge 2 ottobre 1967,
n. 895),  allorche'  ricorra  la  circostanza attenuante speciale del
fatto di lieve entita', di cui all'art. 5 della medesima legge n. 895
del 1967;
        che, infatti, il giudice rimettente trascura completamente di
considerare  il  significato  assunto  -  sul piano della valutazione
della  gravita'  dell'illecito - dall'elemento specializzante proprio
dell'ipotesi  criminosa delineata dal decimo comma dell'art. 10 della
legge  n. 110  del  1975  con  il richiamo al nono comma dello stesso
articolo:  ossia  la qualita' di titolare di licenza di collezione di
armi dell'autore del fatto;
        che,  invero  -  come  questa  Corte  ha  gia'  avuto modo di
sottolineare,  in  sede  di  esame  di  quesito  di costituzionalita'
analogo  a  quello  odierno  - la detenzione di armi per finalita' di
collezione si caratterizza per il divieto di uso delle armi stesse da
parte  del  detentore  (cfr.  ordinanza  n. 68  del  1997): divieto a
garanzia  della cui osservanza e' specificamente posta la proibizione
assoluta di detenzione delle relative munizioni;
        che,   in   simile   prospettiva,   appare   dunque  evidente
l'eterogeneita'  dell'illecito  represso  dalla  norma incriminatrice
impugnata  rispetto  a quelli puniti dalle norme invocate come tertia
comparationis:  norme  le  quali assoggettano a pena la detenzione di
munizioni  di  per  se',  prescindendo  -  a  livello  di fattispecie
astratta - dalla contestuale disponibilita' di armi sul cui specifico
regime giuridico detta detenzione si rifletta;
        che,  conseguentemente,  risulta altrettanto evidente come la
scelta di punire piu' severamente la detenzione di munizioni da parte
del  collezionista,  pur  se denunciate - rispetto alla detenzione di
munizioni  non  denunciate per armi comuni da sparo da parte di altri
soggetti,   ovvero   alla   detenzione   di   munizioni   da   guerra
(limitatamente, peraltro, in quest'ultimo caso, all'ipotesi in cui il
fatto  debba  ritenersi  di lieve entita) - rifletta un apprezzamento
legislativo non palesemente irrazionale ed arbitrario: tale dovendosi
ritenere,   in   specie,   la  valutazione  per  cui  la  contestuale
disponibilita' di una pluralita' di armi e delle relative munizioni -
da  parte  di  soggetto  autorizzato  a detenere solo le prime, senza
poterne  far  uso,  e  proprio  per  questo non le seconde - crea una
situazione  di  maggior pericolo ed allarme sociale rispetto a quella
ingenerata da chi detiene illecitamente soltanto delle munizioni;
        che  alla luce delle considerazioni che precedono va altresi'
esclusa  l'asserita  violazione  dell'art. 27,  terzo  comma,  Cost.:
violazione   che  il  giudice  a  quo  fa  invero  discendere,  quale
automatica  conseguenza,  unicamente  dalla presunta irragionevolezza
del trattamento sanzionatorio;
        che   la   questione   deve   essere   dichiarata,  pertanto,
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 10, decimo comma, della legge
18 aprile  1975,  n. 110  (Norme integrative della disciplina vigente
per  il  controllo  delle  armi,  delle munizioni e degli esplosivi),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal
Tribunale di Trento con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 maggio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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