N. 574 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 ottobre 2003
Ordinanza del 7 ottobre 2003 (pervenuta alla Corte costituzionale il 20 maggio 2004) emessa dalla Corte dei conti sez. giur. per la Regione Sicilia sul ricorso proposto da D'Aleo Enrichetta Felicia contro I.N.P.D.A.P. Previdenza e assistenza sociale - Pensioni privilegiate ordinarie dirette corrisposte dall' INPDAP agli ex dipendenti CPDEL per infermita' ascrivibili alla I categoria - tabella A, di cui al d.P.R. n. 834/1981 - Previsione di aliquota, in nessun caso inferiore a 0,66667, anziche' a 0,8 (80% della base pensionabile), cosi' come invece stabilito dall'art. 65 d.P.R. n. 1092/1973 per gli statali - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee. - Legge 26 luglio 1965, n. 965, art. 3, comma 4. - Costituzione, art. 3.(GU n.26 del 7-7-2004 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 446/2003 nel giudizio per ottemperanza iscritto al n. 25823 del registro di segreteria promosso ad istanza di D'Aleo Enrichetta Felicia, rappresentata e difesa dall'avv. Gianluigi Mangione, nei confronti dell'I.N.P.D.A.P., per l'esecuzione del giudicato scaturente dalla sentenza n. 422/01/P resa da questo giudice il 15 maggio 2001. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 16 maggio 2002; Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale; Uditi alla pubblica udienza del 3 giugno 2003 l'avv. Gianluigi Mangione, per la ricorrente ed il dott. Giovanni Dino, per l'I.N.P.D.A.P. F a t t o Alla signora D'Aleo Enrichetta Felicia, gia' dipendente della U.S.L. n. 34 di Catania, dispensata dal servizio con delibera dell'11 novembre 1993 per inabilita' al servizio ed a qualsiasi altro proficuo lavoro, il Giudice unico delle pensioni presso la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana con la sentenza in epigrafe ha riconosciuto il diritto alla liquidazione della pensione privilegiata ordinaria a decorrere dalla data del suo collocamento a riposo, oltre gli accessori di legge. Alla predetta sentenza l'I.N.P.D.A.P. dava esecuzione con determinazione dirigenziale RM 102001001139 del 26 luglio 2000, poi annullata e sostituita con determinazione dirigenziale RM 102001001288 del 19 settembre 2001, con la quale veniva attribuita alla D'Aleo la pensione privilegiata ordinaria di prima categoria - tab. «A» di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 834/1981, commisurando il trattamento all'importo annuo lordo di L. 11.728.900 da corrispondersi in 13 mensilita', con la risultante di un credito, a favore della D'Aleo, di Euro 14.788,53. L'odierna ricorrente, avendo ritenuto che l'Amministrazione con i predetti provvedimenti abbia dato solo parziale esecuzione al giudicato, procedeva a notificare, il 26 febbraio 2002, un atto stragiudiziale di diffida e messa in mora al quale non ha fatto seguito alcun riscontro da parte dell'I.N.P.D.A.P. Con atto depositato il 16 maggio 2002, quindi, la D'Aleo ha proposto ricorso per esecuzione di giudicato innanzi a questa Corte, lamentando la parziale ottemperanza dell'I.N.P.D.A.P. al giudicato scaturente dalla sentenza n. 422/01/P/ di questo giudice e chiedendo che venisse disposta, in via istruttoria, C.T.U. per accertare l'effettivo importo delle somme dovutele dall'Amministrazione. L'I.N.P.D.A.P. si e' costituito in giudizio con atto depositato il 10 gennaio 2003 e, nel rappresentare di avere gia' provveduto alla liquidazione in favore della ricorrente di ulteriori emolumenti, comprendenti anche l'assegno di super invalidita' di cui alla lettera «H» tabella «E», ha chiesto che fosse dichiarata cessata la materia del contendere. Alla pubblica udienza del 21 gennaio 2003, avendo la ricorrente insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso, a causa, a suo avviso, del permanere dell'inottemperanza, questo giudice procedeva alla nomina e giuramento del C.T.U. nella persona del dott. Pietro Di Giovanni, al quale veniva posto il quesito «se la liquidazione operata dall'I.N.P.D.A.P. e le somme corrisposte alla signora D'Aleo Felicia Enrichetta fossero o meno integralmente satisfattive, per sorte capitale ed accessori di legge, di quanto disposto da questa Corte con sentenza n. 422/01/P». Il C.T.U. ha depositato la sua relazione in data 8 maggio 2003 affermava che, allo stato degli atti, doveva ritenersi che l'Amministrazione avesse dato integrale esecuzione al giudicato solo successivamente alla proposizione del ricorso e, precisamente, nel mese di dicembre 2002. La difesa della ricorrente con memoria depositata il 24 maggio 2003, nel dare atto della correttezza dei calcoli operati dal C.T.U. a legislazione vigente, con riferimento all'art. 3, comma 3, della legge n. 965 del 1965 faceva, pero', notare che la risultante dei conteggi era il prodotto di quella che veniva indicata come «un'ingiusta, immotivata ed in giustificata disparita' di trattamento rispetto alle disposizioni degli artt. 64 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, che fissano la medesima aliquota per i dipendenti civili dello Stato nella misura minima degli 8/10 della base pensionabile di privilegio (per infermita' ascrivibili alla prima categoria tabella A): illegittimita' che va riguardata alla stregua degli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione». Chiedeva, pertanto, che fosse sollevata questione di legittimita' costituzionale del citato art. 3, comma 3, legge n. 965 del 1965, con riferimento agli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione, in relazione a quanto disposto dagli artt. 64 e 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, posto che dall'accoglimento della prospettata questione sarebbe derivata, come naturale conseguenza, la parziale ottemperanza dell'Amministrazione con un ulteriore credito per la ricorrente scaturente dall'applicazione della piu' favorevole normativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973. Alla pubblica udienza del 3 giugno 2003 le parti hanno insistito nelle rispettive richieste di cui agli atti scritti. D i r i t t o Ritiene questo giudice, preliminarmente, che la questione di legittimita' costituzionale prospettata dalla difesa della ricorrente appaia non manifestamente infondata (con la precisazione che il riferimento normativo va correttamente identificato nel comma 4 della disposizione e non nel 3), con riferimento all'art. 3 della Costituzione. L'art. 3, comma 4, della legge n. 965 del 1965, stabilisce che nel caso di pensione diretta di privilegio l'aliquota indicata alla lettera a) del comma 1 dello stesso articolo e' considerata con la maggiorazione di un decimo ed, in nessun caso, inferiore a 0,66667; l'ultimo comma delle stesso articolo stabilisce, poi, che ai fini della determinazione della quota di pensione di cui alla lettera a) l'aliquota risultante dall'applicazione delle maggiorazioni previste dai commi terzo e quarto della medesima disposizione in nessun caso puo' essere considerata superiore ad 1. Ne consegue che la misura minima della pensione di privilegio e' determinata, per i dipendenti delle ex Casse di Previdenza, nella misura del 66,667%, misura applicata alla D'Aleo alla quale, con l'anzianita' di servizio posseduta di anni 17 e mesi 2, sarebbe spettata l'aliquota tabellare inferiore del 40,443%. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, per i dipendenti statali, invece, dopo avere stabilito all'art. 64, analogamente, che il dipendente il quale per infermita' o lesioni dipendenti da fatti di servizio abbia subito menomazioni dell'integrita' personale ascrivibili a una delle categorie della tabella A annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313, ha diritto alla pensione privilegiata qualora dette menomazioni lo abbiano reso inabile al servizio, al successivo art. 65 statuisce che per i dipendenti civili le cui infermita' o lesioni siano ascrivibili alla prima categoria della tabella A annessa alla legge 18 marzo 1968, n. 313, la pensione privilegiata e' pari a otto decimi della base pensionabile, cioo' pari all'80%. Qualora le infermita' o le lesioni siano di minore entita', la pensione e' pari a un quarantesimo della base anzidetta per ogni anno di servizio utile, ma non puo' essere inferiore ad un terzo ne' superiore a otto decimi della base stessa. Da un rapido raffronto delle due discipline, quindi, consegue che per i dipendenti provenienti dalla ex C.P.D.E.L., come l'odierna ricorrente, la pensione di privilegio, per le infermita' ascrivibili alla prima categoria - tab. «A», non puo' essere inferiore al 66,667% della base pensionabile, mentre per gli statali tale percentuale e' fissata all'80%. La disparita' di trattamento, che potrebbe trovare una giustificazione in un diversificato sistema di ritenute contributive a carico del lavoratore, in ipotesi meno gravoso per gli appartenenti alla ex C.P.D.E.L., rinviene in quest'ultimo, invece, un ulteriore elemento di incomprensibile ed ingiustificato deteriore trattamento. Mentre per la ex C.P.D.E.L., infatti, si e' registrata un'aliquota contributiva a carico del lavoratore oscillante, per il periodo, rilevante ai fini del presente giudizio, dal 16 agosto 1976 al 29 dicembre 1993, tra il 5,3% e l'8,55% sul 100% della retribuzione contributiva, mentre per gli statali l'aliquota ha oscillato dal 7% sull'80% (sino al 31 dicembre 1989) all'8,20% sul 100% della retribuzione contributiva. Con un monte ritenute valutabile in termini percentuali complessivamente superiore a quello degli statali, quindi, gli ex C.P.D.E.L. conseguono una pensione privilegiata per infermita' ascrivibili alla prima categoria - tab. «A» ampiamente deteriore rispetto a quella spettante ai primi. Non ignora questo giudice l'insegnamento della Corte costituzionale secondo cui, posto che i diversi sistemi pensionistici hanno una loro specificita', la circostanza che le discipline in essi previste non siano uniformi non lede di per se' il principio di eguaglianza (Corte cost., 22 luglio 1999, n. 345), salvo il caso, di una evidente irragionevolezza della differenza di disciplina (sent. n. 26 del 1980 e n. 454 del 1993). Ma nel caso di specie non pare, appunto, possibile rinvenire un elemento giustificativo della specificita' dei due sistemi, in relazione al calcolo della pensione privilegiata, che consenta di far ritenere non violato il principio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione. Ne consegue che il disposto di cui all'art. 3, comma 4, della legge n. 965 del 1965 sembrerebbe porsi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui, per le infermita' ascrivibili alla prima categoria - tab. «A» di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 834/1981, stabilisce che nel caso di pensione diretta di privilegio l'aliquota indicata alla lettera a) del comma 1 dello stesso articolo debba essere considerata in nessun caso inferiore a 0,66667, invece che a 0,8 (80% della base pensionabile), cosi' come invece previsto dall'art. 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 per gli statali. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' dall'accoglimento della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati deriverebbe il sorgere, con effetti retroattivi, di un ulteriore credito da parte della ricorrente conseguente al diritto al piu' favorevole trattamento di quiescenza e permarrebbe lo stato di inottemperanza da parte della p.a. in relazione alla sentenza qui azionata, con riferimento alla effettiva disciplina da applicare eventualmente risultante dall'invocata pronuncia di incostituzionalita'. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 4, della legge n. 965 del 1965, nei termini di cui in motivazione, con riferimento all'art. 3 della Costituzione. Ordina la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della segreteria, notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 3 giugno 2003. Il giudice unico: Zingale 04C0741