N. 586 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2004
Ordinanza emessa il 5 marzo 2004 dal giudice di pace di Cesena nel procedimento civile vertente tra Azuozi Mohamed contro sindaco di Cesena Circolazione stradale - Infrazioni al codice della strada - Ricorso al giudice di pace avverso il verbale di accertamento - Condizioni di ammissibilita' - Onere per il ricorrente di versare presso la cancelleria una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore - Disparita' di trattamento fra soggetti abbienti e non abbienti, nonche' fra cittadino e Pubblica Amministrazione - Limitazione di fatto della liberta' e dell'uguaglianza - Contrasto con il valore assoluto della persona umana e con i diritti fondamentali dell'individuo - Violazione del diritto di azione e difesa - Ingiustificato vantaggio per la P.A. - Codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285), art. 204-bis, comma 3, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in legge, con modifiche, il d.l. 27 giugno 2003, n. 151. - Costituzione, artt. 2, 3 e 24.(GU n.26 del 7-7-2004 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 1285/A/03 R.G., promossa da Azuozi Mohammed, residente a Cesena (FC) in via XXV aprile n. 249, ricorrente. Contro Prefetto di Forli' - Cesena, resistente. In punto A: opposizione a sanzione amministrativa. Conclusioni del ricorrente: «chiedo alla S.V. di potere annullare questa sanzione in quanto il sottoscritto, pur ammettendo di aver violato per qualche minuto il Codice per grave stato di necessita', e' in gravi condizioni economiche ... non posso nemmeno effettuare il deposito cauzionale per inoltrare il ricorso e per questo richiedo che comunque io possa depositare questo ricorso in virtu' della nota del 31 ottobre 2003 del Ministero della giustizia - Direzione generale della giustizia civile». F a t t o Con atto del ricorso avanti l'intestato Ufficio del giudice di pace, il sig. Azouzi Mohammed di persona, esponeva che in data 15 dicembre 2003 gli era stata contestata una contravvenzione per avere sostato in divieto di fermata. Contestandone l'infondatezza sia in fatto che in diritto, specificava che l'impugnazione di essa gli era impossibile in quanto la presentazione della relativa opposizione comporta il versamento di un poderosissimo deposito cauzionale, notevolmente al di fuori della portata economica della ricorrente di scarsissime risorse economiche. In virtu', quindi, della nota del 31 ottobre 2003 del Ministero della giustizia - Direzione generale della giustizia civile -, formulava l'istanza di inoltro dell'impugnazione nonostante il veto di improcedibilita' dell'impugnazione di che trattasi in carenza di versamento. Concludeva, quindi, come sopra riportato. D i r i t t o Esaminati gli atti, questo giudice rileva come il ricorso in opposizione a sanzione amministrativa sia stato depositato in cancelleria in data 22 dicembre 2003 senza il versamento presso la cancelleria del giudice di pace di Cesena della somma richiesta, ovvero pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Tale obbligo, previsto a pena di inammissibilita' del ricorso, scaturisce dall'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151. Detta legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12 agosto 2003 - Suppl. Ordinario n. 133 e' entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, pertanto, nel caso che ci occupa, doveva essere osservata sebbene contrastante con l'art. 4 del r. d. 10 marzo 1910 n. 149, tutt'ora in vigore, che espressamente prevede che le cancellerie non possono in alcun modo ricevere versamenti in denaro. Questo giudice ritiene che l'art. 203-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 non sia conforme a Costituzione ed intende pertanto sollevare, come in effetti solleva, incidente di costituzionalita' nei termini che seguono. Sulla rilevanza della questione. Nei caso che ci occupa il collegamento giuridico, e non gia' di mero fatto, tra la res giudicando e la norma ritenuta incostituzionale, appare del tutto evidente. Difatti, ove si ritenesse l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme a costituzione, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile mentre ove, per contro, si ritenesse il predetto disposto in contrasto con la Costituzione la suddetta opposizione dovra' essere esaminata nel merito. Sulla non manifesta infondatezza. Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione. Per ritenere l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 conforme a Costituzione occorrerebbe affermare che la diversa posizione che il legislatore ha riservato a cittadino e pubblica Amministrazione, oltre che a cittadino abbiente e cittadino non abbiente, non violi alcun precetto costituzionale. Tale assunto, tuttavia, non viene condiviso da questo giudice in quanto la normativa in parola lede il diritto fondamentale dell'individuo espressamente tutelato dall'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana, ponendo i soggetti abbienti e non abbienti su un piano di disuguaglianza fra loro permettendo esclusivamente al soggetto che sia in possesso di una somma di denaro addirittura doppia rispetto a quella che gli consentirebbe di definire la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di potere tutelare i propri diritti proponendo ricorso ai giudice di pace. Ne' e' sostenibile la tesi che al soggetto non abbiente sarebbe comunque possibile presentare ricorso al Prefetto in quanto tale procedura non prevede il versamento di alcuna cauzione, sia in quanto a maggior ragione cio' evidenzierebbe come il ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di tutela riservato esclusivamente a soggetti facoltosi, sia in quanto la scelta della sede ove tutelare i propri diritti distinguerebbe o meglio discriminerebbe i cittadini sul piano economico e sociale limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi. Del tutto evidente, alla luce di quanto sopra, come il disposto che questo giudice ritiene incostituzionale si presti a tele censura in quanto l'art. 3 della Costituzione della Repubblica italiana prevede che compito della Repubblica e' rimuovere, non gia' creare, ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana. Peraltro, il disposto della cui costituzionalita' si dubita lede altresi' l'art. 2 della Costituzione che sancisce il valore assoluto della persona umana, frustrando uno dei diritti fondamentali dell'individuo. Violazione dell'art. 24 della Costituzione. L'ingiustificato ostacolo imposto per la tutela dei diritti del cittadino nella sola sede giurisdizionale contrasta con l'art. 24 della Costituzione il quale espressamente prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi ed aggiunge che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. La sola lettura della norma costituzionale fa apparire palese il netto contrasto di quest'ultima con l'art. 24-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151. Infatti, l'imposizione del versamento della cauzione previsto per la tutela dei diritti del ricorrente nella sola sede giurisdizionale oltre a rappresentare un ingiustificato, quanto un ingiusto vantaggio per l'Amministrazione opposta che, a differenza dell'opponente, in caso di vittoria ha immediatamente a propria disposizione quanto eventualmente dovuto, non assicura la possibilita' di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a coloro i quali non dispongono di una sufficiente agiatezza economica, in tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa. Peraltro, e' indubbio che l'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 241 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 nell'indurre il ricorrente, di fatto, a desistere dal tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, scoraggia l'unico mezzo di tutela che quest'ultimo ha a propria disposizione soggetto al principio della soccombenza, costringendo o comunque inducendo i meno facoltosi a presentare ricorso al Prefetto per la tutela dei propri diritti, sede in cui in caso di accoglimento dell'opposizione il ricorrente non viene affatto rifuso non solo delle eventuali spese sostenute per l'assistenza di un professionista, ma neppure delle spese vive sostenute.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge n. 87/1953; Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza. Solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 che ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto legge 27 giugno 2003 n. 151 per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede che all'atto del deposito del ricorso il ricorrente debba versare presso la cancelleria del giudice di pace, a pena di inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Sospende il presente giudizio, n. 1285/A/2003, nonche' l'esecutivita' della sanzione odiernamente opposta. Manda alla cancelleria per l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri. Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cesena, addi' 29 gennaio 2004 Il giudice di pace: Pepoli 004C0753