N. 272 SENTENZA 13 - 27 luglio 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Ricorso  regionale  -  Impugnazione  di  disposizioni  della legge di
  conversione  confermative  di  quelle originariamente contenute nel
  decreto-legge  -  Asserita  tardivita' delle censure - Eccezione di
  inammissibilita' - Reiezione.
Concorrenza  (tutela  della)  -  Nozione  -  Accezione dinamica degli
  interventi  statali  - Legittimazione dello Stato sia a promuovere,
  sia   a   proteggere   l'assetto   concorrenziale   del  mercato  -
  Giustificazione.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e).
Concorrenza  (tutela  della)  -  Materia  -  Funzione  di  competenza
  esclusiva  dello  Stato  ma  trasversalmente  intrecciata  con  una
  pluralita'  di  interessi  rientranti  nella  sfera  di  competenza
  regionale  -  Necessita',  da  parte  dello  Stato,  di basarsi sul
  criterio  della proporzionalita' ed adeguatezza - Sindacabilita' da
  parte  della  Corte  costituzionale  degli  interventi  statali  in
  materia.
- Costituzione, art. 117, secondo comma, lettera e).
Enti  locali  -  Servizi  pubblici  locali  -  Gestione delle reti ed
  erogazione dei servizi pubblici di rilevanza economica - Criteri di
  aggiudicazione   della  gara  -  Previsioni  normative  che  devono
  considerarsi  integrative  delle  discipline  settoriali  di  fonte
  regionale   -   Intervento   legislativo   statale  dettagliato  ed
  autoapplicativo  lesivo  dell'autonomia  regionale  ed  esorbitante
  dalla «tutela della concorrenza» - Illegittimita' costituzionale.
- D.L.  30 settembre  2003,  n. 269,  art. 14,  comma 1,  lettera e),
  convertito,   con  modificazioni,  nella  legge  24 novembre  2003,
  n. 326.
- Costituzione, art. 117.
Enti  locali  -  Servizi  pubblici  locali  -  Gestione delle reti ed
  erogazione dei servizi pubblici di rilevanza economica - Criteri di
  aggiudicazione  della  gara  - Previsioni normative introduttive di
  prescrizioni  anche dettagliate ed autoapplicative - Illegittimita'
  costituzionale  in  via  consequenziale  (ex  art. 27  della  legge
  11 marzo 1953, n. 87).
- D.Lgs.  18 agosto 2000, n. 267, art. 113, comma 7, limitatamente al
  secondo  ed  al  terzo  periodo, nel testo sostituito dall'art. 35,
  comma 1, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Enti  locali  - Servizi pubblici locali - Disposizioni sulla gestione
  dei  servizi pubblici privi di rilevanza economica - Disciplina non
  riferibile alla «tutela della concorrenza» - Lesione dell'autonomia
  regionale e locale - Illegittimita' costituzionale.
- D.L.  30 settembre  2003, n. 269, art. 14, comma 2, convertito, con
  modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326.
- Costituzione, art. 117.
Enti  locali  - Servizi pubblici locali - Disposizioni sulla gestione
  dei  servizi pubblici privi di rilevanza industriale Illegittimita'
  costituzionale  in  via  consequenziale  (ex  art. 27  della  legge
  11 marzo 1953, n. 87).
- D.Lgs.  18 agosto  2000, n. 267, art. 113-bis, nel testo introdotto
  dal comma 15, dell'art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
Enti  locali  -  Servizi  pubblici  locali  -  Gestione delle reti ed
  erogazione  dei  servizi  pubblici  di rilevanza economica - Regime
  delle  gare,  modalita'  di  gestione  e  conferimento dei servizi,
  disciplina  transitoria  sui  casi  di cessazione delle concessioni
  gia'  assentite  - Assunta violazione delle competenze regionali ed
  asserita  mancanza  dei presupposti per l'intervento legislativo in
  sussidiarieta' - Non fondatezza della questione.
- D.L.  30 settembre  2003,  n. 269,  art. 14,  comma 1, ad accezione
  della  lettera e)  gia'  dichiarata costituzionalmente illegittima,
  convertito,   con  modificazioni,  nella  legge  24 novembre  2003,
  n. 326.
- Costituzione, artt. 117 e 118.
(GU n.30 del 4-8-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Gustavo ZAGREBELSKY;
  Giudici:   Valerio   ONIDA,   Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1 e
2,  del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  nella legge 24 novembre
2003,  n. 326,  promosso con ricorso della Regione Toscana notificato
il  21 gennaio  2004,  depositato  in cancelleria il 29 successivo ed
iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2004.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8  giugno 2004  il  giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  l'avvocato  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato  dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  La  Regione  Toscana, con ricorso notificato il 21 gennaio
2004  e  depositato  il  successivo  29 gennaio, ha impugnato diverse
norme  del  decreto-legge  30 settembre  2003,  n. 269  (Disposizioni
urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento
dei  conti  pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  nella legge
24 novembre  2003, n. 326, e, per quanto qui interessa, ha denunciato
l'art. 14,  commi 1  e  2,  in riferimento agli artt. 117 e 118 della
Costituzione.
    2. - Il censurato art. 14, commi 1 e 2, del d.l. n. 269 del 2003,
come  modificato  dalla  legge  di  conversione  n. 326  del 2003, ha
modificato  sia  l'art. 113  del  decreto legislativo 18 agosto 2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) -
gia'  modificato  dall'art. 35  della  legge 28 dicembre 2001, n. 448
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria 2002) in tema di servizi pubblici
locali  di  rilevanza  economica  -  sia  l'art. 113-bis del medesimo
d.lgs.  n. 267  del  2000,  introdotto dal citato art. 35 della legge
n. 448  del  2001,  sui  servizi  pubblici  locali privi di rilevanza
economica.
    In   particolare,   la   normativa  impugnata  ha  sostituito  la
distinzione  fra servizi pubblici locali «di rilevanza industriale» e
servizi  pubblici  locali «privi di rilevanza industriale» con quella
fra  servizi  pubblici  locali  «di  rilevanza  economica»  e servizi
pubblici  locali «privi di rilevanza economica» ed ha specificato che
le   disposizioni  che  disciplinano  puntualmente  le  modalita'  di
gestione  dei servizi pubblici locali - anch'esse oggetto di modifica
-  attengono  alla  tutela  della  concorrenza e sono inderogabili ed
integrative  delle  specifiche  normative  di  settore.  Quanto  alla
disciplina  delle  modalita'  di  gestione  dei  predetti servizi, la
normativa  impugnata  ha  stabilito  che:  la gestione dei servizi di
rilevanza  economica  puo'  essere  affidata  a  societa' di capitali
individuate  con  gara ad evidenza pubblica o a societa' miste, i cui
soci privati siano scelti con gara ad evidenza pubblica, o a societa'
a  capitale  interamente  pubblico a condizione che l'ente o gli enti
pubblici  titolari  del capitale sociale esercitino sulla societa' un
controllo  analogo  a  quello  esercitato sui propri servizi e che la
societa'  realizzi  la  parte piu' importante della propria attivita'
con  l'ente  o  con gli enti pubblici che la controllano; la gestione
dei servizi privi di rilevanza economica avviene mediante affidamento
diretto  ad  istituzioni  ed  aziende  speciali  o anche a societa' a
capitale  interamente  pubblico,  con  esclusione dei privati e delle
societa'  miste.  Infine, si e' provveduto a disciplinare la scadenza
del   periodo  di  affidamento  in  esito  alla  successiva  gara  di
affidamento al nuovo gestore nonche' il periodo di transizione per il
passaggio dalle esistenti gestioni a quelle da affidarsi con le nuove
regole.
    2.1.  -  Secondo  la  Regione  Toscana, le disposizioni impugnate
violerebbero  in primo luogo l'art. 117 della Costituzione, in quanto
porrebbero  una disciplina dettagliata ed autoapplicativa dei servizi
pubblici  locali,  materia  che  l'art. 117  non contempla fra quelle
riservate alla legislazione esclusiva dello Stato e che quindi spetta
alle  regioni  disciplinare  nel  rispetto  della  Costituzione e dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali.
    Tale   materia   non   sarebbe,   infatti,   riconducibile   alla
«determinazione  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i  diritti  civili  e  sociali» (art. 117, secondo comma, lettera m),
della  Costituzione), la quale riguarderebbe solo i servizi sociali e
non  quelli di rilevanza economica e comunque - essendo limitata alla
determinazione   degli   standard  minimi  delle  prestazioni  -  non
precluderebbe   al   legislatore   regionale   la   possibilita'   di
disciplinare  gli aspetti concernenti l'organizzazione del servizio e
le modalita' di gestione del medesimo; ne' essa potrebbe ricollegarsi
alle   «funzioni   fondamentali   di   Comuni,   Province   e  Citta'
metropolitane»    (art. 117,   secondo   comma,   lettera p),   della
Costituzione),  non  costituendo  la  gestione  dei  servizi pubblici
locali  una  funzione fondamentale dell'ente locale, ma «un'attivita'
di  regola  esercitata in regime di concorrenza e quindi sottratta ad
una  gestione  effettuata  con gli strumenti del potere pubblico». Le
disposizioni  impugnate non si potrebbero, inoltre, giustificare - ad
avviso  della  ricorrente  -  neppure  in  relazione  alla competenza
legislativa   statale   esclusiva   in   materia   di  «tutela  della
concorrenza»    (art. 117,    secondo    comma,   lettera e),   della
Costituzione),  in  quanto  la disciplina dei servizi pubblici locali
riguarderebbe  non  gia' la «tutela della concorrenza», ma la diversa
materia  della  «promozione  della  concorrenza»,  costituita  da  un
insieme di regole e procedure di tipo pubblicistico volte a creare in
modo  artificiale  le  condizioni  per  la concorrenza, di competenza
regionale.
    La  ricorrente  deduce,  infine,  che  le  disposizioni censurate
violerebbero   anche   l'art. 118  della  Costituzione,  non  essendo
indicati  i  «presupposti  per  l'intervento  legislativo  statale in
sussidiarieta»  e  non  essendo  comunque  prevista  «l'intesa con la
regione che sarebbe invece imprescindibile a fronte dell'interferenza
della disciplina in ambiti materiali di competenza regionale».
    2.2. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica la Regione Toscana ha
depositato memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso.
    3.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  il  ricorso venga dichiarato inammissibile e,
comunque, infondato.
    In via preliminare, la difesa erariale ritiene che il ricorso sia
inammissibile,    giacche',   con   riferimento   alle   disposizioni
legislative  gia' presenti nel decreto-legge n. 269 del 2003 e quindi
gia'  in  vigore  dal  2 ottobre 2003, «a se' stanti e non modificate
dalla   legge  di  conversione»,  esso  sarebbe  tardivo  e  comunque
conterrebbe censure prive di motivazione.
    Nel  merito,  la  difesa  erariale  sostiene  l'infondatezza  del
ricorso,  deducendo  che  sussisterebbe  una  competenza  legislativa
esclusiva  dello  Stato,  non  solo in relazione alla materia «tutela
della  concorrenza»  (secondo  comma, lettera e), dell'art. 117 della
Costituzione),   ma   anche   in  relazione  alla  materia  «funzioni
fondamentali   degli   enti   locali»   (secondo  comma,  lettera p),
dell'art. 117 della Costituzione), in quanto le funzioni di gestione,
organizzazione  ed  erogazione  dei servizi pubblici locali sarebbero
«essenziali»  rispetto  ai bisogni delle comunita' servite nonche' in
riferimento alla cospicua incidenza sull'equilibrio finanziario degli
enti  locali  dei  costi  per  gli investimenti e per l'esercizio dei
servizi stessi. Si ravviserebbe, altresi', una competenza legislativa
statale  esclusiva  in  tema  di  servizi  pubblici  locali  anche in
relazione  alla  materia «determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti  i diritti civili e sociali» (secondo comma,
lettera m),  dell'art. 117  della  Costituzione),  dal  momento  che,
attraverso   la   prestazione   dei   servizi   pubblici  locali,  si
concretizzerebbero  «molteplici  ed  importanti  diritti sociali» che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
    3.1.  -  Nell'imminenza dell'udienza pubblica, la difesa erariale
ha  depositato  memoria nella quale insiste perche' la Corte dichiari
inammissibile e/o infondato il ricorso.
    In  particolare, l'Avvocatura generale dello Stato precisa che le
modifiche apportate alla disciplina dei servizi pubblici locali dalle
disposizioni  impugnate  costituirebbero  l'esito  di «un pluriennale
dialogo   con   l'Unione  europea»  e  sarebbero  percio'  volte  «ad
assicurare  la  realizzazione di un valore e di un risultato - quello
di una (per quanto tecnicamente possibile) effettiva e non ostacolata
concorrenza  fra  operatori  economici» - esplicitamente indicato dai
Trattati  come  fondamentale.  Pertanto,  le  disposizioni  impugnate
sarebbero   sorrette   da  piu'  parametri  costituzionali  contenuti
nell'art. 117, secondo comma, della Costituzione, in particolare alla
lettera e) ed alla lettera a).
    4.   -   All'udienza   pubblica  le  parti  hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La questione di legittimita' costituzionale, sollevata con
il   ricorso  in  epigrafe  dalla  Regione  Toscana,  ha  ad  oggetto
l'art. 14,  commi 1  e 2, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269
(Disposizioni  urgenti  per  favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito  con modificazioni
nella legge 24 novembre 2003, n. 326, in riferimento agli artt. 117 e
118  della  Costituzione.  Secondo  la  ricorrente,  le  disposizioni
impugnate,   che  hanno  introdotto  una  disciplina  dettagliata  ed
autoapplicativa   dei  servizi  pubblici  locali  sia  «di  rilevanza
economica»,   sia  «privi  di  rilevanza  economica»,  non  sarebbero
riconducibili  a  nessuna  delle  materie  di  competenza legislativa
esclusiva  dello  Stato  previste dall'art. 117, secondo comma, della
Costituzione,   ne',   in   particolare,   a   quella  relativa  alla
«determinazione  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i  diritti  civili  e  sociali»,  o  a quella relativa alle «funzioni
fondamentali  di  comuni,  Province  e Citta' metropolitane». Neppure
invocabile,  secondo  la ricorrente, sarebbe la competenza statale in
materia   di  «tutela  della  concorrenza»,  prevista  dall'art. 117,
secondo  comma,  lettera e),  giacche'  al  massimo  si potrebbe fare
riferimento alla «promozione della concorrenza» in tutti quei casi in
cui il mercato non appaia concorrenziale.
    La   disciplina   in  oggetto,  dettagliata  ed  autoapplicativa,
esulerebbe quindi dalla sfera di competenza legislativa dello Stato e
rientrerebbe  nell'ambito  della  competenza  esclusiva della Regione
ricorrente, dal momento che non sono neppure indicati i «presupposti»
di  un  eventuale intervento «in sussidiarieta» dello Stato, ai sensi
dell'art. 118  della  Costituzione,  e  non  e'  comunque previsto un
accordo sul punto tra Stato e Regione.
    2.   -  In  via  preliminare  vanno  rigettate  le  eccezioni  di
inammissibilita'  sollevate  dall'Avvocatura  generale dello Stato in
ordine   all'asserita   tardivita'   delle   censure  proposte  dalla
ricorrente   nei   confronti   di   disposizioni   della   legge   di
conversione 24 novembre  2003,  n. 326,  che  hanno confermato quelle
originariamente  contenute  nel  d.l.  30 settembre  2003, n. 269. Ed
infatti,  indipendentemente  dalla  circostanza  che  nella specie la
legge   di   conversione   ha   introdotto  rilevanti  modifiche,  in
considerazione    del    carattere   intrinsecamente   precario   del
decreto-legge,  il  ricorso  puo' essere proposto nei confronti della
relativa  legge  di  conversione che rende permanente e definitiva la
asserita  lesione  da  cui  scaturisce  l'interesse a ricorrere della
Regione (sentenza n. 25 del 1996).
    3. - La questione e' parzialmente fondata, nei termini di seguito
esposti.
    Le  disposizioni impugnate, che recano una nuova disciplina della
gestione  dei  servizi  pubblici  locali, si inseriscono in un quadro
normativo  molto  articolato,  che  sostanzialmente  prende  le mosse
dall'art. 35  della  legge 28 dicembre 2001, n. 448, recante la legge
finanziaria  per  il 2002, il quale introduce profonde modifiche alla
impostazione  normativa  risalente  agli  anni  novanta  e consacrata
nell'art. 113  e  seguenti  del  decreto  legislativo 18 agosto 2000,
n. 267  (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali).
Ma  subito  dopo  la  riforma  del 2001, si e' proceduto ad ulteriori
innovazioni  su aspetti rilevanti della disciplina in esame, dapprima
con  il  censurato  art. 14  del d.l. n. 269 del 2003, convertito con
modificazioni  nella  legge n. 326 del 2003, e successivamente ancora
con   l'art. 4,  comma 234,  della  legge  24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2004). Tali innovazioni sono state in
larga  parte  indotte  dai rilievi espressi dalla Commissione europea
sulla  precedente  normativa  e dall'esigenza di trovare un esplicito
fondamento  nel  novellato  art. 117 della Costituzione. Sotto questi
profili  sono  significativi,  nella  disciplina  in  esame,  sia  il
testuale  riferimento  alla  tutela  della  concorrenza, sia la nuova
qualificazione  di  «rilevanza  economica»  attribuita  a determinati
servizi  pubblici locali - in analogia con la denominazione che viene
attualmente  adottata in sede comunitaria - in luogo della precedente
qualificazione di «rilevanza industriale».
    La  disciplina  in  esame non appare riferibile - come osserva la
ricorrente  -  ne'  alla  competenza  legislativa  statale in tema di
«determinazione  dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i  diritti  civili  e  sociali» (art. 117, secondo comma, lettera m),
della  Costituzione),  giacche'  riguarda  precipuamente  servizi  di
rilevanza  economica  e  comunque  non attiene alla determinazione di
livelli essenziali, ne' a quella in tema di «funzioni fondamentali di
comuni,  Province  e  Citta' metropolitane» (art. 117, secondo comma,
lettera p),  giacche' la gestione dei predetti servizi non puo' certo
considerarsi  esplicazione  di  una funzione propria ed indefettibile
dell'ente  locale.  Viceversa, in relazione ai riferimenti testuali e
soprattutto  ai  caratteri funzionali e strutturali della regolazione
prevista,  la  medesima disciplina puo' essere agevolmente ricondotta
nell'ambito  della  materia  «tutela  della  concorrenza»,  riservata
dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera e), della Costituzione, alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato.
    Non  appare  pero'  condivisibile la prospettazione della Regione
ricorrente, secondo cui il regime in oggetto, incidendo su situazioni
di  non  concorrenzialita'  del  mercato  per  la presenza di diffuse
condizioni   di   monopolio   naturale   e   riguardando   interventi
propriamente   di   «promozione»   e   non  gia'  di  «tutela»  della
concorrenza,  sarebbe  estraneo,  in  quanto  tale,  all'ambito della
potesta'  legislativa  esclusiva dello Stato e pertinente invece alla
competenza  regionale  in  tema  di  servizi pubblici locali. Secondo
l'interpretazione  di  questa Corte, la tutela della concorrenza «non
puo'  essere  intesa  soltanto  in  senso  statico,  come garanzia di
interventi  di  regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma
anche  in  quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario,
che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire
le  condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare
assetti  concorrenziali» (sentenza n. 14 del 2004). In altri termini,
la  tutela  della  concorrenza riguarda nel loro complesso i rapporti
concorrenziali  sul  mercato  e  non esclude percio' anche interventi
promozionali  dello  Stato.  Alla  stregua  dei  principi espressi da
questo  indirizzo  giurisprudenziale, dunque, non puo' essere accolta
la  tesi  della  ricorrente  su una pretesa distinzione di competenze
legislative tra Stato e Regioni in ordine rispettivamente a misure di
«tutela»  o  a  misure di «promozione» della concorrenza, dal momento
che  la indicata configurazione della tutela della concorrenza ha una
portata cosi' ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a
promuovere, sia a proteggere l'assetto concorrenziale del mercato.
    Sotto  questo  profilo  e' quindi significativa la dichiarazione,
contenuta nel censurato art. 14 di modifica del comma 1 dell'art. 113
del t.u. citato, secondo cui le predette disposizioni sulle modalita'
di  gestione  ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica «concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili
ed integrative delle discipline di settore». L'art. 14 si puo' dunque
sostanzialmente  considerare  una norma-principio della materia, alla
cui luce e' possibile interpretare il complesso delle disposizioni in
esame  nonche'  il  rapporto  con  le altre normative di settore, nel
senso  cioe'  che il titolo di legittimazione dell'intervento statale
in  oggetto  e'  fondato  sulla  tutela  della  concorrenza,  di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e che la
disciplina  stessa  contiene  un  quadro di principi nei confronti di
regolazioni  settoriali  di fonte regionale. L'accoglimento di questa
interpretazione  comporta,  da  un  lato,  che  l'indicato  titolo di
legittimazione  statale  e'  riferibile  solo  alle  disposizioni  di
carattere  generale  che  disciplinano  le  modalita'  di  gestione e
l'affidamento  dei servizi pubblici locali di «rilevanza economica» e
dall'altro  lato che solo le predette disposizioni non possono essere
derogate da norme regionali.
    Alla   luce   di   queste   considerazioni,  nella  questione  di
costituzionalita'  in  esame,  non  appaiono censurabili tutte quelle
norme  impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate,
la  piu' ampia liberta' di concorrenza nell'ambito di rapporti - come
quelli  relativi al regime delle gare o delle modalita' di gestione e
conferimento  dei servizi - i quali per la loro diretta incidenza sul
mercato  appaiono  piu'  meritevoli  di essere preservati da pratiche
anticoncorrenziali.   Alle   stesse   finalita'  garantistiche  della
concorrenza  appare ispirata anche la disciplina transitoria, che, in
modo  non  irragionevole,  stabilisce  i  casi  di  cessazione  delle
concessioni   gia'   assentite   in  relazione  all'effettuazione  di
procedure  ad evidenza pubblica e al tipo di societa' affidataria del
servizio.
    Non  spetta  peraltro  a  questa  Corte  valutare  in concreto la
rilevanza  degli effetti economici derivanti dalle singole previsioni
di  interventi statali in materia: stabilire cioe' se una determinata
regolazione  abbia effetti cosi' importanti sull'economia di mercato,
da  postulare misure di tutela della concorrenza, tali da trascendere
l'ambito regionale; quello che invece non puo' sottrarsi al sindacato
di  costituzionalita' e' il fatto che i vari «strumenti di intervento
siano  disposti in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto
agli  obiettivi  attesi» (sentenza n. 14 del 2004). Il criterio della
proporzionalita'  e  dell'adeguatezza  appare  quindi  essenziale per
definire   l'ambito  di  operativita'  della  competenza  legislativa
statale  attinente alla «tutela della concorrenza» e conseguentemente
la  legittimita' dei relativi interventi statali. Trattandosi infatti
di   una   cosiddetta  materia-funzione,  riservata  alla  competenza
esclusiva  dello  Stato,  la quale non ha un'estensione rigorosamente
circoscritta  e  determinata, ma, per cosi' dire, «trasversale» (cfr.
sentenza n. 407 del 2002), poiche' si intreccia inestricabilmente con
una pluralita' di altri interessi - alcuni dei quali rientranti nella
sfera  di competenza concorrente o residuale delle Regioni - connessi
allo   sviluppo   economico-produttivo  del  Paese,  e'  evidente  la
necessita'  di basarsi sul criterio di proporzionalita-adeguatezza al
fine   di  valutare,  nelle  diverse  ipotesi,  se  la  tutela  della
concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello
Stato.
    Proprio  sotto  questo  profilo  appare  fondata la censura della
ricorrente   relativa   all'art. 14,  comma 1,  lettera e),  che,  in
riferimento  all'art. 113,  comma 7, del citato testo unico, la' dove
stabilisce,  dettagliatamente  e  con tecnica autoapplicativa, i vari
criteri  in  base  ai  quali  la gara viene aggiudicata, introduce la
prescrizione   che   le   previsioni  dello  stesso  comma 7  «devono
considerarsi  integrative  delle  discipline  di  settore». L'estremo
dettaglio  nell'indicazione  di  questi  criteri,  che  peraltro  non
prendono in considerazione ulteriori requisiti dell'aspirante, quali,
ad  esempio,  precedenti esperienze di gestione nel settore, va al di
la'  della  pur doverosa tutela degli aspetti concorrenziali inerenti
alla  gara,  che  peraltro  appaiono sufficientemente garantiti dalla
puntuale  indicazione,  nella  prima parte del comma, di una serie di
standard  -- coerenti con quelli contenuti nella direttiva 2004/18/CE
-   nel   cui  rispetto  la  gara  appunto  deve  essere  indetta  ed
aggiudicata.  E'  evidente quindi che la norma in esame, prescrivendo
che  deve  considerarsi  integrativa  delle  discipline settoriali di
fonte   regionale   la   disposizione   estremamente  dettagliata  ed
autoapplicativa  di  cui  al citato art. 113, comma 7, pone in essere
una   illegittima   compressione  dell'autonomia  regionale,  poiche'
risulta  ingiustificato  e  non  proporzionato rispetto all'obiettivo
della tutela della concorrenza l'intervento legislativo statale.
    Va  pertanto dichiarata, per le ragioni esposte, l'illegittimita'
costituzionale  della  norma  censurata  e, in via conseguenziale, ai
sensi   dell'art. 27   della   legge   11 marzo  1953,  n. 87,  anche
dell'art. 113,  comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo
del  testo  risultante  dalle  modifiche apportate dall'art. 35 della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002).
    4.  -  La  tutela  della  concorrenza  e  l'inderogabilita' della
disciplina  da  parte  di  norme  regionali sono pero' esplicitamente
evocate  in  riferimento  ai soli servizi pubblici locali attualmente
classificati  come  «di  rilevanza economica», di cui all'art. 113, e
non  gia'  in  riferimento  ai servizi «privi di rilevanza economica»
previsti dall'art. 113-bis. La nuova denominazione di questi servizi,
adottata  in  conformita'  a  tendenze  emerse in sede di Commissione
europea a decorrere dal settembre 2000, gia' di per se' puo' indicare
che  il  titolo  di legittimazione per gli interventi del legislatore
statale  costituito dalla tutela della concorrenza non e' applicabile
a  questo tipo di servizi, proprio perche' in riferimento ad essi non
esiste un mercato concorrenziale.
    A  questo  proposito la Commissione europea, nel «Libro Verde sui
servizi  di interesse generale» (COM-2003-270) del 21 maggio 2003, ha
affermato  che  le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle
attivita'  economiche,  dopo  aver  precisato  che la distinzione tra
attivita'  economiche  e  non  economiche  ha  carattere  dinamico ed
evolutivo, cosicche' non sarebbe possibile fissare a priori un elenco
definitivo   dei   servizi  di  interesse  generale  di  natura  «non
economica».  Secondo  la  costante  giurisprudenza comunitaria spetta
infatti al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui
il   servizio   viene   prestato,   tenendo  conto,  in  particolare,
dell'assenza  di  uno  scopo  precipuamente  lucrativo, della mancata
assunzione   dei   rischi   connessi   a   tale  attivita'  ed  anche
dell'eventuale  finanziamento  pubblico  dell'attivita'  in questione
(Corte  di giustizia CE, sentenza 22 maggio 2003, causa 18/2001). Per
i servizi locali, quindi, che, in relazione al soggetto erogatore, ai
caratteri  ed  alle  modalita'  della  prestazione,  ai  destinatari,
appaiono  privi  di «rilevanza economica», ci sara' dunque spazio per
una  specifica  ed  adeguata  disciplina  di fonte regionale ed anche
locale.
    Alla  luce  di  queste considerazioni, l'intervento del censurato
art. 14,   comma 2,  sulla  disciplina  della  gestione  dei  servizi
pubblici    locali   «privi   di   rilevanza   economica»,   di   cui
all'art. 113-bis  del  citato  testo  unico,  non  puo'  essere certo
riferito  ad  esigenze  di  tutela  della  liberta'  di concorrenza e
quindi,   sotto   questo   profilo,  si  configura  come  illegittima
compressione dell'autonomia regionale e locale.
    Per   tutte   queste   ragioni   va  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale   del   censurato   art. 14,   comma 2   e,   in   via
conseguenziale,  ai  sensi  dell'art. 27  della  legge 11 marzo 1953,
n. 87,  anche dell'art. 113-bis, nel testo risultante dalle modifiche
apportate dall'art. 35 della legge n. 448 del 2001.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    1)   Dichiara   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 14,
comma 1,  lettera e), e comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2003,
n. 269  (Disposizioni  urgenti  per  favorire  lo  sviluppo  e per la
correzione   dell'andamento  dei  conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326;
    2) Dichiara,  ai  sensi  dell'art. 27  della legge 11 marzo 1953,
n. 87,   l'illegittimita'   costituzionale   dell'art. 113,  comma 7,
limitatamente al secondo ed al terzo periodo, del decreto legislativo
18 agosto  2000,  n. 267  (Testo  unico  delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali), nel testo sostituito dall'art. 35, comma 1, della
legge  28 dicembre  2001,  n. 448 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002);
    3) Dichiara,  ai  sensi  dell'art. 27  della legge 11 marzo 1953,
n. 87, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 113-bis dello stesso
decreto  legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel testo introdotto dal
comma 15 dell'art. 35 della citata legge n. 448 del 2001;
    4) Dichiara    non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 14, comma 1 - ad eccezione della lettera e)
gia'   dichiarata   costituzionalmente  illegittima  -  del  medesimo
decreto-legge    30 settembre    2003,    n. 269,   convertito,   con
modificazioni,   nella   citata   legge   24 novembre  2003,  n. 326,
sollevata,  in  riferimento  agli artt. 117 e 118 della Costituzione,
dalla Regione Toscana con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 luglio 2004.
                     Il Presidente: Zagrebelsky
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 27 luglio 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C0955