N. 632 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 2003

Ordinanze  632 e 633 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il  15 ottobre 2003 (pervenute alla Corte costituzionale il 1° giugno
2004)  dal  Tribunale  di Arezzo nei procedimenti penali a carico di:
Desmond Isabella (r.o. 632/2004); Joy Joy (r.o. 633/2004).

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Mancanza del nesso di strumentalita' e provvisorieta' tra il potere
  eccezionale ed interinale di intervento della polizia giudiziaria e
  l'esercizio   del   potere  giurisdizionale  di  limitazione  della
  liberta' personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, art. 13, commi secondo e terzo.
(GU n.28 del 21-7-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Desmond  lsabella,  nata  a Lagos (Nigeria) il 20 luglio 1980, e'
stata  tratta  in  arresto il 15 ottobre 2003 alle ore 7 ad opera dei
Carabinieri  della Stazione di Subbiano in flagranza del reato di cui
all'art. 14,  comma  5-ter d.lgs. n. 286/1998 e successive modifiche,
in  relazione  al  mancato allontanamento dal territorio nazionale in
violazione dell'ordine impartitogli dal Questore di Arezzo in data 20
gennaio  2003, a seguito di decreto di espulsione emesso in pari data
dal Prefetto di Arezzo.
    La  medesima  e'  stata  presentata  all'odierna  udienza  per la
convalida  dell'arresto  ed  il  conseguente  giudizio  direttissimo.
All'esito  della  relazione  del  maresciallo  dei Carabinieri Surico
Tommaso sulle circostanze dell'arresto, il p.m. ha chiesto precedersi
alla convalida. La difesa della Desmond si' e' rimessa alla decisione
del tribunale.
    Questo  giudice,  chiamato  a convalidare l'operato della polizia
giudiziaria,   ritiene   di   sollevare,   d'ufficio,   questione  di
legittimita'      costituzionale,      ravvisando      profili     di
incostituzionalita'   della  previsione  di  cui  all'art. 14,  comma
5-quinquies  d.lgs.  n. 286/1998  con  riferimento al disposto di cui
all'art. 13 della Costituzione.
    A tal fine va evidenziato che, essendo preliminarmente chiamato a
decidere  sulla  convalida dell'arresto, la rilevanza della questione
e' in re ipsa.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza della questione devono
svolgersi le considerazioni che seguono.
    Il  reato di cui all'art. 14, comma 5-ter del decreto legislativo
n. 286/1998  sanziona  la  condotta del cittadino straniero che, dopo
essere  stato  raggiunto  da  decreto  prefettizio di espulsione e da
ordine  del  questore  di  allontanamento  dal territorio dello Stato
entro cinque giorni a mente dell'art. 14, comma 5-bis predetta legge,
si trattenga, in violazione di tale ordine, senza giustificato motivo
nel territorio stesso.
    La  pena  prevista e' quella dell'arresto da sei mesi ad un anno.
Discende  dalla  natura  di  reato  contravvenzionale  dell'anzidetta
fattispecie  l'impossibilita'  di  applicazione  di  qualsiasi misura
cautelare  personale  ai sensi degli artt. 272 e seguenti c.p.p., non
essendo  operativa  neppure  la  deroga  prevista,  a prescindere dai
limiti  di  pena  ma per i soli delitti, dall'art. 391, quinto comma,
ultima parte, del codice di rito.
    Si  viene  dunque  a  realizzare una situazione per la quale alla
privazione della liberta' personale operata dalla polizia giudiziaria
in  forza  dell'obbligatorieta'  dell'arresto  previsto dall'art. 14,
comma 5-quinquies n. 286/1998, non puo' mai conseguire l'applicazione
di una misura coercitiva da parte dell'autorita' giudiziaria.
    Viene  allora  in  rilievo  la  questione circa la conformita' al
dettato costituzionale della previsione normativa in parola.
    Il   contrasto   appare   riferibile   all'art.  13  della  Carta
costituzionale,   laddove,   dopo  la  preliminare  enunciazione  del
fondamentale  principio della inviolabilita' della liberta' personale
e dell'inammissibilita' di qualsiasi forma di detenzione, ispezione o
perquisizione   personale   che  non  intervenga  per  atto  motivato
dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge,
ammette  e  regolamenta  le  ipotesi  in  cui, in casi eccezionali di
necessita'   ed   urgenza   tassativamente   indicati   dalla  legge,
l'autorita'   di   pubblica  sicurezza  puo'  adottare  provvedimenti
provvisori  nelle  anzidette materie, provvedimenti che devono essere
comunicati  entro  quarantotto  ore  all'autorita' giudiziaria per la
convalida, in difetto della quale i provvedimenti stessi si intendono
revocati e restano privi di ogni efficacia.
    L'impianto  della norma costituzionale in parola configura dunque
un  sistema  in  cui  viene  riconosciuto alla polizia giudiziaria un
potere  in materia di restrizione della liberta' personale esercitato
in  via  meramente  anticipatoria  e  di supplenza, e per i soli casi
eccezionali  di necessita' ed urgenza, rispetto a quello riconosciuto
in via ordinaria ed esclusiva all'autorita' giudiziaria.
    Il  provvedimento  della polizia giudiziaria pertanto, nel nostro
sistema, e' destinato sin dall'inizio ad essere superato e sostituito
dall'atto  di convalida dell'autorita' giudiziaria in temporanea vece
della quale la stessa ha agito.
    Se  cosi'  e',  non  puo'  che  risultare  dubbia la legittimita'
costituzionale  di  una  norma  come l'art. 14, comma 5-quinquies che
impone  alla  polizia  giudiziaria  l'adozione  di  un  provvedimento
restrittivo  della  liberta'  personale in un'ipotesi di reato in cui
mai  l'autorita'  giudiziaria potrebbe, per le ragioni sopra esposte,
applicare una misura cautelare personale.
    Viene  dunque  ad  infrangersi  in  questa situazione il nesso di
strumentalita' e provvisorieta' che secondo il dettato costituzionale
deve  legare  il potere eccezionale ed interinale di intervento della
polizia  giudiziaria  e  l'esercizio  del  potere  giurisdizionale di
limitazione   della   liberta'   personale  attribuito  all'autorita'
giudiziaria,  venendosi a configurare in favore della prima, anziche'
un  potere  precautelare,  un  potere  autonomo  di restrizione della
liberta'  personale  che e' insuscettibile di conferma da parte della
seconda, vincolata dal vigente sistema normativa in materia di limiti
all'applicazione  di  misure  cautelari  personali alla remissione in
liberta' dell'arrestato.
    Per  tali  motivi,  in  presenza  di  seri  dubbi  in ordine alla
legittimita'  della  norma in esame, la stessa deve essere rimessa al
vaglio della Corte costituzionale.
    Dovendosi,  secondo  legge,  sospendere il presente procedimento,
deve   essere  immediatamente  disposta  la  remissione  in  liberta'
dell'arrestata in mancanza di adeguato titolo detentivo.
                              P. Q. M.
    Visti  gli artt. 134 Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies  del
d.lgs. n. 286/1998, cosi' come modificato dalla legge n. 189/2002 per
violazione  dell'art. 13,  secondo  e terzo comma della Costituzione,
nella  parte  in  cui prevede, per il reato di cui all'art. 5-ter del
predetto decreto legislativo, l'arresto obbligatorio dell'indagato.
    Sospende il presente procedimento.
    Dispone  la  trasmissione degli atti del procedimento al la Corte
costituzionale.
    Ordina  l'immediata  liberazione  dell'imputata, se non ristretta
per altra causa.
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
        Arezzo, addi' 15 ottobre 2003
                        Il giudice: Cicerchia
04C0823