N. 19 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 14 settembre 2004

Ricorso  per  conflitto  di attribuzione depositato in cancelleria il
14 settembre 2004 (del Tribunale di Taranto)

Parlamento  -  Immunita'  parlamentari - Procedimento penale a carico
  dell'on.  Giancarlo  Cito  per  le dichiarazioni da questi rese nel
  corso   di   un   pubblico  comizio,  trasmesso  da  una  emittente
  televisiva,  nei  confronti dei sig. ri Domenico Illiano e Vincenzo
  Illiano  -  Deliberazione  di  insindacabilita'  della  Camera  dei
  deputati  -  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri sollevato dal
  Tribunale  di Taranto - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra
  opinioni espresse ed attivita' parlamentare.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 27 novembre 2002.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.42 del 27-10-2004 )
    Sentiti  il  p.m. e la parte civile che hanno formulato richiesta
di  proposizione  dinanzi  alla  Corte costituzionale di conflitto di
attibuzione  nei  confronti  della Camera dei deputati in ordine alla
delibera  adottata dalla detta Assemblea nella seduta del 27 novembre
2002;
    Sentiti l'imputato ed il suo difensore;

                            O s s e r v a

    Con  decreto  ex  art. 429  c.p.p. del 27 maggio 1998 ritualmente
notificato,  Giancarlo  Cito  e' stato rinviato al giudizio di questo
tribunale  per  il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 595 commi 1 e 3
c.p.,  per  avere  nel  corso  di  un  pubblico comizio, trasmesso in
diretta  dall'emittente  televisiva  «SUPER  7» e poi mandato in onda
piu'  volte  nei  giorni successivi, offeso la reputazione di Illiano
Domenico  definendolo  «parassita  della  societa'  che  fa  usura  a
Taranto»,  «vastaso,  depravato,  emerito  delinquente  che  ha fatto
truffe in tutto il mondo», «che ha partecipato ai furti nelle ville»,
«che  rubava  la  benzina  dalle  macchine,  'sto  grande  figlio  di
puttana», «che ha fatto truffa ad un concittadino che ha un albergo a
Roccaraso  di  centinaia e centinaia di persone» e «ad un albergo che
sta  a  Lungomare  aveva  fatto  un bidone di 12 milioni», «individuo
delinquente,  mascalzone  e depravato» e per avere altresi' offeso la
reputazione  di  Illiano Vincenzo definendolo «tappetto rachitico che
aveva  ricevuto  soldi per attaccare manifesti all'affissione durante
la  campagna  elettorale»,  nonche'  «parassita».  (In  Taranto,  dal
18 dicembre 1997 in poi).
    Il  10 dicembre  2002 e' pervenuta presso questo ufficio nota del
Presidente della Camera dei deputati con la quale si comunica che con
delibera  del  27  novembre 2002 la detta Assemblea si e' pronunciata
nel  senso  che  i  fatti  per  i  quali  e'  in  corso  il  presente
procedimento  penale  «concernono  opinioni espresse da un membro del
Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione».
    La  deibera  della  Camera  dei  deputati che ha qualificato come
esercizio  delle  funzioni  parlamentari il comportamento del Cito ha
efficacia  inibitoria nei confronti del presente procedimento penale,
spettando  alla  Camera  di  appartenenza  il  potere  di valutare la
condotta addebitata ad un proprio membro.
      Peraltro  ritiene  questo  tribunale che, in concreto, la detta
delibera  sia  espressione  di  un  esercizio non corretto del potere
spettante alla Camera dei deputati per la manifesta estraneita' della
condotta  dell'imputato  Cito al concetto di funzione parlamentare di
cui all'art. 68 comma 1 Cost.
    Si  osserva  al riguardo come la condotta contestata all'imputato
non  appaia in alcun modo collegata con la funzione parlamentare, non
potendosi nella stessa ravvisare un intento divulgativo di una scelta
o  di  un'attivita'  politico  parlamentare ovvero di temi tipici del
gruppo  parlamentare  di appartenenza dell'onorevole Cito. E difatti,
le  opinioni  sono state espresse nel corso di un comizio tenutosi in
una  piazza  della  citta'  di  Taranto  e  non  risulta  che fossero
riproduttive  di  opinioni  altrimenti espresse in sede parlamentare,
ne' appaiono in qualche modo riferibili a temi di natura politica.
    Nella  parte  motiva della relazione-proposta della giunta per le
autorizzazioni allegata alla nota inviata dal Presidente della Camera
dei  deputati  si  legge  che «le frasi pronunciate dal deputato Cito
attengono  ad un contesto politico, sia pure locale. L'onorevole Cito
ha infatti sostenuto che le sue espressioni attenevano a una polemica
partitica   nei   confronti   di  un  appartenente  alla  sua  lista,
consigliere circoscrizionale».
    Le  citate  motivazioni  espresse dalla giunta sono, a parere del
collegio,  contrastanti  con  i  principi,  espressi  dalla  costante
giurisprudenza costituzionale, in materia di immunita' parlamentari e
si    fondano   sull'erroneo   convincimento   che   la   prerogativa
costituzionale copra ogni attivita' politica dell'appartenente ad una
delle  Camere del Parlamento, prescindendo dal «nesso funzionale» tra
le  opinioni  espresse  e l'esercizio della funzione parlamentare (v.
sent. della Corte cost. n. 329/99).
    Sul  punto  si sottolinea che l'immunita' copre la funzione e non
il  parlamentare;  cio'  per  evitare  che la prerogativa in esame si
tramuti   da  garanzia  funzionale  e  procedimentale  in  privilegio
personale  e  strutturale  contrastante  con l'art. 3 Cost. Si rileva
inoltre   che   la   Corte  costituzionale  ha  chiarito  che  devono
considerarsi  coperti da immunita' soltanto i comportamenti, posti in
essere   da   parlamentari,  «strettamente  funzionali  all'esercizio
indipendente  delle  attribuzioni  proprie  del  potere legislativo»;
sicche'  non  vi si puo' ricondurre l'intera attivita' politica di un
membro   del   Parlamento  (si  v.  le  sentenze  della  Corte  cost.
nn. 379/96, 375/97, 289/98).
    Alla  luce  delle considerazioni esposte il Tribunale di Taranto,
giudice  del  procedimento penale n. R.G. a carico di Giancarlo Cito,
ritenuta  illegittimamente  lesa  la  propria  sfera  di attribuzioni
costituzionalmente  garantita,  per  effetto  della  deibera  del  27
novembre  2002 della Camera dei deputati che ha stabilito che i fatti
oggetto del presente procedimento penale concernono opinioni espresse
da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni;
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione, 37 della legge 11 marzo
1953 n. 87 e 26 della delib. 16 marzo 1956 della Corte costituzionale
(norma integrativa per i giudizi davanti alla Corte costituzionale);
    Solleva  conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello Stato in
relazione  alla  delibera  della  Camera dei deputati del 27 novembre
2002  relativa all'onorevole Giancarlo Cito, richiedendo che la Corte
costituzionale  dichiari  che  non  spetta  alla  Camera dei deputati
dichiarare  la  insindacabilita' delle opinioni espresse dal deputato
Giancarlo Cito cosi' come deliberato dalla Camera dei deputati.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale  e  il deposito del presente ricorso nella cancelleria
della Corte costituzionale.
    Ordina che a cura della cancelleria in sede la presente ordinanza
sia  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata
dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
    Sospende  il  giudizio  in  attesa  della  decisione  della Corte
costituzionale.
        Taranto, addi' 3 aprile 2003
                      Il Presidente: Di Todaro
          Avvertenza:
              L'ordinanza  n. 269  dell'8-23  luglio  2004  e'  stata
          pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale - 1ª serie speciale -
          n. 29 del 28 luglio 2004.
04C1074