N. 625 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 gennaio 2004
Ordinanza emessa il 27 gennaio 2004 dal tribunale amministrativo regionale della Calabria sez. staccata di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Rogolino Nicola contro Azienda ospedaliera Bianchi - Melacrino - Morelli Giustizia amministrativa - Azione del pubblico dipendente nei confronti della pubblica amministrazione a tutela di diritti soggettivi - Termine di decadenza del 15 settembre 2000 per deposito del ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale cui e' riservata la giurisdizione (poi attribuita al giudice ordinario) per i diritti sorti anteriormente alla data del 30 giugno 1998 - Conseguente riduzione dei termini prescrizionali ordinari - Incidenza sul diritto di azione non esercitabile davanti al giudice amministrativo per effetto del termine decadenziale e neppure dinanzi al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998 - Eccesso di delega - Violazione del principio di tutela giurisdizionale. - D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 24, 76 e 113.(GU n.28 del 21-7-2004 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3141/00 r.g. proposto da Rogolino Nicola, rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Riso, nel cui studio, sito in Reggio Calabria, via Orange, 8 e' elettivamente domiciliato; Contro Azienda ospedaliera «Bianchi - Melacrino - Morelli», in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dagli avv. Giovanni Foti e Angelo Rabotti ed elettivamente domiciliata presso il proprio ufficio legale interno sito in Reggio Calabria, via prov. le Spirito Santo, 24 per ottenere il riconoscimento del proprio diritto all'attribuzione della maggiorazione, nella misura del 40%, della retribuzione di posizione come prevista dall'allegato 6 del CCNL per la dirigenza medica del 5 dicembre 1996, per il periodo dall'8 marzo 1996 al 31 dicembre 1998, con la condanna della stessa la pagamento di quanto dovuto. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Azienda intimata; Visti gli atti tutti della causa; Designato per la pubblica udienza del 3 dicembre 2003 il relatore Caterina e Criscenti ed uditi i procuratori delle parti come da verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con ricorso notificato in data 7 dicembre 2000 e ritualmente depositato Rogolino Nicola, dipendente dell'Azienda ospedaliera «Bianchi - Melacrino - Morelli» quale dirigente medico di II livello della disciplina di radiologia, lamenta la mancata corresponsione per il periodo 8 marzo 1996 - 31 dicembre 1998 della indennita' dovuta ai responsabili di dipartimento, qualifica da lui assunta dall'8 marzo 1996 ed esercitata ininterrottamente sino al 7 marzo 2000, data del suo collocamento in pensione. Nonostante, infatti il CCNL della dirigenza medica, stipulato il 5 dicembre 1996 e valido economicamente dal 1° gennaio 1996 al 31 dicembre 1998, preveda tale specifica indennita', l'Azienda, con delibera n. 2212 del 19 ottobre 1999, pur riconoscendogli le funzioni di direttore e responsabile di dipartimento sin dall'8 marzo 1996, gli attribuiva la predetta indennita' solo dal 1° gennaio 1999 e non per il periodo pregresso. Si costituiva l'amministrazione, eccependo l'inammissibilita' del ricorso per decadenza per il periodo fino al 30 giugno 1998 ed il difetto di giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale adito per il periodo successivo; nel merito rilevava, comunque, l'infondatezza della domanda non risultando integrati tutti i presupposti previsti dal CCNL per la corresponsione dell'emolumento preteso dal ricorrente. Sul primo rilievo il sanitario, gia' in ricorso, rilevava l'inapplicabilita' del termine decadenziale ex art. 2966 c.c., essendo intervenuto da parte dell'Azienda il riconoscimento del diritto soggetto a decadenza; in subordine eccepiva l'incostituzionalita' dell'art. 45, d.lgs. n. 80/1998. Acquisite ulteriori memorie difensive, all'udienza pubblica del 3 dicembre 2003 la causa e' stata posta in decisione. D i r i t t o 1. - Deve preliminarmente valutarsi il profilo della giurisdizione. 1.a. - La controversia in esame coinvolge questioni attinenti al rapporto di lavoro comprese tra l'8 marzo 1996 ed il 31 dicembre 1998. Per le questioni relative al periodo 1° luglio - 31 dicembre 1998 si dichiarera', con separato provvedimento, il difetto di giurisdizione. 1.b. - Sulle questioni anteriori alla data del 30 giugno 1998 rileva il problema del momento della proposizione del ricorso. L'art. 69, settimo comma, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 167, abrogando l'art. 45, comma 17, d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, ha stabilito, infatti, che «le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data [ossia al 30 giugno 1998] restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000». Questo tribunale - che pure in diverse precedenti pronunce su ricorsi depositati successivamente alla data del 15 settembre 2000 aveva ravvisato la propria carenza di giurisdizione - ritiene oggi di dover prendere atto ed adeguarsi alla interpretazione regolatrice della Corte di cassazione a sezioni unite, costante con riferimento ad entrambe le disposizioni, ritenute sostanzialmente identiche (cfr. ordd. 17 giugno 2002, n. 8700; 4 luglio 2002, n. 9690; 21 novembre 2002, n. 16427; 24 gennaio 2003, n. 1124; 30 gennaio 2003, n. 1511; 7 marzo 2003, n. 3512) secondo la quale il termine del 15 settembre 2000 - relativamente alle questioni attinenti al periodo del rapporto d'impiego anteriore al 30 giugno 1998 - non costituisce un limite alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, cui spetta la giurisdizione su tutte le questioni sorte in un periodo antecedente al 30 giugno 1998, ancorche' il giudizio - come nel caso in esame - sia stato instaurato successivamente alla data del 15 settembre 2000. Deve, dunque, affermarsi - come gia' ritenuto anche dal Consiglio di Stato (vd. IV, ord. 10 maggio 2002, n. 1752) - la giurisdizione del giudice adito. 2. - Cio' premesso in punto di giurisdizione, ne consegue che, facendo applicazione del disposto normativo sopra richiamato, dovrebbe dichiararsi la decadenza sostanziale della pretesa, essendo stato appunto il ricorso proposto dopo il 15 settembre 2000 e non sussistendo - contrariamente a quanto asserito dal ricorrente - alcun riconoscimento, neppure implicito, del diritto al pagamento dell'indennita' che qui si e' inteso azionare, che escluderebbe ex art. 2966 c.c. l'operativita' della decadenza. In merito tribunale ritiene pero' di dover sollevare la questione di costituzionalita' dell'art. 69, comma 7, cit., nella parte in cui prevede il termine di decadenza, per violazione degli artt. 3, 24 e 113, e 76 Cost. 3. - Quanto all'art. 3 Cost., l'aver imposto ai dipendenti pubblici il termine di decadenza al 15 settembre 2000 per la proposizione di domande relative a diritti maturati entro il 30 giugno 1998 e aver mantenuto per i dipendenti privati gli ordinari termini prescrizionali altera significativamente ed irragionevolmente l'uguaglianza tra i primi e i secondi, da sempre riconosciuta sul piano costituzionale dalla stessa Corte (vd. la storica sentenza 28 giugno 1985 n. 190) e oggi accentuata, sul piano della disciplina del rapporto, dalle leggi di riforma del pubblico impiego nel cui contesto si inserisce la norma censurata. La fissazione di un termine di decadenza per far valere, davanti al giudice amministrativo, i diritti soggettivi attinenti al pubblico impiego maturati prima del 30 giugno 1998 introduce, infatti, una discriminazione tra lavoratori del settore privato, per i quali rimane impregiudicata la possibilita' di azionare la pretesa patrimoniale entro il termine quinquennale di prescrizione dei crediti di lavoro, previsto in via ordinaria dall'art. 2948 c.c., e lavoratori del settore pubblico, ai quali viene concesso un tempo assai piu' esiguo. 3.a. - E la violazione del precetto d'uguaglianza non si coglie solo nella diversa consistenza del termine decadenziale rispetto a quello prescrizionale: la disparita' di trattamento viene esaltata dal complesso della disciplina dei due istituti (quello della decadenza e quello della prescrizione) e segnatamente dalla circostanza che i termini di prescrizione sono soggetti all'applicazione degli istituti interruttivi, mentre per il termine di decadenza i medesimi atti interruttivi sono inefficaci. L'utilizzo dello schema della decadenza, in luogo di quello della prescrizione, determina, infatti, l'applicazione dell'art. 2964 c.c. («quando un diritto deve esercitarsi entro un dato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione») e dell'art. 2966 c.c. («la decadenza non e' impedita se non dal compimento dell'atto previsto dalla legge o dal contratto») con la conseguenza che ex art. 69, settimo comma, per i diritti maturati anteriormente al 30 giugno 1998, al pubblico dipendente non e' concessa la possibilita', riconosciuta invece al dipendente privato, di rimandare la decisione di agire davanti al giudice, provvisoriamente pero' salvaguardando i propri diritti attraverso un atto stragiudiziale di messa in mora, capace di interrompere la prescrizione ma non di impedire la decadenza. 4. - Appare altresi' evidente a questo giudice che la compressione del diritto di azione dei pubblici dipendenti operata dalla disciplina transitoria in esame si ponga in contrasto con gli artt. 24 e 113, Cost. E' vero che - cosi' come piu' volte riconosciuto dalla Corte costituzionale - rientra nella discrezionalita' del legislatore il determinare l'ampiezza del termine nel quale potere agire a tutela dei propri diritti ed interessi. Ma tale discrezionalita' incontra il limite di non rendere eccessivamente difficile l'esercizio del diritto. Nella specie il termine del 15 settembre 2000 rende certamente oltremodo gravosa la tutela giurisdizionale del lavoratore, se si pone mente non tanto in astratto al lasso di tempo concesso, ossia quello che intercorre tra il 30 giugno 1998 ed il 15 settembre 2000 (in se' obiettivamente non ampio), quanto soprattutto alla speciale struttura e dinamica del rapporto di lavoro su cui esso incide. 4.a. - Avviene, infatti, che le questioni controverse non solo perdurino - come nel caso in esame - oltre la data del 30 giugno 1998, ma che si completino e si consolidino i presupposti necessari per una tutela giurisdizionale solo in epoca successiva a tale data. Si pensi ad un provvedimento di incarico allo svolgimento di mansioni superiori adottato nel giugno 1998: in questo caso il diritto del dipendente alla retribuzione sorge e con il provvedimento di incarico, ma anche con lo svolgimento effettivo e protratto delle mansioni. Pertanto, poiche' in tale ipotesi la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo perche' il sorgere del diritto del dipendente presuppone un atto dell'amministrazione (cosi', ex plurimis, Cass., s.u., 11 giugno 2001, n. 7856 e 7 marzo 2001, n. 89), lo spatium deliberandi lasciato al dipendente per valutare l'azionabilita' della propria pretesa, ossia appunto il termine decandenziale, non sara' effettivamente di due anni e settantasette giorni (tale e' l'intervallo che vi e' tra il 30 giugno 1998 ed il 15 settembre 2000), ma assai meno, forse solo alcuni giorni. A cio' si aggiunga l'incertezza che sussiste in simili ipotesi sulla tutela del dipendente per il periodo successivo al 15 settembre 2000, termine ultimo di proposizione del ricorso. O si ponga mente ancora alla rilevanza, nella materia in questione, dei contratti collettivi, spesso approvati in epoca successiva rispetto a quello della loro vigenza sotto il profilo economico ed alle complesse problematiche interpretative che spesso da essi discendono, come il caso in esame dimostra. 4.b. - Ad avviso di questo giudice, dunque, il termine di decadenza cosi' ristretto intanto sacrifica fortemente, per la peculiare materia cui inerisce (sopra solo sommariamente esemplificata), l'interesse del soggetto onerato dal rispetto di esso e, in ogni caso, non trova giustificazione alcuna, perche' non risponde neppure ad un generale interesse dell'ordinamento al celere compimento dell'attivita' processuale soggetta al termine di decadenza. Ed, infatti, in primo luogo la fase transitoria della devoluzione della materia del lavoro pubblico e' stata disciplinata con l'unico obiettivo di non aggravare, con un passaggio in blocco del nuovo contenzioso, il giudice ordinario. Un'analoga preoccupazione - come si evince anche dai lavori preparatori - non e' emersa per il giudice amministrativo, tanto che si e' ritenuto di compensare la perdita della materia del pubblico impiego con l'attribuzione di nuove materie di giurisdizione esclusiva. Posto, dunque, che le questioni ante 30 giugno 1998 appartengono comunque alla giurisdizione del giudice amministrativo, appare inutile ed irragionevole porre un termine di decadenza sostanziale. Secondariamente poi, l'effetto di tale disposizione non potra' che essere - per le questioni che perdurano oltre il 30 giugno 1998 (assai frequenti, essendo il rapporto di lavoro un rapporto di durata) - opposto a quello voluto dal legislatore, perche' determinera' un inevitabile appesantimento del lavoro del giudice ordinario. A fronte di una pronuncia di mera decadenza adottata dal giudice amministrativo, il lavoratore «decaduto» agira' per la fase successiva (non soggetta a termini di decadenza) innanzi al giudice ordinario, il quale dovra' esaminare ex novo la questione, necessariamente valutando, sia pure incidentalmente o a soli fini istruttori, la fase pregressa, non potuta vagliare dal giudice amministrativo, con una notevole diseconomia processuale. In conclusione, fermo restando per le esigenze sopra accennate il limite sostanziale del 30 giugno 1998 (oltre che gli ordinari termini di prescrizione), non si ravvisano adeguate giustificazioni all'introduzione di un termine ulteriore di decadenza incidente sulla proponibilita' della domanda innanzi al giudice amministrativo, sicche' la disposizione per tale ragione appare in contrasto con gli artt. 24 e 113, Cost. 5. - Deve infine denunciarsi il contrasto dell'art. 69, settimo comma cit. con l'art. 76, Cost. La legge-delega n. 59/1997 (ai cui contenuti deve riportarsi anche il d.lgs. n. 165/2001) invitava il Governo a predisporre misure organizzative e processuali anche di carattere generale atte a prevenire disfunzioni dovute al sovraccarico del contenzioso (art. 11). Premesso che dal tenore stesso della norma, che pone da ultimo ed «infine» la questione della contestuale estensione della giurisdizione amministrativa, si desume che il riferimento all'introduzione delle predette misure organizzative non e' di carattere generale, ma attiene alle sole controversie devolute al giudice ordinario, immediatamente prima indicate, l'imposizione di un termine di decadenza per far valere i diritti dinanzi al giudice amministrativo non serve a deflazionare i carichi processuali davanti al giudice ordinario (ed anzi, come si e' ipotizzato prima, puo' solo condurre all'effetto opposto) e non costituisce misura processuale giacche' estingue il diritto sul piano sostanziale. Esso si pone dunque radicalmente in contrasto con le finalita' che, attraverso i principi ed i criteri enunciati, la legge-delega si e' prefissa.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 24, 113 e 76 Cost., la questione di costituzionalita' dell'art. 69, settimo comma, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, limitatamente all'inciso «solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000», per tutte le ragioni esposte in motivazione; Ordina la sospensione del presente giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai procuratori delle parti in causa ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ordina all'autorita' amministrativa di eseguire la presente sentenza. Cosi' deciso in Reggio Calabria, nella Camera di Consiglio del 3 e del 16 dicembre 2003. Il Presidente: Passanisi 04C0817