N. 21 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 16 settembre 2004
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 16 settembre 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia) Porti - Autorita' portuale - Nomina del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste disposta con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia - Denunciata illegittimita' derivata del provvedimento ministeriale per illegittimita' costituzionale dell'art. 6 del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136, gia' impugnato in via principale, recante modifiche alle procedure di nomina del Presidente dell'Autorita' portuale - Inosservanza delle disposizioni contenute nel decreto legge in ordine alla designazione di una terna di candidati, all'esperimento di un tentativo di accordo diretto con la Regione e al termine di decorrenza di trenta giorni prima di poter procedere autonomamente alla nomina - Omessa convocazione del Presidente della Regione - Violazione del principio di leale collaborazione - Nomina del solo candidato per il quale la Regione ha espressamente dissentito - Inapplicabilita' del decreto legge 28 maggio 2004, n. 136 nella Regione ricorrente, per avvenuto esercizio della potesta' legislativa regionale in materia (legge Regione Friuli-Venezia Giulia 24 maggio 2004, n. 17) - Violazione delle prerogative costituzionali regionali. - Delibera del Consiglio dei ministri del 3 giugno 2004; Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 15 luglio 2004. - Costituzione, artt. 117, e 118, in relazione all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1), in particolare art. 44, e relative norme di attuazione.(GU n.42 del 27-10-2004 )
Ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con delibera della giunta regionale n. 2166 del 27 agosto 2004 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da mandato in calce al presente atto - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto in Roma presso l'Ufficio di rappresentanza della regione, in Piazza Colonna, 355; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato, nominare con decreto ministeriale, senza previa intesa con la regione, il Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste, e per il conseguente, annullamento del decreto 15 luglio 2004 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; della delibera 3 giugno 2004 del Consiglio dei ministri, per violazione: della legge costituzionale n. 1 del 1963 e delle relative norme di attuazione; degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001; del principio di leale collaborazione tra lo Stato e le regioni. F a t t o Il presente conflitto e' reso necessario dall'ulteriore lesivo svolgimento di una vicenda gia' portata all'attenzione di codesta Corte con il ricorso, notificato in data 27 luglio 2004, avverso l'art. 6 d.l. n. 136/2004, il quale consente, a certe condizioni, di prescindere dall'intesa con la regione richiesta dall'art. 8 legge n. 84/1994 per la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale. L'atto qui impugnato non solo ha nominato il Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste in assenza di qualunque intesa con la regione, in pretesa (ma in realta', come si dira', arbitraria) applicazione all'art. 6 d.l. n. 136/2004 (nel frattempo convertito, con modifiche, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186), ma ha nominato l'unica persona in relazione alla quale la regione ha espresso un positivo dissenso! La situazione normativa e le vicende fino al d.l. n. 136/2004. Per meglio chiarire la vicenda sia consentito qui di riportarne i dati essenziali, quali ricostruiti nel ricorso appena citato: «In base a quanto stabilito dall'art. 70, ultimo comma, dello Statuto ("con legge della Repubblica, entro un anno dall'entrata in vigore del presente Statuto, saranno emanate norme per l'istituzione dell'ente del porto di Trieste e per il relativo ordinamento"), l'art. 1 della legge n. 589/1967 costituiva l'Ente autonomo del porto di Trieste quale ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del Ministero della marina mercantile. La legge n. 84/1994, nel riformare l'ordinamento dei porti, all'art. 6 previde nel porto di Trieste (come in altri porti) l'Autorita' portuale, ente pubblico autonomo. Nella stessa legge l'art. 8, comma 1, disciplina la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale, stabilendo che "il presidente e' nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell' economia dei trasporti e portuale designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, la cui competenza territoriale coincide, in tutto o in parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7». La disposizione precisa che la terna deve essere «comunicata al Ministro dei trasporti e della navigazione tre mesi prima della scadenza del mandato», che «il Ministro, con atto motivato, puo' chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina», e che, «qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalita' che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale». Dunque, gia' l'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994 assegnava alla regione un ruolo di codeterminazione nella nomina del presidente, attraverso la necessaria intesa. A provincia, comuni e camere di commercio era pure assegnato un ruolo importante attraverso la designazione di una prima ed eventualmente di una seconda tema di candidati: fermo restando che, ove nessuna terna fosse pervenuta, la determinazione spettava comunque all'intesa tra lo Stato e la regione. Nella materia e' poi intervenuta la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001. Infatti, il nuovo testo dell'art. 117, terzo comma, attribuisce alle regioni ordinarie competenza concorrente sui «porti». Come noto, le disposizioni del nuovo Titolo V sono applicabili anche alle regioni speciali la' dove prevedano forme di autonomia piu' ampie rispetto agli statuti speciali (art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001). Nonostante l'espansione costituzionale della competenza delle Regioni, e tra queste della Regione Friuli-Venezia Giulia, la disposizione qui impugnata - l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di taluni settori della pubblica amministrazione), intitolato: modificazioni alla legge 28 gennaio 1994, n. 84 - in realta' restringe e sminuisce il ruolo della regione, rendendo l'intesa con essa meramente facoltativa. Essa infatti dispone, aggiungendo il comma 1-bis all'art. 8, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, che «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro puo' chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata». La disposizione legislativa qui impugnata, pur avendo carattere generale ed astratto - e riferendosi percio' in generale ai porti, e non specificamente a quello di Trieste - si inserisce pero' in modo specifico nel quadro della vicenda che da oltre un anno impedisce - la regione ricorrente ritiene senza sua responsabilita' - la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e di questa vicenda converra' qui rammentare i tratti essenziali. Essendo prossimo a scadenza (13 ottobre 2003) il mandato del presidente dell'Autorita' portuale del porto di Trieste, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con nota del 22 aprile 2003 richiedeva alla Provincia di Trieste, alla Camera di Commercio di Trieste ed ai Comuni di Trieste e di Muggia (cioe' agli enti previsti dall'art. 8 della legge n. 84/1994) la designazione della terna di esperti di rispettiva competenza. Gli enti in questione, tuttavia, anziche' indicare una terna, entro la quale Ministero e regione potessero fare la propria scelta, hanno indicato - con nota congiunta dell'8 maggio 2003 sottoscritta da tutti i legali rappresentanti degli stessi - quale candidato unico la dott.ssa Marina Monassi. E' evidente la plateale violazione della legge, ed in pratica l'abnorme pretesa di tali enti di scegliere essi in modo vincolante e definitivo il Presidente dell'Autorita' portuale. E' evidente anche la lesione, da parte di tali enti, delle competenze della regione, e dello stesso Ministero, il cui ambito di scelta sarebbe venuto a ridursi ad un solo nome. Tuttavia, il Ministro, anziche' rilevare la lesione e fare quanto necessario ad eliminarla, inopinatamente con nota del 4 luglio 2003, indirizzata alla, regione, riteneva «di poter concordare con la volonta' espressa dagli enti locali» e segnalava il suo «orientamento sul nominativo della dott.ssa Monassi», restando «in attesa di conoscere le valutazioni della regione per l'acquisizione della prescritta intesa e la prosecuzione del procedimento di nomina» (doc. 2). La regione, con nota dell'8 luglio 2003 (doc. 3), dopo aver ricordato l'importanza della procedura delineata dall'art. 9 della legge n. 84/1994 e aver richiamato il curriculum della dott.ssa Monassi, comunicava di non poter «esprimere l'intesa sulla proposta della dott.ssa Monassi quale presidente dell'Autorita' portuale di Trieste». Con la medesima nota, anche alla luce delle considerazioni rappresentate dal presidente della regione al Ministro nel corso di un incontro precedente, veniva richiesto il rinnovo della procedura di nomina. A questo punto, con nota del 18 luglio 2003 (doc. 4), il Ministro, rilevato il mancato raggiungimento dell'intesa con la regione, chiedeva agli enti «di voler nuovamente procedere alla designazione del candidato entro trenta giorni dal ricevimento» della nota stessa. Il Ministro richiamava l'art. 8 legge n. 84/1994 ma non precisava la necessita' di proporre una terna, ed utilizzava anche la curiosa (rispetto alle previsioni di legge) espressione (il «candidato») sopra evidenziata in corsivo. La Provincia, i Comuni di Trieste e Muggia e la Camera di Commercio, con note tutte eguali del 30 luglio 2003 (doc. 5), nuovamente incuranti del dettato legislativo, ma pronti a cogliere il nascosto suggerimento del Ministro, non solo riproponevano un solo nominativo, ma incredibilmente riproponevano lo stesso e solo nominativo della dott.ssa Monassi, senza neppure menzionare il disaccordo della regione e sottolineando la propria «unita' d'intenti»: come se questa potesse sostituire il rispetto delle leggi e delle competenze costituzionali. Avuta notizia di cio', il presidente della regione con nota del 7 agosto 2003 (doc. 6) ribadiva la necessita' che il presidente fosse nominato nell'ambito di una tema di esperti, chiedendo al Ministro «di espletare gli adempimenti prescritti verificando, se ne sussistono i presupposti, l'inadempienza degli enti tenuti alle indicazioni della terna», al fine di «attivare... entro il termine di scadenza dell'attuale Presidente, la procedura di nomina prevista dall'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 8 della citata legge n. 84/1994.» A questa nota delpPresidente della regione rispondeva il capo di gabinetto del Ministro in data 12 settembre 2003 (doc. 7). In tale nota, si prospettava una teoria - ad avviso della regione davvero singolare - secondo la quale l'art. 8 legge n. 84/1994 non richiede una «terna» di candidati per dare al Ministro e alla regione la possibilita' di scegliere fra persone diverse ma solo perche' gli enti proponenti appartengono a tre «tipi» diversi, per cui, se gli enti concordano su un unico nome, sarebbe legittima la proposta di quest'ultimo. Il Capo di gabinetto, dunque, affermava la legittimita' del procedimento fin li' seguito, precisava di voler evitare «il ricorso alle forme procedurali garantiste» (sic) e concludeva rappresentando «l'inalterato intento di questa Amministrazione di pervenire quanto prima al raggiungimento di un accordo» con la regione: nel senso, evidentemente, di costringere la regione a consentire sull'unico candidato prospettato. Ed infatti il 17 settembre 2003 (doc. 8), il Ministro riproponeva alla regione il nominativo della dott.ssa Monassi, sul quale gia' nella prima tornata la regione aveva espresso valutazione motivatamente negativa. Tale valutazione veniva reiterata con nota del 19 settembre 2003 (doc. 9). Con tale nota si ribadiva l'illegittimita' di una nomina effettuata sulla base della designazione di un solo candidato (alla luce della lettera e della ratio dell'art. 8 legge n. 84/1994) e si sottolineava «la inequivocabile mancanza del possesso dei requisiti di legge da parte della dott.ssa Monassi», dato che (oltre ad «altre valutazioni desumibili dal curriculum») «la candidata risulta laureata in biologia e quindi e' sprovvista, de iure, della preparazione universitaria essenziale per rispondere al requisito della «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuali». La regione, peraltro, confermava «l'intendimento... di contribuire a scegliere il nuovo Presidente dell'Autorita' portuale entro i termini di scadenza previsti dalla legge, esercitando appieno le competenze e i poteri ad essa riservati anche nel merito, sia nell'ambito della procedura ordinaria prevista nella prima parte dell'art. 8, primo comma, sia nella procedura alternativa prevista nella seconda parte della medesima norma», e assicurava «la disponibilita'... a concorrere, con la propria intesa, anche ad altre procedure che eventualmente il Ministero ritenesse necessario adottare per far fronte ad eventuali situazioni di necessita' e urgenza.» A tale nota della regione, di data 19 settembre, non seguiva alcuna risposta da parte ministeriale: nonostante la ricordata solenne affermazione con cui si chiudeva la nota del 12 settembre 2003 circa «l'inalterato intento» dello Stato «di pervenire quanto prima al raggiungimento di un accordo» con la regione. Invece, il 10 ottobre il Ministro, senza alcuna consultazione con la regione, procedeva alla nomina di un Commissario dell'Autorita' portuale di Trieste. La nomina del Commissario decorreva dal 14 ottobre 2003, giorno successivo alla scadenza del mandato del presidente in carica, senza neppure consentire la ordinaria prorogatio dello stesso per la durata prevista dal d.l. n. 293/1994, conv. in legge n. 444/1994. L'atto di nomina veniva impugnato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia avanti al Tribunale amministrativo regionale del Friuli-Venezia Giulia. Nel frattempo, anche in relazione alle difficolta' incontrate nello svolgimento della procedura prevista dalla legge n. 84 del 1994, la regione veniva elaborando una propria legge che, approvata, diveniva la legge regionale 24 maggio 2004, n. 17 (pubblicata nel supplemento straordinario al B.U.R. n. 8 del 26 maggio 2004, ed entrata in vigore il giorno della pubblicazione), il cui art. 9 dispone ora (ovviamente in relazione al solo porto di Trieste) quanto segue: «1. - Ai fini della nomina del Presidente dell'Autorita' Portuale di Trieste, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, il Comune di Muggia e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Trieste individuano tre nominativi di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia, dei trasporti e portuale. Tali nominativi sono comunicati, tre mesi prima della scadenza del mandato del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste, al presidente della regione il quale, con atto motivato, puo' chiedere ai succitati enti di comunicare, entro trenta giorni dalla richiesta, la candidatura di ulteriori tre soggetti al fine di effettuare la nomina. Ricevute le proposte, il presidente della regione promuove, in attuazione del principio di leale cooperazione, le procedure per l'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. 2. Qualora nei termini di cui al comma 1 non pervenga alcuna designazione, il Presidente della Regione, previa intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nomina comunque il Presidente dell'Autorita' Portuale di Trieste tra personalita' che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia, dei trasporti e portuale. 3. - La revoca del mandato del Presidente dell'Autorita' Portuale di Trieste, lo scioglimento del comitato portuale e le eventuali nomine commissariali sono disposte con decreto del presidente della regione d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel rispetto delle previsioni di cui all'art. 7 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale). 4. - In fase di prima applicazione, la comunicazione dei nominativi di cui al comma 1 avviene entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge». In pratica, in attuazione dei principi costituzionali di cui all'art. 117 e 118 della Costituzione, come innovata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, e nell'esercizio della propria potesta' legislativa concorrente in materia di porti (spettante ex art. 117, comma 3, in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001), la Regione Friuli-Venezia Giulia invertiva i ruoli assegnati dalla legge n. 84/1994 al presidente della regione ed al Ministro, conferendo al primo la responsabilita' del procedimento ed il compito finale della nomina, al secondo quello di dare l'intesa a ulteriore garanzia degli interessi generali del sistema portuale. Risulta alla regione - dalla nota del Dipartimento affari regionali 9 giugno 2004, n. prot. 4877/2004, che con determinazione del 3 giugno 2004 il Consiglio dei ministri ha deciso l'impugnazione della legge regionale in questione davanti a codesta ecc.ma Corte costituzionale. A soli due giorni di distanza dalla pubblicazione della legge regionale, il Governo, su proposta concertata (per questa parte) con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottava il decreto-legge qui impugnato, n. 136 del 28 maggio 2004, il cui art. 6 inseriva il comma 1-bis nell'art. 8 legge n. 84/1994, statuendo che, «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata entro i brevi termini in esso definiti, il Ministro puo' chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata». E' da notare che, il 27 maggio 2004, la Conferenza dei Presidenti delle regioni, essendo venuta a conoscenza delle intenzioni del Governo, aveva inviato una nota al Ministro delle infrastrutture ed al Ministro per gli affari regionali (doc. 10), nella quale si giudicava illegittima la norma qui impugnata e si chiedeva un incontro urgente per «individuare un percorso condiviso che consenta di superare le `divergenze' registrate». Le vicende successive al d.l. n. 136/2004: nomina della sola persona sulla quale la regione ha dissentito e modifica non retroattiva del decreto-legge. E' sulle vicende ora ricordate che si innestano quelle che hanno originato il presente conflitto. Infatti, in pretesa attuazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti richiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri stesso, che si pronunciava il 3 giugno 2004. Come si rileva dal verbale (doc. 11), esso, «preso atto che la dott.ssa Marina Monassi, e' stata unanimemente designata dagli enti territoriali interessati (provincia, comune, Camera di commercio) e che sulla predetta designazione non e' stata raggiunta l'intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione Friuli-Venezia Giulia, delibera - ai sensi del predetto comma 1-bis - che lo stesso Ministro, previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, possa procedere alla nomina della dott.ssa Marina Monassi a Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste, considerata la necessita' di evitare l'ulteriore prosecuzione della gestione commissariale dell'Autorita' portuale e considerata altresi' l'univocita' della designazione da parte degli enti esponenziali degli interessi maggiormente coinvolti nella nomina». In altre parole, l'illegittimita' compiuta dagli enti locali nel designare un unico candidato invece che una terna e' stata assunta a ... motivazione della nomina. La regione, venuta a conoscenza. di tale decisione dal comunicato stampa del Governo, con telegramma inviato lo stesso 3 giugno al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed al Presidente Consiglio rilevava che la deliberazione era stata adottata senza il rispetto delle procedure previste per la formulazione dell'intesa ed «in violazione art. 44 Statuto costituzionale di autonomia di questa regione, che fa obbligo di convocare al Consiglio stesso il Presidente della regione quando siano trattate questioni che riguardano particolarmente la regione» (doc. 12). A questo telegramma rispondeva il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con nota del 15 giugno 2004 (doc. 13), senza peraltro fornire alcuna spiegazione, neppure in ordine alla mancata convocazione del Presidente della, regione alla riunione del Consiglio dei ministri. A tale nota il Presidente della regione replicava in data 21 giugno 2004 (doc. 14), ribadendo l'illegittimita' della procedura seguita dal Governo e preannunciando il ricorso, nel caso di completamento della procedura. Si noti che non soltanto il Presidente della regione non e' stato invitato alla riunione del Consiglio dei ministri ma, addirittura, per ottenere copia della deliberazione assunta dal Consiglio medesimo in data 3 giugno e' stato necessario per la regione attivare il procedimento di accesso ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241/1990. Alla richiesta regionale di accesso del 1° luglio 2004 (doc. 15) la Presidenza del Consiglio dei ministri rispondeva soltanto con nota del 14 luglio 2004, pervenuta alla regione in data 22 luglio 2004, allegando finalmente copia della deliberazione n. 160/2004 del Consiglio dei ministri. Nel frattempo, le competenti Commissioni parlamentari procedevano all'esame del d.l. n. 136/2004, ai fini della sua conversione, ed erano anche chiamate ad esprimere il previsto parere sulla nomina del Presidente dell'Autorita' portuale. Dai resoconti delle dichiarazioni di voto, tra l'altro, risulta che la vicenda era riportata al Parlamento in termini non veritieri, e che, in particolare, sarebbe stata indicata la terna di candidati. Percio', con nota dell'8 luglio 2004 (doc. 16), indirizzata al Presidente della Commissione permanente del Senato, il Presidente della regione riassumeva le motivazioni che avevano portato alla mancata intesa da parte della regione, con ampio corredo della corrispondenza intervenuta sull'argomento. Inoltre, nella perdurante inerzia statale rispetto alle richieste ed iniziative della regione il Presidente della regione con nota del 15 luglio 2004, inviata al Ministro (doc. 17), ribadiva la posizione della regione, invitava il Ministro a non procedere alla nomina e constatava che dai resoconti parlamentari risultava «che il decreto-legge sarebbe stato adottato nel tentativo di fermare la legittima azione della regione e sull'erroneo presupposto che il Ministero avrebbe ricercato, infruttuosamente, l'intesa su una terna di nomi che sarebbe stata inviata alla regione per ben due volte». Sempre il 15 luglio 2004 il Ministro procedeva alla nomina della dott.ssa Marina Monassi a Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste (doc. 18). Pochi giorni dopo il d.l. n. 136/2004 - sulla cui base era stata asseritamente fatta la nomina qui contestata - veniva convertito dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, eppero' con profonde modificazioni proprio in relazione alle procedure di nomina dei presidenti degli enti portuali. Infatti, l'art. 6 del d.l. veniva sostituito, ed ora l'art. 8, comma 1-bis, legge n. 84/1994 prevede che, «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'ambito di una terna formulata a tale fine dal Presidente della Giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati» (enfasi aggiunta); la disposizione stabilisce poi che, «ove il Presidente della Giunta regionale non provveda all'indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata». In questo modo, alla regione viene restituito un ruolo significativo, seppur nell'ambito di procedure non completamente regionalizzate. Ma alla nuova normativa viene sottratta proprio la vicenda del porto di Trieste. Infatti, con l'art. 1, comma 2, della legge di conversione vengono «fatti salvi gli effetti degli atti compiuti ai sensi dell'art. 8, comma 1-bis, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, introdotto dall'art. 6 del decreto- legge 28 maggio 2004, n. 136, fino alla data di entrata in vigore della presente legge». Di fatto, l'unico provvedimento di nomina compiuto dal Ministro ai sensi del d.l. n. 136/2004, prima della sua conversione in legge, e' quello del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste. Dunque, lo Stato ha adottato il d.l. n. 136/2004, che reca una disciplina apparentemente generale, solo per superare l'espresso dissenso della Regione Friuli-Venezia Giulia sulla nomina del presidente dell'Autorita' portuale, e poi, una volta compiuta la nomina, ha modificato la norma introdotta, premurandosi di far salva la nomina stessa, pur senza espressamente nominarla. Anche per ottenere copia del provvedimento di nomina e' stato necessario, da parte della regione, presentare apposita richiesta con nota 5 agosto 2004 (doc. 19). Il decreto ministeriale e' stato trasmesso alla Regione Friuli-Venezia Giulia con nota del 12 agosto 2004, pervenuta il giorno successivo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (doc. 20). In chiusura di questa ricostruzione degli elementi fattuali, non si puo' non sottolineare che, in un procedimento nel quale la legge impone l'intesa e, quindi la «codeterminazione paritaria» tra Stato e regione, la regione, oltre a essere stata scavalcata, ha addirittura dovuto attivare il diritto d'accesso per ottenere copia del provvedimento alla cui formazione - per legge - avrebbe dovuto attivamente partecipare. La ricorrente regione ritiene che gia' la semplice narrazione di tali accadimenti mostri che la nomina compiuta dal Ministro, a seguito della deliberazione dei Consiglio dei ministri, e' del tutto illegittima e lesiva delle proprie competenze costituzionali, come ulteriormente viene illustrato dalle seguenti ragioni di D i r i t t o Premessa. Il diritto applicabile alla nomina del presidente del Porto di Trieste. Come risulta dalla parte narrativa, la nomina del presidente del Porto di Trieste e' disciplinata sia dalla legislazione statale, con riferimento ai porti in genere, sia dalla legge regionale, e in particolare dalla legge regionale 24 maggio 2004, n. 17, che riguarda specificamente ed esclusivamente l'autorita' portuale di Trieste. Si pone dunque in primo luogo la questione di quale sia attualmente la legge applicabile a tale nomina. Per le ragioni che saranno esposte - essenzialmente la competenza regionale e il principio di specialita' - la Regione Friuli-Venezia Giulia ritiene che alla nomina dovrebbe applicarsi la legge regionale: e se cosi' e', risulta ovviamente illegittima ed invasiva la nomina compiuta dal Ministro in base alla legislazione statale. Tuttavia, per chiarezza argomentativa nell'esposizione delle censure si preferisce qui partire dall'ipotesi della perdurante applicabilita' della legislazione statale, per mostrare in modo piu' netto come anche in tale ipotesi la nomina compiuta sia completamente illegittima, arbitraria e lesiva delle competenze costituzionali della regione. 1. - Illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art. 6 d.l. n. 136/2004. Qualora dunque, in denegata ipotesi, si ritenga che il rapporto fra la legge regionale n. 17/2004 ed il d.l. n. 136/2004 non debba essere regolato dal criterio di specialita' ma da quello cronologico, e si ritenga dunque applicabile il secondo anche in Friuli-Venezia Giulia, gli atti impugnati sarebbero comunque affetti, in via derivata, dai vizi denunciati nel ricorso proposto da questa regione contro l'art. 6 d.l. n. 136/2004. E' dunque opportuno riportare qui le censure avanzate nel ricorso di cui sopra. «Violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, in relazione all'eventuale ripristino anche nella Regione Friuli-Venezia Giulia della competenza ministeriale alla nomina. La giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, nelle materie regionali, la legge statale puo' assegnare allo Stato (e regolare) solo funzioni amministrative che debbano essere esercitate unitariamente, nel rispetto dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza, e che tale attribuzione di funzioni dovrebbe essere frutto di un accordo con le regioni. In mancanza di procedure di concertazione in sede legislativa, «l'esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta» (sent. n. 303/2003, punto 2.2 del Diritto, v. anche la sent. n. 6/2004, punto 7 del Diritto). Con l'art. 6 d.l. n. 136/2004, lo Stato - oltre a «declassare» l'intesa prevista dall'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994, trasformandola da forte a debole - ha anche ribadito la competenza ministeriale. Ora, come visto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la propria specifica legislazione, e precisamente con la legge regionale n. 17/2004, ha attribuito al Presidente della Regione il compito della nomina del Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste: e cio' in applicazione dell'art. 118 Cost., che attribuisce all'ente titolare della competenza legislativa il potere di allocazione delle funzioni amministrative. Naturalmente, la legge regionale ha conservato il potere di codeterminazione del Ministro delle infrastrutture, in considerazione del principio fondamentale espresso dalla legge n. 84 del 1994, tenendo percio' ferma la necessaria intesa preventiva. Risulta ad avviso della regione evidente che la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale non e' una funzione che possa richiedere un necessario esercizio centrale per essere svolta in modo adeguato. Al contrario, il principio di sussidiarieta' e di proporzionalita' sono senz'altro soddisfatti da una nomina regionale alla quale lo Stato dia il suo consenso; ed anzi, il principio di adeguatezza, pure stabilito dall'art. 118 Cost., rende evidentemente preferibile che le valutazioni di base partano dalla realta' locale, del resto secondo un criterio gia' insito nella stessa legge n. 84 per la formulazione delle «terne» di partenza: criterio che non v'e' ragione di non far valere anche per la competenza regionale. Si badi che la titolarita' statale o regionale del potere di nomina involge anche la complessiva responsabilita' del procedimento di nomina: nel caso dell'Autorita' portuale di Trieste, il blocco della procedura e' dipeso dal fatto che il Ministro ha, in prima battuta, accettato un'unica designazione dagli enti locali e, in seguito, non ha sollecitato la designazione della terna. Dunque, qualora si ritenga che l'art. 6 d.l. n. 136/2004 ripristini il potere ministeriale di nomina, abrogando l'art. 9 legge regionale n. 17/2004, esso risulta illegittimo (in relazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia) per violazione dell'art. 118, commi 1 e 2, Cost., alla luce delle sentt. n. 303/2003 e n. 6/2004 di codesta Corte. Violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in relazione alla possibilita' di procedere a nomina senza intesa della regione. E' pacifico che la norma impugnata rientra in una materia in cui la Regione Friuli-Venezia Giulia ha potesta' legislativa, salva la determinazione del principi fondamentali da parte dello Stato. Non puo' essere dubbio che, entro il proprio ambito di applicazione, l'art. 6 rende facoltativa l'intesa prima obbligatoria ai sensi dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994. Si e' visto che, in base alla giurisprudenza costituzionale, nel caso in cui lo Stato eserciti una funzione amministrativa in materia regionale, e' necessaria l'intesa con le regioni o la regione specificamente interessata. Si tratta di un'intesa forte: cio' risulta dall'insieme delle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale e anche dalla sent. n. 6 del 2004, che ha considerato legittima la norma statale impugnata perche' prevedeva «un'intesa «forte», nel senso che il suo mancato raggiungimento costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione del procedimento» (punto 7 del Diritto). Ma la stessa sent. n. 303/2003 ha ritenuto che la mancanza dell'intesa per la individuazione e la localizzazione delle «grandi opere» da inserire nel programma comporta l'inefficacia del programma nella regione interessata. E tali concetti sono stati puntualmente confermati dalla recentissima sentenza n. 233 del 2004, con riferimento alla decisione di realizzazione e alla approvazione del progetto preliminare della Metropolitana di Bologna, per la quale codesta ecc.ma Corte ha confermato la necessita' dell'intesa regionale. Comunque, se anche potesse essere concepibile che, in casi particolari, il coinvolgimento della regione nell'esercizio «unitario» delle funzioni amministrative assuma forme meno intense rispetto a quelle dell'intesa «forte», il caso della nomina dei presidenti delle Autorita' portuali non potrebbe costituire uno di quei casi particolari. Da un lato, infatti, non si puo' ipotizzare che, per casi di questo genere, l'intesa risulti impossibile. Trattandosi di una nomina, e' evidente che, se le parti ispirano il proprio comportamento al principio di leale cooperazione, esse dovranno necessariamente giungere ad un accordo su una persona fra le tre (o, eventualmente, le ulteriori tre) proposte dagli enti locali. Seppur in riferimento ad un caso diverso (si trattava di un conflitto fra C.S.M., e Ministro della giustizia in relazione ad un «concerto» che il Ministro doveva dare ad una commissione del C.S.M.), codesta Corte ha avuto occasione di precisare in modo analitico cosa si intenda per leale collaborazione in occasione di un procedimento di nomina (v. la sent. n. 379 del 1992, punto 7 del Diritto). E' opportuno, inoltre, ricordare che lo Stato non rimane sprovvisto di tutela in caso di intesa «forte», perche' anche la regione deve comportarsi rispettando il principio della leale collaborazione, per cui, di fronte ad un'inerzia regionale o ad un diniego di intesa incongruamente motivato, lo Stato potrebbe attivare gli opportuni rimedi giurisdizionali davanti a codesta ecc.ma Corte. Dall'altro lato, la previsione di meccanismi alternativi all'intesa potrebbe giustificarsi quando alle esigenze di tutela dell'autonomia costituzionale della regione si contrapponessero preminenti esigenze di rango costituzionale, nel senso che il mancato esercizio della funzione «accentrata» ex art. 118 Cost. nuoccia gravemente ad interessi di rango costituzionale: ma non e' certo questo il caso della mancata nomina del Presidente dell'Autorita' portuale. Da un lato, infatti, l'art. 9, comma 1, lett. b) legge n. 84/1994 assegna la funzione di vice presidente al comandante del porto sede dell'autorita' portuale e l'art. 9, comma 4, stabilendo che «per la validita' delle sedute e' richiesta la presenza della meta' piu' uno dei componenti in prima convocazione e di un terzo dei medesimi in seconda convocazione», consente il funzionamento del Comitato portuale anche senza il Presidente ed i membri da esso nominati. Dall'altro lato, qualora gia' non operasse tale disposizione, non vi sarebbe in ogni modo alcuna necessita' operativa di provvedere unilateralmente alla nomina del presidente, dal momento che le necessita' immediate potrebbero essere soddisfatte attraverso la nomina di un commissario straordinario, nomina che codesta ecc.ma Corte ha ritenuto possibile qualora sia effettuata in ragione dell'urgenza una volta che siano lealmente avviate le trattative per l'intesa (sent. n. 27 del 2004). Se non si vuole rendere apparente la «tutela compensativa» riconosciuta dalla Corte costituzionale, attraverso l'intesa, alle regioni in caso di alterazione della ripartizione costituzionale delle competenze legislative, occorre limitare al massimo i casi in cui si puo' rinunciare all'intesa: la nomina del presidente di un ente pubblico e' un tipico caso in cui all'intesa si deve mantenere carattere forte, per le ragioni appena viste. Dunque, l'art. 6 d.l. n. 136/2004 lede la sfera costituzionale di competenza regionale perche' non solo diminuisce la tutela dell'autonomia regionale rispetto alla norma previgente (il che gia' potrebbe considerarsi contrastante con l'art. 5 Cost.) ma opera questa deminutio dopo che la Regione Friuli-Venezia Giulia e' stata dotata di competenza costituzionale in materia di porti, competenza costituzionale che, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale, puo' essere derogata (sotto il profilo dell'allocazione e della regolazione delle funzioni amministrative) solo prevedendo un'intesa «forte» con la regione (e, come detto, rispettando i principi di ragionevolezza e proporzionalita' nell'applicazione dell'art. 118, comma 1). Pertanto, l'art. 6 d.l. n. 136/2004 viola gli artt. 117, comma 3, e 118, commi 1 e 2, Cost. ed il principio di leale collaborazione, alla luce delle sentt. n. 303/2003, n. 6/2004 e n. 233/2004 della Corte costituzionale. In subordine al punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in quanto si prevede che il conflitto venga risolto con la semplice prevalenza di una delle parti. La disposizione qui impugnata prevede che, in caso di mancata intesa, sia competente a provvedere il Consiglio dei ministri. La ricorrente regione desidera sottolineare che non si tratta qui di una questione che possa coinvolgere l'indirizzo politico o le massime scelte di Governo, ma semplicemente della nomina del migliore titolare dell'Autorita' portuale. In situazioni di questa natura, non vi sono interessi costituzionali preminenti che possano richiedere che - in caso di mancata intesa tra regione e lo Stato, e nella denegata ipotesi che si ritenga legittimo che possa provvedersi in assenza dell'intesa - la decisione venga affidata al Governo, anziche' ad una istanza che equilibratamente rappresenti le esigenze delle due parti. Infatti, e' di immediata evidenza che il Consiglio dei ministri non rappresenta certo una istanza «neutra», o realmente equidistante tra la regione e il Ministro con il quale l'intesa avrebbe dovuto essere raggiunta, ma rappresenta piuttosto un'istanza dello stesso segno del Ministro stesso, che non solo partecipa alla riunione, ma vi assume la parte del proponente della deliberazione. Si noti che la parita' tra lo Stato e regione nella procedura sostitutiva dell'intesa non viene ripristinata dalla possibilita' data alla regione di impugnare per conflitto la determinazione del Governo: essendo evidente che altro e' una procedura amministrativa di paritario esame nel merito della questione, altro un sindacato successivo di legittimita' sul rispetto del principio di leale collaborazione. La disposizione in questione risulta dunque costituzionalmente illegittima perche', in presenza di interessi costituzionali di pari dignita', e di natura tale da non mettere in gioco l'indirizzo politico del Governo, stabilisce che in caso di mancata intesa sia chiamato semplicemente a decidere il Governo, anziche' stabilire sedi e procedure di decisione che siano sostanzialmente neutre ed equidistanti rispetto alle parti che non hanno raggiunto l'intesa. In ulteriore subordine al punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in quanto si prevede che il semplice passaggio di trenta giorni consenta la sostituzione del Governo all'intesa. Come visto sopra, la norma impugnata consente di prescindere dall'intesa, con delibera del Consiglio dei ministri, «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata». In pratica, si puo' sottoporre la questione al Consiglio dei ministri dopo trenta giorni dal ricevimento della terna di candidati (o della seconda terna di candidati, richiesta dal Ministro) o dopo trenta giorni dalla scadenza del termine per le designazioni (tre mesi prima della scadenza del mandato del presidente per la prima terna). Dunque, l'art. 6 non richiede altro, al fine di consentire la procedura sostitutiva dell'accordo con la regione, che il passaggio dei trenta giorni. Sembra dunque evidente che esso viola le competenze costituzionali della regione ed il principio della leale collaborazione, perche', anche in caso di intesa «debole», lo Stato puo' decidere unilateralmente solo dopo aver cercato l'accordo con «reiterate trattative» (secondo l'espressione ricorrente nella giurisprudenza costituzionale) e qualora, in sostanza, sia il mancato atteggiamento collaborativo della regione a bloccare il procedimento. L' art. 6, invece, sembra dare allo Stato il potere di decidere unilateralmente anche in assenza dei presupposti richiesti dal principio di leale collaborazione. Ne risulta la violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione. 2. - Autonoma illegittimita' degli atti impugnati. a) Violazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004 per mancanza della terna di candidati e del tentativo di accordo diretto con la Regione. L'art. 8, comma 1-bis n 84/1994, come introdotto dal d.l. n. 136/2004, stabiliva, prima della modifica apportata in sede di conversione di tale decreto, che «esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro puo' chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata» (enfasi aggiunta). Le «procedure di cui al comma 1» prevedono, inconfutabilmente, che Ministro e regione siano chiamati a raggiungere l'intesa non su un solo nominativo (che rappresenterebbe un vincolo insuperabile) ma su una «terna di esperti» indicata dagli enti locali. Gia' dall'esposizione in fatto risulta l'illegittimita' di una procedura di nomina fondata su una designazione unica da parte degli enti locali. Si e' ricordata la tesi, sostenuta da parte statale, secondo la quale l'art. 8 legge n. 84/1994 non richiederebbe una «terna» di candidati per dare al Ministro e alla regione la possibilita' di scegliere fra persone diverse ma solo perche' gli enti proponenti appartengono a tre «tipi» diversi, per cui, se gli enti concordano su un unico nome, sarebbe legittima la proposta di quest'ultimo: tesi palesemente infondata sia in relazione alla lettera della legge (che parla di «terna», e non di una designazione per ciascun ente locale, e comunque non prevede alternative alla terna) sia in relazione alla sua ratio, che e' quella di conferire un ruolo importante agli enti locali ma di lasciare un sostanziale potere di scelta ed un sufficiente margine di trattativa al Ministro e alla regione, che, invece, di fronte ad una designazione unica, avrebbero le mani completamente legate. Che la terna non possa ridursi ... ad un solo candidato e' stato confermato (ovviamente, ad avviso della regione) dalla giurisprudenza amministrativa. La sent. Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. IIIter. n. 4891/2003, relativa proprio all'Autorita' portuale di Trieste, non solo ha riconosciuto l'assoluta necessita' della designazione di una terna ma ha aggiunto che, «non essendo previsto un candidato per ogni ente, e' evidente che la designazione della terna non possa che avvenire con il concorde assenso di tutti gli enti interessati» (p. 3). Il Tribunale ha aggiunto che, per il fatto che «si tratta di far luogo alla nomina di un organo monocratico che riveste un notevolissimo rilievo nell'ambito dell'economia del territorio ed in primo luogo della citta' ove il porto medesimo e' ubicato», e' «sempre necessaria l'intesa con la regione» ed «e' altrettanto indispensabile che la terna... sia affrancata da logiche "di schieramento" e sia composta da tecnici consensualmente individuati dai diversi livelli di governo» (p. 4 s.). E' da rimarcare il diverso atteggiamento tenuto dall'allora Ministro dei trasporti nella procedura giudicata poi legittima dalla sentenza appena citata: mentre ora il Ministro si e' accontentato per ben due volte della designazione di un solo nominativo, cinque anni fa il Ministro non accetto' la designazione di quattro nomi, perche' non c'era il consenso unanime degli enti locali su tre nomi (e la richiesta di un'ulteriore terna fu giudicata legittima dal Tribunale amministrativo regionale). L'illegittimita' degli atti impugnati e la loro lesivita' per le competenze costituzionali della Regione Friuli-Venezia Giulia sembrano dunque palesi. Inoltre, tale illegittimita' sussisterebbe perfino se si condividesse la tesi appena confutata. Infatti, a seguito del primo diniego di intesa, il Ministro ha richiesto agli enti locali «di voler nuovamente procedere alla designazione del candidato entro trenta giorni dal ricevimento». Ora, se anche per assurdo si accettasse che la designazione di una terna sia sostituita da una designazione unica sarebbe comunque inaccettabile che la seconda designazione fosse uguale alla prima gia' rifiutata. Nel momento in cui il Ministro ha richiesto una seconda designazione, in applicazione dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994, gli enti locali avevano comunque il dovere di designare una persona diversa dalla dott.ssa Monassi; e' veramente paradossale (oltre che illegittimo) che, di fronte ad una richiesta di designazione originata dalla mancata intesa su un certo candidato, gli enti locali abbiano nuovamente designato lo stesso candidato. Dunque, perfino nella ipotesi in cui non si ritenesse necessaria la terna di candidati, gli atti impugnati sarebbero illegittimi e lesivi perche' la regione si e' vista sottoporre due volte lo stesso candidato. Inoltre, le «procedure di cui al comma 1» non prevedono solo l'intesa fra regione e Ministro sulla base della terna, ma anche il tentativo di accordo diretto fra regione e Ministro «qualora non pervenga nei termini alcuna designazione» (art. 8, comma 1, ultima frase, legge n. 84/1994). Pare chiaro che l'inciso appena citato debba essere riferito alla designazione di una terna, dato che piu' volte nella parte precedente del comma 1 si parla di designazione di una terna. Se, dunque, Stato e regione hanno il potere-dovere di cercare un'intesa diretta in assenza della designazione di una terna, gli atti impugnati sono affetti da ulteriore illegittimita', perche' sono stati adottati senza che lo Stato cercasse un'intesa diretta con la regione ex art. 8, comma 1, ultima frase, e quindi senza che fossero esperite tutte «le procedure di cui al comma 1». Si badi che un ipotetico tentativo di affermare che basterebbe la presenza di una designazione qualsiasi ad impedire la possibilita' di intesa diretta regione-Ministro, oltre a scontrarsi con il chiaro contenuto complessivo del comma 1, sarebbe precluso dal principio «dell'interpretazione conforme a Costituzione», in quanto, secondo quell'interpretazione, la procedura di nomina rischierebbe di essere bloccata, con conseguente pregiudizio della continuita' dell'azione amministrativa e, quindi, dell'art. 97 Cost. b) Violazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004 in relazione alla decorrenza del termine. Come visto, la possibilita' per il Ministro di far sottoporre la questione al Consiglio dei ministri e' condizionata al decorso di trenta giorni dopo che sono state «esperite le procedure di cui al comma 1». L'art. 6 d.l. n. 136/2004 e' entrato in vigore il 29 maggio 2004 ed il Consiglio dei ministri ha autorizzato il Ministro a nominare la dott.ssa Monassi il 3 giugno 2004. Dunque lo Stato ha ritenuto che il termine di trenta giorni, introdotto ex novo dal d.l. n. 136/2004, avesse cominciato a decorrere prima dello stesso decreto-legge! Sembra chiaro, invece, che un termine non puo' cominciare a decorrere prima di esistere nell'ordinamento. La nuova norma e' formulata in modo generale e astratto, celando l'intento soggettivo dei suoi autori: ma questa formulazione richiedeva che, dopo la sua entrata in vigore, fossero esperite le procedure o, perlomeno, che si cercasse nuovamente un'intesa con la regione per trenta giorni. Lo Stato ha invece applicato subito, meccanicamente, la nuova norma alla situazione che stava a cuore al Ministro, stravolgendo pero' i corretti criteri di applicazione delle norme. Ne risulta un ulteriore profilo di illegittimita' e lesivita' degli atti impugnati. c) Violazione dell'art. 44 St. Friuli-Venezia Giulia. L'art. 44 St. Friuli-Venezia Giulia stabilisce che «il Presidente della regione interviene alle sedute del Consiglio dei ministri per essere sentito, quando sono trattate questioni che riguardano particolarmente la regione». E incontestabile che la delibera qui impugnata del 3 giugno 2004, relativa all'ente istituito, come esposto, in attuazione dell'art. 70 dello Statuto, incide su un interesse differenziato e particolarmente rilevante della Regione Friuli-Venezia Giulia (questi sono i requisiti che la giurisprudenza costituzionale ha individuato per ritenere necessaria la partecipazione del Presidente della regione: v. ad es. la sent. n. 544/1989). Sembra dunque evidente che l'omissione della convocazione del Presidente della regione costituisce violazione dell'art. 44 dello Statuto e del principio di leale collaborazione, con conseguente ulteriore illegittimita' e lesivita' - oltre che della delibera 3 giugno 2004 - anche del d.m. 15 luglio 2004. d) Violazione del principio di leale collaborazione. Dall'ampia esposizione dei fatti sopra compiuta risulta che, mentre la regione si e' prodigata per esporre il proprio punto di vista, manifestare la propria disponibilita' e addivenire ad un accordo con il Ministro, questi ha tenuto un comportamento ispirato a criteri opposti al principio della leale collaborazione. Il Ministro, infatti, ha accettato senza alcuna obiezione la candidatura unica da parte degli enti locali e non ha mai replicato nel merito alle obiezioni avanzate dalla regione sulla preparazione della dott.ssa Monassi, ne' ha mai ipotizzato una possibile candidatura alternativa, ne' dopo il primo diniego di intesa ne' dopo il secondo. Addirittura, dopo il secondo diniego di intesa, il Ministro non ha piu' risposto alla regione, ma ha proceduto direttamente alla nomina del Commissario e, dopo il d.l. n. 136/2004, alla nomina del Presidente: non c'e' stata dunque alcuna trattativa con la regione, con palese violazione del principio di leale collaborazione, come delineato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (v., ad es., le sentt. n. 379/1992, n. 351/1991, n. 116/1994 e n. 27/2004). Persino, come si e' gia' notato, la regione ha dovuto attivare il diritto di accesso per avere copia degli atti ora impugnati. Ne risulta una ulteriore ragione di autonoma illegittimita' e lesivita' degli atti impugnati. e) Ulteriore specifica illegittimita' della nomina del solo candidato per il quale la regione ha espressamente dissentito. Ancora, i provvedimenti qui impugnati sono illegittimi e lesivi per il fatto che il Ministro non solo ha nominato il Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste sulla base di procedure rese ab origine irregolari dalla mancanza della terna, non solo ha provveduto alla nomina senza che il Presidente della regione fosse chiamato a partecipare alla seduta del Consiglio dei ministri, non solo ha proceduto senza avere minimamente cercato di raggiungere l'intesa sul nominando, ma ha nominato la sola persona sulla quale la regione ha espresso esplicito e motivato dissenso. Sembra evidente che il grado davvero minimo del potere regionale di dare (o negare) l'intesa e' rappresentato dal potere di escludere determinate candidature, ritenute non corrispondenti alle caratteristiche necessarie per l'ufficio. Diversamente potrebbe dirsi - eventualmente - solo in una situazione in cui apparisse che la regione strumentalmente e in violazione del principio di leale collaborazione esprime aprioristiche valutazioni negative su tutte le candidature proposte: ma non certo in una situazione in cui e' stata sottoposta alla regione una sola candidatura, e la regione l'ha motivatamente esclusa: semplicemente, non puo' spettare allo Stato di nominarla ugualmente, pena la totale vanificazione della procedura d'intesa. 3. - Illegittimita' per inapplicabilita' del d.l. n. 136/2004 nella Regione Friuli-Venezia Giulia. Come visto, gli atti impugnati sono stati adottati in pretesa applicazione dell'art. 8, comma 1-bis. legge n. 84/1994, introdotto dall'art. 6 d.l. n. 136/2004. Si e' anche ricordato, pero', che, prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 136/2004, e' entrata in vigore nella Regione Friuli-Venezia Giulia la legge regionale n. 17/2004, con la quale la regione ha esercitato la potesta' legislativa che la Costituzione le attribuisce in materia di porti, nel quadro dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale. Infatti, la regione ha mantenuto nell'essenziale i principi stabiliti dall'art. 8 della legge n. 84 del 1994 - la terna ed eventualmente la seconda terna proposta dagli enti locali, la successiva intesa tra regione e Stato per l'individuazione del Presidente - ma ha assunto su di se' (la regione ritiene in applicazione del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 Cost.) la responsabilita' della procedura ed il compito della nomina, attuativa dell'intesa raggiunta con il Ministero. Pur rispettando i principi fondamentali della legislazione statale, la regione ha dunque dato alla nomina del Presidente del porto di Trieste una disciplina autonoma e speciale, che ha determinato (salva ovviamente la verifica della sua legittimita' costituzionale da parte di codesta ecc.ma Corte costituzionale, dinanzi alla quale, come ricordato, il Governo ha gia' deliberato l'impugnazione) la cessazione dell'applicazione, sul punto, dell'art. 8, comma 1, legge n. 84 del 1994. Il decreto-legge n. 136, qui impugnato interviene a precisare un elemento della procedura prevista dall'art. 8, comma 1, legge n. 84 del 1994 (il comma 1-bis. espressamente si riferisce alle «procedure di cui al comma 1»), una procedura che in quel momento non trovava piu' applicazione nella regione. Pare dunque corretto ritenere che, in ossequio al tenore generale dell'art. 6 e a dispetto dell'intento soggettivo dei suoi redattori, la disciplina prevista dal citato decreto-legge per l'ipotesi della mancata intesa non sia destinata ad applicarsi anche con riferimento al porto di Trieste. Se cosi' e', la delibera del Consiglio dei ministri del 3 giugno 2004 ed il d.m. 15 luglio 2004 sono assunti in difetto di potere, per non applicabilita' delle disposizioni legislative statali sui cui si vorrebbero fondare, e violano pertanto gli artt. 117, comma 3, e 118 Cost. ed al principio di leale collaborazione. Tali illegittimita' si traducono in lesione delle prerogative costituzionali della Regione Friuli-Venezia Giulia, che si e' vista espropriata del potere di nomina, attuativo della competenza costituzionale in materia di porti.
P. Q. M. Chiede voglia codesta Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato nominare con decreto ministeriale, senza previa intesa con la regione, il Presidente dell'Autorita' portuale di Trieste, e conseguentemente annullare il decreto 15 luglio 2004 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; la delibera 3 giugno 2004 del Consiglio dei ministri, per ragioni e nei termini sopra esposti. Trieste-Padova, addi' 9 settembre 2004 Prof. avv. Giandomenico Falcon 04C1076