N. 49 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 aprile 2004

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  29  aprile  2004  (del  Presidente del Consiglio dei
ministri)

Edilizia  e  urbanistica - Norme della Regione Umbria per l'attivita'
  edilizia  -  Prevista  cessazione  nel  territorio  regionale della
  diretta  operativita'  delle  norme statali di dettaglio in materia
  edilizia  -  Obbligo per i Comuni di sospendere, in attesa di nuova
  legge  regionale,  ogni  determinazione  circa  la  conclusione dei
  procedimenti  relativi  alla  definizione degli illeciti edilizi in
  base  alla  normativa statale sul condono - Salvezza della facolta'
  degli  interessati  di presentare domande di sanatoria «ex» art. 32
  d.l. n. 269/2003 - Ricorso dello Stato - Denunciata invasione della
  competenza  statale  esclusiva in materia di «ordinamento penale» e
  «tutela  dell'ambiente  e  dei beni culturali» - Diversificazione a
  livello  regionale  della  disciplina applicabile in tali materie e
  conseguenti  disuguaglianze  fra  i  cittadini  -  Incidenza  sulla
  manovra di bilancio, sulla «autonomia finanziaria» e sulla garanzia
  di   risorse   dello   Stato  e  degli  enti  a  finanza  derivata,
  sull'obbligo  di  copertura  delle  leggi  di  spesa,  nonche'  sul
  rispetto   del  patto  di  stabilita'  dell'U.E.  -  Lesione  della
  competenza   statale   relativa  al  «coordinamento  della  finanza
  pubblica  e  dei  sistemi  tributari»  e  alla  determinazione  dei
  principi   in  materia  di  governo  del  territorio  e  di  titoli
  abilitativi edilizi - Non consentita adozione di legge regionale di
  mera  «reazione» a disposizioni statali appena prodotte - Possibile
  pregiudizio   al   principio   di   unita'   della   Repubblica   -
  Inconciliabilita'  con  la  facolta'  delle Regioni di impugnare le
  leggi statali dinanzi alla Corte costituzionale.
- Legge  della Regione Umbria 18 febbraio 2004, n. 1, artt. 46 e (per
  quanto connesso) 2.
- Costituzione,  artt. 3,  5,  51, 81, 117, commi secondo, lett. l) e
  s), e terzo, 119, 127, comma secondo, e 134.
(GU n.24 del 23-6-2004 )
    Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio  dei  ministri,
rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato;

    Nei  confronti della Regione Umbria in persona del suo presidente
della  giunta,  avverso  l'art. 46  e,  per quanto connesso, l'art. 2
della  legge  regionale  18  febbraio 2004 n. 1 intitolata «Norme per
l'attivita' edilizia», pubblicata nel Boll. Uff. n. 8 del 25 febbraio
2004.
    La  determinazione  di proposizione del presente ricorso e' stata
approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 2 aprile 2004
(si depositera' estratto del relativo verbale).
    La  Regione  Umbria  ha  proposto  una  prima  controversia sulla
legittimita'   costituzionale   (reg.   ric.   n. 87   del  2003)  di
disposizioni  contenute  nell'art. 32  del  d.l.  30  settembre  2003
n. 269,  ed  una  seconda  similare controversia (reg. ric. n. 11 del
2004)  nei  riguardi  delle  disposizioni  dell'art. 32  citato, come
risultato  dalla conversione nella legge 24 novembre 2003 n. 326. Con
la  legge  ora  in  esame  la  regione ha disposto nell'art. 2 che «a
seguito  dell'entrata  in  vigore  della  presente  legge cessa nella
Regione  Umbria  la  diretta  operativita'  delle  norme  statali  di
dettaglio  in  materia  edilizia, ivi comprese quelle che non trovano
una  corrispondente disciplina nella normativa regionale, salvo ...»,
e  nell'art. 46  commi  4  e 5 che, fino all'entrata in vigore di una
legge  regionale solo preannunciata nel comma 2 dello stesso art. 46,
«i  comuni  sospendono  ogni  determinazione circa la conclusione dei
procedimenti  relativi  alla  definizione  degli  illeciti edilizi in
conseguenza  del  condono  edilizio  ....»,  salva  la facolta' degli
interessati   di  presentare  le  «domande  di  sanatoria»  ai  sensi
dell'art. 32  del  d.l.  30 settembre 2003 n. 269, come convertito in
legge, «a tutela e garanzia delle loro posizioni giuridiche».
    Queste disposizioni, considerate ciascuna isolatamente e nel loro
insieme  congiuntamente,  appaiono  oscure e produttive di incertezze
interpretative:   nell'art. 2,   la  nozione  di  «norme  statali  di
dettaglio»  e'  indeterminata  e  la nozione di «in materia edilizia»
rimane  generica;  e nell'art. 46 commi 4 e 5 risulta incomprensibile
di  quali «posizioni giuridiche» si assicurerebbe «tutela e garanzia»
nel  contesto  di  una «sospensione» in attesa di norme regionali non
ancora prodotte e percio' dall'ignoto contenuto (che potrebbe essere,
in ipotesi, meno restrittivo delle norme recate dall'art. 32 citato),
e  quali  doveri  d'ufficio  gravino  sui funzionari dei comuni nella
pendenza della ordinata «sospensione».
    L'art. 46  ai commi 2, 4 e 5 riconosce che non e' ancora avvenuto
un  completo  adeguamento  ai  principi contenuti nel d.P.R. 6 giugno
2001 n. 380 ed implicitamente riconosce anche spettare al legislatore
statale  la  competenza  a  disporre  un  condono  edilizio,  e pero'
frappone  ostacoli  all'applicazione  delle  disposizioni  statali in
argomento.  Sicche',  l'effettivita'  del  comma  5  citato  rimarra'
verosimilmente   ridotta:   gli   interessati   si  asterranno  dallo
autodenunciare gli abusi non ancora «scoperti».
    Premesso   che   le   materie   «ordinamento  penale»  e  «tutela
dell'ambiente  e  dei  beni  culturali»  sono di esclusiva competenza
statale,  la  sottrazione  dal  territorio  nazionale  di  una o piu'
regioni  introduce  disuguaglianze (art. 3 Cost.) non legittimate dal
riconoscimento  in Costituzione delle autonomie regionali. Queste non
possono condurre a discipline diversificate nell'ambito delle materie
riservate  allo Stato. Cosi' in particolare, non pare accettabile che
fatti  identici  (ad  esempio, edificazioni in assenza di permesso di
costruire)  siano repressi penalmente ed in via amministrativa in una
regione,  e  non  repressi  perche'  sanati  «per  condono»  in altre
regioni.  D'altro  canto,  in un provvedimento di condono edilizio e'
essenziale  una  disciplina  unitaria  sulle  tipologie  di  illecito
sanabili,  sulla  data  prima della quale gli illeciti sono commessi,
etc.
    In  questo  quadro, la legge regionale in esame appare, oltre che
irriguardosa  dell'art. 117,  secondo  comma  lettera  L ed S Cost. e
lesiva  dell'art. 3  Cost.,  anche contrastante con l'art. 117, terzo
comma  Cost.,  con  gli  artt.  81  e  119  Cost.,  e persino con gli
artt. 51, 127, secondo comma e 134 Cost.
    Considerato  che  gli  introiti attesi dalle oblazioni sono stati
inseriti  nella  finanziaria 2004 dello Stato (legge 24 dicembre 2003
n. 350),  impedire  di  fatto  l'applicazione  nel  territorio di una
regione  delle  disposizioni  statali  in  tema  di  condono edilizio
concreta  una  ingerenza  nella formazione del bilancio annuale dello
Stato  e  quindi  una  lesione di quella «autonomia finanziaria» che,
anche,   ed   anzitutto,   allo  Stato  deve  essere  garantita,  una
comprensione della competenza legislativa per il «coordinamento della
finanza pubblica e dei sistemi tributari», una sottrazione di risorse
destinate alla copertura (art. 81 Cost.) di spese pubbliche approvate
dal  Parlamento,  e  -  da  ultimo - una rottura del vincolo dato dal
patto di stabilita' concordato a livello di Unione europea.
    L'art. 119  Cost.  e' anche qui evocato perche' essenziale dovere
costituzionale  dello Stato e' assicurare a se stesso ed agli enti «a
finanza  derivata»  le  risorse  occorrenti:  tale dovere e' talmente
prioritario   e  fondamentale  da  aver  reso  superflua  l'esplicita
indicazione in Costituzione dei modi e dei mezzi consentiti per farvi
fronte;   significativa  e'  l'assenza  nell'art. 119  Cost.  di  una
esplicita garanzia di risorse proprie anche per lo Stato.
    La  regione  la quale ostacoli mediante propria legge una manovra
di  finanza  pubblica  statale  dovrebbe  farsi  carico di assicurare
altrimenti  l'invarianza  del  «livello  massimo  del  saldo netto da
finanziare»  (art. 1,  comma  1,  della legge finanziaria citata), ad
esempio rinunciando ad apporti di finanza derivata dallo Stato.
    D'altro  canto, la legge in esame contrasta con l'art. 117, terzo
comma   Cost.   che   riconosce   allo   Stato   la  competenza  alla
«determinazione  dei  principi»  (si  noti  «determinazione»,  e  non
ottativa indicazione) in materia di «governo del territorio». Codesta
Corte  ha  insegnato  che  spetta  tuttora  allo Stato - anche per le
evidenti  e  plurime  connessioni con la materia «ordinamento civile»
(art. 117  comma  secondo  lettera  L Cost.) - produrre la disciplina
normativa  in  tema  di  titoli abilitativi edilizi. In questo ambito
deve   collocarsi  pure  la  previsione  di  titoli  abilitativi  non
ordinari,  quali  quelli per sanatoria non «a regime», specie se tale
previsione  si  salda  con  (ed e' integrata da) la prefigurazione di
programmi di riqualificazione urbanistico-edilizia.
    Da  ultimo, occorre rilevare - e trattasi di argomento assorbente
- che ai legislatori regionali non puo' essere consentito di produrre
norme   demolitorie   e   «di  reazione»,  le  quali  statuiscano  la
sospensione  dell'applicazione  o addirittura la non applicazione nel
territorio  regionale  di disposizioni poc'anzi prodotte dallo Stato.
Iniziative  siffatte  possono  pregiudicare l'unita' della Repubblica
(art. 5   Cost.)   e   comunque   concretano  una  sorta  di  anomala
«autodichia».  L'ordinamento  costituzionale  (ora  art. 127, secondo
comma  Cost.)  riconosce  ad ogni regione la facolta' di sottoporre a
codesta   Corte   le  disposizioni  statali  che  reputa  affette  da
illegittimita'   costituzionale,   e  cosi'  esclude  che  il  potere
legislativo  regionale  possa  - grazie alla agevolmente realizzabile
rapidita'   della   produzione  legislativa  ad  opera  dei  consigli
regionali  ed alla soppressione dell'istituto del rinvio governativo,
e  facendo  leva  sulla  successione  delle  leggi nel tempo - essere
utilizzato  per  contrastare  l'applicazione  di  dette  disposizioni
statali  (non  rileva  se  in assenza o in pendenza del ricorso della
regione).
    Quest'ultima  considerazione appare di particolare importanza per
il  sereno  ed  equilibrato  esplicarsi  dei poteri legislativi dello
Stato  e  delle  autonomie.  Si confida in un insegnamento di codesta
Corte,  il  quale  tenga  conto  anche dell'esigenza di salvaguardare
appieno l'autorita' del Parlamento nazionale.
    Anche  la  lettera  a)  del comma 3 del citato art. 46 appare non
compatibile  con  la  Costituzione  ed in particolare con l'art. 117,
secondo  comma  lettera  S Cost.: spetta solo al Parlamento nazionale
stabilire in quali casi la «tutela» debba essere «assoluta».
                              P. Q. M.
    Si   chiede   pertanto   che  sia  dichiarata  la  illegittimita'
costituzionale delle disposizioni indicate nel ricorso e sottoposte a
giudizio, con ogni consequenziale pronuncia.
        Roma, addi' 16 aprile 2004
              Il Vice Avvocato generale: Franco Favara
04C0572