N. 634 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 dicembre 2003

Ordinanza  emessa  il  11 dicembre  2003  dal tribunale di Arezzo nel
procedimento penale a carico di Nosa Osas

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato  in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento, entro il termine di cinque giorni,
  impartito  dal  questore  -  Arresto  obbligatorio  in  flagranza -
  Attribuzione  alla  polizia  giudiziaria  di  un  potere autonomo e
  superiore rispetto a quello riconosciuto alla autorita' giudiziaria
  -  Lesione  del principio della riserva di giurisdizione in materia
  di  liberta'  personale - Carenza del requisito della necessita' ed
  urgenza  per  l'adozione  da  parte  della  polizia  giudiziaria di
  provvedimenti  provvisori  destinati  ad  incidere  sulla  liberta'
  personale.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-quinquies, aggiunto
  dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, art. 13, commi secondo e terzo.
(GU n.28 del 21-7-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Naso Osas n. 5 maggio 1977 in Nigeria, e' stata tratta in arresto
in  flagranza  del reato di cui all'art. 14/5-ter d.lgs. n. 286/1998,
come modificato dalla legge n. 189/2002, e presentata all'udienza per
il  giudizio  di  convalida dell'arresto ed il giudizio direttissimo,
con  la contestazione di essersi trattenuta senza giustificato motivo
nel  territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartitole dal
Questore  di  Arezzo  in data 3 aprile 2003, di cui ha avuto regolare
notificazione,  di  lasciare  il  territorio  nazionale  entro cinque
giorni.
    Il  pubblico  ministero ha chiesto la convalida dell'arresto e la
liberazione   dell'imputata   non   potendo   avanzare  richiesta  di
applicazione  di misura cautelare, mentre il difensore ha sollecitato
il  giudice  a  sollevare  eccezione  di  legittimita' costituzionale
dell'art. 14/5-quinquies   d.lgs.   n. 286/1998   per  contrasto  con
l'art. 13  cost. nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio in
flagranza per fattispecie relativamente alla quale non e' applicabile
alcuna misura cautelare.
    L'oggetto  che  convalida  consiste  nella  verifica da parte del
giudice  della  presenza  nel  caso  delle  condizioni  di  legge che
potevano  consentire  o imporre alla polizia giudiziaria di procedere
all'arresto.
    Nel  caso trattasi di soggetto trovato privo di documenti, che ha
declinato  le  proprie  generalita'  consentendo  ai  Carabinieri  di
identificarlo  per  la  persona  cui,  lo  scorso  3 aprile, e' stato
regolamente  notificato  il decreto di espulsione emesso a suo carico
dal  Prefetto  di  Arezzo e l'ordine di allontanamento dal territorio
nazionale entro cinque giorni adottato dal Questore di Arezzo.
    Nessun   dubbio   quindi  quanto  al  ricorrere  esattamente  dei
presupposti  per  l'arresto ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies,
d.lgs. n. 286/1998.
    Impregiudicata ogni valutazione nel merito, ovverosia quanto alla
sussistenza  della  fattispecie,  riservata al giudizio direttissimo,
sin  d'ora  appare  pero'  chiaro  che  l'integrazione  o  meno della
contravvenzione  contestata  dipende  da  un  lato dalla verifica dei
presupposti di legittimita' dell'emanazione dell'ordine di espulsione
e della sua corretta motivazione, dall'altro dalla presenza o meno di
un   giustificato   motivo   che   avrebbe   eventualmente   impedito
all'indagata di allontanarsi dall'Italia.
    Sotto  il  primo  profilo  hanno  ad esempio rilievo i motivi che
hanno    impedito    al    questore    di    procedere   direttamente
all'accompagnamento  alla  frontiera dell'indagata ai sensi dell'art.
13/4  d.lgs.  n. 286/1998,  che  nell'ordine  di  espulsione non sono
minimamente  specificati,  sotto il secondo e' rimessa in sostanza al
giudice   di  valutare  se  le  condizioni  personali  ed  economiche
dell'arrestata  ne abbiano giustificato la permanenza in Italia oltre
i cinque giorni.
    Dunque  da  un  lato  e'  sicura  la  presenza  dei requisiti per
convalidare  l'arresto,  ma  e'  anche  concreta  la possibilita' che
l'indagata  venga  assolta  in  sede di giudizio direttissimo, e cio'
fonda  il  giudizio di rilevanza della questione di costituzionalita'
della  norma  in esame che si intende sollevare, ed avvalora altresi'
le  considerazioni  che  si andranno a svolgere circa il rapporto tra
privazione  della  liberta'  personale tramite arresto in flagranza e
controllo giurisdizionale sull'attivita' della polizia giudiziaria.
    Non   appare   infatti  manifestamente  infondato  il  dubbio  di
costituzionalita'    della    previsione    di    cui    all'art. 14,
comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui prevede, per
il  reato  previsto  al  comma  5-ter del medesimo articolo l'arresto
obbligatorio dell'indagato.
    Trattasi  in particolare del contrasto tra l'art. 14/5-quinquies,
d.lgs.  n. 286/1998  (nella vigente formulazione) con l'art. 13 della
Costituzione.
    Si  osserva  in  proposito,  in  primo luogo, che l'art. 13 della
Costituzione,  dopo  avere  stabilito al primo comma che «la liberta'
personale  e'  inviolabile», ammette al secondo comma che restrizioni
alla  detta  liberta'  (detenzione,  ispezione e perquisizione) siano
operabili  solo «per atto motivato dell'autorita' giudiziaria», e, al
terzo  comma,  consente all'autorita' di pubblica sicurezza, «in casi
eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza»  di  adottare provvedimenti
provvisori,   che   devono   essere  comunicati  (...)  all'autorita'
giudiziaria e, se questa non li convalida (...) si intendono revocati
e restano privi di ogni effetto».
    La  norma  dunque  attribuisce alla sola autorita' giudiziaria la
competenza   ad   operare   costrizioni   della  liberta'  personale,
riservando  all'autorita'  di  pubblica  sicurezza  non  una analoga,
seppur  piu' limitata competenza, ma solo il potere di intervenire in
supplenza  ed  anticipazione  dell'operato dell'autorita' giudiziaria
quando   questa,  per  l'urgenza  del  caso,  non  sia  in  grado  di
intervenire tempestivamente.
    Depongono    in   questa   direzione:   la   provvisorieta'   del
provvedimento   adottato   dall'autorita'   di   pubblica  sicurezza,
destinato  cioe' fin dall'origine ad essere trasformato e superato da
altro  atto,  la  natura  derogatoria  dell'intervento  della polizia
rispetto   al   principio   generale  dell'intervento  dell'autorita'
giudiziaria,   poiche'   si   tratta   per  il  costituente  di  casi
«eccezionali»,  la perdita di ogni effetto del provvedimento adottato
dall'autorita'   di   pubblica  sicurezza,  qualora  questo  non  sia
tempestivamente  comunicato  o, soprattutto, convalidato, e la stessa
configurazione  dell'atto  dell'autorita'  giudiziaria  come  atto di
«convalida»,  ovverosia atto diretto alla verifica ed eliminazione di
eventuali vizi presenti in un procedente atto.
    In  tal  senso  si  e'  espressa  anche  la Corte costituzionale,
allorche'  ha  osservato  che  vi  e'  una  regola,  che  attribuisce
all'autorita'  giudiziaria  la  competenza  ad emettere provvedimenti
coercitivi  della liberta' personale, ed una eccezione, rappresentata
dal  fatto  «in se' previsto dal testo costituzionale, che gli organi
di   polizia   debbono   provvedere  in  sostituzione  dell'autorita'
giudiziaria», che «l'obbligo dell'atto motivato di convalida (...) e'
disposto  nell'art. 13/3  della  Costituzione  per ogni provvedimento
provvisorio   preso   dall'autorita'   di   pubblica   sicurezza   in
sostituzione  de  giudice  e quindi per ogni provvedimento di arresto
(obbligatorio o facoltativo) o di fermo» (cfr. Corte cost. 173/71), e
che  le  finalita' sottese all'arresto in flagranza sono perseguibili
«soltanto attraverso l'immediato intervento dell'autorita' di polizia
in  temporanea  vece  dell'autorita' giudiziaria, lontana normalmente
dalla  flagranza  o  quasi  flagranza  dei  reati»  (cfr. Corte cost.
503/1989).
    Parimenti  la  Corte  di cassazione ha affermato che, nel caso di
arresto   n  flagranza,  il  titolo  legittimo  della  detenzione  e'
costituito  da  una  fattispecie  complessa, in cui l'attivita' della
polizia  giudiziaria  deve  collegarsi  al provvedimento di convalida
dell'autorita'  giudiziaria, il quale soltanto costituisce l'atto con
cui  si  esercita  il controllo della legittimita' dell'operato della
polizia   giudiziaria  e,  ad  un  tempo,  il  titolo  formale  della
detenzione  stessa,  cui  la legge conferisce efficacia ex tunc (cfr.
Cass. 297/73).
    Coerentemente  con  i principi espressi dall'art. 13 Cost., nella
lettura  datane della giurisprudenza costituzionale e di legittimita'
sopra  richiamata,  il  vigente  codice  di  procedura penale prevede
infatti  che  la polizia giudiziaria che ha eseguito l'arresto ne dia
immediata  notizia  al  pubblico ministero (art. 386/1 c.p.p.), ponga
l'arrestato  a  disposizione  del pubblico ministero al piu' presto e
comunque non oltre ventiquattro ore dall'arresto (art. 386/3 c.p.p.),
e,   correlativamente,   attribuisce   al   pubblico   ministero   il
potere/dovere   di   sindacare  da  subito  l'operato  della  polizia
giudiziaria   sotto   il   profilo   della  legittimita',  disponendo
l'immediata    liberazione    della    persona   sotto   il   profilo
dell'insussistenza  di esigere cautelari, disponendo, anche in questo
caso,  l'immediata  liberazione  dell'arrestato  (art. 121 disp. att.
c.p.p.).
    Anche  le scelte operate dal legislatore nella materia in oggetto
sembrano dunque orientate inequivocabilmente nel senso di configurare
l'operato   della   polizia   giudiziaria   come  mera  anticipazione
dell'attivita'   giuridica   dell'autorita'  giudiziaria,  la  quale,
infatti,  in  tempi tassativamente assai brevi, e' chiamata ad essere
investita  dalla  questione  e  ad  intervenire  con  le  piu'  ampie
valutazione,  anche  e  soprattutto  se  dissonanti rispetto a quelle
della polizia medesima.
    Pertanto  sia il tenore letterale della norma costituzionale, sia
la  sua interpretazione giurisprudenziale, sia l'ordinamento positivo
convergono  nell'escludere  che  l'art. 13 Costituzionale attribuisca
all'autorita' di pubblica sicurezza un autonomo potere di limitazione
della  liberta' personale, mentre invece inducono a ritenere che esso
legittimi l'anzidetto potere esclusivamente in quanto anticipazione e
supplenza   del   potere   dell'autorita'  giudiziaria  con  l'ovvia,
necessaria  conseguenza  che  all'autorita' di pubblica sicurezza non
puo'  essere  conferito  un potere piu' esteso di quello riconosciuto
all'autorita' giudiziaria.
    Ebbene,  nei  confronti di chi sia indagato per il reato previsto
dall'art. 14/5-ter  d.lgs.  n. 286/1998,  nell'attuale  formulazione,
l'autorita'  giudiziaria  non  dispone  di  alcun  potere quanto alla
limitazione   della   liberta'   personale,   perche'  l'illecito  e'
configurato come contravvenzione, punita con pena dell'arresto da sei
mesi  ad  un  anno,  e  dunque  per  tale fattispecie non puo' essere
adottata  alcuna misura cautelare ai sensi degli artt. 272 e seguenti
c.p.p.
    Appare  dunque seriamente ipotizzabile un contrasto tra l'art. 14
d.lgs.  n. 286/1998,  come  modificato dalla legge n. 286/1998, nella
parte  in  cui, attribuendo alla polizia giudiziaria il potere/dovere
di  procedere all'arresto obbligatorio dell'indagato, conferisce alla
stessa  un  potere  autonomo  di restrizione della liberta' personale
sostanzialmente  insuscettibile  di  conferma da parte dell'autorita'
giudiziaria, obbligata alla remissione in liberta' dell'arrestato, il
quale  dunque  risultera'  comunque aver subito una restrizione della
liberta'  personale che l'autorita' giudiziaria non poteva disporre e
non potra' disporre.
    La  circostanza  che  si tratti di una mera contravvenzione ad un
ordine   dell'autorita'  di  pubblica  sicurezza  nell'ambito  di  un
complessivo  sistema  indirizzato  a  garantire  la massima efficacia
all'espulsione  dello  straniero  (indicativa  in  questo senso e' la
collocazione   della   fattispecie   nell'ambito  dell'art. 14  legge
n. 189/2002  intitolato  «esecuzione dell'espulsione», come una sorta
di  norma  di  chiusura  laddove non sia stata eseguita in altro modo
l'espulsione,   tanto   che   «al  fine  di  assicurare  l'esecuzione
dell'espulsione», dopo l'inevitabile remissione in liberta' all'esito
della  convalida,  ai  sensi  dello  stesso comma 5-quinquies seconda
parte   dell'art. 14   d.l.   cit,   il   questore  puo'  disporre  i
provvedimenti di cui al comma primo del medesimo art. 14, e dunque il
trattenimento   dello   straniero  presso  un  centro  di  permanenza
temporanea),  induce  a  collocare  pertanto tale caso di restrizione
della  liberta'  personale all'interno di una problematica di normale
efficienza  e  inefficienza  dell'attivita' amministrativa, piuttosto
che nei casi eccezionali previsti dall'art. 13 cost.
    Si  aggiunge  inoltre  che, diversamente da ogni altra ipotesi in
cui  sia  possibile  o  doveroso l'arresto in flagranza, nel caso che
occupa vi e' una divergenza significativa tra gli elementi che valuta
l'autorita'  di polizia per procedere all'arresto, con un sostanziale
automatismo,  la cui ricorrenza forma l'unico controllo possibile del
giudice  in  sede  di  convalida, e quelli che dovra' valutare invece
l'autorita' giudiziaria nel giudizio direttissimo per ritenere o meno
l'integrazione del reato.
    Mentre  infatti  la  polizia  giudiziaria  procede  in  base alla
semplice  verifica  di  due  dati  circostanziali obiettivi, quali la
presenza  di  un  ordine di allontanamento regolarmente notificato, e
l'essere  trascorsi  piu'  di cinque giorni da tale notificazione, la
cui  ricorrenza  o  meno  e'  oggetto  del  giudizio di convalida, il
giudice  dovra'  invece  valutare  nel giudizio direttissimo circa la
sussistenza della contravvenzione diversi e ulteriori elementi, quali
la  legittimita'  dell'ordine  di  allontanamento e la presenza di un
giustificato  motivo per il mancato allontanamento, l'esame dei quali
e'  precluso  per  la  polizia  giudiziaria,  vincolata  a  procedere
all'arresto.
    Dunque  in  controllo  giurisdizionale  sulla  legittimita' della
restrizione  della liberta' personale, da attuarsi con il giudizio di
convalida   di   arresto,   e',  nel  caso,  completamente  sganciato
dall'accertamento della commissione o meno di reato.
    Sul  punto  da  un lato appare rilevamente l'indeterminatezza del
termine  «giustificato  motivo»,  la  cui  valutazione certo non puo'
essere  rimessa  agli  ufficiali  o  agenti  di  polizia giudiziaria,
dall'altro  sconcerta  che vi sia l'obbligo di arrestare comunque chi
potrebbe  aver  avuto  un  giustificato  motivo  per  non ottemperare
all'ordine  ricevuto, senza che questo possa essere valutato prima di
operare la restrizione della liberta' personale.
    In  altri  termini  il  sistema normativo appare congegnato da un
lato  sul  presupposto  della sostanziale irrilevanza criminale della
fattispecie  non  passibile  dall'adozione  di  misure  cautelari,  e
sull'indifferenza   per   l'ordinamento   della   sorte   processuale
dell'arrestato,  essendo  minima  la  sanzione  comunque comminabile,
aleatoria  la  condanna  medesima, perche' affidata in sostanza ad un
giudizio   pressoche'   solo   equitativo,   ed  irrilevante  la  sua
esecuzione,   posto   che,   qualunque   sia  l'esito  del  processo,
l'arrestato  e' destinato (ove possibile) ad essere comunque espulso,
come  indicato  dallo stesso art. 14/5-quinquies seconda parte d.lgs.
n. 286/1998,   e,   dall'altro,   sulla   strumentalizzazione   della
possibilita'  di  privazione  della liberta' personale da parte della
polizia    giudiziaria    per   realizzare   la   diversa   finalita'
amministrativa dell'espulsione, con modalita' cosi' giustificatamente
vessatorie nei confronti dei clandestini, quali l'arresto, da potersi
fondatamente  ipotizzare che siano funzionali altresi' a scoraggiarne
l'ingresso in Italia.
    Per motivi esposti si ritiene dunque che sussistano seri dubbi di
legittimita'  della  norma  in  esame  da sottoporre al Giudice delle
leggi.
    La  necessita'  di  sospensione  del procedimento impone comunque
l'immediata  remissione  in  liberta'  dell'imputata  in  mancanza di
adeguato titolo detentivo.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953;
    Dichiara  rilevante e non manifestatamente infondata la questione
di   legittimita'   costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,
d.lgs. n. 286/1998, per violazione dell'art. 13 secondo e terzo comma
della Costituzione, nella parte in cui prevede, per il reato previsto
al  comma 5-ter  del  medesimo art. 14, d.lgs. n. 286/1998, l'arresto
obbligatorio dell'indagato;
    Sospende il presente procedimento ed ordina la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale.
    Dispone  l'immediata  remissione in liberta' dell'imputata se non
detenuta per altra causa.
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza.
        Arezzo, addi' 11 dicembre 2003
                        Il giudice: Berlucchi
04C0824