N. 225 ORDINANZA 8 - 15 luglio 2004

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari  -  Dichiarazioni  rese  da un
  senatore  della  Repubblica  in  qualita'  di  teste  e ribadite in
  successivi  dibattiti  e interviste - Giudizio per risarcimento dei
  danni  proposto  dal  soggetto  destinatario  delle dichiarazioni -
  Delibera di insindacabilita' della Camera di appartenenza - Ricorso
  per  conflitto  di  attribuzione  della  Corte d'appello di Milano,
  sezione civile - Sussistenza dei requisiti oggettivo e soggettivo -
  Ammissibilita' del ricorso e disposizioni conseguenti.
- Delibera del Senato della Repubblica 31 gennaio 2001.
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37;  norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
  costituzionale, art. 26, terzo comma.
(GU n.28 del 21-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:   Valerio   ONIDA,   Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
31 gennaio    2001   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dal  senatore  Marco  Boato  nei  confronti del dott. Guido
Salvini,  promosso  dalla  Corte d'appello di Milano, seconda sezione
civile,  con  ricorso  depositato  il 26 febbraio 2003 ed iscritto al
n. 238 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 giugno 2004 il giudice
relatore Franco Bile;
    Ritenuto  che,  nel corso di un giudizio civile promosso da Guido
Salvini,  magistrato  in  Milano  -  per ottenere il risarcimento dei
danni,  asseritamente  subiti in conseguenza di dichiarazioni rese in
qualita'  di teste dal parlamentare Marco Boato, il 23 febbraio 1990,
nel processo dinanzi alla Corte d'assise a carico di Adriano Sofri ed
altri,  imputati  dell'omicidio Calabresi, e ribadite nel corso di un
dibattito e di successive interviste alla stampa - la Corte d'appello
di  Milano,  seconda sezione civile, con ricorso depositato presso la
cancelleria   di  questa  Corte  il  26 febbraio  2003,  ha  promosso
conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato avverso la delibera
del  31 gennaio  2001,  con  la  quale  il Senato della Repubblica ha
dichiarato  a  maggioranza  assoluta che i fatti oggetto del processo
civile   concernono   opinioni   espresse   dal   parlamentare  Boato
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
        che  la  Corte  d'appello  ricorrente osserva che la ritenuta
insindacabilita' da parte del giudice ordinario dei fatti oggetto del
procedimento  civile  muove dalla premessa, svolta dalla Giunta delle
elezioni  e delle immunita' parlamentari del Senato, secondo la quale
-  essendo  «estremamente  riduttivo  collegare  e limitare la tutela
dell'insindacabilita' di un parlamentare ad una stretta connessione e
pertinenza  rispetto  alle  dichiarazioni  da lui rese nell'esercizio
dell'attivita'  parlamentare formalmente intesa» - «la vicenda che ha
interessato  l'on.  Boato  travalica  il fatto in se' per assumere il
rilievo  di  una  denuncia  dei  mali della giustizia, di deprecabili
comportamenti di magistrati di cui, quello in esame, non e' purtroppo
l'unico  ma  uno  dei  tanti  che  negli  ultimi  anni, con frequente
ricorrenza,   hanno   violentemente   caratterizzato  e  condizionato
l'amministrazione   della   giustizia   nel   nostro   Paese,  ed  e'
significativo  episodio  che  rivela,  in particolare, le distorsioni
delle  regole  processuali nell'uso (e nell'abuso!) dei collaboratori
di  giustizia»;  e, pertanto, non potrebbe dubitarsi del «significato
di  critica  politica»  dell'episodio  stigmatizzato  «collegata alla
funzione parlamentare del Boato»;
        che   viceversa,  secondo  la  ricorrente,  «il  taglio  dato
all'argomento  nella richiamata delibera stride insanabilmente» con i
principi  affermati in ripetute pronunce di questa Corte, secondo cui
la  garanzia prevista dal citato art. 68, primo comma, Cost. in tanto
si  applica alle dichiarazioni rese dal parlamentare extra moenia, in
quanto  sussista  una  sostanziale  corrispondenza di significato con
opinioni gia' espresse, o contestualmente espresse, nell'esercizio di
funzioni  parlamentari tipiche, non essendo sufficiente a tal uopo la
semplice  comunanza  di  argomenti,  ne',  tanto  meno,  la  semplice
riconducibilita' ad un medesimo contesto politico;
        che  la  ricorrente  - premesso che le dichiarazioni rese dal
parlamentare  Boato,  nel  richiamato procedimento penale a carico di
Adriano  Sofri  ed altri, non possono considerarsi quale divulgazione
all'esterno  di  opinioni  gia'  espresse  dal  parlamentare  in sede
strettamente politica, bensi' rappresentano specifica accusa al dott.
Salvini  di aver tentato, «fuori da ogni verbale» di strumentalizzare
uno  o  piu'  pentiti  onde  estorcere  loro il nome del parlamentare
medesimo   come   mandante   dell'omicidio   Calabresi  -  sottolinea
l'estraneita'  delle  dichiarazioni  rese  rispetto  all'ambito delle
attivita'   parlamentari   o   politiche,  resa  evidente  sia  dalla
circostanza  che  la  fonte  della  notizia non risulta in alcun modo
collegata   allo  svolgimento  di  attivita'  parlamentari;  sia  dal
rilevante  lasso  cronologico  intercorso  tra  l'acquisizione  della
notizia   (nel   1986)   e  la  sua  divulgazione  (nel  1990);  sia,
precipuamente,  dalla  sede  prescelta  per  la  divulgazione  stessa
(processo  penale  di  scottante  attualita',  dove il Boato e' stato
sentito in qualita' di teste, vincolato quindi all'obbligo di dire la
verita', dovendosi invece astenere dall'esprimere opinioni);
        che,   in  conclusione,  l'autorita'  giudiziaria  ricorrente
chiede  che  questa  Corte:  a) «dichiari che non competeva al Senato
della  Repubblica  la  valutazione  della condotta attribuita all'on.
Marco Boato, in quanto estranea, in tutto o in parte, alla previsione
normativa dell'art. 68, primo comma, della Costituzione»; b) «annulli
la  relativa deliberazione adottata dal Senato della Repubblica nella
seduta del 31 gennaio 2001».
    Considerato  che  in  questa  fase  la Corte e' chiamata, a norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a  deliberare  preliminarmente,  senza contraddittorio, se il ricorso
sia  ammissibile  in  quanto esista la materia di un conflitto la cui
risoluzione  spetti  alla sua competenza, in riferimento ai requisiti
soggettivi e oggettivi indicati nel primo comma dello stesso art. 37;
        che,   sotto   l'aspetto   soggettivo,   la  Corte  d'appello
ricorrente  e'  legittimata a sollevare conflitto di attribuzione tra
poteri   dello   Stato,   quale   organo   competente   a  dichiarare
definitivamente - nel procedimento civile del quale essa e' investita
- la volonta' del potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio di
funzioni  giurisdizionali  svolte in posizione di piena indipendenza,
costituzionalmente garantita (v., tra le tante e da ultimo, ordinanze
n. 252, n. 282 e n. 283 del 2003);
        che  anche  il  Senato  della Repubblica - che ha adottato la
deliberazione   di   insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  dal
parlamentare  Boato  quando  rivestiva  la  qualita'  di senatore (v.
sentenza  n. 252  del  1999)  -  e'  legittimato  ad essere parte del
conflitto    costituzionale,    essendo   competente   a   dichiarare
definitivamente  la  volonta'  del  potere  che  esso  impersona,  in
relazione  all'applicabilita' della prerogativa dell'insindacabilita'
(v. ordinanza n. 272 del 2003);
        che,  sotto  l'aspetto  oggettivo  del  conflitto,  la  Corte
d'appello  di  Milano  lamenta la lesione delle proprie attribuzioni,
costituzionalmente  garantite, in conseguenza dell'adozione, da parte
del  Senato della Repubblica, di una deliberazione che ha affermato -
in  modo  da  essa ritenuto arbitrario, perche' non corrispondente ai
criteri  stabiliti  dalla  Costituzione  -  l'insindacabilita'  delle
opinioni  espresse  da  un  parlamentare, a norma dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione;
        che,   pertanto,   esiste   la   materia   di   un  conflitto
costituzionale  di  attribuzione,  la  cui  risoluzione  spetta  alla
competenza  di  questa  Corte, restando impregiudicata ogni decisione
definitiva anche in ordine all'ammissibilita' del ricorso.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile,  a norma dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla
Corte  d'appello di Milano, seconda sezione civile, nei confronti del
Senato della Repubblica, con l'atto indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della  presente  ordinanza  alla  Corte  d'appello di Milano, seconda
sezione civile, ricorrente;
        b) che,  a  cura  della  ricorrente, il ricorso e la presente
ordinanza siano notificati al Senato della Repubblica, in persona del
suo   Presidente   entro   il   termine   di  sessanta  giorni  dalla
comunicazione   di  cui  al  punto  a),  per  essere  successivamente
depositati  nella  cancelleria  di  questa  Corte entro il termine di
venti  giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma,
delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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