N. 175 SENTENZA 10 - 22 giugno 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Credito  e  risparmio - Credito fondiario - Vincolo all'esecuzione di
  «opere   fondiarie»,   con   relativi   meccanismi   di   controllo
  sull'effettivo  impiego  e opponibilita' dell'ipoteca al fallimento
  solo in caso di utilizzo delle somme mutuate in «opere fondiarie» -
  Mancata   previsione   -  Lamentata  ingiustificata  disparita'  di
  trattamento  tra  la banca che qualifichi come fondiario il proprio
  credito  e  gli  altri  creditori  - Richiesta di pronuncia volta a
  ridisegnare  l'istituto  del  credito  fondiario  sulla base di una
  opzione  opposta  a  quella  del  legislatore  -  Abnormita'  della
  pronuncia richiesta - Inammissibilita' della questione.
- D.Lgs.  1°  settembre 1993, n. 385, art. 38; regio decreto 16 marzo
  1942, n. 267, art. 67.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.25 del 30-6-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli articoli 38 del
decreto  legislativo  1° settembre  1993,  n. 385  (Testo unico delle
leggi  in  materia  bancaria  e  creditizia),  e 67 del regio decreto
16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento, del concordato
preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
coatta amministrativa), promosso con ordinanza del 24 giugno 2002 dal
Tribunale  ordinario  di Bolzano nel procedimento civile vertente tra
la Cassa rurale di Tirolo e il fallimento della Balbo Policarpio & C.
S.n.c., e altra, con l'intervento adesivo della Cassa di risparmio di
Bolzano,  iscritta al n. 156 del registro ordinanze 2003 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 14, 1ª serie speciale,
dell'anno 2003.
    Visti l'atto di costituzione della Banca Popolare dell'Alto Adige
S.c.r.l.,  nonche'  l'atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 aprile 2004 il giudice relatore
Romano Vaccarella;
    Uditi  l'avvocato  Antonio  Baldassarre  per  la  Banca  Popolare
dell'Alto  Adige  S.c.r.l. e l'avvocato dello Stato Gaetano Zotta per
il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale ordinario di Bolzano, nel corso di un giudizio
di  impugnazione  promosso,  ai sensi dell'art. 100 del regio decreto
16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento, del concordato
preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
coatta  amministrativa),  dalla  Cassa  rurale  di Tirolo, ammessa al
passivo  del fallimento della societa' Balbo Policarpio e C. S.n.c. e
dei  soci  della stessa in via chirografaria, avverso l'ammissione al
passivo  della  Banca  Popolare  dell'Alto  Adige  per un credito con
prelazione   ipotecaria,   ha   sollevato,   con   ordinanza  del  24
giugno 2002, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
all'art. 3  della  Costituzione, dell'art. 38 del decreto legislativo
1° settembre  1993,  n. 385  (Testo  unico  delle  leggi  in  materia
bancaria  e  creditizia), e dell'art. 67 del regio decreto n. 267 del
1942 (di seguito, «legge fallimentare»).
    1.1.  -  Premette  il  giudice  a  quo, in punto di fatto, che la
impugnante  Cassa  rurale di Tirolo ha dedotto che i soci falliti, in
data  9 settembre  1988,  avevano  acquistato una casa di abitazione,
usufruendo di un mutuo agevolato della Provincia autonoma di Bolzano,
con   conseguente  annotazione  nei  registri  tavolari  del  vincolo
previsto  dall'art. 3  della  legge  provinciale  2 aprile 1962, n. 4
(Norme   per   favorire  l'accesso  del  risparmio  popolare  ad  una
abitazione),  e  successive  modificazioni,  vincolo per il quale nei
successivi  dieci  anni  non  poteva  essere costituito sull'immobile
alcun  diritto  reale,  salvo il caso in cui fosse contratto un mutuo
«destinato    all'acquisto,    alla   costruzione   o   al   recupero
dell'alloggio»; che la convenuta Banca Popolare dell'Alto Adige aveva
concesso  loro  un  mutuo  di  duecento milioni di lire, garantito da
ipoteca  sul  predetto immobile (intavolata in data 15 ottobre 1998),
con  l'espressa  pattuizione  che  la  somma mutuata era «destinata a
finanziare  la  ristrutturazione dell'alloggio» e con la precisazione
che  il  mutuo  costituiva  «operazione di credito fondiario»; che la
somma  mutuata non era stata utilizzata per lo scopo indicato, ma era
servita  a  pagare  debiti  della  societa'  fallita;  che, pertanto,
l'ipoteca era da considerarsi nulla, perche' costituita in violazione
della citata legge provinciale, e il mutuo non era qualificabile come
«mutuo  fondiario»,  sicche'  l'ipoteca, iscritta nell'anno anteriore
alla dichiarazione di fallimento, non poteva ritenersi esentata dalla
revocatoria  fallimentare  a  norma  dell'art. 67, terzo comma, della
legge fall.
    Riferisce,  ancora,  il  giudice rimettente che la Banca Popolare
dell'Alto   Adige,   costituitasi,   ha  resistito  all'impugnazione,
deducendo  che  la  banca che eroga il credito fondiario non ha alcun
obbligo  giuridico,  ne'  alcuna possibilita' concreta di controllare
l'utilizzo  della  somma  mutuata;  mentre  la  Cassa di risparmio di
Bolzano e' intervenuta per aderire all'impugnazione.
    1.2.   -  Quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il  giudice
rimettente  osserva  che,  poiche'  la violazione del vincolo imposto
dalla legge provinciale n. 4 del 1962 non determina la nullita' della
costituzione  di diritti reali sull'immobile, ma comporta soltanto la
revoca  delle  agevolazioni  concesse  dalla  Provincia, la decisione
della  causa  dipende dalla questione sollevata circa la legittimita'
costituzionale delle norme che disciplinano il credito fondiario.
    1.3.  -  Il  giudice  rimettente  osserva  che  la disciplina del
credito  fondiario,  di  cui  al regio decreto 16 luglio 1905, n. 646
(Approvazione  del testo unico delle leggi sul credito fondiario), e'
stata  radicalmente  modificata  dal  decreto  legislativo n. 385 del
1993,  in particolare consentendosi a ogni banca, e non piu' soltanto
ad appositi istituti di credito, l'esercizio del credito fondiario, e
stabilendosi,  all'art. 38,  che «il credito fondiario ha per oggetto
la  concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo
termine  garantiti da ipoteca di primo grado su immobili»: sicche' il
mutuo  per  cui  e'  causa  deve  qualificarsi,  secondo  la  vigente
disciplina, «operazione di credito fondiario».
    Rileva  ancora il rimettente che, essendo scomparsa la precedente
distinzione fra credito fondiario e credito edilizio e venuta meno la
necessita'  che  la  somma  mutuata sia destinata a opere fondiarie o
edilizie,  quand'anche si volesse ritenere che la banca possa o debba
richiedere  che  la  somma  sia destinata a incremento del patrimonio
fondiario o edilizio, mancherebbe ogni norma che preveda il controllo
su tale destinazione e le sanzioni in caso di inosservanza.
    In siffatto mutato quadro normativo, ad avviso del giudice a quo,
sarebbe venuta meno la ratio che giustificava, nel precedente regime,
il  trattamento  preferenziale  fatto,  in  sede  fallimentare,  agli
istituti  di  credito  fondiario rispetto agli altri creditori, ratio
consistente  in  cio'  che,  essendo  il  finanziamento  destinato  a
incrementare  il  valore  dell'immobile ipotecato, il mutuante poteva
recuperare il maggior valore dell'immobile da esso stesso finanziato.
Nel  momento  in  cui, invece, qualunque mutuo ipotecario puo' essere
qualificato come «fondiario», anche quando ad esso non corrisponde un
incremento  di  valore  dell'immobile,  si  da'  adito  a un ingiusto
vantaggio  per  la  banca,  poiche'  essa,  in  violazione  della par
condicio  creditorum,  a) puo' sottoporre a espropriazione forzata il
bene  ipotecato,  nonostante  il fallimento del debitore, al di fuori
della gestione fallimentare «e quindi in prededuzione»; b) si sottrae
alla  regola  (di  cui all'art. 67, secondo comma, della legge fall.)
della  revocabilita' dell'ipoteca costituita nell'anno anteriore alla
dichiarazione  di  fallimento, grazie alla disposizione dell'art. 67,
terzo comma, della legge fall.
    In tal modo, la normativa vigente - opina il rimettente - finisce
per   pregiudicare   gli  altri  creditori,  prestandosi  «ad  essere
strumento  di frode», come sarebbe avvenuto nel caso in esame, in cui
la  somma  erogata,  presa  in  prestito  allo  scopo  dichiarato  di
effettuare  lavori  di  ristrutturazione,  poi  e' stata impiegata ad
altri fini.
    1.4. - Il giudice rimettente, pertanto, conclude nel senso che il
«meccanismo  combinato»  dell'art. 38  del  d.lgs.  n. 385 del 1993 e
dell'art. 67  della  legge  fall.  sarebbe  in contrasto con l'art. 3
Cost.,  poiche',  senza  alcuna  giustificazione razionale, «crea una
disparita' di trattamento tra la banca che faccia figurare il proprio
credito  come  avente  natura  fondiaria  e  gli  altri creditori del
fallimento»; e cio' sotto due profili:
        a) in  quanto la prima norma «non prevede che la qualifica di
mutuo  fondiario  sia  vincolata alla esecuzione di opere fondiarie e
non  prevede  alcun  meccanismo  di  controllo sull'effettivo modo di
utilizzo dell'importo mutuato»;
        b) in    quanto   la   seconda   norma   «non   prevede   che
l'opponibilita'  al  fallimento  della  ipoteca  fondiaria costituita
entro  l'anno prima della dichiarazione di fallimento sia subordinata
allo  effettivo  utilizzo  della  somma  mutuata  a  opere  di natura
fondiaria».
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata infondata.
    La   difesa   erariale   osserva   che   la   normativa  vigente,
contrariamente  a  quanto  lamentato  dal  giudice a quo, consente di
impedire  che  sia  esentata  da  revocatoria  l'ipoteca  iscritta  a
garanzia  di  un  credito  fondiario, quando la somma erogata non sia
impiegata  per  le finalita' dichiarate al momento della stipulazione
del  finanziamento.  Infatti, qualora si alleghi e si dimostri che lo
strumento  contrattuale  e'  servito alle parti per eludere una norma
imperativa  («quale  va  qualificata  quella fondamentale della legge
fallimentare  che  prevede la par condicio creditorum»), il contratto
sara'  nullo  per  illiceita'  della  causa;  sicche'  non c'e' alcun
bisogno  di  una norma «che garantisca la possibilita' di provare che
la   somma   mutuata  sia  stata  effettivamente  destinata  a  scopi
fondiari».
    3.1.  -  Si  e'  costituita  la  Banca  Popolare dell'Alto Adige,
chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque,
infondata.
    3.2.  -  In  prossimita' dell'udienza la Banca Popolare dell'Alto
Adige  ha  depositato memoria, nella quale illustra gli argomenti che
giustificano le conclusioni di cui sopra.
    3.2.1.  -  La deducente - premesso che il nuovo testo unico delle
leggi   in  materia  bancaria  e  creditizia,  definendo  il  credito
fondiario come quello che «ha per oggetto la concessione, da parte di
banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca
di  primo grado su immobili», ha sussunto sotto tale nozione anche il
«credito  edilizio»,  che nel precedente regime rispondeva al modello
del  «mutuo  di  scopo»  -  rileva che il giudice a quo, con la prima
delle  addizioni  da  lui  chieste,  vorrebbe introdurre la rilevanza
dello scopo per tutto il «credito fondiario», come ora definito dallo
stesso art. 38, non gia', tuttavia, per una ragione che riguarda tale
credito  in se' considerato, ma solo al fine di sottrarre il medesimo
credito   all'esenzione   dalla  revocatoria  fallimentare,  prevista
dall'art. 67,  terzo  comma,  della  legge fall., che, infatti, viene
coinvolto   nella  eccezione  di  incostituzionalita'.  La  deducente
osserva,    in    proposito,   che,   anche   se   fosse   dichiarata
incostituzionale   tale   norma,   il  credito  fondiario  resterebbe
parimenti   esentato   dalla   revocatoria   fallimentare  in  virtu'
dell'art. 39,  comma 4, del d.lgs. n. 385 del 1993 (non censurato dal
rimettente),  il  quale  stabilisce:  «Le  ipoteche  a  garanzia  dei
finanziamenti  non  sono  soggette  a revocatoria fallimentare quando
siano  state  iscritte  dieci  giorni prima della pubblicazione della
sentenza   dichiarativa   di   fallimento.   L'art. 67   della  legge
fallimentare  non  si  applica ai pagamenti effettuati dal debitore a
fronte di crediti fondiari».
    Per  altro  verso,  la  banca  deducente  osserva  che,  anche se
l'addizione  richiesta  portasse  a  configurare il credito fondiario
come  «mutuo  di  scopo»,  non per questo il credito della banca e la
relativa  garanzia  ipotecaria  potrebbero essere esclusi dal passivo
del  fallimento:  infatti, ove il mutuatario si rendesse inadempiente
al  vincolo  di  destinazione  del finanziamento, impiegando la somma
mutuata  per  finalita'  diverse  dalla  esecuzione di opere edilizie
(come   sarebbe   avvenuto   nel   caso  di  specie),  la  violazione
dell'obbligo contrattuale legittimerebbe la banca mutuante a chiedere
la  risoluzione  del  contratto  per  inadempimento,  ma non potrebbe
ritorcersi  contro  la  stessa  parte adempiente, rendendo revocabile
l'ipoteca;  sicche'  non  si  produrrebbe  alcun  effetto sullo stato
passivo  del fallimento del mutuatario, poiche' la banca dovrebbe pur
sempre  essere  ammessa  al  passivo  quale creditore privilegiato in
forza della prelazione ipotecaria.
    Sostiene,    inoltre,    la    banca   deducente   il   carattere
«interpretativo»  della  questione,  sotto  un  duplice  profilo: sia
perche' la qualificazione del credito fondiario come «mutuo di scopo»
implica  soltanto  una  questione  di  interpretazione della relativa
disciplina, e non gia' un vero e proprio dubbio di costituzionalita';
sia  perche',  fondandosi  l'asserita violazione dell'art. 3 Cost. su
una  possibile  collusione  fraudolenta  tra il mutuatario e la banca
mutuante  («che faccia figurare il proprio credito come avente natura
fondiaria»),  le leggi vigenti gia' prevedono tutti i mezzi possibili
per prevenire e reprimere eventuali accordi fraudolenti fra le parti,
sia  in  campo  civile (azione di simulazione, azione di nullita' per
frode  alla  legge)  sia in campo penale (ricorso abusivo al credito,
bancarotta  preferenziale),  e,  pertanto, consentono al giudice, ove
raggiunga la prova della frode, di escludere dal passivo fallimentare
la garanzia ipotecaria costituita illegittimamente.
    Infine,  l'inammissibilita'  della questione sarebbe evidente per
il  carattere  «legislativo»  delle  addizioni  richieste dal giudice
rimettente,  il  quale,  da  un lato, mirando ad attribuire rilevanza
giuridica  allo  scopo  della singola operazione di finanziamento, fa
valere  un'opzione  di  valore  diametralmente  opposta  alla  scelta
operata  dal  legislatore, e, dall'altro lato, non tiene conto che le
modalita'  applicative della rilevanza dello scopo dell'operazione di
finanziamento  sono  molteplici  ed esigono scelte che comportano una
«riscrittura» della nozione di «credito fondiario», rispetto a quella
oggi  contenuta  nell'art. 38  del  d.lgs.  n. 385 del 1993, nonche',
consequenzialmente,  la  modifica  o  il  riaggiustamento  di diverse
norme,  oltre a quelle impugnate; il che esula dai poteri della Corte
costituzionale.
    3.2.2.  -  La deducente osserva, in subordine, che, nel rinnovato
sistema  della  legge  bancaria,  reso  piu' idoneo a far fronte alle
esigenze  del  credito  verso  la  piccola  proprieta',  e' del tutto
ragionevole   che  l'esenzione  dalla  revocatoria  fallimentare  sia
collegata   alla  sola  esistenza  della  garanzia  reale  costituita
dall'ipoteca   di   primo   grado,   prescindendo   dallo  scopo  del
finanziamento.  Infatti,  detta  esenzione, eliminando o riducendo il
rischio   per  la  banca  creditrice  di  fronte  all'insolvenza  del
debitore,  da  un  lato, favorisce il ricorso al credito fondiario da
parte   dei   piccoli  proprietari,  e,  dall'altro,  salvaguarda  la
funzionalita'  del  sistema  del credito fondiario, a beneficio degli
stessi  fruitori  di  esso,  i  quali,  altrimenti,  non avrebbero la
possibilita'  di  ottenere finanziamenti. Di qui l'infondatezza della
questione,  dal  momento che, ove fosse accolta la prospettazione del
giudice  rimettente,  si  verrebbe  a introdurre retroattivamente una
diversa  concezione  del  credito  fondiario, la quale, dando rilievo
allo scopo, finirebbe per configurare diversamente taluni elementi di
fattispecie  penali  (truffa,  bancarotta  preferenziale,  ecc.),  e,
quindi,   porterebbe  a  qualificare  come  reati  comportamenti  che
all'epoca  dei  fatti  non  lo  erano:  con  un  risultato  non  solo
irragionevole,   ma   precluso   da   principi   fondamentali   della
Costituzione (art. 25, secondo comma).
    La  rilevanza dello scopo, ancora, sarebbe irragionevole rispetto
ad   operazioni  di  credito  fondiario  finalizzate  non  gia'  alla
costruzione  o  alla  ristrutturazione di edifici, e, quindi, a opere
che  hanno  per  risultato  un  incremento  patrimoniale,  ma a opere
diverse,  quali  il reimpianto di alberi o il contenimento del fondo,
che  hanno  obiettivi puramente conservativi del bene immobile (e non
accrescitivi   del  valore  di  esso);  senza  dire  che  l'addizione
all'art. 38  del  d.lgs.  n. 385 del 1993, chiesta dal giudice a quo,
relativamente  alle  operazioni  di  «mutuo fondiario», comporterebbe
un'irragionevole  discriminazione  di  questa  forma di finanziamento
rispetto  alle  altre  forme  di  finanziamento previste dalla norma,
cosi'  come  rispetto ad altre cause di prelazione (in particolare il
pegno).

                       Considerato in diritto

    Il  Tribunale  ordinario  di  Bolzano  dubita  della legittimita'
costituzionale,  in  riferimento all'art. 3 della Costituzione, degli
artt. 38  del  decreto  legislativo  1° settembre 1993, n. 385 (Testo
unico  delle  leggi in materia bancaria e creditizia), e 67 del regio
decreto   16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento,  del
concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
liquidazione   coatta   amministrativa),  assumendo  che  tali  norme
creerebbero una ingiustificata disparita' di trattamento tra la banca
che  qualifichi  come  fondiario  il  proprio  credito  e  gli  altri
creditori,  in  quanto la prima norma non prevede che la qualifica di
mutuo  fondiario  sia ancorata alla esecuzione di «opere fondiarie» e
ad  un  meccanismo  di  controllo sull'effettivo utilizzo delle somme
erogate,  ed in quanto la seconda norma non prevede che l'ipoteca che
garantisce  il  mutuo  sia  opponibile  al  fallimento,  se  iscritta
nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, solo in caso di
effettivo utilizzo in «opere fondiarie» delle somme mutuate.
    La questione e' inammissibile.
    La  circostanza  che  il  t.u. n. 385 del 1993 abbia radicalmente
innovato  la  previgente  disciplina  del credito fondiario - sia sul
piano  soggettivo  che  su quello oggettivo - induce il rimettente ad
una  apodittica  negazione  di  qualsiasi ratio giustificatrice della
tutela  privilegiata  (art. 39  del t.u. n. 385 del 1993) accordata a
quello  che,  oggi,  e'  definito (art. 38 dello stesso t.u.) credito
fondiario,  e  cioe'  al  credito  scaturente  da  un finanziamento a
medio-lungo  termine  erogato da una banca con contestuale iscrizione
di  ipoteca di primo grado su un bene immobile; sicche' il rimettente
-  quasi  che  quella  previgente  sia  l'unica  possibile disciplina
(peraltro  non correttamente ricostruita) de «il credito fondiario» -
omette  del  tutto  di chiedersi se l'evidente intento di favorire la
«mobilizzazione»  della  proprieta'  immobiliare  -  e,  in tal modo,
l'accesso  a finanziamenti potenzialmente idonei (anche) a consentire
il superamento di situazioni di crisi dell'imprenditore - costituisca
una   scelta   di  politica  economica  del  legislatore,  come  tale
sindacabile  da  questa  Corte  solo  se  ed in quanto manifestamente
irrazionale.
    A   tale   premessa  dell'ordinanza  di  rimessione  corrisponde,
inevitabilmente,  l'abnormita'  della pronuncia richiesta alla Corte:
pronuncia  che  dovrebbe  sostanziarsi  nella  costruzione del (solo)
mutuo  fondiario  (e  non  di  altre tipologie di finanziamenti) come
«mutuo  di  scopo»,  e  cioe' vincolato (come lo era l'oggi scomparso
credito  edilizio)  all'esecuzione  di  (non  meglio  precisate,  ne'
precisabili)  «opere  fondiarie»,  nella  previsione di meccanismi di
controllo dell'effettivo impiego delle somme mutuate e, infine, nella
sanzione   della   «inopponibilita»  dell'ipoteca  che,  in  caso  di
inadempimento  da  parte  del  mutuatario,  dovrebbe  paradossalmente
andare a carico del mutuante.
    E' evidente che - anche a prescindere da altre considerazioni - a
questa   Corte   e'   inibito   sostituire  all'istituto  voluto  dal
legislatore  quello  che  il  giudice  rimettente ritiene preferibile
sulla  base  di  una  sua  opzione  opposta a quella del legislatore;
sicche' la questione sollevata e' inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale degli articoli 38 del decreto legislativo 1° settembre
1993,   n. 385  (Testo  unico  delle  leggi  in  materia  bancaria  e
creditizia), e 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del   fallimento,  del  concordato  preventivo,  dell'amministrazione
controllata  e  della liquidazione coatta amministrativa), sollevata,
in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario
di Bolzano con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 giugno 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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