N. 547 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 gennaio 2004

Ordinanza  emessa  il  22  gennaio  2004 dal tribunale amministrativo
regionale  della  Valle  d'Aosta  sul  ricorso  proposto  da SI-AM di
Ansermin  Alberto  & C. s.n.c. ed altro contro Regione Autonoma Valle
d'Aosta ed altro

Straniero  -  Espulsione  amministrativa - Revoca del provvedimento -
  Esclusione  in  caso  di  lavoratore  extracomunitario sottoposto a
  procedimento  penale per delitto non colposo ovvero destinatario di
  un   provvedimento  di  espulsione  mediante  accompagnamento  alla
  frontiera  a  mezzo della forza pubblica - Violazione del principio
  di   uguaglianza   sotto  il  profilo  dell'eguale  trattamento  di
  situazioni non omogenee - Irragionevolezza.
- Decreto-legge  9 settembre 2002, n. 195, art. 1, comma 8, lett. a),
  convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2002, n. 222.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.24 del 23-6-2004 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  presente ordinanza nella Camera di Consiglio
del 22 gennaio 2004;
    Visto  l'art. 21  della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo
modificato  dalla  legge  21  luglio  2000,  n. 205  e  l'art. 36 del
Regolamento 17 agosto 1907, n. 642;
    Visto il ricorso n. 78/03 proposto da SI-AM Ansermin Alberto e C.
s.n.c.,  in  persona  del  legale  rappresentante,  e  Dedja  Indrit,
rappresentati e difesi dall'avv. Gea Alessandra Masi, presso la quale
domiciliano  elettivamente  in  Aosta,  Avenue  du  Conseil de Commis
n. 24;
    Contro,  la  Regione  Autonoma  Valle  d'Aosta,  in  persona  del
Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato  di  Torino, presso i cui
uffici  domicilia  ex  lege  in  Corso  Stati  Uniti 45; il Ministero
dell'interno,  in  persona  del  Ministro pro tempore rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato di Torino, presso i
cui   uffici   domicilia  ex  lege  in  Corso  Stati  Uniti  45;  per
l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento
emesso  dalla  Regione  Autonoma  Valle d'Aosta n.  498 del 23 giugno
2003,  con  cui  e' stata respinta la domanda di regolarizzazione del
lavoratore  extracomunitario  Dedja Indrit, nonche' di tutti gli atti
presupposti, preparatori, connessi e consequenziali ed in particolare
del  provvedimento  con  cui la Questura ha comunicato la presenza di
motivi  ostativi  alla  regolarizzazione;  e  per  l'accertamento del
diritto  del  ricorrente  Dedja  Indrit  alla  revoca  del decreto di
espulsione   emesso   nei   suoi  confronti  il  27  ottobre  2003  e
conseguentemente  alla  concessione  del  permesso  di  soggiorno per
lavoro   subordinato,  nonche'  del  diritto  della  SI-AM  s.n.c.  a
perfezionare  il  contratto  di  lavoro subordinato con il lavoratore
straniero;   nonche'  per  la  condanna  al  risarcimento  dei  danni
patrimoniali e non arrecati ai ricorrenti;
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Vista  la  domanda  cautelare  presentata  in via incidentale dal
ricorrente;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione;
    Vista l'ordinanza cautelare del 15 ottobre 2003;
    Uditi  nella  pubblica  udienza  del 22 gennaio 2004, relatore il
referendario Cecilia Altavista, l'avv. Masi per i ricorrenti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

                           Fatto e diritto

    La  presente  controversia  riguarda  la  legittimita' o meno del
decreto  del  Presidente della Regione del 23 giugno 2003, con cui e'
stata  respinta  la  domanda di regolarizzazione presentata, ai sensi
dell'art. 1   del  d.l.  9  settembre  2002  n. 195,  convertito  con
modificazioni dalla legge 9 ottobre 2002 n. 222, dal datore di lavoro
del  lavoratore  extracomunitario  ricorrente,  e  degli  altri  atti
amministrativi connessi indicati in epigrafe.
    Il  provvedimento  impugnato,  che  ha  respinto  la  domanda  di
regolarizzazione,  e' fondato sull'art. 1 ottavo comma lettera a) del
citato decreto legge n. 195/03 che esclude dalla «regolarizzazione» i
lavoratori  extracomunitari, nei confronti dei quali non possa essere
revocato il provvedimento di espulsione gia' emesso in loro danno, in
quanto    disposto,    come    nella   specie,   con   le   modalita'
dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.
    L'ottavo  comma dell'art. 1 del d. 1. citato prevede alla lettera
a)  che  le  disposizioni  del  medesimo  art. 1  non si applicano ai
rapporti   di  lavoro  riguardanti  lavoratori  extracomunitari  «nei
confronti  dei  quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione
per  motivi  diversi  dal  mancato rinnovo del permesso di soggiorno,
salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in
presenza  di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale.
La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b)
e  c),  non  puo' essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il
lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento
penale  per  delitto  non  colposo  che  non  si  sia concluso con un
provvedimento  che  abbia  dichiarato che il fatto non sussiste o non
costituisce  reato  o  che  l'interessato  non lo ha commesso, ovvero
risulti  destinatario  di  un  provvedimento  di  espulsione mediante
accompagnamento  alla  frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero
abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di
cui  all'articolo  13,  comma  13,  del testo unico di cui al decreto
legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni...».
    Il   Collegio   ritiene   di  sollevare  d'ufficio  questione  di
legittimita'   costituzionale,   per  contrasto  con  l'art. 3  della
Costituzione,  dell'art. 1,  ottavo comma, lettera a) sopra riportato
nella  parte  in cui esclude dalla revoca del decreto di espulsione e
conseguentemente     dalla     regolarizzazione,     il    lavoratore
extracomunitario   nei   cui   confronti   sia   stato  eseguito  con
accompagnamento alla frontiera il decreto di espulsione.
    La  norma si pone, innanzitutto, in contrasto con il principio di
eguaglianza  sancito  dall'art. 3  della  Costituzione,  che vieta al
legislatore   di   trattare  in  modo  eguale  situazioni  soggettive
profondamente  diverse.  Essa,  infatti, equipara, come gia' rilevato
dal  Tribunale amministrativo regionale della Puglia - Sez. di Lecce,
che  ha  sollevato analoga questione, ai fini di un unico trattamento
sfavorevole,  ovverosia  l'esclusione  dalla  «regolarizzazione»,  la
differente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario
di  un  provvedimento  di  espulsione  mediante  accompagnamento alla
frontiera  a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico
o di sicurezza dello Stato o perche' ritenuto socialmente pericoloso,
con quella del lavoratore extracomunitario che sia destinatario di un
provvedimento  di espulsione con accompagnamento della forza pubblica
solo  perche'  si  tratta  di  uno  straniero che si e' semplicemente
trattenuto  nel  territorio  dello Stato italiano oltre il termine di
quindici  giorni fissato nell'intimazione scritta di espulsione o sia
entrato  clandestinamente  nel  territorio  dello  Stato  privo di un
valido documento di identita', non commettendo reati e senza rendersi
in alcun modo concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica.
    In  tal  modo,  la  norma  appare porsi anche in contrasto con il
generale   precetto,   desumibile   dallo  stesso  articolo  3  della
Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative.
    Come  evidenziato altresi' dal Tribunale amministrativo regionale
della Liguria con l'ordinanza n. 44 del 30 luglio 2003, la violazione
del  principio  di  ragionevolezza  deriva  dalla previsione da parte
della  norma  in  questione  di un identico trattamento giuridico per
delle  situazioni  soggettivamente  differenti.  La  norma,  infatti,
prevedendo  l'esclusione  dal  beneficio della «regolarizzazione» per
gli   stranieri  nei  confronti  dei  quali  sia  stato  adottato  un
provvedimento  di  espulsione  con  l'accompagnamento alla frontiera,
rende  tale beneficio applicabile solo agli stranieri, destinatari di
analogo provvedimento di espulsione, ma che per circostanze del tutto
casuali  non abbiano subito controlli o siano riusciti a sottrarsi ad
essi  e,  pertanto,  non  sia  stato  eseguito  il  provvedimento  di
espulsione.
    Ma   la   norma   in   questione  e',  soprattutto,  irrazionale,
intimamente  contraddittoria  e  contrastante  con le finalita' della
legge stessa.
    I provvedimenti di polizia, quale quello di espulsione, come ogni
altro  provvedimento  amministrativo, sono suscettibili di esecuzione
coattiva.
    Ai sensi dell'art. 11, comma 5, della legge 40 del 1998, infatti,
l'accompagnamento  alla  frontiera  era  disposto  quando il prefetto
rilevasse  un  concreto  pericolo  che  lo  straniero  si  sottraesse
all'esecuzione del provvedimento di espulsione.
    La  legge  n. 39  del 1990, come modificata dalla legge n. 40 del
1998,  prevedeva  che  il  questore  eseguisse  il  provvedimento  di
espulsione  mediante  intimazione allo straniero ad abbandonare entro
il  termine  di  15  giorni  il  territorio  dello  Stato, secondo le
modalita'  di  viaggio  prefissate  o  a  presentarsi in questura per
l'accompagnamento alla frontiera entro lo stesso termine.
    La  straniero  che non osservasse l'intimazione o che comunque si
trattenesse nel territorio dello Stato oltre il termine doveva essere
immediatamente accompagnato alla frontiera.
    Ne  deriva  che  l'accompagnamento  alla frontiera costituisce il
naturale esito attuativo del provvedimento in tutti i casi di mancata
osservanza  spontanea  del  provvedimento di espulsione. Escludere la
regolarizzazione,  nonostante l'intervenuto inserimento sociale, solo
perche'  l'espulsione  e'  stata  casualmente  eseguita  e  senza che
ricorrano   particolari   ragioni  ostative  (commissione  di  reati,
pericolosita'  sociale,  ordine pubblico) pure espressamente previste
dal  precedente  comma  4  dello  stesso  art. 1,  appare  del  tutto
irragionevole  e  contrasta  con  l'espressa  previsione della revoca
dell'espulsione in caso di inserimento sociale.
    Ne  deriva  altresi'  l'ulteriore  profilo  di  irrazionalita'  e
contraddittorieta'   della  norma  per  la  sua  inapplicabilita'  in
concreto, in quanto lo straniero, destinatario di un provvedimento di
espulsione,  puo'  essere  regolarizzato solo se abbia spontaneamente
lasciato  il  territorio dello Stato a seguito dell'espulsione, ma in
questo  caso  non  avrebbe  i  requisiti  per la regolarizzazione non
avendo  potuto,  evidentemente, prestare lavoro alle dipendenze di un
datore  di  lavoro  in  Italia  nel periodo antecedente alla legge di
sanatoria.
    La  sollevata  questione  di  legittimita'  costituzionale e' poi
rilevante in quanto il provvedimento impugnato si basa esclusivamente
sulla disposizione normativa censurata.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87;
    Ritenuta  rilevante  ai fini della decisione e non manifestamente
infondata  la questione di legittimita' costituzionale, in parte qua,
dell'art. 1,  ottavo comma, lett. a) del d.l. 9 settembre 2002 n. 195
convertito  dalla  legge n. 222 del 9 ottobre 2002, per contrasto con
l'art. 3   della   Costituzione,   sospende  il  giudizio  e  dispone
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso  in Aosta, nella camera di consiglio del 22 gennaio
2004.
                        Il Presidente: Guida
Il referendario estensore: Altavista
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