N. 222 SENTENZA 8 - 15 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero - Provvedimento di espulsione con accompagnamento immediato
  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza pubblica - Esecuzione prima
  della  convalida  da  parte  dell'autorita' giudiziaria - Lamentata
  lesione della liberta' personale, del principio del contraddittorio
  nel  processo,  del diritto di difesa - Censure riferite alle norme
  sostanziali  che  prevedono  i  diversi casi di espulsione anziche'
  alle norme del procedimento di convalida in relazione alle quali e'
  argomentata  l'ordinanza di rimessione - Manifesta inammissibilita'
  della questione.
- D.Lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  art. 13,  commi 4  e  5, nonche'
  comma 4   dello  stesso  articolo,  come  sostituito  dall'art. 12,
  comma 1, lettera c) della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 13, 24 e 111.
Straniero   -   Espulsione   con  accompagnamento  alla  frontiera  -
  Provvedimento  del  questore  immediatamente  esecutivo prima della
  convalida  da  parte  dell'autorita'  giudiziaria  e  in assenza di
  audizione  dello  straniero  -  Vanificazione  della garanzia della
  perdita di efficacia del provvedimento in caso di diniego o mancata
  convalida  nel  termine di quarantotto ore - Lesione della liberta'
  personale,  del  principio  del  contraddittorio  nel processo, del
  diritto   di   difesa,  disparita'  di  trattamento  rispetto  allo
  straniero   nei  cui  confronti  non  sia  eseguibile  l'espulsione
  immediata - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- D.Lgs.  25 luglio  1998,  n. 286,  art. 13, comma 5-bis, introdotto
  dall'art. 2 del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51, convertito, con
  modificazioni, nella legge 7 giugno 2002, n. 106.
- Costituzione, artt. 3, 13, 24 e 111.
(GU n.28 del 21-7-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 4, 5 e
5-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme   sulla   condizione  dello  straniero),  come  modificato  dal
decreto-legge  4 aprile  2002,  n. 51  (Disposizioni  urgenti recanti
misure  di  contrasto  all'immigrazione  clandestina  e  garanzie per
soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera),
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 7 giugno 2002, n. 106,
promossi  con  ordinanze del 16 agosto 2002 e dell'11 luglio 2002 dal
Tribunale  di Roma e dal Tribunale di Padova, nonche' nel giudizio di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 13,  commi 4  e  5-bis,  del
decreto  legislativo  25 luglio  1998,  n. 286,  come  modificato dal
decreto-legge  4 aprile  2002,  n. 51, convertito, con modificazioni,
nella  legge  7  giugno 2002,  n. 106,  e dalla legge 30 luglio 2002,
n. 189  (Modifica  alla  normativa  in  materia  di immigrazione e di
asilo),  promosso con ordinanza del 13 novembre 2002 dal Tribunale di
Roma,  rispettivamente iscritte ai numeri 471, 527 e 573 del registro
ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
numeri  43  e  48, 1ª serie speciale, dell'anno 2002 e n. 3, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 aprile 2004 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ordinanza del 16 agosto 2002 (iscritta al r.o. n. 471
del   2002),   il   Tribunale  di  Roma  ha  sollevato  questione  di
costituzionalita'  dell'art. 13,  commi 4,  5  e  5-bis,  del decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  come  modificato dal decreto-legge 4 aprile 2002,
n. 51    (Disposizioni    urgenti   recanti   misure   di   contrasto
all'immigrazione  clandestina  e  garanzie  per  soggetti  colpiti da
provvedimenti  di  accompagnamento  alla  frontiera), convertito, con
modificazioni, nella legge 7 giugno 2002, n. 106.
    L'ordinanza  e'  stata  emessa  nel  corso  di un procedimento di
convalida dei provvedimenti, adottati dal questore di Roma (lo stesso
16 agosto   2002)   nei   confronti   di   due   cittadini  stranieri
extracomunitari,   con   i   quali   e'   stato   disposto   il  loro
accompagnamento   alla   frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica;
provvedimenti  di  cui  il  remittente afferma di aver verificato «la
sussistenza  dei  requisiti  di  legge  (adeguata  motivazione  sulle
circostanze  che  autorizzano  l'espulsione  con accompagnamento alla
frontiera,   rispetto   dei   termini,   decreto  di  espulsione  del
prefetto)».
    Il  giudice a quo, ritenuta rilevante la questione «poiche' dalla
sua  soluzione  dipende  l'accoglimento  o  meno  della  richiesta di
convalida»,  osserva  che  l'espulsione dello straniero, disposta dal
prefetto  ai  sensi  del  comma 2  dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del
1998,  trova  esecuzione  mediante l'accompagnamento alla frontiera a
mezzo   di  forza  pubblica  ad  opera  del  questore  nelle  ipotesi
individuate dai commi 4 e 5 dello stesso art. 13.
    Ad avviso del remittente, nonostante che i menzionati commi 4 e 5
dell'art. 13  non  dettino  le concrete modalita' di attuazione della
misura dell'espulsione immediata con accompagnamento a mezzo di forza
pubblica, non potrebbe dubitarsi che si tratta «di una azione diretta
ad  un  costringimento  fisico, di durata indeterminata», destinata a
durare,  ai  sensi del successivo comma 5-bis, oltre quarantotto ore,
senza previsione di un termine massimo; dunque, una «misura incidente
sulla  liberta'  personale,  che non puo' essere adottata al di fuori
delle garanzie dell'art. 13 della Costituzione».
    Secondo  il Tribunale di Roma, un siffatto ordine di idee avrebbe
del  resto  ispirato  il  citato  comma 5-bis dell'art. 13 del d.lgs.
n. 286   del  1998,  introdotto  dal  decreto-legge  n. 51  del  2002
(convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  n. 106 del 2002), il
quale,   «con   evidente   riecheggiamento   della  disciplina  posta
dall'art. 13,  terzo  comma,  della  Costituzione, e della riserva di
giurisdizione  in  esso  contenuta», ha disposto la comunicazione del
provvedimento  di accompagnamento entro quarantotto ore all'autorita'
giudiziaria,  la  quale,  verificata la sussistenza dei requisiti, lo
convalida  entro  le  quarantotto  ore successive alla comunicazione.
Tuttavia, secondo il giudice a quo, il menzionato comma 5-bis sarebbe
«non  idoneo a rendere legittimo l'istituto» previsto dai commi 4 e 5
dell'art. 13  del  d.lgs. n. 286, giacche' anch'esso in contrasto con
l'art. 13 Cost., oltre che con gli artt. 24 e 111 Cost.
    Il  procedimento  di  convalida  disciplinato  dalla disposizione
denunciata,   si   argomenta,  non  prevede  alcuna  contestazione  o
audizione dell'interessato, ne' qualsivoglia forma di contraddittorio
o difesa, si' da riservare al giudice un «controllo puramente formale
sul  decreto».  Inoltre,  il  medesimo  provvedimento del questore e'
immediatamente   esecutivo   e   non  e'  prevista  alcuna  forma  di
opposizione   avverso   lo   stesso,   ne'   alcuna  possibilita'  di
«sospensione» da parte dell'autorita' giudiziaria. E' poi escluso che
l'eventuale  provvedimento  che  nega  la  convalida  (o  la  mancata
convalida nelle quarantotto ore) «abbia alcun effetto risolutorio (di
inefficacia)»,  e  che il provvedimento di convalida sia soggetto «ad
alcuna  forma  di reclamo o ricorso». Manca in definitiva, secondo il
giudice  a  quo, «un effettivo controllo preventivo di legittimita' e
di   merito  da  parte  dell'autorita'  giudiziaria»,  tanto  che  la
convalida  del  provvedimento del questore puo' intervenire anche «ad
espulsione gia' avvenuta».
    Ritiene   dunque   il   remittente  che  i  commi 4,  5  e  5-bis
dell'art. 13  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  siano  in contrasto con
l'art. 13  Cost., «in quanto prevedono una restrizione della liberta'
personale  senza rendere possibile un controllo preventivo, effettivo
e   pieno  della  legittimita'  del  provvedimento  che  ha  disposto
l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e senza
che  sia  prevista la perdita di efficacia del provvedimento, qualora
non sia convalidato nel termine prescritto».
    Il  comma 5-bis  del  medesimo d.lgs. n. 286 violerebbe anche gli
artt. 111  e 24 Cost., in quanto la giurisdizione che si attua con la
convalida  del  provvedimento  dell'autorita'  di  pubblica sicurezza
contrasterebbe  «con  il principio del contraddittorio nel processo e
con  quello  dell'inviolabilita' del diritto alla difesa, dal momento
che   non   e'   prevista  alcuna  forma  di  contestazione,  ne'  di
partecipazione  e  tanto  meno  di  difesa  da  parte dello straniero
colpito dal provvedimento stesso».
    Il  giudice a quo sostiene poi che il dubbio di costituzionalita'
prospettato  avverso  le  disposizioni denunciate non potrebbe essere
superato  in  forza  di  una  interpretazione  analogica  o estensiva
dell'art. 14  dello  stesso d.lgs. n. 286 del 1998, come interpretato
dalla  sentenza  n. 105  del 2001 di questa Corte, che lo ha reputato
legittimo  sulla  base  del  rilievo  che il controllo dell'autorita'
giudiziaria  si  estende  a  tutti  i  presupposti  della  misura del
trattenimento  presso  il  centro di permanenza temporanea e che, nel
caso  di  diniego  della  convalida,  verrebbe  travolta  non solo la
predetta misura ma anche quella dell'accompagnamento alla frontiera a
mezzo  della  forza  pubblica.  Difatti,  secondo  il remittente, gli
istituti  dell'accompagnamento  coatto  e  del  trattenimento, seppur
connessi,  sono  tra  loro  distinti,  per  cui il citato art. 14 non
potrebbe   trovare   applicazione   anche   per   la   convalida  del
provvedimento   di   accompagnamento,  soprattutto  considerando  che
l'intenzione  del  legislatore, nell'introdurre il comma 5-bis, si e'
manifestata  «nella  opposta  direzione  di  svincolare,  per  quanto
possibile,   l'espulsione   immediata   da   ostacoli   giudiziari  o
burocratici».
    Tuttavia,  proprio  alla luce delle considerazioni appena svolte,
il  giudice  a  quo  solleva, in subordine alla questione che investe
«nella  loro  interezza» i commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 13 del d.lgs.
n. 286  del  1998,  questione  di  costituzionalita'  delle  medesime
disposizioni   «limitata   alla   mancata   previsione,  nelle  norme
impugnate,  di  una  procedura  identica  a  quella  prevista  per  i
trattenimenti   dall'art. 14»;  il  che  «renderebbe  il  particolare
istituto  pienamente  legittimo»,  alla  stregua  di  un  adeguamento
correttivo che potrebbe essere operato soltanto dal legislatore «o da
un intervento additivo della Corte».
    2.  -  Con ordinanza dell'11 luglio 2002 (iscritta al r.o. n. 527
del  2002)  anche il Tribunale di Padova ha sollevato, in riferimento
agli   artt. 3,  13,  24  e  111  Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998,
introdotto  dall'art. 2  del  d.l.  n. 51  del 2002 - convertito, con
modificazioni,  nella  legge  n. 106  del  2002 - «nella parte in cui
prevede  che  il  provvedimento  di  espulsione  con  accompagnamento
immediato  alla  frontiera  a  mezzo di forza pubblica venga eseguito
prima  della  convalida  da  parte dell'autorita' giudiziaria e nella
parte  in  cui non prevede che lo straniero colpito dal provvedimento
di espulsione sia sentito dal giudice della convalida».
    L'ordinanza  e'  stata  emessa  nel  corso  di un procedimento di
convalida  del provvedimento, adottato dal questore di Padova in data
10 luglio 2002, con il quale e' stato disposto l'accompagnamento alla
frontiera   a   mezzo   della   forza   pubblica   di   un  cittadino
extracomunitario;  provvedimento  che  il  remittente  afferma essere
stato eseguito lo stesso 10 luglio 2002 (con imbarco dell'espulso sul
volo  delle  ore  11,30  diretto  a  Chisinau - Moldavia), data nella
quale,  alle  ore  13,05,  la  questura  depositava  gli  atti per la
convalida del provvedimento medesimo.
    Il  giudice  a quo osserva che l'introduzione del comma 5-bis nel
corpo  dell'art. 13  del  d.lgs.  n. 286 del 1998 ha colmato un vuoto
normativo in ordine al controllo giurisdizionale sul provvedimento di
espulsione  con  accompagnamento immediato alla frontiera adottato ai
sensi  dei  commi 4 e 5 dello stesso art. 13. Malgrado cio', la norma
denunciata  prevede,  ad  avviso  del  remittente,  «un meccanismo di
convalida del tutto formale, in quanto stabilisce che il procedimento
di  convalida  non  influisce sulla esecutivita' del provvedimento di
accompagnamento  immediato  alla  frontiera,  che  va  immediatamente
eseguito   con   l'allontanamento   dello  straniero  dal  territorio
nazionale».
    Di  qui  i  dubbi  di  costituzionalita' della disposizione sotto
diversi  profili:  a) per la «natura meramente formale e cartacea del
controllo  giurisdizionale»,  in violazione dell'art. 13 Cost; b) per
la  «evidente  disparita'  di trattamento rispetto allo straniero nei
cui  confronti non sia possibile eseguire l'espulsione immediata, con
il  conseguente  accompagnamento  dello  stesso  presso  un centro di
detenzione  amministrativa ai sensi dell'art. 14 del testo unico», in
violazione  dell'art. 3  Cost;  c)  per  l'incidenza  «sull'effettivo
esercizio  del diritto di difesa da parte dello straniero colpito dal
provvedimento in esame», in violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
    Osserva  infatti  il  giudice  a quo che, in base all'art. 14 del
d.lgs.  n. 286  del 1998, nella lettura fornita dalla sentenza n. 105
del  2001  di  questa Corte, la convalida della misura che dispone la
cosiddetta  detenzione  amministrativa  investe  anche  il decreto di
espulsione  con  accompagnamento immediato alla frontiera, sicche' il
diniego  di  convalida «viene a travolgere, assieme al trattenimento,
anche  la  misura  dell'accompagnamento  alla frontiera a mezzo della
forza  pubblica».  Inoltre,  lo  stesso  art. 14, nel disciplinare il
procedimento  di  convalida, richiama, al comma 4, il procedimento in
camera  di  consiglio  di  cui agli art. 737 e seguenti del codice di
procedura  civile  e  stabilisce  che  il  giudice  provveda  sentito
l'interessato:  il  giudice  della convalida puo' dunque esercitare i
poteri d'ufficio «anche con riferimento alla acquisizione di sommarie
informazioni   utili   alla   decisione»,   tanto   che  il  relativo
procedimento,   «sia   pure  nella  ristrettezza  dei  tempi,  appare
caratterizzato    da    profili   di   effettivita'   del   controllo
giurisdizionale».
    Diversamente  avviene, secondo il remittente, nel procedimento di
convalida  previsto  dall'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del
1998, il quale, da un lato, crea una disparita' di trattamento tra lo
straniero  destinatario  del  provvedimento  di  accompagnamento e di
quello  di trattenimento e lo straniero nei confronti del quale venga
disposto  ed  eseguito soltanto l'accompagnamento a mezzo della forza
pubblica;  dall'altro,  «sopprime  il  principio  dell'habeas corpus,
determinando   un   controllo   meramente   cartaceo  e  formale  del
provvedimento  di accompagnamento, senza alcuna effettiva incidenza a
tutela  della  liberta'  personale  dell'interessato  e  con un ruolo
essenzialmente burocratico del giudice della convalida».
    La   disciplina   della   convalida  dettata  dalla  disposizione
censurata,   infatti,  non  condiziona  l'esecutivita'  della  misura
incidente  sulla liberta' personale dello straniero, cosicche', da un
lato,  l'eventuale  diniego  della  convalida «non ripristinerebbe la
situazione  di  fatto preesistente al provvedimento dell'autorita' di
polizia»   e,   dall'altro,   nel   caso  di  intervenuta  convalida,
l'interessato  «non avrebbe di fatto possibilita' di impugnazione, ai
sensi  dell'art. 111  della Costituzione, essendo egli gia' fuori dal
territorio    nazionale    e    difficilmente    raggiungibile    dal
provvedimento»:  cio'  con  pregiudizio  di  una tutela effettiva del
diritto alla liberta' personale.
    Ed  ancora,  continua  il  remittente,  posto  che  il decreto di
espulsione  con  accompagnamento  alla frontiera da parte della forza
pubblica  si  fonda,  ai  sensi  dell'art. 13,  commi 4  e  5, su una
valutazione  discrezionale  dei  presupposti  di fatto indicati dalle
citate  disposizioni,  l'impossibilita' di sentire l'interessato e di
acquisire     dallo     stesso     eventuali    informazioni    utili
all'approfondimento  istruttorio,  nel  rispetto dei limiti temporali
«stabiliti  dal  procedimento  di convalida, ma ammessi dall'art. 737
c.p.c.», inciderebbe sull'esercizio del diritto di difesa.
    Ad  avviso  del  giudice a quo, quindi, un siffatto procedimento,
che  non  prevede  l'audizione del destinatario del provvedimento, e'
strutturato  «in  violazione  dei  requisiti  propri  del giudizio di
convalida,  che, in quanto procedimento de libertate, e' da ritenersi
ricompreso  nell'ambito  di  cui  alla  tutela fissata dall'art. 111,
comma   secondo,   Cost.,   introdotto   dalla  legge  costituzionale
23 novembre  1999,  n. 2»,  alla stregua del quale il procedimento di
convalida  dovrebbe  svolgersi  in  contraddittorio tra le parti e in
condizioni di parita'. E tanto piu' il vulnus degli evocati parametri
sarebbe  evidente  ove  si  consideri  che,  nella specie, la mancata
convalida  nel  termine  fissato comporta non la perdita di efficacia
della  misura  dell'accompagnamento,  ma la cessazione del divieto di
rientro  nel territorio nazionale, della segnalazione dell'espulso al
sistema  informativo di Schengen per la non ammissione e dell'obbligo
di lasciare il territorio dello Stato; effetti cioe' che, nel caso di
straniero  gia'  allontanato  dal territorio nazionale, «si tramutano
nella mera facolta' di far rientro in Italia alle condizioni generali
previste»,   con   cio'   incidendo   negativamente  «sulla  liberta'
personale, sulla vita e sull'incolumita' dello straniero».
    Secondo  il Tribunale di Padova sarebbe infine violato l'art. 13,
terzo  comma,  Cost.,  per l'assenza del presupposto dell'eccezionale
necessita'  ed urgenza, giacche' l'autorita' di pubblica sicurezza ha
la  facolta'  di  adottare l'accompagnamento alla frontiera anche «in
presenza   di  situazioni  affatto  straordinarie,  come  ad  esempio
l'ipotesi  di  inottemperanza  dello straniero ad un provvedimento di
espulsione  con  intimazione di allontanarsi dal territorio nazionale
nel termine di giorni 15».
    Il   remittente   conclude  osservando  che  la  rilevanza  della
sollevata   questione   e'   data   dal   fatto  che  questa  attiene
«strettamente alle modalita' della convalida, in considerazione della
avvenuta  esecuzione  della  misura,  che priva il destinatario della
possibilita'  di  difesa»  e rende il controllo del giudice del tutto
formale.
    3.  - Con ordinanza del 13 novembre 2002 (iscritta al r.o. n. 573
del  2002),  ancora  il  Tribunale  di Roma ha sollevato questione di
costituzionalita'  dell'art. 13,  commi 4  e 5-bis, del d.lgs. n. 286
del  1998,  come  modificato  (il  comma 4)  dall'art. 12 della legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifica  alla  normativa  in  materia  di
immigrazione e di asilo) e introdotto (il comma 5-bis) dal d.l. n. 51
del 2002, convertito, con modificazioni, nella legge n. 106 del 2002,
denunciandone  il  contrasto  con  gli  artt. 13,  24  e 111 Cost; in
subordine, ha sollevato questione di costituzionalita' delle medesime
disposizioni  -  in  riferimento  agli  stessi  anzidetti parametri -
«nella  parte  in  cui non prevedono che si applicano le disposizioni
dell'art. 14, commi 3, 4 e 6, dello stesso T.U. n. 286 del 1998».
    L'ordinanza  e'  stata  emessa  nel  corso  di un procedimento di
convalida del provvedimento, adottato dal questore di Roma (lo stesso
13 novembre   2002)   nei   confronti   di   un  cittadino  straniero
extracomunitario,  con  il  quale e' stato disposto l'accompagnamento
alla frontiera dello straniero medesimo a mezzo della forza pubblica.
    Il giudice a quo, dopo avere ricostruito sinteticamente il quadro
normativo  nel quale si collocano le disposizioni denunciate, precisa
che, in base al comma 4 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998, come
modificato  dal  comma 1, lettera c), dell'art. 12 della legge n. 189
del 2002, il decreto prefettizio di espulsione e' sempre eseguito dal
questore  con  accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo della forza
pubblica,  sicche', attualmente, «non vi sono limiti o condizioni per
l'accompagnamento  immediato  se  non  quella  della  emissione anche
contestuale di un decreto di espulsione».
    Il remittente ricorda quindi di aver gia' proposto, con ordinanza
del  16 agosto  2002,  incidente  di  costituzionalita' sull'art. 13,
commi 4,  5  e  5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, nella formulazione
previgente alla legge n. 189 del 2002.
    Tanto  premesso,  il  Tribunale  di  Roma svolge, in punto di non
manifesta  infondatezza,  le  stesse  argomentazioni  gia' sviluppate
nella  menzionata  ordinanza  dell'agosto  del 2002, iscritta al r.o.
n. 471  del  2002, precisando, quanto alla questione sollevata in via
subordinata,  che  un  eventuale  accoglimento  della stessa dovrebbe
comportare, in base a cio' che gia' avviene per i «trattenimenti»: a)
che  «i questori saranno tenuti a trasmettere ai tribunali gli atti e
non  una semplice comunicazione»; b) che «i giudici potranno valutare
la  legittimita'  dei  provvedimenti  di espulsione del prefetto e di
quello  di  accompagnamento coatto del questore»; c) che «si avra' la
indicazione  di un termine di efficacia del decreto di espulsione con
accompagnamento,  qualora non intervenga la convalida della autorita'
giudiziaria»; d) che «sara' prevista la possibilita' di un ricorso in
Cassazione, contro il provvedimento di convalida».
    4.  -  E'  intervenuto  in  tutti  i  giudizi  il  Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello Stato, il quale, integrando le proprie argomentazioni
anche  con  successiva memoria, ha chiesto che le questioni sollevate
siano dichiarate inammissibili ovvero infondate.
    Quanto alla eccepita inammissibilita', riferita all'ordinanza del
Tribunale  di  Roma  iscritta  al  r.o.  n. 471  del  2002, la difesa
erariale  deduce che essa difetta di adeguata motivazione in punto di
rilevanza  ed  anzi,  la'  dove il giudice a quo contraddittoriamente
solleva  la questione nonostante la positiva verifica dei presupposti
legittimanti il provvedimento di espulsione e in assenza di qualunque
istanza   degli  stranieri  espulsi,  il  requisito  della  rilevanza
sembrerebbe escluso in radice.
    Secondo  l'Avvocatura,  il  medesimo  remittente  non avrebbe poi
fornito  una lettura delle disposizioni denunciate compatibile con le
invocate  esigenze  di  contraddittorio  e  di  difesa, che pero' non
richiedono necessariamente la perdurante presenza dello straniero sul
territorio italiano.
    Osserva comunque la parte pubblica intervenuta che «pregiudiziale
ad  ogni valutazione di merito» appare la restituzione degli atti per
un  nuovo  esame  della  questione  alla  luce dello jus superveniens
costituito   dalla   legge   30 luglio   2002,   n. 189,   successiva
all'ordinanza  di rimessione iscritta al r.o. n. 471 del 2002, che ha
profondamente modificato due delle norme denunciate e cioe' i commi 4
e 5 dell'art. 13 del d.lgs. n. 286 del 1998.
    Nel  merito,  sostiene  l'Avvocatura  dello  Stato,  le questioni
sarebbero  comunque  infondate, non potendo ritenersi per certo, alla
luce  della  giurisprudenza  costituzionale,  che il provvedimento di
accompagnamento  alla frontiera incida sulla liberta' personale e non
potendosi  invocare  al  riguardo  la  sentenza  n. 105 del 2001, che
avrebbe   affrontato   il   problema   solo  in  connessione  con  il
trattenimento presso un centro di permanenza ed assistenza.
    Ad  avviso  della  difesa  erariale,  sembra invece invocabile il
precedente  costituito dalla sentenza n. 13 del 1972, che ha ritenuto
conforme  a  Costituzione l'art. 15, secondo comma, del regio decreto
18  giugno 1931,  n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di
pubblica    sicurezza),    affermando    il    principio    per   cui
l'accompagnamento  coattivo,  incidendo  solo  temporaneamente  sulla
liberta'  personale,  sfugge  alla  procedura  di  convalida da parte
dell'autorita' giudiziaria.
    Nelle  memorie  si  sostiene inoltre che l'eventuale accoglimento
delle   questioni   comporterebbe   l'impossibilita'   di   espellere
immediatamente  gli  stranieri irregolari, con la conseguenza che gli
stessi,  in  attesa del provvedimento di convalida, dovrebbero essere
obbligatoriamente   trattenuti   presso   un   centro  di  permanenza
temporanea  e  di  assistenza  anche  al  di  fuori dei casi previsti
dall'art. 14  del  d.lgs. n. 286 del 1998 e cio' sarebbe in conflitto
«con  il  diritto dello Stato di tutelare le frontiere e la sicurezza
pubblica    attraverso    misure    di    contrasto    del   fenomeno
dell'immigrazione   clandestina   e  della  presenza  illegale  degli
stranieri    sul   territorio   nazionale».   Del   resto,   prosegue
l'Avvocatura,   la  stessa  giurisprudenza  costituzionale  (sentenza
n. 353 del 1997 e ordinanza n. 146 del 2002) ha ritenuto che non sono
censurabili  quelle  previsioni  normative che si concretizzano in un
«automatismo  espulsivo»,  le  quali,  nel  rispetto del principio di
legalita',  assicurano  un ordinato flusso migratorio, non potendo lo
Stato «abdicare al compito ineludibile di presidiare le frontiere».
    Quanto  poi  alla  prospettata  violazione  dell'art. 3 Cost., si
obietta  che  le situazioni poste a raffronto non sarebbero omogenee,
giacche'   la  previsione  di  una  disciplina  «potenzialmente  piu'
garantista»  per  il  procedimento  di convalida del provvedimento di
trattenimento  nei  centri si giustificherebbe ragionevolmente per il
fatto  che  in  tale  ipotesi deve essere autorizzata una limitazione
della  liberta' personale fino ad un massimo di venti giorni (ed ora,
a  seguito della legge n. 189 del 2002, sino a trenta giorni), mentre
nel  procedimento  di  convalida del provvedimento di accompagnamento
alla  frontiera  viene  in  rilievo solo una «circoscritta temporanea
restrizione  personale  finalizzata  all'effettivo allontanamento dal
territorio nazionale».
    La  difesa  erariale  osserva  infine  che  il  provvedimento  di
accompagnamento    alla    frontiera,    legato   all'emissione   del
provvedimento  di  espulsione,  e'  ricorribile  dinanzi  al  giudice
ordinario  ed  e'  in  questa  sede  - secondo modalita' di decisione
tipiche   della   camera   di   consiglio,   con   la  partecipazione
dell'amministrazione   che  ha  emesso  il  provvedimento  e  con  la
ricorribilita'  della decisione in Cassazione (art. 13-bis del d.lgs.
n. 286  del  1998)  -  che viene ad attuarsi il contraddittorio ed il
diritto  di  difesa dello straniero, il quale, ai sensi dell'art. 13,
comma 8, del citato d.lgs. n. 286 del 1998, e' ammesso all'assistenza
legale  di un patrocinatore di fiducia. La procedura di convalida del
provvedimento  di  accompagnamento  alla  frontiera  rappresenterebbe
quindi   «una  specifica  garanzia»  e  la  relativa  disciplina  non
violerebbe  l'art. 13 Cost., in quanto e' previsto appunto «un doppio
controllo  della  legittimita'  di  tutti i provvedimenti restrittivi
della  liberta'  personale»  (espulsione ed accompagnamento), ne' gli
artt. 24  e 111 Cost., essendovi spazi per l'esercizio del diritto di
difesa del destinatario dei provvedimenti e per l'instaurazione di un
contraddittorio in sede giurisdizionale.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  la  circostanza  per cui la mancata
convalida del provvedimento di accompagnamento «possa intervenire, di
fatto,  in  un  momento  in  cui  l'espulsione  del soggetto sia gia'
fisicamente avvenuta non sposta i termini del problema, conseguendo a
tale ipotesi la possibilita' del rientro nel territorio».

                       Considerato in diritto

    1.  - Con tre distinte ordinanze, due del Tribunale di Roma (r.o.
n. 471 e n. 573 del 2002) ed una del Tribunale di Padova (r.o. n. 527
del   2002),   e'  denunciato  l'art. 13,  comma 5-bis,  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero),  introdotto dall'art. 2 del decreto-legge 4 aprile
2002,   n. 51  (Disposizioni  urgenti  recanti  misure  di  contrasto
all'immigrazione  clandestina  e  garanzie  per  soggetti  colpiti da
provvedimenti  di  accompagnamento  alla  frontiera), convertito, con
modificazioni, nella legge 7 giugno 2002, n. 106.
    La  disposizione  denunciata cosi' stabilisce: «Nei casi previsti
ai commi 4 e 5 il questore comunica immediatamente e, comunque, entro
quarantotto  ore  dalla  sua  adozione  al  tribunale in composizione
monocratica territorialmente competente il provvedimento con il quale
e'  disposto  l'accompagnamento  alla  frontiera. Il provvedimento e'
immediatamente  esecutivo.  Il tribunale in composizione monocratica,
verificata  la  sussistenza dei requisiti, convalida il provvedimento
entro le quarantotto ore successive alla comunicazione».
    Ad  avviso  del  Tribunale  di  Roma,  essa  violerebbe anzitutto
l'art. 13 della Costituzione, giacche' introdurrebbe «una restrizione
della   liberta'  personale  senza  rendere  possibile  un  controllo
preventivo,  effettivo  e  pieno della legittimita' del provvedimento
che  ha disposto l'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza
pubblica  e  senza  che  sia  prevista  la  perdita  di efficacia del
provvedimento, qualora non sia convalidato nel termine prescritto».
    Lo  stesso  remittente  dubita  inoltre della sua legittimita' in
riferimento  agli  artt. 111  e 24 Cost., in quanto «la giurisdizione
che  si  attua  con  la convalida del provvedimento dell'autorita' di
pubblica    sicurezza»   contrasterebbe   «con   il   principio   del
contraddittorio  nel  processo  e  con quello dell'inviolabilita' del
diritto  alla difesa, dal momento che non e' prevista alcuna forma di
contestazione,  ne' di partecipazione e tanto meno di difesa da parte
dello straniero colpito dal provvedimento stesso».
    Secondo   il   Tribunale  di  Padova  il  denunciato  comma 5-bis
violerebbe  gli  artt. 3,  13,  24  e  111 Cost., «nella parte in cui
prevede  che  il  provvedimento  di  espulsione  con  accompagnamento
immediato  alla  frontiera  a  mezzo di forza pubblica venga eseguito
prima  della  convalida  da  parte dell'autorita' giudiziaria e nella
parte  in  cui non prevede che lo straniero colpito dal provvedimento
di espulsione sia sentito dal giudice della convalida».
    In particolare l'illegittimita' della disposizione discenderebbe:
dalla   «natura   meramente   formale   e   cartacea   del  controllo
giurisdizionale»,  in  violazione  dell'art. 13 Cost; dalla «evidente
disparita'  di  trattamento rispetto allo straniero nei cui confronti
non sia possibile eseguire l'espulsione immediata, con il conseguente
accompagnamento   dello   stesso   presso  un  centro  di  detenzione
amministrativa  ai sensi dell'art. 14 del testo unico», in violazione
dell'art. 3  Cost;  dalla  incidenza  «sull'effettivo  esercizio  del
diritto  di difesa da parte dello straniero colpito dal provvedimento
in esame», in violazione degli artt. 24 e 111 Cost.
    1.1.  -  Oltre  al  comma 5-bis dell'art. 13 il Tribunale di Roma
(r.o.  n. 471  del  2002)  ne  censura  i commi 4 e 5, nella versione
antecedente  alle modifiche recate dall'art. 12 della legge 30 luglio
2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di
asilo),  nonche'  il  comma 4 nella attuale formulazione (r.o. n. 573
del 2002).
    Nel  testo  originario,  il  comma 4  prevedeva le ipotesi in cui
l'espulsione  non  avveniva  con  semplice  intimazione a lasciare il
territorio dello Stato, ma con accompagnamento alla frontiera a mezzo
della  forza  pubblica. Ipotesi che ai sensi del comma 5 si estendeva
ai  casi  in  cui  lo  straniero  fosse  privo  di  valido  documento
attestante  la  sua  identita'  e  nazionalita'  e il prefetto avesse
ravvisato   un  concreto  pericolo  che  il  medesimo  si  sottraesse
all'esecuzione del provvedimento.
    Nel  testo  attualmente  vigente, il comma 4 dell'art. 13 dispone
che:    «L'espulsione   e'   sempre   eseguita   dal   questore   con
accompagnamento  alla  frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica ad
eccezione   dei   casi   di  cui  al  comma 5».  Questo  prevede  ora
l'espulsione  mediante  intimazione  nel  caso in cui lo straniero si
trovi nel territorio dello Stato con il permesso di soggiorno scaduto
di  validita'  da  piu'  di sessanta giorni e senza averne chiesto il
rinnovo,    potendo    pero'    il    questore    disporre   comunque
l'accompagnamento  immediato  alla  frontiera  allorche'  il prefetto
rilevi   il   concreto   pericolo   che  lo  straniero  si  sottragga
all'esecuzione del provvedimento.
    Quanto  al contenuto delle censure, il giudice a quo, in entrambe
le  ordinanze,  ritiene  che le disposizioni predette contrastino con
gli artt. 13, 24 e 111 Cost. per le medesime ragioni che fonderebbero
l'incostituzionalita'   del   denunciato   comma 5-bis  dello  stesso
art. 13.
    2.  - Poiche' tutte le ordinanze propongono la medesima questione
sul  comma 5-bis  dell'art. 13  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  e  le
questioni ulteriormente sollevate dal Tribunale di Roma si presentano
intimamente connesse alla prima, i relativi giudizi vanno riuniti per
essere decisi congiuntamente.
    3.  -  Le  questioni sollevate dal Tribunale di Roma che hanno ad
oggetto i commi 4 e 5 dell'art. 13 nella formulazione previgente e il
comma 4  del  medesimo art. 13, nel testo attualmente in vigore, sono
inammissibili.  Esse  si  appuntano  non  gia'  sul  procedimento  di
convalida,  in  relazione  al  quale  la valutazione di non manifesta
infondatezza  e'  argomentata  sui parametri degli artt. 13, 24 e 111
Cost.,  ma  sulle  norme  sostanziali che prevedono i diversi casi di
espulsione dello straniero con accompagnamento alla frontiera a mezzo
di  forza  pubblica. Anche con riferimento a questo ulteriore oggetto
la  non manifesta infondatezza e' sostenuta sulla base delle medesime
argomentazioni   poste   a  fondamento  del  dubbio  di  legittimita'
costituzionale   che   investe   il   comma 5-bis,   concernente   il
procedimento  di  convalida. Sicche' le relative questioni sono prive
di motivazione, cio' che ne impedisce lo scrutinio nel merito.
    3.1. - Prima di passare all'esame del denunciato comma 5-bis deve
essere    respinta    l'eccezione   di   inammissibilita'   formulata
dall'Avvocatura  dello  Stato,  secondo  la  quale  le  questioni  di
costituzionalita'  sarebbero  state sollevate in assenza di qualunque
istanza  degli  stranieri  espulsi  e  nonostante  che  i presupposti
legittimanti   il   provvedimento   di   espulsione   fossero   stati
positivamente  verificati.  Ma  la  consistenza  della  questione  e'
appunto  questa:  che  sia  imposto  al  giudice  di procedere ad una
convalida  meramente  «cartolare»,  in  base  alla sola comunicazione
inviata dal questore e in assenza dello straniero espulso.
    4.  - Rimane quindi da esaminare la sola denuncia, comune a tutti
i  remittenti, dell'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998,
introdotto  dall'art. 2  del  d.l.  n. 51  del  2002, convertito, con
modificazioni, nella legge n. 106 del 2002.
    La questione e' fondata.
    La  disposizione censurata si inserisce nella generale disciplina
dell'immigrazione  di  cui  al  d.lgs.  n. 286  del 1998, che conosce
distinti  tipi  di  espulsione: una misura di sicurezza, disposta dal
giudice   con   la  sentenza  di  condanna  per  determinati  delitti
(art. 15);  una  sanzione  sostitutiva della detenzione applicata dal
giudice   con  la  sentenza  di  condanna,  ovvero  alternativa  alla
detenzione stessa applicata dal magistrato di sorveglianza, quando la
pena  irrogata o da espiare non superi i due anni (art. 16, commi 1 e
5);   una   espulsione  amministrativa,  ordinata  dall'autorita'  di
pubblica    sicurezza   nei   confronti   dello   straniero   entrato
clandestinamente  nel territorio dello Stato o ivi trattenutosi senza
permesso  di  soggiorno, ovvero appartenente a categorie «pericolose»
(art. 13).
    Nel  sistema  originario  del d.lgs. n. 286 del 1998 l'espulsione
amministrativa  aveva  corso,  di  regola,  mediante  intimazione del
questore  a  lasciare  il  territorio  nazionale  (art. 13, comma 6);
l'accompagnamento   alla  frontiera  a  mezzo  della  forza  pubblica
rappresentava   un'eccezione  e  riguardava  i  casi  di  particolare
pericolosita' dello straniero (art. 13, comma 4).
    Sul  versante  della  tutela  giurisdizionale, il legislatore del
1998  ha previsto anzitutto che lo straniero possa presentare ricorso
contro  il  decreto di espulsione: se il provvedimento e' emanato, ai
sensi  del comma 1 dell'art. 13, dal Ministro dell'interno per motivi
di  ordine  pubblico  o di sicurezza dello Stato, la giurisdizione e'
del tribunale amministrativo regionale del Lazio (art. 13, comma 11);
in tutti gli altri casi il ricorso e' da presentarsi al tribunale, in
composizione  monocratica  (originariamente il pretore), entro cinque
giorni  dalla  comunicazione del decreto o del provvedimento (termine
elevato  a  trenta  giorni  qualora  l'espulsione  sia  eseguita  con
accompagnamento  immediato: art. 13, comma 8), comunicazione che deve
avvenire  in  una  lingua  conosciuta  dallo straniero o, nei casi di
impossibilita',  in  lingua  francese,  inglese o spagnola, dovendosi
altresi'  indicare  le  modalita'  di  impugnazione.  Nei casi in cui
l'espulsione  sia  stata  eseguita, il ricorso puo' essere presentato
anche  per  il  tramite  della rappresentanza diplomatica o consolare
italiana  nello  Stato di destinazione (art. 13, comma 10). Peraltro,
nell'ipotesi di espulsione con accompagnamento immediato e sempreche'
sia  disposta la misura di cui al comma 1 dell'art. 14 (trattenimento
in  un  centro di permanenza temporanea e di assistenza), sul ricorso
avverso  il  decreto di espulsione provvede il giudice competente per
la  convalida  di  tale  misura,  adottando  un  unico  provvedimento
(artt. 13,  comma 9,  e 14, comma 4). La legge stabilisce inoltre che
nel  procedimento davanti al giudice lo straniero possa avvalersi del
patrocinio  a  spese  dello  Stato  e,  qualora  sia sprovvisto di un
difensore,  venga  assistito  da un difensore d'ufficio, nonche', ove
necessario,  da  un  interprete.  Sul  ricorso il giudice e' tenuto a
decidere  entro dieci giorni, «sentito l'interessato, nei modi di cui
agli  artt. 737  e seguenti del codice di procedura civile» (art. 13,
comma 9)  e  l'amministrazione che ha emesso il decreto di espulsione
puo' partecipare al procedimento (art. 13-bis).
    Il  sistema  e'  mutato  con  la  legge  n. 189  del 2002. E' ora
previsto  che  l'espulsione  sia  disposta  in  ogni caso con decreto
motivato  immediatamente  esecutivo,  anche se sottoposto a gravame o
impugnativa  da  parte  dell'interessato  (art. 13, comma 3), e venga
sempre  eseguita  dal  questore  con accompagnamento alla frontiera a
mezzo  della  forza  pubblica (art. 13, comma 4), salvo il caso dello
straniero che si trattenga nel territorio dello Stato con permesso di
soggiorno  scaduto  da  piu'  di  sessanta  giorni  e  non  rinnovato
(art. 13,  comma 5).  Tuttavia, anche in tale ipotesi, se il prefetto
rileva   un   concreto   pericolo   che  lo  straniero  si  sottragga
all'esecuzione    del   provvedimento,   il   questore   ne   dispone
l'accompagnamento immediato alla frontiera.
    L'intervenuta     generalizzazione     dell'espulsione    tramite
accompagnamento   alla  frontiera  non  ha  portato  all'eliminazione
dell'istituto  del  «trattenimento»:  l'art. 14,  comma 1, del d.lgs.
n. 286  stabilisce  tuttora che «quando non e' possibile eseguire con
immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera» (e
cioe'  nelle seguenti ipotesi: quando vi sia necessita' di soccorrere
lo  straniero, ovvero di accertare la sua identita' o nazionalita', o
ancora   di   acquisire   i   documenti  di  viaggio,  o  quando  sia
indisponibile  il  vettore  o  altro  idoneo  mezzo  di trasporto) lo
straniero venga trattenuto presso un centro di permanenza temporanea,
in base a provvedimento del questore.
    La  permanenza  nel  centro  puo' protrarsi sino a trenta giorni,
prorogabili  dal  giudice  di altri trenta solo in determinati casi e
cioe'  «qualora  l'accertamento  dell'identita' o della nazionalita',
ovvero  l'acquisizione  di  documenti  per  il viaggio presenti gravi
difficolta» (art. 14, comma 5).
    La legge n. 189 del 2002 ha inoltre previsto che, nei casi in cui
non  sia  stato  possibile  trattenere lo straniero presso un centro,
ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza che l'espulsione
sia  stata eseguita, il questore ordina allo straniero di lasciare il
territorio  dello  Stato  entro il termine di cinque giorni (art. 14,
comma 5-bis).  Il  reintrodotto  meccanismo dell'intimazione e' pero'
ora  assistito  -  diversamente  dal  regime previgente - da sanzione
penale;  e'  infatti  punito  con l'arresto da sei mesi ad un anno lo
straniero   che,   «senza  giustificato  motivo»,  si  trattiene  nel
territorio   dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  del  questore
(art. 14, comma 5-ter).
    Le  modifiche  hanno interessato anche la tutela giurisdizionale.
In  base  all'art. 12 della legge n. 189 del 2002, il ricorso avverso
il  decreto di espulsione (come detto, immediatamente esecutivo) deve
essere  ora  presentato nel termine di sessanta giorni dalla data del
provvedimento  ed  il  tribunale,  in  composizione monocratica, deve
decidere, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del
ricorso.   Si   e'   inoltre   disposta   l'abrogazione  del  comma 9
dell'art. 13, che regolava il procedimento davanti al giudice.
    4.1.  - Nel descritto quadro normativo, la tutela giurisdizionale
non  si  arresta  all'impugnativa  del  decreto  di espulsione, ma si
estende  anche  al  provvedimento del questore di trattenimento in un
centro  di  permanenza  temporanea.  Tale  provvedimento  deve essere
trasmesso  al  giudice  senza ritardo e comunque entro le quarantotto
ore  ed  e'  assoggettato  alla  convalida  «nei  modi  di  cui  agli
articoli 737  e  seguenti  del  codice  di  procedura civile, sentito
l'interessato»,  con  cessazione  di  «ogni  effetto  qualora non sia
convalidato  nelle quarantotto ore successive» (art. 14, comma 4). La
convalida   dell'autorita'  giudiziaria  riguarda  anche  l'eventuale
provvedimento  di  proroga  del  trattenimento,  con possibilita' del
ricorso in Cassazione (art. 14, comma 6).
    Infine,   con   il   d.l.   n. 51   del   2002,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  n. 106  del  2002,  il  legislatore  ha
introdotto   il   procedimento  di  convalida  del  provvedimento  di
accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Ed e' su
questa disciplina che si appuntano le censure dei remittenti.
    5.  - Il percorso della presente decisione e' interamente segnato
dalla  sentenza  n. 105  del 2001. Questa Corte si occupo', in quella
circostanza,   del   trattenimento  presso  i  centri  di  permanenza
temporanea ed assistenza, misura che, ai sensi dell'art. 14, comma 4,
del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  viene  disposta  dal  questore ed e'
soggetta  a convalida da parte del giudice sentito l'interessato, con
cessazione  di  ogni  effetto  in  caso  di diniego di convalida o di
mancata  convalida  entro  il termine di quarantotto ore. Si dolevano
allora  i  remittenti  che  l'accompagnamento  alla frontiera a mezzo
della  forza  pubblica,  al  quale  era finalizzato il trattenimento,
sfuggisse  al  controllo  dell'autorita' giudiziaria, con conseguente
violazione dell'art. 13 Cost.
    La   Corte   condivise   innanzitutto  la  premessa  dalla  quale
procedevano i remittenti che l'accompagnamento alla frontiera a mezzo
di  forza  pubblica  investisse  la liberta' personale e fosse quindi
misura  assistita  dalle garanzie previste dall'art. 13 Cost. al pari
del  trattenimento.  Il controllo del giudice su quest'ultima misura,
osservo'   la  Corte,  doveva  estendersi  anche  all'accompagnamento
coattivo  poiche'  l'autorita'  giudiziaria avrebbe dovuto portare il
suo esame sui motivi che avevano indotto l'amministrazione procedente
a  disporre  quella  peculiare  modalita'  esecutiva  dell'espulsione
amministrativa   consistente,   appunto,   nell'accompagnamento  alla
frontiera  a  mezzo  di forza pubblica. Un controllo, preciso' questa
Corte,  da  intendersi nella sua accezione piu' piena, secondo quanto
imposto dal precetto costituzionale di cui all'art. 13 Cost.
    La  sentenza  n. 105 del 2001 non investi' l'accompagnamento alla
frontiera  in  se',  ma  lo  considero'  quale logico presupposto del
trattenimento.  Tuttavia, quanto in essa affermato gia' preannunciava
la   soluzione   di   una   eventuale   questione   di   legittimita'
costituzionale  che  avesse  avuto  ad oggetto l'accompagnamento alla
frontiera  quale autonoma misura non legata al trattenimento presso i
centri  di  permanenza  temporanei. L'esigenza di colmare un vuoto di
tutela ha indotto il legislatore ad intervenire con il d.l. n. 51 del
2002, il cui art. 2 prevedeva l'obbligo del questore di comunicare il
provvedimento   con  il  quale  e'  disposto  l'accompagnamento  alla
frontiera immediatamente e, comunque, entro quarantotto ore dalla sua
adozione  all'ufficio  del  Procuratore  della  Repubblica  presso il
tribunale  territorialmente  competente.  A sua volta, il Procuratore
della  Repubblica,  verificata  la  sussistenza dei requisiti, doveva
procedere  alla  convalida del provvedimento entro le quarantotto ore
successive  alla  comunicazione. La norma si chiudeva disponendo che:
«Il   provvedimento   e'   immediatamente  esecutivo».  Le  modifiche
apportate in sede di conversione, con la legge n. 106 del 2002, hanno
riguardato  anzitutto l'autorita' giudiziaria preposta alla convalida
-  non  piu'  il Procuratore della Repubblica bensi' il tribunale, in
composizione  monocratica,  territorialmente  competente - e, poi, la
previsione  della  immediata  esecutivita'  del  provvedimento con il
quale  e'  disposto l'accompagnamento alla frontiera, la quale e' ora
inserita, come autonomo inciso, subito dopo la prevista comunicazione
del   provvedimento   al  giudice  e  prima  della  disciplina  della
convalida.
    6.   -   Il   procedimento  regolato  dall'art. 13,  comma 5-bis,
contravviene  ai  principi  affermati  da questa Corte nella sentenza
sopra  ricordata:  il provvedimento di accompagnamento alla frontiera
e'   eseguito   prima   della   convalida   da  parte  dell'autorita'
giudiziaria.   Lo   straniero  viene  allontanato  coattivamente  dal
territorio  nazionale  senza che il giudice abbia potuto pronunciarsi
sul  provvedimento  restrittivo  della  sua  liberta'  personale. E',
quindi, vanificata la garanzia contenuta nel terzo comma dell'art. 13
Cost.,  e  cioe'  la perdita di effetti del provvedimento nel caso di
diniego  o  di  mancata convalida ad opera dell'autorita' giudiziaria
nelle  successive  quarantotto ore. E insieme alla liberta' personale
e'  violato  il  diritto  di  difesa  dello  straniero nel suo nucleo
incomprimibile.  La  disposizione censurata non prevede, infatti, che
questi  debba  essere  ascoltato dal giiudice, con l'assistenza di un
difensore.  Non  e'  certo  in  discussione  la  discrezionalita' del
legislatore  nel configurare uno schema procedimentale caratterizzato
da   celerita'   e   articolato   sulla   sequenza  provvedimento  di
polizia-convalida   del   giudice.   Vengono   qui,   d'altronde,  in
considerazione la sicurezza e l'ordine pubblico suscettibili di esser
compromessi  da  flussi  migratori incontrollati. Tuttavia, quale che
sia  lo schema prescelto, in esso devono realizzarsi i principi della
tutela   giurisdizionale;   non   puo',   quindi,   essere  eliminato
l'effettivo controllo sul provvedimento de libertate, ne' puo' essere
privato l'interessato di ogni garanzia difensiva.
    Le  censure  svolte  dai  remittenti  non  possono  infine essere
superate  facendo  ricorso  alla  tesi  del  c.d. «doppio binario» di
tutela   per   lo   straniero:  convalida  soltanto  «cartolare»  del
provvedimento  di accompagnamento alla frontiera e successivo ricorso
sul  decreto  di  espulsione con adeguate garanzie difensive. Sarebbe
infatti elusa la portata prescrittiva dell'art. 13 Cost., giacche' il
ricorso  sul  decreto di espulsione (art. 13, comma 8) non garantisce
immediatamente e direttamente il bene della liberta' personale su cui
incide l'accompagnamento alla frontiera.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    1)   dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 13,
comma 5-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), introdotto dall'art. 2 del
decreto-legge  4 aprile  2002,  n. 51  (Disposizioni  urgenti recanti
misure  di  contrasto  all'immigrazione  clandestina  e  garanzie per
soggetti colpiti da provvedimenti di accompagnamento alla frontiera),
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 7 giugno 2002, n. 106,
nella  parte  in  cui  non prevede che il giudizio di convalida debba
svolgersi  in contraddittorio prima dell'esecuzione del provvedimento
di accompagnamento alla frontiera, con le garanzie della difesa;
    2)  dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle questioni di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  commi 4  e 5, del citato
decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 e dell'art. 13, comma 4,
dello  stesso  decreto  legislativo  n. 286 del 1998, come sostituito
dall'art. 12, comma 1, lettera c), della legge 30 luglio 2002, n. 189
(Modifica  alla  normativa  in  materia  di immigrazione e di asilo),
sollevate, in riferimento agli artt. 13, 24 e 111 della Costituzione,
dal Tribunale di Roma, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
      Depositata in cancelleria il 15 luglio 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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