N. 21 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 16 settembre 2004

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 16
settembre 2004 (della Regione Friuli-Venezia Giulia)

Porti  -  Autorita'  portuale  - Nomina del Presidente dell'Autorita'
  portuale  di  Trieste  disposta  con  decreto  del  Ministro  delle
  infrastrutture   e   dei  trasporti  -  Conflitto  di  attribuzione
  sollevato   dalla   Regione   Friuli-Venezia  Giulia  -  Denunciata
  illegittimita'   derivata   del   provvedimento   ministeriale  per
  illegittimita'   costituzionale   dell'art. 6   del  decreto  legge
  28 maggio  2004,  n. 136, gia' impugnato in via principale, recante
  modifiche  alle  procedure  di nomina del Presidente dell'Autorita'
  portuale  -  Inosservanza  delle disposizioni contenute nel decreto
  legge  in  ordine  alla  designazione  di  una  terna di candidati,
  all'esperimento di un tentativo di accordo diretto con la Regione e
  al  termine di decorrenza di trenta giorni prima di poter procedere
  autonomamente  alla  nomina  -  Omessa  convocazione del Presidente
  della  Regione - Violazione del principio di leale collaborazione -
  Nomina  del solo candidato per il quale la Regione ha espressamente
  dissentito  -  Inapplicabilita'  del  decreto legge 28 maggio 2004,
  n. 136  nella  Regione  ricorrente,  per  avvenuto  esercizio della
  potesta'   legislativa   regionale   in   materia   (legge  Regione
  Friuli-Venezia  Giulia  24 maggio  2004,  n. 17) - Violazione delle
  prerogative costituzionali regionali.
- Delibera  del Consiglio dei ministri del 3 giugno 2004; Decreto del
  Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 15 luglio 2004.
- Costituzione,  artt. 117,  e  118,  in  relazione all'art. 10 della
  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; Statuto speciale della
  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  (legge  costituzionale  31 gennaio
  1963,   n. 1),   in   particolare  art. 44,  e  relative  norme  di
  attuazione.
(GU n.42 del 27-10-2004 )
    Ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  in  persona del
presidente  della  giunta  regionale  pro  tempore,  autorizzato  con
delibera  della giunta regionale n. 2166 del 27 agosto 2004 (doc. 1),
rappresentata  e difesa - come da mandato in calce al presente atto -
dall'avv.  prof.  Giandomenico Falcon di Padova, con domicilio eletto
in  Roma  presso l'Ufficio di rappresentanza della regione, in Piazza
Colonna, 355;

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  che  non  spetta  allo  Stato,  nominare  con  decreto
ministeriale,  senza  previa  intesa  con  la  regione, il Presidente
dell'Autorita'   portuale   di   Trieste,   e   per  il  conseguente,
annullamento   del   decreto   15 luglio   2004  del  Ministro  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti;  della  delibera 3 giugno 2004 del
Consiglio dei ministri, per violazione:
        della  legge  costituzionale  n. 1  del 1963 e delle relative
norme di attuazione;
        degli  artt. 117  e  118  della  Costituzione,  in  relazione
all'art. 10 legge costituzionale n. 3 del 2001;
        del  principio  di  leale  collaborazione  tra  lo Stato e le
regioni.

                              F a t t o

    Il  presente  conflitto  e' reso necessario dall'ulteriore lesivo
svolgimento  di  una  vicenda  gia' portata all'attenzione di codesta
Corte  con  il  ricorso,  notificato  in data 27 luglio 2004, avverso
l'art. 6  d.l. n. 136/2004, il quale consente, a certe condizioni, di
prescindere  dall'intesa  con  la regione richiesta dall'art. 8 legge
n. 84/1994 per la nomina del Presidente dell'Autorita' portuale.
    L'atto   qui   impugnato  non  solo  ha  nominato  il  Presidente
dell'Autorita' portuale di Trieste in assenza di qualunque intesa con
la  regione,  in  pretesa  (ma in realta', come si dira', arbitraria)
applicazione  all'art. 6  d.l. n. 136/2004 (nel frattempo convertito,
con  modifiche,  dalla  legge 27 luglio 2004, n. 186), ma ha nominato
l'unica  persona  in  relazione  alla quale la regione ha espresso un
positivo dissenso!
    La situazione normativa e le vicende fino al d.l. n. 136/2004.
    Per meglio chiarire la vicenda sia consentito qui di riportarne i
dati essenziali, quali ricostruiti nel ricorso appena citato:
        «In base a quanto stabilito dall'art. 70, ultimo comma, dello
Statuto  ("con  legge della Repubblica, entro un anno dall'entrata in
vigore  del presente Statuto, saranno emanate norme per l'istituzione
dell'ente  del  porto  di  Trieste  e  per il relativo ordinamento"),
l'art. 1 della legge n. 589/1967 costituiva l'Ente autonomo del porto
di  Trieste  quale  ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza
del Ministero della marina mercantile.
    La  legge  n. 84/1994,  nel  riformare  l'ordinamento  dei porti,
all'art. 6  previde  nel  porto  di  Trieste  (come  in  altri porti)
l'Autorita'  portuale,  ente  pubblico  autonomo.  Nella stessa legge
l'art. 8, comma 1, disciplina la nomina del Presidente dell'Autorita'
portuale,  stabilendo  che  "il presidente e' nominato, previa intesa
con  la regione interessata, con decreto del Ministro dei trasporti e
della  navigazione,  nell'ambito di una terna di esperti di massima e
comprovata  qualificazione  professionale  nei settori dell' economia
dei  trasporti  e portuale designati rispettivamente dalla provincia,
dai  comuni  e  dalle  camere  di commercio, industria, artigianato e
agricoltura,  la  cui competenza territoriale coincide, in tutto o in
parte, con la circoscrizione di cui all'art. 6, comma 7».
    La  disposizione  precisa che la terna deve essere «comunicata al
Ministro  dei  trasporti  e  della  navigazione  tre mesi prima della
scadenza  del  mandato»,  che  «il  Ministro, con atto motivato, puo'
chiedere  di  comunicare  entro  trenta  giorni  dalla  richiesta una
seconda  terna  di  candidati  nell'ambito  della quale effettuare la
nomina»,   e   che,   «qualora   non   pervenga  nei  termini  alcuna
designazione,  il  Ministro nomina il presidente previa intesa con la
regione  interessata, comunque tra personalita' che risultano esperte
e  di  massima  e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuale».
    Dunque,  gia'  l'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994 assegnava alla
regione  un  ruolo  di  codeterminazione nella nomina del presidente,
attraverso  la  necessaria  intesa.  A  provincia, comuni e camere di
commercio  era  pure  assegnato  un  ruolo  importante  attraverso la
designazione  di  una  prima  ed eventualmente di una seconda tema di
candidati:  fermo restando che, ove nessuna terna fosse pervenuta, la
determinazione  spettava  comunque  all'intesa  tra  lo  Stato  e  la
regione.
    Nella  materia  e'  poi intervenuta la riforma del Titolo V della
parte  seconda della Costituzione, operata dalla legge costituzionale
n. 3  del  2001.  Infatti, il nuovo testo dell'art. 117, terzo comma,
attribuisce   alle   regioni  ordinarie  competenza  concorrente  sui
«porti».   Come  noto,  le  disposizioni  del  nuovo  Titolo  V  sono
applicabili  anche  alle regioni speciali la' dove prevedano forme di
autonomia  piu'  ampie  rispetto agli statuti speciali (art. 10 legge
costituzionale n. 3 del 2001).
    Nonostante  l'espansione  costituzionale  della  competenza delle
Regioni,  e  tra  queste  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  la
disposizione  qui  impugnata  -  l'art. 6 del decreto-legge 28 maggio
2004,  n. 136 (Disposizioni urgenti per garantire la funzionalita' di
taluni   settori   della   pubblica   amministrazione),   intitolato:
modificazioni   alla  legge  28 gennaio  1994,  n. 84  -  in  realta'
restringe  e  sminuisce il ruolo della regione, rendendo l'intesa con
essa  meramente  facoltativa.  Essa  infatti  dispone, aggiungendo il
comma  1-bis all'art. 8, comma 1, della legge 28 gennaio 1994, n. 84,
che  «esperite  le  procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta
giorni  non  si  raggiunga  l'intesa  con  la regione interessata, il
Ministro  puo'  chiedere  al Presidente del Consiglio dei ministri di
sottoporre  la  questione al Consiglio dei ministri, che provvede con
deliberazione motivata».
    La  disposizione  legislativa qui impugnata, pur avendo carattere
generale  ed astratto - e riferendosi percio' in generale ai porti, e
non  specificamente  a quello di Trieste - si inserisce pero' in modo
specifico  nel  quadro della vicenda che da oltre un anno impedisce -
la  regione  ricorrente ritiene senza sua responsabilita' - la nomina
del  Presidente  dell'Autorita'  portuale  di  Trieste:  e  di questa
vicenda converra' qui rammentare i tratti essenziali.
    Essendo  prossimo  a  scadenza  (13 ottobre  2003) il mandato del
presidente  dell'Autorita' portuale del porto di Trieste, il Ministro
delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  con nota del 22 aprile 2003
richiedeva  alla  Provincia  di  Trieste, alla Camera di Commercio di
Trieste ed ai Comuni di Trieste e di Muggia (cioe' agli enti previsti
dall'art. 8  della  legge  n. 84/1994) la designazione della terna di
esperti di rispettiva competenza.
    Gli  enti  in  questione,  tuttavia, anziche' indicare una terna,
entro  la quale Ministero e regione potessero fare la propria scelta,
hanno  indicato  - con nota congiunta dell'8 maggio 2003 sottoscritta
da tutti i legali rappresentanti degli stessi - quale candidato unico
la  dott.ssa Marina Monassi. E' evidente la plateale violazione della
legge, ed in pratica l'abnorme pretesa di tali enti di scegliere essi
in   modo   vincolante  e  definitivo  il  Presidente  dell'Autorita'
portuale.
    E'  evidente  anche  la  lesione,  da  parte  di tali enti, delle
competenze  della regione, e dello stesso Ministero, il cui ambito di
scelta sarebbe venuto a ridursi ad un solo nome.
    Tuttavia, il Ministro, anziche' rilevare la lesione e fare quanto
necessario  ad eliminarla, inopinatamente con nota del 4 luglio 2003,
indirizzata  alla,  regione,  riteneva  «di  poter  concordare con la
volonta' espressa dagli enti locali» e segnalava il suo «orientamento
sul  nominativo  della  dott.ssa  Monassi»,  restando  «in  attesa di
conoscere  le  valutazioni  della  regione  per  l'acquisizione della
prescritta intesa e la prosecuzione del procedimento di nomina» (doc.
2).
    La  regione,  con  nota  dell'8 luglio  2003  (doc. 3), dopo aver
ricordato  l'importanza  della  procedura delineata dall'art. 9 della
legge  n. 84/1994  e  aver  richiamato  il  curriculum della dott.ssa
Monassi,  comunicava  di non poter «esprimere l'intesa sulla proposta
della  dott.ssa  Monassi  quale presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste».  Con la medesima nota, anche alla luce delle considerazioni
rappresentate  dal  presidente della regione al Ministro nel corso di
un  incontro  precedente, veniva richiesto il rinnovo della procedura
di nomina.
    A  questo  punto,  con  nota  del  18 luglio  2003  (doc.  4), il
Ministro,  rilevato  il  mancato  raggiungimento  dell'intesa  con la
regione,  chiedeva  agli  enti  «di  voler  nuovamente procedere alla
designazione del candidato entro trenta giorni dal ricevimento» della
nota  stessa. Il Ministro richiamava l'art. 8 legge n. 84/1994 ma non
precisava la necessita' di proporre una terna, ed utilizzava anche la
curiosa   (rispetto   alle   previsioni  di  legge)  espressione  (il
«candidato») sopra evidenziata in corsivo.
    La  Provincia,  i  Comuni  di  Trieste  e  Muggia  e la Camera di
Commercio,  con  note  tutte  eguali  del  30 luglio  2003  (doc. 5),
nuovamente incuranti del dettato legislativo, ma pronti a cogliere il
nascosto  suggerimento  del  Ministro, non solo riproponevano un solo
nominativo,   ma  incredibilmente  riproponevano  lo  stesso  e  solo
nominativo  della  dott.ssa  Monassi,  senza  neppure  menzionare  il
disaccordo   della   regione   e  sottolineando  la  propria  «unita'
d'intenti»: come se questa potesse sostituire il rispetto delle leggi
e delle competenze costituzionali.
    Avuta  notizia  di cio', il presidente della regione con nota del
7 agosto 2003 (doc. 6) ribadiva la necessita' che il presidente fosse
nominato  nell'ambito  di  una tema di esperti, chiedendo al Ministro
«di   espletare   gli   adempimenti  prescritti  verificando,  se  ne
sussistono  i  presupposti,  l'inadempienza  degli  enti  tenuti alle
indicazioni della terna», al fine di «attivare... entro il termine di
scadenza  dell'attuale  Presidente,  la  procedura di nomina prevista
dall'ultimo  periodo  del  comma 1  dell'art. 8  della  citata  legge
n. 84/1994.»
    A  questa nota delpPresidente della regione rispondeva il capo di
gabinetto  del  Ministro  in data 12 settembre 2003 (doc. 7). In tale
nota,  si  prospettava  una  teoria - ad avviso della regione davvero
singolare  -  secondo la quale l'art. 8 legge n. 84/1994 non richiede
una  «terna»  di  candidati  per  dare  al Ministro e alla regione la
possibilita'  di  scegliere  fra  persone diverse ma solo perche' gli
enti  proponenti  appartengono  a tre «tipi» diversi, per cui, se gli
enti  concordano  su  un unico nome, sarebbe legittima la proposta di
quest'ultimo. Il Capo di gabinetto, dunque, affermava la legittimita'
del  procedimento  fin  li'  seguito,  precisava di voler evitare «il
ricorso   alle  forme  procedurali  garantiste»  (sic)  e  concludeva
rappresentando  «l'inalterato  intento  di  questa Amministrazione di
pervenire  quanto  prima  al  raggiungimento  di  un  accordo» con la
regione:  nel  senso,  evidentemente,  di  costringere  la  regione a
consentire sull'unico candidato prospettato.
    Ed infatti il 17 settembre 2003 (doc. 8), il Ministro riproponeva
alla  regione  il  nominativo  della dott.ssa Monassi, sul quale gia'
nella   prima   tornata   la   regione   aveva  espresso  valutazione
motivatamente negativa.
    Tale  valutazione veniva reiterata con nota del 19 settembre 2003
(doc.  9).  Con  tale nota si ribadiva l'illegittimita' di una nomina
effettuata  sulla  base della designazione di un solo candidato (alla
luce  della  lettera e della ratio dell'art. 8 legge n. 84/1994) e si
sottolineava  «la  inequivocabile mancanza del possesso dei requisiti
di  legge da parte della dott.ssa Monassi», dato che (oltre ad «altre
valutazioni   desumibili   dal  curriculum»)  «la  candidata  risulta
laureata   in  biologia  e  quindi  e'  sprovvista,  de  iure,  della
preparazione  universitaria  essenziale  per  rispondere al requisito
della  «massima e comprovata qualificazione professionale nei settori
dell'economia dei trasporti e portuali».
    La    regione,   peraltro,   confermava   «l'intendimento...   di
contribuire  a  scegliere il nuovo Presidente dell'Autorita' portuale
entro i termini di scadenza previsti dalla legge, esercitando appieno
le  competenze  e  i  poteri  ad essa riservati anche nel merito, sia
nell'ambito  della  procedura  ordinaria  prevista  nella prima parte
dell'art. 8,  primo  comma,  sia nella procedura alternativa prevista
nella   seconda   parte  della  medesima  norma»,  e  assicurava  «la
disponibilita'... a concorrere, con la propria intesa, anche ad altre
procedure   che   eventualmente  il  Ministero  ritenesse  necessario
adottare  per  far  fronte  ad  eventuali  situazioni di necessita' e
urgenza.»
    A  tale  nota  della  regione,  di data 19 settembre, non seguiva
alcuna  risposta  da  parte  ministeriale:  nonostante  la  ricordata
solenne  affermazione  con  cui  si chiudeva la nota del 12 settembre
2003  circa  «l'inalterato  intento» dello Stato «di pervenire quanto
prima al raggiungimento di un accordo» con la regione.
    Invece, il 10 ottobre il Ministro, senza alcuna consultazione con
la  regione,  procedeva  alla nomina di un Commissario dell'Autorita'
portuale   di  Trieste.  La  nomina  del  Commissario  decorreva  dal
14 ottobre  2003,  giorno  successivo  alla  scadenza del mandato del
presidente   in   carica,   senza  neppure  consentire  la  ordinaria
prorogatio  dello stesso per la durata prevista dal d.l. n. 293/1994,
conv.  in  legge n. 444/1994. L'atto di nomina veniva impugnato dalla
Regione  Friuli-Venezia  Giulia  avanti  al  Tribunale amministrativo
regionale del Friuli-Venezia Giulia.
    Nel  frattempo,  anche  in  relazione alle difficolta' incontrate
nello  svolgimento  della  procedura  prevista  dalla legge n. 84 del
1994,  la regione veniva elaborando una propria legge che, approvata,
diveniva  la  legge  regionale  24 maggio 2004, n. 17 (pubblicata nel
supplemento  straordinario  al  B.U.R.  n. 8  del  26 maggio 2004, ed
entrata  in  vigore  il  giorno  della  pubblicazione), il cui art. 9
dispone ora (ovviamente in relazione al solo porto di Trieste) quanto
segue:
    «1. - Ai fini della nomina del Presidente dell'Autorita' Portuale
di  Trieste, la Provincia di Trieste, il Comune di Trieste, il Comune
di  Muggia  e  la  Camera  di  Commercio,  Industria,  Artigianato  e
Agricoltura  di  Trieste  individuano  tre  nominativi  di esperti di
massima   e   comprovata  qualificazione  professionale  nei  settori
dell'economia,   dei  trasporti  e  portuale.  Tali  nominativi  sono
comunicati,  tre mesi prima della scadenza del mandato del Presidente
dell'Autorita'  portuale  di  Trieste, al presidente della regione il
quale,  con  atto  motivato,  puo'  chiedere  ai  succitati  enti  di
comunicare,  entro  trenta  giorni dalla richiesta, la candidatura di
ulteriori  tre  soggetti al fine di effettuare la nomina. Ricevute le
proposte,  il  presidente  della  regione promuove, in attuazione del
principio  di  leale  cooperazione,  le procedure per l'intesa con il
Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
    2.  Qualora  nei  termini  di  cui al comma 1 non pervenga alcuna
designazione,  il  Presidente  della  Regione,  previa  intesa con il
Ministro  delle  infrastrutture  e  dei trasporti, nomina comunque il
Presidente  dell'Autorita'  Portuale  di Trieste tra personalita' che
risultano   esperte   e   di   massima  e  comprovata  qualificazione
professionale nei settori dell'economia, dei trasporti e portuale.
    3. - La revoca del mandato del Presidente dell'Autorita' Portuale
di  Trieste,  lo  scioglimento  del  comitato portuale e le eventuali
nomine  commissariali  sono disposte con decreto del presidente della
regione   d'intesa   con  il  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti,  nel  rispetto  delle  previsioni  di cui all'art. 7 della
legge  28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia
portuale).
    4.  -  In  fase  di  prima  applicazione,  la  comunicazione  dei
nominativi di cui al comma 1 avviene entro trenta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge».
    In  pratica,  in  attuazione  dei  principi costituzionali di cui
all'art. 117  e  118  della  Costituzione,  come innovata dalla legge
costituzionale n. 3 del 2001, e nell'esercizio della propria potesta'
legislativa  concorrente  in materia di porti (spettante ex art. 117,
comma   3,   in   collegamento  con  l'art. 10  legge  costituzionale
n. 3/2001),  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  invertiva  i  ruoli
assegnati  dalla  legge  n. 84/1994 al presidente della regione ed al
Ministro,  conferendo al primo la responsabilita' del procedimento ed
il  compito finale della nomina, al secondo quello di dare l'intesa a
ulteriore garanzia degli interessi generali del sistema portuale.
    Risulta  alla  regione  -  dalla  nota  del  Dipartimento  affari
regionali  9  giugno 2004, n. prot. 4877/2004, che con determinazione
del  3 giugno 2004 il Consiglio dei ministri ha deciso l'impugnazione
della  legge  regionale  in  questione davanti a codesta ecc.ma Corte
costituzionale.
    A  soli  due  giorni  di distanza dalla pubblicazione della legge
regionale,  il Governo, su proposta concertata (per questa parte) con
il  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  adottava  il
decreto-legge qui impugnato, n. 136 del 28 maggio 2004, il cui art. 6
inseriva  il comma 1-bis nell'art. 8 legge n. 84/1994, statuendo che,
«esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni
non  si  raggiunga  l'intesa con la regione interessata entro i brevi
termini in esso definiti, il Ministro puo' chiedere al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  di sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri, che provvede con deliberazione motivata».
    E' da notare che, il 27 maggio 2004, la Conferenza dei Presidenti
delle  regioni,  essendo  venuta  a  conoscenza  delle intenzioni del
Governo,  aveva  inviato una nota al Ministro delle infrastrutture ed
al  Ministro  per  gli  affari  regionali  (doc.  10), nella quale si
giudicava  illegittima  la  norma  qui  impugnata  e  si  chiedeva un
incontro  urgente per «individuare un percorso condiviso che consenta
di superare le `divergenze' registrate».
    Le  vicende  successive  al  d.l.  n. 136/2004: nomina della sola
persona   sulla  quale  la  regione  ha  dissentito  e  modifica  non
retroattiva del decreto-legge.
    E'  sulle vicende ora ricordate che si innestano quelle che hanno
originato il presente conflitto.
    Infatti,  in  pretesa attuazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004, il
Ministro   delle   infrastrutture   e  dei  trasporti  richiedeva  al
Presidente  del  Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al
Consiglio  dei  ministri stesso, che si pronunciava il 3 giugno 2004.
Come  si  rileva  dal  verbale  (doc.  11),  esso, «preso atto che la
dott.ssa  Marina  Monassi, e' stata unanimemente designata dagli enti
territoriali  interessati  (provincia, comune, Camera di commercio) e
che  sulla  predetta designazione non e' stata raggiunta l'intesa tra
il  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  e  la Regione
Friuli-Venezia Giulia, delibera - ai sensi del predetto comma 1-bis -
che   lo  stesso  Ministro,  previa  acquisizione  del  parere  delle
competenti  Commissioni  parlamentari,  possa  procedere  alla nomina
della dott.ssa Marina Monassi a Presidente dell'Autorita' portuale di
Trieste,   considerata   la   necessita'   di   evitare   l'ulteriore
prosecuzione  della  gestione commissariale dell'Autorita' portuale e
considerata  altresi'  l'univocita' della designazione da parte degli
enti   esponenziali  degli  interessi  maggiormente  coinvolti  nella
nomina».
    In  altre parole, l'illegittimita' compiuta dagli enti locali nel
designare  un unico candidato invece che una terna e' stata assunta a
... motivazione della nomina.
    La regione, venuta a conoscenza. di tale decisione dal comunicato
stampa  del  Governo,  con  telegramma  inviato lo stesso 3 giugno al
Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  ed  al Presidente
Consiglio  rilevava  che la deliberazione era stata adottata senza il
rispetto  delle procedure previste per la formulazione dell'intesa ed
«in  violazione art. 44 Statuto costituzionale di autonomia di questa
regione,   che  fa  obbligo  di  convocare  al  Consiglio  stesso  il
Presidente   della   regione  quando  siano  trattate  questioni  che
riguardano particolarmente la regione» (doc. 12).
    A  questo  telegramma rispondeva il Sottosegretario di Stato alla
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri con nota del 15 giugno 2004
(doc.  13),  senza  peraltro  fornire  alcuna spiegazione, neppure in
ordine  alla  mancata convocazione del Presidente della, regione alla
riunione del Consiglio dei ministri.
    A  tale  nota  il  Presidente  della regione replicava in data 21
giugno 2004  (doc.  14),  ribadendo  l'illegittimita' della procedura
seguita  dal  Governo  e  preannunciando  il  ricorso,  nel  caso  di
completamento della procedura.
    Si noti che non soltanto il Presidente della regione non e' stato
invitato  alla  riunione  del Consiglio dei ministri ma, addirittura,
per ottenere copia della deliberazione assunta dal Consiglio medesimo
in  data  3 giugno  e'  stato  necessario  per la regione attivare il
procedimento   di   accesso   ai   sensi   dell'art. 22  della  legge
n. 241/1990.  Alla  richiesta regionale di accesso del 1° luglio 2004
(doc.  15)  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  rispondeva
soltanto  con nota del 14 luglio 2004, pervenuta alla regione in data
22 luglio   2004,  allegando  finalmente  copia  della  deliberazione
n. 160/2004 del Consiglio dei ministri.
    Nel frattempo, le competenti Commissioni parlamentari procedevano
all'esame  del  d.l.  n. 136/2004,  ai fini della sua conversione, ed
erano anche chiamate ad esprimere il previsto parere sulla nomina del
Presidente dell'Autorita' portuale. Dai resoconti delle dichiarazioni
di  voto,  tra  l'altro,  risulta  che  la  vicenda  era riportata al
Parlamento  in  termini non veritieri, e che, in particolare, sarebbe
stata indicata la terna di candidati. Percio', con nota dell'8 luglio
2004   (doc.   16),   indirizzata  al  Presidente  della  Commissione
permanente  del  Senato,  il  Presidente  della regione riassumeva le
motivazioni  che  avevano  portato alla mancata intesa da parte della
regione,   con   ampio   corredo   della  corrispondenza  intervenuta
sull'argomento.
    Inoltre, nella perdurante inerzia statale rispetto alle richieste
ed  iniziative della regione il Presidente della regione con nota del
15 luglio  2004, inviata al Ministro (doc. 17), ribadiva la posizione
della  regione,  invitava  il  Ministro a non procedere alla nomina e
constatava   che   dai   resoconti  parlamentari  risultava  «che  il
decreto-legge  sarebbe  stato  adottato  nel  tentativo di fermare la
legittima  azione  della  regione  e  sull'erroneo presupposto che il
Ministero  avrebbe ricercato, infruttuosamente, l'intesa su una terna
di nomi che sarebbe stata inviata alla regione per ben due volte».
    Sempre  il 15 luglio 2004 il Ministro procedeva alla nomina della
dott.ssa  Marina  Monassi  a  Presidente  dell'Autorita'  portuale di
Trieste (doc. 18).
    Pochi  giorni dopo il d.l. n. 136/2004 - sulla cui base era stata
asseritamente  fatta  la  nomina  qui  contestata - veniva convertito
dalla   legge   27 luglio   2004,   n. 186,   eppero'   con  profonde
modificazioni  proprio  in  relazione  alle  procedure  di nomina dei
presidenti degli enti portuali.
    Infatti,  l'art. 6  del  d.l. veniva sostituito, ed ora l'art. 8,
comma  1-bis, legge n. 84/1994 prevede che, «esperite le procedure di
cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa
con  la  regione  interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei
trasporti  indica  il  prescelto nell'ambito di una terna formulata a
tale  fine dal Presidente della Giunta regionale, tenendo conto anche
delle  indicazioni  degli  enti  locali  e delle camere di commercio,
industria,  artigianato e agricoltura interessati» (enfasi aggiunta);
la  disposizione  stabilisce poi che, «ove il Presidente della Giunta
regionale  non  provveda  all'indicazione  della  terna  entro trenta
giorni  dalla  richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  questi  chiede  al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  di sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri, che provvede con deliberazione motivata».
    In   questo   modo,   alla  regione  viene  restituito  un  ruolo
significativo,  seppur  nell'ambito  di  procedure  non completamente
regionalizzate.  Ma  alla  nuova normativa viene sottratta proprio la
vicenda  del  porto di Trieste. Infatti, con l'art. 1, comma 2, della
legge  di  conversione  vengono  «fatti  salvi gli effetti degli atti
compiuti  ai  sensi  dell'art. 8, comma 1-bis, della legge 28 gennaio
1994,  n. 84,  introdotto  dall'art. 6  del  decreto- legge 28 maggio
2004,  n. 136,  fino  alla  data  di entrata in vigore della presente
legge».  Di  fatto,  l'unico  provvedimento  di  nomina  compiuto dal
Ministro  ai  sensi del d.l. n. 136/2004, prima della sua conversione
in  legge,  e'  quello  del  Presidente  dell'Autorita'  portuale  di
Trieste.  Dunque,  lo Stato ha adottato il d.l. n. 136/2004, che reca
una  disciplina apparentemente generale, solo per superare l'espresso
dissenso   della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  sulla  nomina  del
presidente  dell'Autorita'  portuale,  e  poi,  una volta compiuta la
nomina,  ha modificato la norma introdotta, premurandosi di far salva
la nomina stessa, pur senza espressamente nominarla.
    Anche  per  ottenere  copia  del provvedimento di nomina e' stato
necessario, da parte della regione, presentare apposita richiesta con
nota 5 agosto 2004 (doc. 19).
    Il   decreto   ministeriale   e'  stato  trasmesso  alla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  con  nota  del  12 agosto  2004, pervenuta il
giorno successivo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
(doc. 20).
    In  chiusura di questa ricostruzione degli elementi fattuali, non
si  puo'  non sottolineare che, in un procedimento nel quale la legge
impone l'intesa e, quindi la «codeterminazione paritaria» tra Stato e
regione,  la regione, oltre a essere stata scavalcata, ha addirittura
dovuto   attivare   il  diritto  d'accesso  per  ottenere  copia  del
provvedimento  alla  cui  formazione  -  per  legge  - avrebbe dovuto
attivamente partecipare.
    La  ricorrente regione ritiene che gia' la semplice narrazione di
tali  accadimenti  mostri  che  la  nomina  compiuta  dal Ministro, a
seguito  della deliberazione dei Consiglio dei ministri, e' del tutto
illegittima  e  lesiva  delle proprie competenze costituzionali, come
ulteriormente viene illustrato dalle seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    Premessa.  Il  diritto applicabile alla nomina del presidente del
Porto di Trieste.
    Come  risulta dalla parte narrativa, la nomina del presidente del
Porto  di Trieste e' disciplinata sia dalla legislazione statale, con
riferimento  ai  porti  in  genere,  sia  dalla legge regionale, e in
particolare dalla legge regionale 24 maggio 2004, n. 17, che riguarda
specificamente ed esclusivamente l'autorita' portuale di Trieste.
    Si  pone  dunque  in  primo  luogo  la  questione  di  quale  sia
attualmente la legge applicabile a tale nomina.
    Per le ragioni che saranno esposte - essenzialmente la competenza
regionale  e  il principio di specialita' - la Regione Friuli-Venezia
Giulia   ritiene   che  alla  nomina  dovrebbe  applicarsi  la  legge
regionale:  e se cosi' e', risulta ovviamente illegittima ed invasiva
la nomina compiuta dal Ministro in base alla legislazione statale.
    Tuttavia,  per  chiarezza  argomentativa  nell'esposizione  delle
censure  si  preferisce  qui  partire  dall'ipotesi  della perdurante
applicabilita'  della legislazione statale, per mostrare in modo piu'
netto come anche in tale ipotesi la nomina compiuta sia completamente
illegittima,  arbitraria  e  lesiva  delle  competenze costituzionali
della regione.
    1.  - Illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art. 6
d.l. n. 136/2004.
    Qualora  dunque,  in denegata ipotesi, si ritenga che il rapporto
fra  la  legge  regionale n. 17/2004 ed il d.l. n. 136/2004 non debba
essere regolato dal criterio di specialita' ma da quello cronologico,
e  si  ritenga  dunque applicabile il secondo anche in Friuli-Venezia
Giulia,  gli  atti  impugnati  sarebbero  comunque  affetti,  in  via
derivata,  dai vizi denunciati nel ricorso proposto da questa regione
contro l'art. 6 d.l. n. 136/2004.
    E' dunque opportuno riportare qui le censure avanzate nel ricorso
di cui sopra.
    «Violazione  dell'art. 117,  comma  3,  e dell'art. 118 Cost., in
collegamento   con   l'art. 10  legge  costituzionale  n. 3/2001,  in
relazione all'eventuale ripristino anche nella Regione Friuli-Venezia
Giulia della competenza ministeriale alla nomina.
    La  giurisprudenza  costituzionale ha chiarito che, nelle materie
regionali,  la  legge  statale puo' assegnare allo Stato (e regolare)
solo   funzioni   amministrative   che   debbano   essere  esercitate
unitariamente,  nel  rispetto  dei  principi  di  proporzionalita'  e
ragionevolezza,  e  che tale attribuzione di funzioni dovrebbe essere
frutto di un accordo con le regioni.
    In  mancanza  di  procedure di concertazione in sede legislativa,
«l'esigenza  di  esercizio unitario che consente di attrarre, insieme
alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo' aspirare
a  superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza
di  una  disciplina  che  prefiguri un iter in cui assumano il dovuto
risalto  le  attivita'  concertative  e di coordinamento orizzontale,
ovverosia  le intese, che devono essere condotte in base al principio
di  lealta»  (sent.  n. 303/2003,  punto 2.2 del Diritto, v. anche la
sent. n. 6/2004, punto 7 del Diritto).
    Con  l'art. 6  d.l.  n. 136/2004, lo Stato - oltre a «declassare»
l'intesa   prevista   dall'art. 8,   comma   1,   legge   n. 84/1994,
trasformandola  da  forte  a debole - ha anche ribadito la competenza
ministeriale.
    Ora, come visto, la Regione Friuli-Venezia Giulia, con la propria
specifica   legislazione,  e  precisamente  con  la  legge  regionale
n. 17/2004,  ha  attribuito  al  Presidente  della Regione il compito
della  nomina  del  Presidente  dell'Autorita' portuale di Trieste: e
cio'  in  applicazione  dell'art. 118 Cost., che attribuisce all'ente
titolare  della competenza legislativa il potere di allocazione delle
funzioni amministrative.
    Naturalmente,  la  legge  regionale  ha  conservato  il potere di
codeterminazione del Ministro delle infrastrutture, in considerazione
del  principio  fondamentale  espresso  dalla  legge  n. 84 del 1994,
tenendo percio' ferma la necessaria intesa preventiva.
    Risulta  ad  avviso  della  regione  evidente  che  la nomina del
Presidente  dell'Autorita'  portuale  non  e'  una funzione che possa
richiedere un necessario esercizio centrale per essere svolta in modo
adeguato.   Al   contrario,  il  principio  di  sussidiarieta'  e  di
proporzionalita'  sono senz'altro soddisfatti da una nomina regionale
alla  quale  lo  Stato  dia il suo consenso; ed anzi, il principio di
adeguatezza,  pure stabilito dall'art. 118 Cost., rende evidentemente
preferibile  che le valutazioni di base partano dalla realta' locale,
del  resto  secondo  un criterio gia' insito nella stessa legge n. 84
per  la formulazione delle «terne» di partenza: criterio che non v'e'
ragione di non far valere anche per la competenza regionale.
    Si  badi  che  la  titolarita'  statale o regionale del potere di
nomina  involge anche la complessiva responsabilita' del procedimento
di  nomina:  nel  caso  dell'Autorita' portuale di Trieste, il blocco
della  procedura  e'  dipeso  dal  fatto che il Ministro ha, in prima
battuta,  accettato  un'unica  designazione  dagli  enti locali e, in
seguito, non ha sollecitato la designazione della terna.
    Dunque,   qualora   si  ritenga  che  l'art. 6  d.l.  n. 136/2004
ripristini il potere ministeriale di nomina, abrogando l'art. 9 legge
regionale  n. 17/2004,  esso  risulta  illegittimo (in relazione alla
Regione  Friuli-Venezia Giulia) per violazione dell'art. 118, commi 1
e 2, Cost., alla luce delle sentt. n. 303/2003 e n. 6/2004 di codesta
Corte.
    Violazione  dell'art. 117,  comma  3,  e  dell'art. 118 Cost., in
collegamento  con  l'art. 10  legge  costituzionale  n. 3/2001, e del
principio  di leale collaborazione, in relazione alla possibilita' di
procedere a nomina senza intesa della regione.
    E'  pacifico che la norma impugnata rientra in una materia in cui
la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia ha potesta' legislativa, salva la
determinazione del principi fondamentali da parte dello Stato.
    Non   puo'   essere  dubbio  che,  entro  il  proprio  ambito  di
applicazione,  l'art. 6 rende facoltativa l'intesa prima obbligatoria
ai  sensi dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994. Si e' visto che, in
base  alla  giurisprudenza  costituzionale,  nel caso in cui lo Stato
eserciti   una  funzione  amministrativa  in  materia  regionale,  e'
necessaria  l'intesa  con  le  regioni  o  la  regione specificamente
interessata.
    Si  tratta  di  un'intesa  forte: cio' risulta dall'insieme delle
considerazioni  svolte dalla Corte costituzionale e anche dalla sent.
n. 6  del  2004,  che  ha  considerato  legittima  la  norma  statale
impugnata  perche' prevedeva «un'intesa «forte», nel senso che il suo
mancato   raggiungimento   costituisce   ostacolo  insuperabile  alla
conclusione  del  procedimento»  (punto  7 del Diritto). Ma la stessa
sent.  n. 303/2003  ha  ritenuto  che  la mancanza dell'intesa per la
individuazione  e  la localizzazione delle «grandi opere» da inserire
nel  programma  comporta  l'inefficacia  del  programma nella regione
interessata. E tali concetti sono stati puntualmente confermati dalla
recentissima sentenza n. 233 del 2004, con riferimento alla decisione
di  realizzazione  e alla approvazione del progetto preliminare della
Metropolitana  di  Bologna,  per  la  quale  codesta  ecc.ma Corte ha
confermato la necessita' dell'intesa regionale.
    Comunque,  se  anche  potesse  essere  concepibile  che,  in casi
particolari,   il   coinvolgimento   della   regione   nell'esercizio
«unitario»  delle  funzioni  amministrative assuma forme meno intense
rispetto  a  quelle  dell'intesa  «forte»,  il  caso della nomina dei
presidenti  delle  Autorita'  portuali non potrebbe costituire uno di
quei casi particolari.
    Da  un  lato,  infatti,  non  si puo' ipotizzare che, per casi di
questo  genere,  l'intesa  risulti  impossibile.  Trattandosi  di una
nomina,   e'   evidente   che,   se  le  parti  ispirano  il  proprio
comportamento  al  principio  di  leale  cooperazione,  esse dovranno
necessariamente  giungere ad un accordo su una persona fra le tre (o,
eventualmente,  le  ulteriori tre) proposte dagli enti locali. Seppur
in  riferimento  ad  un caso diverso (si trattava di un conflitto fra
C.S.M.,  e Ministro della giustizia in relazione ad un «concerto» che
il Ministro doveva dare ad una commissione del C.S.M.), codesta Corte
ha avuto occasione di precisare in modo analitico cosa si intenda per
leale collaborazione in occasione di un procedimento di nomina (v. la
sent. n. 379 del 1992, punto 7 del Diritto).
    E'   opportuno,  inoltre,  ricordare  che  lo  Stato  non  rimane
sprovvisto  di  tutela  in  caso  di intesa «forte», perche' anche la
regione   deve  comportarsi  rispettando  il  principio  della  leale
collaborazione,  per  cui,  di fronte ad un'inerzia regionale o ad un
diniego di intesa incongruamente motivato, lo Stato potrebbe attivare
gli opportuni rimedi giurisdizionali davanti a codesta ecc.ma Corte.
    Dall'altro   lato,   la   previsione  di  meccanismi  alternativi
all'intesa  potrebbe  giustificarsi  quando  alle  esigenze di tutela
dell'autonomia   costituzionale  della  regione  si  contrapponessero
preminenti esigenze di rango costituzionale, nel senso che il mancato
esercizio  della  funzione  «accentrata»  ex  art. 118  Cost. nuoccia
gravemente  ad  interessi  di  rango  costituzionale: ma non e' certo
questo  il  caso  della  mancata nomina del Presidente dell'Autorita'
portuale.  Da  un  lato,  infatti,  l'art. 9, comma 1, lett. b) legge
n. 84/1994  assegna  la funzione di vice presidente al comandante del
porto  sede  dell'autorita'  portuale e l'art. 9, comma 4, stabilendo
che  «per  la  validita'  delle sedute e' richiesta la presenza della
meta' piu' uno dei componenti in prima convocazione e di un terzo dei
medesimi  in  seconda  convocazione»,  consente  il funzionamento del
Comitato  portuale  anche  senza  il  Presidente  ed i membri da esso
nominati.
    Dall'altro lato, qualora gia' non operasse tale disposizione, non
vi  sarebbe  in  ogni  modo alcuna necessita' operativa di provvedere
unilateralmente  alla  nomina  del  presidente,  dal  momento  che le
necessita'  immediate  potrebbero  essere  soddisfatte  attraverso la
nomina  di  un  commissario  straordinario, nomina che codesta ecc.ma
Corte  ha  ritenuto  possibile  qualora  sia  effettuata  in  ragione
dell'urgenza  una volta che siano lealmente avviate le trattative per
l'intesa (sent. n. 27 del 2004).
    Se  non  si  vuole  rendere  apparente  la  «tutela compensativa»
riconosciuta  dalla  Corte  costituzionale, attraverso l'intesa, alle
regioni  in  caso  di  alterazione  della ripartizione costituzionale
delle  competenze  legislative, occorre limitare al massimo i casi in
cui  si  puo'  rinunciare  all'intesa: la nomina del presidente di un
ente  pubblico  e' un tipico caso in cui all'intesa si deve mantenere
carattere forte, per le ragioni appena viste.
    Dunque, l'art. 6 d.l. n. 136/2004 lede la sfera costituzionale di
competenza   regionale   perche'   non   solo  diminuisce  la  tutela
dell'autonomia  regionale rispetto alla norma previgente (il che gia'
potrebbe  considerarsi  contrastante  con  l'art. 5  Cost.)  ma opera
questa  deminutio  dopo che la Regione Friuli-Venezia Giulia e' stata
dotata  di  competenza costituzionale in materia di porti, competenza
costituzionale    che,   anche   alla   luce   della   giurisprudenza
costituzionale,    puo'    essere    derogata   (sotto   il   profilo
dell'allocazione  e  della regolazione delle funzioni amministrative)
solo  prevedendo  un'intesa  «forte»  con  la regione (e, come detto,
rispettando   i   principi   di   ragionevolezza  e  proporzionalita'
nell'applicazione dell'art. 118, comma 1).
    Pertanto, l'art. 6 d.l. n. 136/2004 viola gli artt. 117, comma 3,
e  118,  commi  1 e 2, Cost. ed il principio di leale collaborazione,
alla  luce  delle  sentt.  n. 303/2003, n. 6/2004 e n. 233/2004 della
Corte costituzionale.
    In  subordine  al  punto 2): violazione dell'art. 117, comma 3, e
dell'art. 118    Cost.,   in   collegamento   con   l'art. 10   legge
costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in
quanto  si  prevede  che  il  conflitto venga risolto con la semplice
prevalenza di una delle parti.
    La  disposizione  qui  impugnata  prevede che, in caso di mancata
intesa, sia competente a provvedere il Consiglio dei ministri.
    La ricorrente regione desidera sottolineare che non si tratta qui
di  una  questione  che  possa  coinvolgere l'indirizzo politico o le
massime scelte di Governo, ma semplicemente della nomina del migliore
titolare dell'Autorita' portuale.
    In   situazioni   di   questa   natura,  non  vi  sono  interessi
costituzionali  preminenti  che  possano  richiedere che - in caso di
mancata  intesa  tra regione e lo Stato, e nella denegata ipotesi che
si  ritenga  legittimo che possa provvedersi in assenza dell'intesa -
la  decisione  venga affidata al Governo, anziche' ad una istanza che
equilibratamente rappresenti le esigenze delle due parti.
    Infatti,  e'  di immediata evidenza che il Consiglio dei ministri
non  rappresenta certo una istanza «neutra», o realmente equidistante
tra  la  regione  e  il Ministro con il quale l'intesa avrebbe dovuto
essere  raggiunta,  ma  rappresenta piuttosto un'istanza dello stesso
segno  del  Ministro stesso, che non solo partecipa alla riunione, ma
vi assume la parte del proponente della deliberazione.
    Si  noti  che  la  parita' tra lo Stato e regione nella procedura
sostitutiva  dell'intesa  non  viene  ripristinata dalla possibilita'
data  alla  regione  di impugnare per conflitto la determinazione del
Governo:  essendo  evidente che altro e' una procedura amministrativa
di  paritario  esame  nel  merito della questione, altro un sindacato
successivo  di  legittimita'  sul  rispetto  del  principio  di leale
collaborazione.
    La  disposizione  in  questione risulta dunque costituzionalmente
illegittima  perche', in presenza di interessi costituzionali di pari
dignita',  e  di  natura  tale  da  non  mettere in gioco l'indirizzo
politico  del  Governo,  stabilisce che in caso di mancata intesa sia
chiamato semplicemente a decidere il Governo, anziche' stabilire sedi
e   procedure  di  decisione  che  siano  sostanzialmente  neutre  ed
equidistanti rispetto alle parti che non hanno raggiunto l'intesa.
    In  ulteriore  subordine  al  punto 2): violazione dell'art. 117,
comma  3,  e dell'art. 118 Cost., in collegamento con l'art. 10 legge
costituzionale n. 3/2001, e del principio di leale collaborazione, in
quanto si prevede che il semplice passaggio di trenta giorni consenta
la sostituzione del Governo all'intesa.
    Come  visto  sopra,  la  norma  impugnata consente di prescindere
dall'intesa,  con  delibera  del Consiglio dei ministri, «esperite le
procedure  di  cui  al  comma 1,  qualora  entro trenta giorni non si
raggiunga l'intesa con la regione interessata».
    In  pratica,  si  puo'  sottoporre  la questione al Consiglio dei
ministri  dopo trenta giorni dal ricevimento della terna di candidati
(o  della  seconda terna di candidati, richiesta dal Ministro) o dopo
trenta  giorni  dalla  scadenza  del termine per le designazioni (tre
mesi  prima  della  scadenza  del mandato del presidente per la prima
terna).
    Dunque,  l'art. 6  non  richiede  altro, al fine di consentire la
procedura  sostitutiva  dell'accordo con la regione, che il passaggio
dei   trenta  giorni.  Sembra  dunque  evidente  che  esso  viola  le
competenze  costituzionali  della regione ed il principio della leale
collaborazione,  perche',  anche in caso di intesa «debole», lo Stato
puo'  decidere  unilateralmente  solo dopo aver cercato l'accordo con
«reiterate   trattative»   (secondo  l'espressione  ricorrente  nella
giurisprudenza costituzionale) e qualora, in sostanza, sia il mancato
atteggiamento collaborativo della regione a bloccare il procedimento.
L'  art. 6,  invece,  sembra  dare  allo  Stato il potere di decidere
unilateralmente  anche  in  assenza  dei  presupposti  richiesti  dal
principio di leale collaborazione.
    Ne  risulta la violazione dell'art. 117, comma 3, e dell'art. 118
Cost.,  in collegamento con l'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001,
e del principio di leale collaborazione.
    2. - Autonoma illegittimita' degli atti impugnati.
        a) Violazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004 per mancanza della
terna di candidati e del tentativo di accordo diretto con la Regione.
    L'art. 8,  comma  1-bis  n  84/1994,  come  introdotto  dal  d.l.
n. 136/2004,  stabiliva,  prima  della  modifica apportata in sede di
conversione  di  tale  decreto,  che «esperite le procedure di cui al
comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la
regione  interessata,  il  Ministro  puo'  chiedere al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  di sottoporre la questione al Consiglio dei
ministri, che provvede con deliberazione motivata» (enfasi aggiunta).
    Le  «procedure  di  cui al comma 1» prevedono, inconfutabilmente,
che  Ministro  e regione siano chiamati a raggiungere l'intesa non su
un  solo nominativo (che rappresenterebbe un vincolo insuperabile) ma
su   una   «terna  di  esperti»  indicata  dagli  enti  locali.  Gia'
dall'esposizione  in  fatto risulta l'illegittimita' di una procedura
di  nomina  fondata  su  una  designazione  unica da parte degli enti
locali.
    Si  e'  ricordata la tesi, sostenuta da parte statale, secondo la
quale  l'art. 8  legge  n. 84/1994  non  richiederebbe una «terna» di
candidati  per  dare  al  Ministro  e alla regione la possibilita' di
scegliere  fra  persone  diverse  ma solo perche' gli enti proponenti
appartengono a tre «tipi» diversi, per cui, se gli enti concordano su
un  unico  nome,  sarebbe legittima la proposta di quest'ultimo: tesi
palesemente  infondata sia in relazione alla lettera della legge (che
parla  di «terna», e non di una designazione per ciascun ente locale,
e  comunque non prevede alternative alla terna) sia in relazione alla
sua  ratio,  che e' quella di conferire un ruolo importante agli enti
locali  ma  di  lasciare  un  sostanziale  potere  di  scelta  ed  un
sufficiente  margine  di  trattativa al Ministro e alla regione, che,
invece,  di  fronte  ad  una  designazione  unica,  avrebbero le mani
completamente  legate.  Che la terna non possa ridursi ... ad un solo
candidato  e'  stato confermato (ovviamente, ad avviso della regione)
dalla    giurisprudenza    amministrativa.    La    sent.   Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio, sez. IIIter. n. 4891/2003, relativa
proprio  all'Autorita'  portuale di Trieste, non solo ha riconosciuto
l'assoluta  necessita' della designazione di una terna ma ha aggiunto
che,  «non  essendo  previsto un candidato per ogni ente, e' evidente
che  la  designazione  della  terna  non  possa  che  avvenire con il
concorde  assenso di tutti gli enti interessati» (p. 3). Il Tribunale
ha aggiunto che, per il fatto che «si tratta di far luogo alla nomina
di  un  organo  monocratico  che  riveste  un  notevolissimo  rilievo
nell'ambito  dell'economia  del  territorio  ed  in primo luogo della
citta'  ove  il  porto  medesimo  e'  ubicato», e' «sempre necessaria
l'intesa  con  la  regione»  ed «e' altrettanto indispensabile che la
terna...  sia  affrancata da logiche "di schieramento" e sia composta
da   tecnici  consensualmente  individuati  dai  diversi  livelli  di
governo» (p. 4 s.).
    E'  da  rimarcare  il  diverso  atteggiamento  tenuto dall'allora
Ministro  dei trasporti nella procedura giudicata poi legittima dalla
sentenza appena citata: mentre ora il Ministro si e' accontentato per
ben  due  volte della designazione di un solo nominativo, cinque anni
fa  il Ministro non accetto' la designazione di quattro nomi, perche'
non  c'era  il  consenso  unanime degli enti locali su tre nomi (e la
richiesta  di un'ulteriore terna fu giudicata legittima dal Tribunale
amministrativo regionale).
    L'illegittimita'  degli atti impugnati e la loro lesivita' per le
competenze   costituzionali   della   Regione  Friuli-Venezia  Giulia
sembrano dunque palesi.
    Inoltre,   tale   illegittimita'   sussisterebbe  perfino  se  si
condividesse  la  tesi appena confutata. Infatti, a seguito del primo
diniego  di  intesa,  il  Ministro  ha richiesto agli enti locali «di
voler  nuovamente  procedere  alla  designazione  del candidato entro
trenta  giorni  dal  ricevimento».  Ora,  se  anche  per  assurdo  si
accettasse  che  la  designazione  di una terna sia sostituita da una
designazione  unica  sarebbe  comunque  inaccettabile  che la seconda
designazione  fosse  uguale alla prima gia' rifiutata. Nel momento in
cui   il   Ministro   ha   richiesto  una  seconda  designazione,  in
applicazione  dell'art. 8, comma 1, legge n. 84/1994, gli enti locali
avevano  comunque  il  dovere  di designare una persona diversa dalla
dott.ssa  Monassi;  e'  veramente paradossale (oltre che illegittimo)
che,  di  fronte  ad  una  richiesta  di designazione originata dalla
mancata  intesa  su  un  certo  candidato,  gli  enti  locali abbiano
nuovamente designato lo stesso candidato.
    Dunque,  perfino nella ipotesi in cui non si ritenesse necessaria
la  terna  di  candidati,  gli atti impugnati sarebbero illegittimi e
lesivi  perche' la regione si e' vista sottoporre due volte lo stesso
candidato.
    Inoltre,  le  «procedure  di  cui  al comma 1» non prevedono solo
l'intesa  fra  regione e Ministro sulla base della terna, ma anche il
tentativo  di  accordo  diretto  fra  regione e Ministro «qualora non
pervenga  nei  termini  alcuna designazione» (art. 8, comma 1, ultima
frase, legge n. 84/1994).
    Pare chiaro che l'inciso appena citato debba essere riferito alla
designazione di una terna, dato che piu' volte nella parte precedente
del  comma 1 si parla di designazione di una terna. Se, dunque, Stato
e  regione  hanno  il  potere-dovere  di cercare un'intesa diretta in
assenza  della  designazione  di  una  terna, gli atti impugnati sono
affetti  da  ulteriore  illegittimita',  perche'  sono stati adottati
senza  che  lo  Stato  cercasse  un'intesa  diretta con la regione ex
art. 8,  comma  1,  ultima frase, e quindi senza che fossero esperite
tutte «le procedure di cui al comma 1».
    Si badi che un ipotetico tentativo di affermare che basterebbe la
presenza di una designazione qualsiasi ad impedire la possibilita' di
intesa  diretta  regione-Ministro,  oltre  a scontrarsi con il chiaro
contenuto  complessivo  del  comma  1, sarebbe precluso dal principio
«dell'interpretazione  conforme  a  Costituzione», in quanto, secondo
quell'interpretazione,  la procedura di nomina rischierebbe di essere
bloccata,  con  conseguente pregiudizio della continuita' dell'azione
amministrativa e, quindi, dell'art. 97 Cost.
        b)  Violazione dell'art. 6 d.l. n. 136/2004 in relazione alla
decorrenza del termine.
    Come  visto, la possibilita' per il Ministro di far sottoporre la
questione  al  Consiglio  dei  ministri e' condizionata al decorso di
trenta  giorni  dopo  che sono state «esperite le procedure di cui al
comma 1». L'art. 6 d.l. n. 136/2004 e' entrato in vigore il 29 maggio
2004  ed  il  Consiglio  dei  ministri  ha  autorizzato il Ministro a
nominare  la  dott.ssa  Monassi  il 3 giugno 2004. Dunque lo Stato ha
ritenuto che il termine di trenta giorni, introdotto ex novo dal d.l.
n. 136/2004,   avesse  cominciato  a  decorrere  prima  dello  stesso
decreto-legge!
    Sembra  chiaro,  invece,  che  un  termine  non puo' cominciare a
decorrere  prima  di  esistere  nell'ordinamento.  La  nuova norma e'
formulata  in  modo generale e astratto, celando l'intento soggettivo
dei  suoi  autori: ma questa formulazione richiedeva che, dopo la sua
entrata in vigore, fossero esperite le procedure o, perlomeno, che si
cercasse  nuovamente  un'intesa  con la regione per trenta giorni. Lo
Stato ha invece applicato subito, meccanicamente, la nuova norma alla
situazione  che  stava  a  cuore  al  Ministro,  stravolgendo pero' i
corretti criteri di applicazione delle norme.
    Ne  risulta  un  ulteriore  profilo di illegittimita' e lesivita'
degli atti impugnati.
        c) Violazione dell'art. 44 St. Friuli-Venezia Giulia.
    L'art. 44 St. Friuli-Venezia Giulia stabilisce che «il Presidente
della  regione  interviene alle sedute del Consiglio dei ministri per
essere   sentito,  quando  sono  trattate  questioni  che  riguardano
particolarmente  la  regione».  E incontestabile  che la delibera qui
impugnata  del  3  giugno 2004,  relativa  all'ente  istituito,  come
esposto,  in  attuazione  dell'art. 70  dello  Statuto,  incide su un
interesse  differenziato  e  particolarmente  rilevante della Regione
Friuli-Venezia  Giulia (questi sono i requisiti che la giurisprudenza
costituzionale    ha   individuato   per   ritenere   necessaria   la
partecipazione  del  Presidente  della  regione:  v.  ad es. la sent.
n. 544/1989).   Sembra   dunque   evidente   che   l'omissione  della
convocazione  del  Presidente  della  regione  costituisce violazione
dell'art. 44  dello  Statuto e del principio di leale collaborazione,
con  conseguente  ulteriore  illegittimita'  e  lesivita' - oltre che
della delibera 3 giugno 2004 - anche del d.m. 15 luglio 2004.
        d)  Violazione del principio di leale collaborazione.
    Dall'ampia  esposizione  dei  fatti  sopra  compiuta risulta che,
mentre  la  regione  si  e' prodigata per esporre il proprio punto di
vista,  manifestare  la  propria  disponibilita'  e  addivenire ad un
accordo con il Ministro, questi ha tenuto un comportamento ispirato a
criteri opposti al principio della leale collaborazione. Il Ministro,
infatti,  ha accettato senza alcuna obiezione la candidatura unica da
parte  degli  enti  locali  e  non  ha  mai replicato nel merito alle
obiezioni  avanzate  dalla  regione sulla preparazione della dott.ssa
Monassi, ne' ha mai ipotizzato una possibile candidatura alternativa,
ne' dopo il primo diniego di intesa ne' dopo il secondo.
    Addirittura,  dopo  il secondo diniego di intesa, il Ministro non
ha  piu'  risposto  alla  regione,  ma ha proceduto direttamente alla
nomina  del  Commissario e, dopo il d.l. n. 136/2004, alla nomina del
Presidente:  non  c'e' stata dunque alcuna trattativa con la regione,
con  palese  violazione  del  principio di leale collaborazione, come
delineato  dalla  giurisprudenza  della  Corte costituzionale (v., ad
es.,  le  sentt. n. 379/1992, n. 351/1991, n. 116/1994 e n. 27/2004).
Persino,  come  si  e'  gia' notato, la regione ha dovuto attivare il
diritto  di  accesso  per  avere  copia  degli atti ora impugnati. Ne
risulta  una ulteriore ragione di autonoma illegittimita' e lesivita'
degli atti impugnati.
        e)  Ulteriore  specifica illegittimita' della nomina del solo
candidato per il quale la regione ha espressamente dissentito.
    Ancora,  i  provvedimenti qui impugnati sono illegittimi e lesivi
per  il  fatto  che  il  Ministro  non solo ha nominato il Presidente
dell'Autorita'  portuale  di  Trieste sulla base di procedure rese ab
origine irregolari dalla mancanza della terna, non solo ha provveduto
alla  nomina  senza  che il Presidente della regione fosse chiamato a
partecipare  alla  seduta  del  Consiglio  dei  ministri, non solo ha
proceduto senza avere minimamente cercato di raggiungere l'intesa sul
nominando,  ma  ha nominato la sola persona sulla quale la regione ha
espresso esplicito e motivato dissenso.
    Sembra  evidente che il grado davvero minimo del potere regionale
di  dare (o negare) l'intesa e' rappresentato dal potere di escludere
determinate    candidature,    ritenute   non   corrispondenti   alle
caratteristiche necessarie per l'ufficio.
    Diversamente  potrebbe  dirsi  -  eventualmente  -  solo  in  una
situazione  in  cui  apparisse  che  la  regione strumentalmente e in
violazione    del   principio   di   leale   collaborazione   esprime
aprioristiche  valutazioni negative su tutte le candidature proposte:
ma  non  certo  in  una  situazione  in  cui e' stata sottoposta alla
regione  una  sola  candidatura,  e  la  regione  l'ha  motivatamente
esclusa:  semplicemente,  non  puo'  spettare allo Stato di nominarla
ugualmente, pena la totale vanificazione della procedura d'intesa.
    3.  -  Illegittimita'  per  inapplicabilita' del d.l. n. 136/2004
nella Regione Friuli-Venezia Giulia.
    Come  visto,  gli  atti  impugnati sono stati adottati in pretesa
applicazione  dell'art. 8,  comma 1-bis. legge n. 84/1994, introdotto
dall'art. 6 d.l. n. 136/2004.
    Si  e'  anche ricordato, pero', che, prima dell'entrata in vigore
del   d.l.   n. 136/2004,   e'   entrata   in  vigore  nella  Regione
Friuli-Venezia  Giulia la legge regionale n. 17/2004, con la quale la
regione  ha esercitato la potesta' legislativa che la Costituzione le
attribuisce in materia di porti, nel quadro dei principi fondamentali
stabiliti dalla legge statale.
    Infatti,  la  regione  ha  mantenuto  nell'essenziale  i principi
stabiliti  dall'art. 8  della  legge  n. 84  del  1994  - la terna ed
eventualmente  la  seconda  terna  proposta  dagli  enti  locali,  la
successiva  intesa  tra  regione  e  Stato  per  l'individuazione del
Presidente  -  ma  ha  assunto  su  di  se'  (la  regione  ritiene in
applicazione  del  principio  di  sussidiarieta'  di cui all'art. 118
Cost.) la responsabilita' della procedura ed il compito della nomina,
attuativa dell'intesa raggiunta con il Ministero.
    Pur   rispettando  i  principi  fondamentali  della  legislazione
statale,  la  regione  ha  dunque dato alla nomina del Presidente del
porto   di  Trieste  una  disciplina  autonoma  e  speciale,  che  ha
determinato  (salva  ovviamente  la  verifica  della sua legittimita'
costituzionale  da  parte  di  codesta  ecc.ma  Corte costituzionale,
dinanzi  alla  quale,  come  ricordato, il Governo ha gia' deliberato
l'impugnazione)   la   cessazione   dell'applicazione,   sul   punto,
dell'art. 8, comma 1, legge n. 84 del 1994.
    Il  decreto-legge n. 136, qui impugnato interviene a precisare un
elemento  della  procedura prevista dall'art. 8, comma 1, legge n. 84
del  1994 (il comma 1-bis. espressamente si riferisce alle «procedure
di  cui  al  comma 1»), una procedura che in quel momento non trovava
piu'  applicazione  nella regione. Pare dunque corretto ritenere che,
in  ossequio al tenore generale dell'art. 6 e a dispetto dell'intento
soggettivo  dei  suoi  redattori,  la  disciplina prevista dal citato
decreto-legge per l'ipotesi della mancata intesa non sia destinata ad
applicarsi anche con riferimento al porto di Trieste.
    Se  cosi'  e',  la  delibera  del  Consiglio  dei  ministri del 3
giugno 2004  ed  il  d.m.  15 luglio  2004 sono assunti in difetto di
potere, per non applicabilita' delle disposizioni legislative statali
sui  cui  si  vorrebbero  fondare,  e violano pertanto gli artt. 117,
comma  3,  e  118 Cost. ed al principio di leale collaborazione. Tali
illegittimita'    si   traducono   in   lesione   delle   prerogative
costituzionali  della  Regione Friuli-Venezia Giulia, che si e' vista
espropriata   del   potere  di  nomina,  attuativo  della  competenza
costituzionale in materia di porti.
                              P. Q. M.
    Chiede  voglia  codesta  Corte  costituzionale dichiarare che non
spetta  allo  Stato  nominare  con decreto ministeriale, senza previa
intesa  con  la  regione,  il  Presidente  dell'Autorita' portuale di
Trieste,  e  conseguentemente annullare il decreto 15 luglio 2004 del
Ministro  delle  infrastrutture e dei trasporti; la delibera 3 giugno
2004  del  Consiglio  dei  ministri,  per ragioni e nei termini sopra
esposti.
        Trieste-Padova, addi' 9 settembre 2004
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon
04C1076