N. 622 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2004
Ordinanza emessa il 27 gennaio 2004 dal tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Lucano Sivina contro A.S.L. n. 9 di Locri Giustizia amministrativa - Azione del pubblico dipendente nei confronti della pubblica amministrazione a tutela di diritti soggettivi - Termine di decadenza del 15 settembre 2000 per deposito del ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale cui e' riservata la giurisdizione (poi attribuita al giudice ordinario) per i diritti sorti anteriormente alla data del 30 giugno 1998 - Conseguente riduzione dei termini prescrizionali ordinari - Incidenza sul diritto di azione non esercitabile davanti al giudice amministrativo per effetto del termine decadenziale e neppure dinanzi al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998 - Eccesso di delega - Violazione del principio di tutela giurisdizionale. - D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 24, 76 e 113.(GU n.28 del 21-7-2004 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2240/00 R.G. proposto da Lucano Sivina, rappresentata e difesa dall'avv. Antonella Leone, elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, via Pellicano, 22. Contro A.S.L. n. 9 di Locri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Vittorio D'Agostino e Giovanni Tringali, dell'ufficio legale della stessa A.S.L., domiciliata per legge presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale per ottenere il pagamento delle somme spettanti alla ricorrente per l'attivita' di incentivazione alla produttiva svolta negli anni 1993, 1994, 1995, 1996, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda sanitaria di Locri; Visti gli atti tutti della causa; Designato per la pubblica udienza del 16 dicembre 2003 il relatore Caterina Criscenti e sentito l'avv. D'Agostino; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; F a t t o La ricorrente, dipendente dell'A.S.L. 9 di Locri, addetta al reparto di fisioterapia di Gerace con la qualifica di fisioterapista, premesso di aver partecipato all'istituto dell'incentivazione alla produttivita' per gli anni 1993, 1994, 1995 e 1996, senza percepire il relativo integrale compenso, chiede la condanna dell'ente al pagamento della retribuzione ancora dovuta per il lavoro svolto in regime di produttivita' (c.d. plus orario) nella misura che sara' quantificata in corso di causa. Si costituiva l'Azienda intimata, resistendo al gravame ed all'udienza pubblica del 16 dicembre 2003, la causa e' stata posta in decisione. D i r i t t o 1. - Deve preliminarmente valutarsi il profilo della giurisdizione. 1.a. - La controversia in esame coinvolge questioni attinenti al rapporto di lavoro comprese tra il 1993 ed il 1996, sicche' rileva in primis il problema del momento della proposizione del ricorso. L'art. 69, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 167, abrogando l'art. 45, comma 17, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, ha stabilito, infatti, che «le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data [ossia al 30 giugno 1998] restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000». Nel caso che ci occupa il ricorso e' stato proposto dopo il predetto termine decadenziale, in quanto depositato presso la segreteria di questo Tribunale amministrativo regionale il 7 ottobre 2000. Non puo', infatti, ritenersi sufficiente per evitare la suddetta decadenza la sola procedura di notificazione del ricorso (cosi' Tribunale amministrativo regionale Reggia Calabria, 9 settembre 2003, n. 1087; Tribunale amministrativo regionale Catanzaro, II, 7 giugno 2002, n. 1592; Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, I, 2 novembre 2000, n. 4248) dovendosi, infatti, ritenere acquisito, come principio generale, il postulato che ancora la compiuta instaurazione del rapporto processuale al deposito, nella segreteria del giudice amministrativo, del ricorso notificato. Cio' premesso, questo Tribunale - che pure in diverse precedenti pronunce su ricorsi proposti successivamente alla data del 15 settembre 2000 aveva ravvisato la propria carenza di giurisdizione - ritiene oggi di dover prendere atto ed adeguarsi alla interpretazione regolatrice della Corte di cassazione a sezioni unite, costante con riferimento ad entrambe le disposizioni, ritenute sostanzialmente identiche (cfr. ordd. 17 giugno 2002, n. 8700; 4 luglio 2002, n. 9690; 21 novembre 2002, n. 16427; 24 gennaio 2003, n. 1124; 30 gennaio 2003, n. 1511; 7 marzo 2003, n. 3512) secondo la quale il termine del 15 settembre 2000 - relativamente alle questioni attinenti al periodo del rapporto d'impiego anteriore al 30 giugno 1998 - non costituisce un limite alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, cui spetta la giurisdizione su tutte le questioni sorte in un periodo antecedente al 30 giugno 1998, ancorche' il giudizio - come nel caso in esame - sia stato instaurato successivamente alla data del 15 settembre 2000. Deve, dunque, affermarsi - come gia' ritenuto anche dal Consiglio di Stato (vd. IV, Ord. 10 maggio 2002, n. 1752) - la giurisdizione del giudice adito. 2. - Cio' premesso in punto di giurisdizione, ne consegue che, facendo applicazione del disposto normativo sopra richiamato, dovrebbe dichiararsi la decadenza sostanziale della pretesa, essendo stato appunto il ricorso proposto dopo il 15 settembre 2000. In merito il tribunale ritiene pero' di dover sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 69, comma 7, cit. nella parte in cui prevede il termine di decadenza, per violazione degli artt. 3, 24 e 113, e 76 Cost. 3. - Quanto all'art. 3 Cost., l'aver imposto ai dipendenti pubblici il termine di decadenza al 15 settembre 2000 per la proposizione di domande relative a diritti maturati entro il 30 giugno 1998 e aver mantenuto per i dipendenti privati gli ordinari termini prescrizionali altera significativamente ed irragionevolmente l'uguaglianza tra i primi e i secondi, da sempre riconosciuta sul piano costituzionale dalla stessa Corte (vd. la storica sentenza 28 giugno 1985, n. 190) e oggi accentuata, sul piano della disciplina del rapporto, dalle leggi di riforma del pubblico impiego nel cui contesto si inserisce la norma censurata. La fissazione di un termine di decadenza per far valere, davanti al giudice amministrativo, i diritti soggettivi attinenti al pubblico impiego maturati prima del 30 giugno 1998 introduce, infatti, una discriminazione tra lavoratori del settore privato, per i quali rimane impregiudicata la possibilita' di azionare la pretesa patrimoniale entro il termine quinquennale di prescrizione dei crediti di lavoro, previsto in via ordinaria dall'art. 2948 del codice civile, e lavoratori del settore pubblico, ai quali viene concesso un tempo assai piu' esiguo. 3.a. - E la violazione del precetto d'uguaglianza non si coglie solo nella diversa consistenza del termine decadenziale rispetto a quello prescrizionale: la disparita' di trattamento viene esaltata dal complesso della disciplina dei due istituti (quello della decadenza e quello della prescrizione) e segnatamente dalla circostanza che i termini di prescrizione sono soggetti all'applicazione degli istituti interruttivi, mentre per il termine di decadenza i medesimi atti interruttivi sono inefficaci. L'utilizzo dello schema della decadenza, in luogo di quello della prescrizione, determina, infatti, l'applicazione dell'art. 2964 c.c. («quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione») e dell'art. 2966 c.c. («la decadenza non e' impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto») con la conseguenza che ex art. 69, comma 7, per i diritti maturati anteriormente al 30 giugno 1998, al pubblico dipendente non e' concessa la possibilita', riconosciuta invece al dipendente privato, di rimandare la decisione di agire davanti al giudice, provvisoriamente pero' salvaguardando i propri diritti attraverso un atto stragiudiziale di messa in mora, capace di interrompere la prescrizione ma non di impedire la decadenza. 4. - Appare altresi' evidente a questo giudice che la compressione del diritto di azione dei pubblici dipendenti operata dalla disciplina transitoria in esame si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost. E' vero che - cosi' come piu' volte riconosciuto dalla Corte costituzionale - rientra nella discrezionalita' del legislatore il determinare l'ampiezza del termine nel quale potere agire a tutela dei propri diritti ed interessi. Ma tale discrezionalita' incontra il limite di non rendere eccessivamente difficile l'esercizio del diritto. Nella specie il termine del 15 settembre 2000 rende certamente oltremodo gravosa la tutela giurisdizionale del lavoratore, se si pone mente non tanto in astratto al lasso di tempo concesso, ossia quello che intercorre tra il 30 giugno 1998 ed il 15 settembre 2000 (in se' obiettivamente non ampio), quanto soprattutto alla speciale struttura e dinamica del rapporto di lavoro su cui esso incide. 4.a. - Avviene, infatti, che le questioni controverse non solo perdurino oltre la data del 30 giugno 1998, ma che si completino e si consolidino i presupposti necessari per una tutela giurisdizionale solo in epoca successiva a tale data. Si pensi ad un provvedimento di incarico allo svolgimento di mansioni superiori adottato nel giugno 1998: in questo caso il diritto del dipendente alla retribuzione sorge e con il provvedimento di incarico, ma anche con lo svolgimento effettivo e protratto delle mansioni. Pertanto, poiche' in tale ipotesi la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo perche' il sorgere del diritto del dipendente presuppone un atto dell'amministrazione (cosi', ex plurimis, Cass., S.u., 11 giugno 2001, n. 7856 e 7 marzo 2001, n. 89), lo spatium deliberandi lasciato al dipendente per valutare l'azionabilita' della propria pretesa, ossia appunto il termine decandenziale, non sara' effettivamente di due anni e settantasette giorni (tale e' l'intervallo che vi e' tra il 30 giugno 1998 ed il 15 settembre 2000), ma assai meno, forse solo alcuni giorni. A cio' si aggiunga l'incertezza che sussiste in simili ipotesi sulla tutela del dipendente per il periodo successivo al 15 settembre 2000, termine ultimo di proposizione del ricorso. O si ponga mente ancora alla rilevanza, nella materia in questione, dei contratti collettivi, spesso approvati in epoca successiva rispetto a quello della loro vigenza sotto il profilo economico ed alle complesse problematiche interpretative che spesso da essi discendono. 4.b. - Ad avviso di questo giudice, dunque, il termine di decadenza cosi' ristretto intanto sacrifica fortemente, per la peculiare materia cui inerisce (sopra solo sommariamente esemplificata), l'interesse del soggetto onerato dal rispetto di esso e, in ogni caso, non trova giustificazione alcuna, perche' non risponde neppure ad un generale interesse dell'ordinamento al celere compimento dell'attivita' processuale soggetta al termine di decadenza. Ed, infatti, in primo luogo la fase transitoria della devoluzione della materia del lavoro pubblico e' stata disciplinata con l'unico obiettivo di non aggravare, con un passaggio in blocco del nuovo contenzioso, il giudice ordinario. Un'analoga preoccupazione - come si evince anche dai lavori preparatori - non e' emersa per il giudice amministrativo, tanto che si e' ritenuto di compensare la perdita della materia del pubblico impiego con l'attribuzione di nuove materie di giurisdizione esclusiva. Posto, dunque, che le questioni ante 30 giugno 1998 appartengono comunque alla giurisdizione del giudice amministrativo, appare inutile ed irragionevole porre un termine di decadenza sostanziale. Secondariamente poi, l'effetto di tale disposizione non potra' che essere - per le questioni che perdurano oltre il 30 giugno 1998 (assai frequenti, essendo il rapporto di lavoro un rapporto di durata) - opposto a quello voluto dal legislatore, perche' determinera' un inevitabile appesantimento del lavoro del giudice ordinario. A fronte di una pronuncia di mera decadenza adottata dal giudice amministrativo, il lavoratore «decaduto» agira' per la fase successiva (non soggetta a termini di decadenza) innanzi al giudice ordinario, il quale dovra' esaminare ex novo la questione, necessariamente valutando, sia pure incidentalmente o a soli fini istruttori, la fase pregressa, non potuta vagliare dal giudice amministrativo, con una notevole diseconomia processuale. In conclusione, fermo restando per le esigenze sopra accennate il limite sostanziale del 30 giugno 1993 (oltre che gli ordinari termini di prescrizione), non si ravvisano adeguate giustificazioni all'introduzione di un termine ulteriore di decadenza incidente sulla proponibilita' della domanda innanzi al giudice amministrativo, sicche' la disposizione per tale ragione appare in contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost. 5. - Deve infine denunciarsi il contrasto dell'art. 69, comma 7 cit. con l'art. 76 Cost. La legge delega n. 59/1997 (ai cui contenuti deve riportarsi anche il d.lgs. n. 165/2001) invitava il Governo a predisporre misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso (art. 11). Premesso che dal tenore stesso della norma, che pone da ultimo ed «infine» la questione della contestuale estensione della giurisdizione amministrativa, si desume che il riferimento all'introduzione delle predette misure organizzative non e' di carattere generale, ma attiene alle sole controversie devolute al giudice ordinario, immediatamente prima indicate, l'imposizione di un termine di decadenza per far valere i diritti dinanzi al giudice amministrativo non serve a deflazionare i carichi processuali davanti al giudice ordinario (ed anzi, come si e' ipotizzato prima, puo' solo condurre all'effetto opposto) e non costituisce misura processuale giacche' estingue il diritto sul piano sostanziale. Esso si pone dunque radicalmente in contrasto con le finalita' che, attraverso i principi ed i criteri enunciati, la legge delega si e' prefissa.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 76 Cost., la questione di costituzionalita' dell'art. 69, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, limitatamente all'inciso «solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000», per tutte le ragioni esposte in motivazione, ordina la sospensione del presente giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia certificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai procuratori delle parti in causa ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ordina all'autorita' amministrativa di eseguire la presente sentenza. Cosi' deciso in Reggio Calabria, nella Camera di Consiglio del 16 dicembre 2003. Il Presidente: Passanisi L'estensore: Criscenti 04C0789