N. 581 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2004

Ordinanza  emessa  il  17  marzo  2004  dal  tribunale amministrativo
regionale  delle  Marche  sul  ricorso  proposto  da  Serroni  Vera -
Laboratorio  Analisi  S.r.l.  contro Azienda U.S.L. n. 11 di Fermo ed
altra

Sanita'   pubblica   -   Regione  Marche  -  Assistenza  sanitaria  -
  Previsione,  fino  alla  definizione  degli accordi tra le ASL e le
  istituzioni sanitarie private accreditate e i professionisti, della
  proroga  del  regime  di  cui  alla legge n. 67/1988, relativo alla
  necessita'  di  previa  autorizzazione  della  ASL subordinata alla
  impossibilita'  della  struttura pubblica di erogare la prestazione
  entro  tre giorni - Violazione del principio della libera scelta da
  parte  dell'assistito  nei  confronti  di  tutte  le  strutture e i
  professionisti  accreditati dal S.S.N. stabilito dalla legislazione
  statale in materia - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon
  andamento  della  P.A.  -  Riproposizione di questione gia' oggetto
  dell'ordinanza   n. 204/2000   di   restituzione   atti   per   ius
  superveniens.
- Legge della Regione Marche 17 luglio 1996, n. 26, art. 37, comma 3.
- Costituzione, artt. 97 e 117.
(GU n.26 del 7-7-2004 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 481 dell'anno
1998  reg.  gen.,  proposto  dalla  dott.ssa Vera Serroni Laboratorio
Analisi  S.r.l.,  in  persona  del  titolare  e legale rappresentante
dott.ssa  Vera  Serroni,  rappresentata  e difesa dall'avv. Benedetto
Graziosi  ed  elettivamente domiciliata in Ancona, alla Via Giannelli
n. 36, presso l'avv. Domenico D'Alessio;
    Contro,  l'Azienda U.S.L. n. 11 di Fermo in persona del Direttore
generale in carica, rappresentata e difesa dall'avv. Vittorio Barosio
e dall'avv. Alberto Cucchieri ed elettivamente domiciliata in Ancona,
alla  via  Piave  n. 6/B,  presso  lo  studio del secondo; la Regione
Marche; in persona del Presidente pro tempore della giunta regionale,
rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Paolo  Costanzi ed elettivamente
domiciliata  in  Ancona, alla Via Palestro n. 19; per l'annullamento,
previa   sospensione,   del   provvedimento  del  direttore  generale
dell'Azienda  sanitaria  U.S.L.  n. 11  di  Fermo prot. n. 2121 del 6
febbraio  1998,  con il quale si e' stabilito che, «a partire dall'1°
gennaio  1998 saranno riconosciute ed ammesse al rimborso solo quelle
impegnative debitamente autorizzate dagli uffici competenti di questa
A.S.L.»;  previa,  occorrendo,  la  dichiarazione  di  non  manifesta
illegittimita'  costituzionale  dell'art. 37, terzo comma della legge
della  Regione  Marche  n. 26/1996 per contrasto con l'art. 117 della
Costituzione  e  la  conseguente  rimessione  degli  atti  alla Corte
costituzionale.
    Visto  il  ricorso  con  i  relativi allegati, notificato in data
15-16 aprile 1998;
    Visti  l'atto  di costituzione in giudizio dell'Azienda Sanitaria
U.S.L. n. 11 di Fermo, in persona del direttore generale pro tempore,
depositato  il  5  maggio  1998  e la memoria della medesima azienda,
prodotta il 12 maggio 1998;
    Viste  la  memoria  di  costituzione  in  giudizio  della Regione
Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta Regionale,
depositata in data 3 aprile 2000 e le note difensive in data 7 giugno
2002 della medesima Regione Marche, con l'allegata memoria presentata
nel procedimento avanti alla Corte costituzionale;
    Vista  l'ordinanza  di  questo Tribunale amministrativo regionale
n. 130/2000,  con  la  quale  gli atti del presente procedimento sono
stati  trasmessi  alla  Corte costituzionale attese la rilevanza e la
non   manifesta   infondatezza   della   questione   di  legittimita'
costituzionale dell'art. 37, terzo comma della legge regionale Marche
17  luglio  1996, n. 26, nella parte in cui stabilisce che, fino alla
definizione  degli accordi di cui all'art. 5, comma 4, restano valide
le  modalita'  di  accesso  alle  prestazioni cosi' come disciplinate
dall'art. 19  della legge 11 marzo 1988, n. 67, per contrasto con gli
artt. 97 e 117 della Costituzione;
    Vista   l'ordinanza   della   Corte  costituzionale  n. 355/2001,
pubblicata il 7 novembre 2001;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore,   alla  pubblica  udienza  del  20  novembre  2002,  il
Consigliere avv. Liana Tacchi;
    Uditi  l'avv.  Domenico  D'Alessio, su delega dell'avv. Benedetto
Graziosi,  per  il  Laboratorio  Analisi dott.ssa Vera Serroni S.r.l.
ricorrente,  e l'avv. Alberto Cucchieri per l'Azienda U.S.L. n. 11 di
Fermo.
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    La  dott.ssa Vera Serroni Laboratorio Analisi S.r.l., avente sede
in  Fermo,  gia'  convenzionata  per decenni con le casse mutue e gli
enti  assistenziali  e,  successivamente,  con  il Servizio Sanitario
Nazionale,  a  seguito  dell'entrata in vigore del nuovo regime dell'
«accreditamento»  (art. 8,  quarto comma del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 502) ha chiesto ed ottenuto lo status di laboratorio accreditato.
    E'  noto peraltro che il nuovo sistema prevede anche dei tetti di
spesa  regionali per l'erogazione delle prestazioni assistenziali; la
Regione  Marche,  pertanto,  ha  provveduto  agli  adempimenti di sua
competenza  (che  si  sostanziano  nell'armonizzare,  sul  territorio
regionale,   i   criteri   di  rimborso  delle  prestazioni)  con  le
deliberazioni  della  giunta regionale n. 3825 del 16 dicembre 1996 e
n. 625 del 10 marzo 1997.
    Con  deliberazioni  del  commissario  straordinario  n. 65 del 30
maggio  1997  e  del  direttore generale n. 875 del 2 settembre 1997,
l'Azienda  Sanitaria  U.S.L.  n. 11 di Fermo, nell'approvare il piano
per  le  prestazioni  specialistiche  convenzionate relative all'anno
1996,  ha  determinato il tetto del budget spettante alla S.r.l. Vera
Serroni nell'ambito di L. 125.000.000.
    I  suddetti  provvedimenti dell'Azienda Sanitaria U.S.L. n. 11 di
Fermo  sono  stati  impugnati  dalla  S.r.l. Vera Serroni Laboratorio
Analisi  con  ricorso  iscritto  al  n. 19 del 1998 reg. gen., che e'
stato  accolto  da  questo  tribunale  con  sentenza 15 gennaio 1999,
n. 19.
    In  sede  di  contrattazione  per  definire  il  tetto del budget
relativo  all'anno 1998, il Direttore generale dell'Azienda Sanitaria
U.S.L.  n. 11  ha  richiesto  ai  titolari  dei laboratori di analisi
accreditati  di  accettare una ulteriore decurtazione del budget gia'
definito  per  gli  anni 1996 e 1997 (per la S.r.l. Vera Serroni cio'
significava  dover  accettare un tetto pari a L. 85.000.000 annui); a
fronte   del   rifiuto   degli  interessati,  il  direttore  generale
dell'Azienda Sanitaria U.S.L. n. 11 di Fermo, con provvedimento prot.
n. 2121,  ha  stabilito,  fra l'altro, che «... si ritiene necessario
fare riferimento in questo momento, per l'accesso al convenzionamento
esterno, alle modalita' gia' disciplinate dall'art. 37, comma 3 della
legge  regionale  Marche 17 luglio 1996, n. 26, laddove si stabilisce
che,  in  mancanza  dei  piani  annuali preventivi, restano valide le
modalita'  previste  dall'art.  19  della legge 11 marzo 1988, n. 67.
Pertanto,  a  partire  dal  10  gennaio 1998, saranno riconosciute ed
ammesse  a  rimborso  solo quelle impegnative debitamente autorizzate
dagli uffici competenti di questa A.S.L.».
    Il  provvedimento e' stato impugnato con atto notificato il 15/16
aprile  1998 dalla S.r.l. Vera Serroni Laboratorio Analisi, che ne ha
chiesto l'annullamento deducendo i motivi di violazione degli artt. 7
e  8  della  legge  7  agosto  1990, n. 241, dell'art. 8, comma 5 del
d.lgs.  30  dicembre  1992,  n. 502 nel testo modificato dal d.lgs. 7
dicembre  1993,  n. 517,  dell'art. 2,  commi  7  ed 8 della legge 28
dicembre  1995,  n. 549, dell'art. 6, comma 6 della legge 23 dicembre
1993,  n. 724,  dell'allegato  A,  punto 5.2. della carta dei servizi
pubblici  sanitari approvata con decreto del Presidente del Consiglio
dei  Ministri  19 maggio 1995; di violazione dei principi generali in
materia   di   accesso   alle   strutture   private  accreditate;  di
illegittimita'    derivata    dalla   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 37,  comma 3  legge  regionale Marche 17 luglio 1996, n. 26
per  contrasto  con  l'art. 117  della  Costituzione  in  riferimento
all'art. 19  del  d.lgs.  n. 502/1992;  e  di  eccesso  di potere per
sviamento   e   difetto   di   motivazione;  previa,  occorrendo,  la
dichiarazione  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 37,   comma 3  della  legge
regionale  Marche  n. 26  del 1996 per contrasto con l'art. 117 della
Costituzione  e  la  conseguente  trasmissione  degli atti alla Corte
costituzionale.
    Si  e' costituita in giudizio l'Azienda U.S.L. n. 11 di Fermo con
atto del 5 maggio 1998, opponendosi all'accoglimento dell'impugnativa
siccome  inammissibile  o,  comunque,  infondata nel merito; e, nella
memoria prodotta il 12 maggio 1998, ha confutato diffusamente le tesi
della societa' ricorrente.
    Anche  la  Regione  Marche  si  e'  costituita concludendo per la
reiezione.
    Alla  camera  di  consiglio  del  19  maggio  1998  il  Tribunale
amministrativo  regionale ha denegato l'invocata tutela cautelare con
ordinanza  n. 256/1998,  riformata  dalla  V Sezione del Consiglio di
Stato con ordinanza n. 1500/1998, pronunciata il 28 luglio 1998.
    Con  ordinanza  n. 130/2000 il Tribunale amministrativo regionale
ha  dichiarato  rilevante e non manifestamente infondata la questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 37,  comma 3  della legge
regionale  Marche 17 luglio 1996, n. 26 nella parte in cui stabilisce
che,  fino  alla  definizione  degli accordi di cui all'art. 5, comma
quarto, restano valide le modalita' di accesso alle prestazioni cosi'
come  disciplinate dall'art. 19 della legge 11 marzo 1988, n. 67, per
contrasto  con  gli artt. 99 e 117 della Costituzione; ed ha disposto
l'immediata   trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
rimanendo sospeso il presente giudizio.
    La  Corte  costituzionale,  con  propria  ordinanza  n. 355 del 7
novembre  2001,  ha  ordinato  la  restituzione  degli  atti a questo
Tribunale  amministrativo  regionale,  attesa la sopravvenienza della
legge  della  Regione  Marche  16 marzo  2000,  n. 20 («disciplina in
materia   di   autorizzazione  alla  realizzazione  e  all'esercizio,
accreditamento  istituzionale  e accordi contrattuali delle strutture
sanitarie  e  socio  sanitarie  pubbliche  e  private»), affinche' il
giudice rimettente, che non aveva potuto considerare le modificazioni
apportate   da   tale   nuova  disciplina  regionale  in  materia  di
accreditamento   istituzionale  e  di  accordi  contrattuali  con  le
istituzioni  sanitarie  accreditate,  potesse  valutare la permanenza
della rilevanza della questione nel giudizio principale.
    Alla  pubblica  udienza  del  20  novembre 2002 la causa e' stata
nuovamente   discussa,  riportandosi  le  parti  alle  tesi  ed  alle
deduzioni svolte ed alle conclusioni precisate in atti.
    Indi essa e' passata in decisione.

                            D i r i t t o

    I)  Con  l'ordinanza  n. 130/2000, pubblicata il 27 gennaio 2000,
questo Tribunale amministrativo regionale aveva ritenuto la rilevanza
e  la  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 37, comma terzo della legge regionale Marche
17  luglio  1996,  n. 26  per  contrasto con gli artt. 97 e 117 della
Costituzione;  avendo  osservato,  quanto  alla rilevanza, come fosse
pacifico   tra   le   parti,  essendo  ammesso  dalla  stessa  difesa
dell'A.U.S.L.   n. 11   di  Fermo,  che  il  provvedimento  impugnato
costituiva  pedissequa applicazione del ridetto art. 37, comma terzo;
sicche',  in mancanza di una pronuncia della Corte costituzionale, il
provvedimento stesso doveva ritenersi atto dovuto e con seguentemente
il ricorso avverso di questo non poteva che essere rigettato.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza  della  questione,  il
Tribunale   amministrativo  regionale  aveva  formulato  le  seguenti
considerazioni:
        a)  alla  stregua del sistema di erogazione delle prestazioni
sanitarie  e  di  diagnostica  strumentale  delineato dalla normativa
statale vigente all'epoca di adozione dell'atto impugnato [6 febbraio
1998:  nota  del  collegio],  le  convenzioni  tra S.S.N. e strutture
private    risultavano    essere    state    sostituite    dal   c.d.
«accreditamento»,  che  conferiva ad esse parita' di condizioni. Tale
parita'  di  strutture,  dapprima  definita come «integrazione con il
S.S.N.»,  era  divenuta  senza  limitazioni dopo che il settimo comma
dell'art. 6  della  legge  23 dicembre 1994, n. 724 aveva abolito dal
testo  originario  dell'art. 8  del  d.lgs.  n. 52 del 1992 le parole
«sulla base di criteri di integrazione con il servizio pubblico», che
potevano  far  pensare  ad  un  rapporto  di  complementarieta' delle
strutture private con quelle pubbliche;
        b) secondo tale sistema, le regioni prima e le Aziende Unita'
Sanitarie   Locali,  poi,  sentite  le  organizzazioni  di  categoria
maggiormente   rappresentative,   contrattavano   con   le  strutture
pubbliche  e  private  e  con  i  professionisti eroganti prestazioni
sanitarie  un  piano  annuale  preventivo che ne stabilisse quantita'
presunta e tipologia, anche ai fini degli oneri da sostenere (art. 2,
comma 8 legge 28 dicembre 1995, n. 549);
        c)  restava comunque ferma, nel sistema predetto, la facolta'
di  libera  scelta  delle  strutture  sanitarie  e dei professionisti
(ovviamente che fossero strutture regolarmente accreditate).
        che   la  libera  scelta  fosse  indipendente  e  preliminare
rispetto  al  perfezionamento  degli  accordi  tra  la  regione  e le
UU.SS.LL. da una parte e strutture accreditate dall' altra, risultava
evidente da tutte le norme richiamate, le quali premettevano la frase
«ferma  restando  la  facolta'  di  libera  scelta» quale clausola di
chiusura  delle  disposizioni  sulla  contrattazione  del tetto e sul
piano  annuale  preventivo  (cfr. l'art. 8, comma 5 del d.lgs. n. 502
del  1992  e  l'art. 2,  comma 8  della  legge n. 549/1995). Cio' era
ribadito  dall'art. 6,  6  comma della legge 23 dicembre 1994, n. 724
che,  dopo  aver  confermato  l'entrata  in vigore dei nuovi rapporti
fondati  sull'accreditamento,  aveva  stabilito  che  «la facolta' di
libera  scelta  da  parte dell'assistito si esercita nei confronti di
tutte  le  strutture  ed  i  professionisti accreditati dal S.S.N. in
quanto  in  possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente e
che accettino il sistema della remunerazione a prestazione»;
        d)  in  questo  contesto  normativo  si era inserita la legge
della  Regione  Marche 17 luglio 1996, n. 26 che, nel disciplinare il
riordino  del  servizio  sanitario regionale, aveva stabilito, con il
terzo comma dell'art. 37, che «fino alla definizione degli accordi di
cui  all'art.  5,  comma 4 [cioe' la negoziazione dei servizi e delle
prestazioni  con  le  istituzioni sanitarie private accreditate e con
professionisti,  sulla base di tariffe e corrispettivi definiti dalla
giunta  regionale,  nonche' sulla base del piano annuale preventivo],
restano  valide  le  modalita' di accesso alle prestazioni cosi' come
disciplinate  dall'art. 19  della  legge  11 marzo 1988, n. 67 [cioe'
mediante  la  previa  autorizzazione  della  U.S.L.  e fermo restando
l'obbligo  per  l'utente  di servirsi della struttura pubblica per le
prestazioni che possono essere erogate entro trenta giorni]»;
        e)   la  norma  regionale  sopratrascritta  si  presentava  -
sembrava   indubbio  -  in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
stabiliti  in  materia  dalle  leggi  dello  Stato e violava pertanto
l'art. 117 della Costituzione.
    Infatti essa obliterava totalmente i principi della legislazione,
reintroducendo,  ancorche'  in via provvisoria (fino alla definizione
degli  accordi di cui all'art. 5, comma 4), l'obbligo del rilascio di
un'autorizzazione  per  accedere  alla  struttura  privata,  rilascio
subordinato  alla  insufficienza  della struttura pubblica, mentre la
legge  statale  garantiva, in ogni caso, la facolta' di libera scelta
dell'utente,  senza  subordinarla all'accettazione del tetto o budget
che la U.S.L. potesse imporre alla singola struttura;
        f)  un  ulteriore profilo di illegittimita' rispetto a quello
dedotto dalla parte ricorrente, andava evidenziato.
    La  norma  regionale  in  questione  postulava  l'inesistenza  di
accordi  fra  UU.SS.LL. e strutture private stabilendo che, una volta
intervenuto  l'accordo,  sarebbe  cessata  la  sospensione del libero
accesso.  Senonche' il potere di imporre questo filtro all'accesso di
strutture  gia'  accreditate  costituiva  in mano all'amministrazione
sanitaria  un'arma  per  imporre alle strutture private le condizioni
contrattuali  che  avrebbe  determinato  a  suo piacimento, senza che
queste ultime avessero potuto opporre alcunche'.
    Il  citato  art. 37, terzo comma della legge della Regione Marche
17  luglio  1996,  n. 26  si  poneva quindi in contrasto. anche con i
principi   di   imparzialita'   e   di   buon  andamento  dell'azione
amministrativa  sanciti  dall'art. 97 della Costituzione, non essendo
compatibile   la   titolarita'   di  un  potere  pubblico  pienamente
arbitrario   di   sospendere   di   fatto  l'accreditamento  con  una
contrattazione  che,  in quanto tale, postulava quanto meno un minimo
di pariteticita' fra parte pubblica e struttura privata.
    II)   la   Corte   costituzionale,   investita  del  giudizio  di
costituzionalita' dell'art. 37, comma terzo della legge della Regione
Marche  17  luglio  1996, n. 26 promosso dal Tribunale amministrativo
regionale  Marche  con  l'ordinanza  n. 130/2000  di  cui si e' sopra
riportato il contenuto saliente, in esito all'udienza pubblica del 25
settembre  2001,  ha  emesso l'ordinanza n. 355/2001 (depositata il 7
novembre 2001), con la quale ha ordinato la restituzione degli atti a
questo  Tribunale amministrativo, sulla base della seguente, testuale
motivazione:
        «considerato    che,    successivamente    all'ordinanze   di
rimessione,  e'  entrata  in  vigore la legge della Regione Marche 16
marzo  2000,  n. 20  (disciplina  in  materia  di autorizzazione alla
realizzazione e all'esercizio, accreditamento istituzionale e accordi
contrattuali  delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e
private),  la  quale  ha dettato una nuova disciplina sia del sistema
dell'autorizzazione  e  dell'accreditamento istituzionale dei presidi
sanitari regionali, sia degli accordi contrattuali che questi debbono
stipulare per definire "la tipologia e la quantita' delle prestazioni
erogabili  agli  utenti  del servizio sanitario regionale, nonche' la
relativa  remunerazione  a  carico  del  servizio  sanitario medesimo
nell'ambito  di  livelli di spesa determinati in corrispondenza delle
scelte della programmazione regionale" (art. 2, comma 3);
        che  detta  disciplina  regionale sopravviene a quella recata
dall'art. 5,  comma  4 della legge regionale n. 26 del 1996, alla cui
mancata  applicazione  la norma impugnata condiziona espressamente il
rinvio,  sia pure in via transitoria, all'art. 19 della legge statale
n. 67  del  1988  ed  al  connesso  sistema  del convenzionamento del
servizio sanitario nazionale con le strutture private;
        che  il  giudice  rimettente  non  ha potuto considerare tali
modificazioni della disciplina regionale in materia di accreditamento
istituzionale  e di accordi contrattuali con le istituzioni sanitarie
accreditate,  cosicche' si rende necessario restituirgli gli atti del
processo  perche'  possa valutare la permanenza della rilevanza della
questione nel giudizio principale».
    III)  Dunque,  questo  tribunale e' chiamato a stabilire se, alla
luce  della disciplina portata dalla sopravvenuta legge della Regione
Marche   n. 20   del   16  marzo  2000,  il  denunciato  sospetto  di
incostituzionalita'   riguardante  l'art. 37,  comma  3  della  legge
regionale  17  luglio  1996,  n. 26  possa  o  no ancora riverberarsi
sull'esito  del giudizio principale (il quale involge la legittimita'
del provvedimento del direttore generale dell'Azienda U.S.L. n. 11 di
Fermo prot. n. 2121 del 6 febbraio 1998, adottato nella vigenza ed in
applicazione  esplicita  del  medesimo  art. 37,  comma 3 della legge
regionale n.26/1996).
    Le   coordinate   da  tenere  presenti  per  la  soluzione  della
prospettata questione logicamente consistono:
        1) nella valutazione della consistenza della nuova disciplina
legislativa;
        2)   nella   valutazione   delle  modifiche  che  essa  abbia
eventualmente apportato al sistema della erogazione delle prestazioni
da   parte   delle   strutture   private,  allorche'  autorizzate  ed
accreditate,  rispetto  alla  disciplina  di cui alla legge regionale
n. 26/1996  e,  segnatamente,  rispetto alla particolare disposizione
contenuta nell'art. 37, comma terzo di tale legge;
        3)  nella  valutazione  della  retroattivita'  o  meno  delle
modifiche in ipotesi introdotte.
    E' infatti evidente che, ove esaminata la novella legge regionale
Marche  n. 20/2000,  si  concludesse per un'intrinseca disomogeneita'
dell'impianto   di   questa  rispetto  a  parti  significative  della
pregressa  legge regionale Marche n. 26/1996, ovvero per l'assenza di
innovazioni  nei riguardi del sistema di erogazione delle prestazioni
di  cura  e  del  loro  riparto  tra  strutture pubbliche e strutture
private,  ovvero, anche, per l'irretroattivita' delle disposizioni in
ipotesi  contemplanti  il  modificato  ricorso alle strutture private
accreditate,   il   provvedimento   assunto  dal  direttore  generale
dell'Azienda  Sanitaria  U.S.L.  di  Fermo in data 6 febbraio 1998 ed
impugnato  col  presente ricorso resterebbe pienamente giustificato e
legittimo   alla   stregua  dell'art. 37,  comma  terzo  della  legge
regionale,  n. 26/1996,  norma  non  caducata  ne' caducabile, in via
interpretativa  e  con  effetto retroattivo, dalle disposizioni della
nuova   legge   regionale   n. 20/2000;  eppercio'  la  questione  di
legittimita' costituzionale della prima permarrebbe rilevante.
    Passando  dunque  ad esaminare l'ordine delle questioni qui sopra
enunciate, si osserva brevemente.
    1.  -  La legge regionale delle Marche n. 20 del 16 marzo 2000 ha
definito  ontologicamente  e compendiato esaurientemente gli istituti
giuridici  finalizzati  all'espletamento  dell'attivita'  sanitaria e
socio-sanitaria ed al loro collegamento con il S.S.N.
    Nel  capo  I  (disposizioni  generali)  sono  state  indicate  le
finalita'   della  legislazione  attraverso  gli  istituti  specifici
dell'autorizzazione      alla     realizzazione     di     strutture;
dell'autorizzazione  all'esercizio  di  attivita'  sanitarie  e socio
sanitarie;    dell'accreditamento    istituzionale;   degli   accordi
contrattuali  (art. 1),  sono  state  fissate  le  definizioni  degli
istituti stessi e di altri rilevanti termini giuridici (art. 2), sono
stati  individuai  i  compiti  ed  i poteri degli organi regionali in
materia (art. 3) e quelli dei comuni (art. 4).
    Nel  capo  II  (Autorizzazioni)  la  legge ha precisato i tipi di
attivita'  e/o  di  strutture  sanitarie  soggette ad autorizzazione,
nonche'  i  loro  requisiti  (artt. 5  -  6)  ed  ha regolamentato le
procedure  volte a conseguire sia l'autorizzazione alla realizzazione
delle  strutture  (art. 7),  sia l'autorizzazione all'esercizio delle
attivita' sanitarie e socio-sanitarie (art. 8), nonche' altri aspetti
di  pertinenza  (ricorsi,  decadenze,  verifiche, sanzioni, artt. 9 -
14).
    Nel  capo III (Accreditamento istituzionale) sono stati fissati i
requisiti  e  stabilita  la procedura per conseguire l'accreditamento
istituzionale  (artt. 15  -  16)  e  sono stati normati altri aspetti
complementari dell'accreditamento stesso (artt. 17 - 22).
    Nel  capo IV (accordi contrattuali), che consta del solo art. 23,
si  e'  stabilito  che  i  soggetti accreditati possono accedere alle
procedure negoziali per la definizione dei piani delle prestazioni di
cui  all'art. 2,  comma  della  legge  8 dicembre 1995, n. 549 (comma
primo);  e  sono  stati  definiti  i compiti ed i poteri della giunta
regionale  circa  l'ambito degli accordi contrattuali di cui all'art.
8-quinquies,  comma  primo del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, cosi'
come, da ultimo, modificato dal d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229.
    Nel  capo V (Adeguamento delle strutture esistenti e disposizioni
finali)  sono  state inserite norme dirette a garantire un regolare e
proficuo   trapasso   dalla   precedente  normativa  a  quella  nuova
(artt. 24, 25, 26, 27, 28).
    L'art. 29 ha abrogato espressamente:
        la legge regionale 2 marzo 1982, n. 6;
        la legge regionale 20 agosto 1984, n. 23;
        l'art. 35,  comma  10  della  legge regionale 17 luglio 1996,
n. 26;
    Cio' premesso in linea espositiva, il collegio deve rilevare come
la  legge  regionale  n. 20/2000  abbia  ridefinito  compiutamente la
disciplina   delle   strutture   e   delle   attivita'   sanitarie  e
socio-sanitarie  pubbliche e private, dando organicita' e completezza
e,  per  taluni  aspetti,  innovando incisivamente gli istituti delle
autorizzazioni   (che  sono  due,  una  per  la  realizzazione  delle
strutture    ed    una    per    l'esercizio    delle   attivita)   e
dell'accreditamento   istituzionale,  definito  come  «lo  status  di
potenziali  erogatori  di  prestazioni  nell'ambito  e  per conto del
Servizio  Sanitario  Nazionale»  (art. 2, comma secondo); ma, proprio
per  quanto  riguarda  la materia degli accordi o procedure negoziali
per  la  definizione  delle  prestazioni,  la  stessa  legge o si sia
rimessa  in  massima  parte  ai  contenuti della legislazione statale
(d.lgs.  19  giugno  1999,  n. 229;  d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502;
legge 28 dicembre 1995, n. 549) o abbia conferito poteri di indirizzo
di  pianificazione  e  anche pararegolamentari alla giunta regionale,
cui,  quindi,  sembra  essere  stato  devoluto  ogni  piu' penetrante
intervento   nella  regolamentazione  della  gestione  delle  risorse
(budget)  in  rapporto  alla  domanda  di  prestazioni da parte degli
assistiti  e  del  riparto nell'erogazione delle stesse tra strutture
pubbliche e strutture private accreditate.
    Anche   alla  stregua  delle  considerazioni  che  precedono,  il
collegio  non  rinviene,  nella  normativa  della legge della Regione
Marche  n. 20  del  16.3.2000,  alcuna  disposizione,  vuoi di ordine
generale,  vuoi  di carattere puntuale, la quale possa ritenersi aver
modificato  il  disposto  di  cui  al  terzo comma dell'art. 37 della
previgente  legge regionale 17 luglio 1996, n. 26, a mente del quale,
«fino  alla  definizione  degli  accordi  di  cui all'art. 5, comma 4
[cioe'  la  negoziazione  dei  servizi  e  delle  prestazioni  con le
istituzioni sanitarie private accreditate e con professionisti, sulla
base  di  tariffe  e  corrispettivi  definiti dalla giunta regionale,
nonche'  sulla  base del piano annuale preventivo], restano valide le
modalita'   di  accesso  alle  prestazioni  cosi'  come  disciplinate
dall'art. 19  della  legge  11  marzo  1988, n. 67 [cioe' mediante la
previa  autorizzazione  della  U.S.L.  e fermo restando l'obbligo per
l'utente  di servirsi della struttura pubblica per le prestazioni che
possono essere erogate entro tre giorni]».
    Cio'  comporta  che la normativa recata dalla sopravveniente l.r.
n. 20/2000  non  inibiva al direttore generale dell'Azienda Sanitaria
U.S.L. n. 11 di Fermo di adottare, in vigenza della normativa stessa,
un  provvedimento del tipo di quello qui censurato, nel quale - cioe'
-  si  stabiliva  che, in mancanza dei piani annuali preventivi delle
prestazioni  definiti  dalla regione, a partire dall'1° gennaio dell'
anno  solare  successivo,  sarebbero  state riconosciute ed ammesse a
rimborso   solo   quelle   impegnative  debitamente  autorizzate  dai
competenti uffici della stessa ASL, secondo le modalita' disciplinate
dall'art. 37, comma 3 della legge regionale n. 26/1996.
    3.  -  Come  gia'  osservato,  il  collegio  opina  che  la legge
regionale  n. 20/2000 non abbia apportato, di per se', modifiche alla
disciplina di cui alla legge regionale n. 26/1996 per quanto riguarda
il sistema dell'erogazione delle prestazioni da parte delle strutture
private,  autorizzate  ed  accreditate,  con  particolare riferimento
all'assoggettamento   di  tali  strutture  alle  limitazioni  di  cui
all'art. 37, comma 30 della l.r. n. 26/1996.
    Conseguentemente,  essendo rimasta vigente la disposizione di che
trattasi  - secondo cui, fino alla definizione degli accordi inerenti
i  servizi  e  le  prestazioni  con  le istituzioni sanitarie private
accreditate   e  con  i  professionisti,  sulla  base  di  tariffe  e
corrispettivi definiti dalla giunta regionale, nonche' sulla base del
piano  annuale  preventivo,  restavano valide le modalita' di accesso
alle  prestazioni  cosi'  come  disciplinate dall'art. 19 della legge
11 marzo  1988,  n. 67  - appare in radice impossibile ipotizzare una
qualunque  caducazione  con efficacia retroattiva del disposto di cui
all'art. 37,  comma  terzo della pregressa legge regionale n. 26/1996
per  effetto  della  disciplina portata dalla novella legge regionale
n. 20/2000.
    IV)   Per  tutte  le  sovraesposte  considerazioni  il  Tribunale
amministrativo  regionale  della  Marche  valuta  che  permangano  la
rilevanza,    nel    giudizio    principale,   delle   questioni   di
incostituzionalita'  dell'art. 37,  comma terzo della legge regionale
Marche  17  luglio 1996, n. 26, e la loro non manifesta infondatezza;
per  cui  deve  disporre  la  ritrasmissione  degli  atti  alla Corte
costituzionale  per  la  pronuncia  sulla legittimita' costituzionale
della  norma,  rimanendo  sospeso  il  presente  giudizio,  ai  sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    In  conclusione,  il  collegio  ritiene  ancora  rilevante  e non
manifestamente  infondata, per contrasto con gli artt. 97 e 117 della
Costituzione,    la    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 37,  comma  terzo  della  legge  regionale Marche 17 luglio
1996, n. 26, nella parte in cui stabilisce che, fino alla definizione
degli  accordi di cui all'art. 5, comma 4 restano valide le modalita'
di  accesso  alle  prestazioni  cosi'  come disciplinate dell'art. 19
della  legge  11 marzo 1988, n. 67; e rimette l'esame della questione
alla Corte costituzionale.
    Visti   gli   artt. 134   della   Costituzione,   1  della  legge
costituzionale  9 febbraio 1948, n. 1 e 13 della legge 11 marzo 1953,
n. 87;
                              P. Q. M.
    Sospende  il  giudizio relativo al ricorso n. 481 dell'anno 1998,
in  epigrafe  indicato  e dispone l'immediata trasmissione alla Corte
costituzionale degli atti relativi al giudizio medesimo;
    Ordina  alla  Segreteria di notificare la presente ordinanza alle
parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche'
di  comunicarla  al  Presidente  della  Camera  dei  deputati  ed  al
Presidente del Senato della Repubblica.
    Cosi' deciso in Ancona, nella camera di consiglio del 20 novembre
2002 ed in quella del 17 dicembre 2003.
                       Il Presidente: Amoroso
Il consigliere estensore: Tacchi  04C0748