N. 96 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 ottobre 2004
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 ottobre 2004 (della Regione Marche) Bilancio e contabilita' pubblica - Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica - Estensione alle Regioni ed agli enti locali dell'obbligo di comunicare in via preventiva alla Corte dei conti le direttive adottate dalla amministrazione per conformarsi alla regolamentazione stabilita dallo stesso comma nell'esercizio dei diritti dall'azionista nei confronti delle societa' di capitali a titolo di partecipazione pubblica - Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione della sfera di competenza della regione e del principio e di autonomia finanziaria regionale - Lesione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, art. 1, comma 9, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. - Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica - Limiti di spesa per missioni all'estero e di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni - Obbligo per le pubbliche amministrazioni di comunicare in via preventiva alla Corte dei conti le direttive per conformarsi a detti limiti - Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale e del principio di autonomia finanziaria regionale - Lesione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, art. 1, comma 10, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. - Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica - Limiti alla spesa per l'acquisto di beni e servizi - Obbligo per le pubbliche amministrazioni di comunicare in via preventiva alla Corte dei conti le direttive per conformarsi a detti limiti - Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale e del principio di autonomia finanziaria regionale - Lesione del principio di ragionevolezza e di leale collaborazione. - Decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, art. 1, comma 11, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. - Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119. Bilancio e contabilita' pubblica - Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica - Limiti per le regioni al ricorso all'indebitamento per finanziare contributi agli investimenti a privati - Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione della sfera di competenza regionale - Lesione del principio di autonomia finanziaria regionale. - Decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, art. 3, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191. - Costituzione, artt. 3, 117, comma terzo e 119.(GU n.42 del 27-10-2004 )
Ricorso ai sensi dell'art. 127, secondo comma Cost., della Regione Marche, in persona del presidente pro tempore della giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1.091 del 21 settembre 2004, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Simonetta Sabatini di Ancona n. rep. 40.150 del 21 settembre 2004; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e dell'art. 3, comma 1 del d.l. 12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 12 luglio 2004 suppl. ord.), nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 luglio 2004 suppl. ord.), per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost. F a t t o 1. - Il d.l. 12 luglio 2004, n. 168 (Inteventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica), nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191 contiene alcune disposizioni che la Regione Marche ritiene lesive della propria sfera di competenza costituzionalmente garantita. Si tratta, in particolare, della disposizione di cui all'art. 1 (Interventi correttivi di finanza pubblica), relativamente ai seguenti commi: comma 9, per il quale «la spesa annua sostenuta nell'anno 2004 dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, escluse le universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati, per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, deve essere non superiore alla spesa annua mediamente sostenuta nel biennio 2001-2002, ridotta del 15 per cento. L'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all'amministrazione in materie e per oggetti rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell'ente, deve essere adeguatamente motivato ed e' possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso va preventivamente comunicato agli organi di controllo ed agli organi di revisione di ciascun ente. L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilita' erariale. Le pubbliche amministrazioni, nell'esercizio dei diritti dell'azionista nei confronti delle societa' di capitali a totale partecipazione pubblica, adottano le opportune direttive per conformarsi ai principi di cui al presente comma. Le predette direttive sono comunicate in via preventiva alla Corte dei conti. La disposizione di cui al presente comma non si applica agli organismi collegiali previsti per legge o per regolamento, ovvero dichiarati comunque indispensabili ai sensi dell'art. 18 della legge 28 dicembre 2001, n. 448»; comma 10, per il quale: «la spesa annua sostenuta nell'anno 2004 dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per missioni all'estero e spese di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, deve essere non superiore alla spesa annua mediamente sostenuta negli anni dal 2001 al 2003, ridotta del 15 per cento. Gli atti e i contratti posti in essere, dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilita' erariale. Gli organi di controllo e gli organi di revisione di ciascun ente vigilano sulla corretta applicazione del presente comma. Il limite di spesa stabilito dal presente comma puo' essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente»; comma 11, per il quale «in coerenza con le riduzioni di spesa per consumi intermedi previste dal presente articolo, ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica, ciascuna regione a statuto ordinario, ciascuna provincia e ciascun comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2004-2006 assicurando che la spesa per l'acquisto di beni e servizi, esclusa quella dipendente dalla prestazione di servizi correlati a diritti soggettivi dell'utente, sostenuta nell'anno 2004 non sia superiore alla spesa annua mediamente sostenuta negli anni dal 2001 al 2003, ridotta del 10 per cento. Tale riduzione si applica anche alla spesa per missioni all'estero e per il funzionamento di uffici all'estero, nonche' alle spese di rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni ed alla spesa per studi di incarichi di consulenza conferiti ai sensi del comma 6 dell'art. 110 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Si applicano il secondo, il terzo ed il quarto periodo del comma 10. Per le regioni e gli enti locali che hanno rispettato, per l'anno 2003 e fino al 30 giugno 2004, gli obiettivi previsti relativamente al Patto di stabilita' interno, la riduzione del 10 per cento non si applica con riferimento alle spese che siano gia' state impegnate alla data di entrata in vigore del presente decreto»; nonche' della disposizione di cui all'art. 3 (Disposizioni in materia di finanza regionale), relativamente al primo comma, per il quale «1. All'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il comma 21, sono inseriti i seguenti. "21-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 18, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono ricorrere all'indebitamento per finanziare contributi agli investimenti a privati entro i seguenti limiti: a) impegni assunti al 31 dicembre 2003, al netto di quelli gia' coperti con maggiori entrate o minori spese, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate, finanziati con ricorso all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2004. b) impegni assunti nel corso dell'anno 2004, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultante dall'elencazione effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla data di approvazione della legge di bilancio per l'anno 2004, con esclusione di qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata successivamente. 21-ter. L'istituto finanziatore puo' concedere i finanziamenti destinati ai contributi agli investimenti a privati soltanto se compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale». 2. - La Regione Marche, con deliberazione della giunta n. 1.091 del 21 settembre 2004 ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte le norme sopra richiamate, perche' illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa regione ricorrente, per le seguenti ragioni di D i r i t t o 3. - Illegittimita' dell'art. 1, commi 9, 10 , 11 e del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per violazione dell'art. 3 Cost. e per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost. L'art. 1, commi 9, 10 e 11 del decreto-legge 12 luglio 2004, nel testo convertito dalla legge 191/2004, prevede una disciplina esaustiva che stabilisce le specifiche categorie di spesa sulle quali gli enti devono operare, che vengono cosi' privati della possibilita' di effettuare scelte autonome all'interno dei propri bilanci. Il legislatore statale, con tali disposizioni vincolanti e dettagliate viola l'autonomia di spesa costituzionalmente garantita dall'art. 119 Cost. e il riparto di competenze di cui all'art. 117, terzo comma Cost., dal momento che spetta allo Stato, in sede di legislazione concorrente, la sola «determinazione dei principi fondamentali nella materia compresa nella endiadi espressa dalla indicazione di "armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario (art. 117, terzo comma; art. 119, secondo comma, della Costituzione riguardante i "tributi e le entrate propri" delle regioni ed enti locali)» (Corte costituzionale, 10 gennaio 2004, n. 17, punto 3.2 parte in diritto). In particolare, il comma 9 dell'art. 1 e' illegittimo per la parte in cui vincola le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, escluse le universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati (quindi, per espressa disposizione della norma, «le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunita' montane e loro consorzi e associazioni ... tutti gli enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300») a determinate specifiche categorie di spesa («per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione»), privandole di autonoma scelta decisionale relativamente ai propri bilanci, in palese violazione dell'art. 119 Cost. Analoga censura deve essere operata con riferimento al successivo comma 10, che, fra l'altro, non opera discriminazioni tra le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ricomprendendo pertanto anche le universita', gli enti di ricerca e gli organismi equiparati. Lo stesso comma 10, nella parte introdotta in sede di conversione, prevede che «il limite di spesa stabilito dal presente comma puo' essere superato in casi eccezionali, previa adozione di un motivato provvedimento adottato dall'organo di vertice dell'amministrazione, da comunicare preventivamente agli organi di controllo ed agli organi di revisione dell'ente», consentendo, pertanto, di superare il limite di spesa in casi eccezionali solo per le missioni all'estero, le spese di rappresentanza, le relazioni pubbliche ed i convegni (che per la circolare n. 31 del 3 agosto 2004 del Ministero dell'economia e delle finanze, Dip. Ragioneria generale dello Stato, «sono da considerare quali spese pr funzionamento per consumi intermedi (SEC '95 - classificazione economica dei capitoli di spesa- allegato 2)»), ma non per altre categorie attinenti agli obiettivi strategici degli enti, comprimendo in tal modo ulteriormente l'autonomia degli enti stessi, in violazione dell'art. 119 Cost. Inoltre, il comma 9, il comma 10 e il comma 11 si riferiscono all'esercizio dell'anno 2004, senza tenere conto della natura e della struttura delle entrate dei singoli enti, con obiettivi che pertanto devono essere conseguiti nell'ultimo semestre, per cui incidono sui criteri di programmazione in atto, in violazione dell'art. 119 Cost.). Sempre il comma 11, da un lato, impone una riduzione della spesa privando gli enti territoriali di un autonomo spazio decisionale (nonostante il parere favorevole della VI Commissione Finanze della Camera dei deputati che nella seduta del 21 luglio 2004 aveva osservato «in riferimento all'art. 1, comma 11, valuti la Commissione di merito l'opportunita' di prevedere che la riduzione, ivi prevista, delle spese per consumi intermedi da parte delle regioni a statuto ordinario, delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti, sia riferita alle spese correnti, limitatamente ai beni e servizi, al fine di garantire comunque a tali enti un residuo ambito di discrezionalita' nell'effettuazione medesima»), dall'altro applica un parametro rigido, il 10%, indiscriminatamente a tutti gli enti, senza tenere conto delle loro effettive disponibilita' finanziarie ne' dell'andamento delle entrate e delle spese, in violazione dell'art. 3 Cost. Infine il vincolo previsto dall'ultimo periodo del comma 11, introdotto in sede di conversione («per le regioni e gli enti locali che hanno rispettato, nell'anno 2003 e fino al 30 giugno 2004, gli obiettivi previsti relativamente al Patto di stabilita' interno, la riduzione del 10 per cento non si applica con riferimento alle spese che siano gia' state impegnate alla data di entrata in vigore del presente decreto») si aggiunge a quelli previsti dal Patto di stabilita' interno, comportando una doppia penalizzazione a carico degli enti piu' virtuosi, in violazione dell'art. 3 Cost. 4. - Illegittimita' dell'art. 3, primo comma del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per lesione della sfera di competenza legislativa regionale, particolarmente per violazione dell'art. 117, terzo comma e 119 Cost. L'art. 3, comma 1 del d.l. 12 luglio 2004, n. 168, nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, prevede che «1. All'art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il comma 21, sono inseriti i seguenti. "21-bis. In deroga a quanto stabilito dal comma 18, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano possono ricorrere all'indebitamento per finanziare contributi agli investimenti a privati entro i seguenti limiti: c) impegni assunti al 31 dicembre 2003, al netto di quelli gia' coperti con maggiori entrate o minori spese, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate, finanziati con ricorso all'indebitamento e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2004. d) Impegni assunti nel corso dell'anno 2004, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultante dall'elencazione effettuata nei prospetti dei mutui autorizzati alla data di approvazione della legge di bilancio per l'anno 2004, con esclusione di qualsiasi variazione in aumento che dovesse apportata successivamente. 21-ter. L'istituto finanziatore puo' concedere i finanziamenti destinati ai contributi agli investimenti a privati soltanto se compresi nei prospetti di cui al comma 21-bis; a tale fine, e' tenuto ad acquisire apposita attestazione dall'ente territoriale». E' cosi' prevista una deroga all'art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, norma che, ai fini di cui all'art. 119, sesto comma, delimita la nozione di investimenti, ricomprendendovi: a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali; b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti; c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale; d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale; e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose; f) le parteczazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti; g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni; h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109; i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalita' pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio». La norma di cui all'art. 3, comma 1 del d.l. n. 168/2004, pur ammettendo l'indebitamento per finanziare contributi agli investimenti a privati, concede la facolta' di ricorrervi in via transitoria e subordinatamente a condizioni precise e dettagliate. La norma cosi' introdotta, finalizzata a dare attuazione e integrare un principio presente nell'art. 119, ultimo comma Cost., viola l'autonomia di spesa costituzionalmente riconosciuta e garantita alle regioni dal primo comma dell'art. 119 Cost. Ne' il principio costituzionale di cui all'art. 119, ultimo comma, Cost. puo' essere oggetto di autonoma interpretazione del legislatore nazionale e definito nei suoi aspetti applicativi direttamente dalla legge statale, escludendo l'intervento o una possibilita' di definizione da parte del legislatore regionale. In particolare, nel disciplinare l'indebitamento delle regioni e degli enti locali con previsioni di dettaglio non riconducibili ai principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario di cui all'art. 119 della Costituzione, la norma impugnata viola l'autonomia finanziaria garantita agli enti sub-statali proprio dall'art. 119 della Costituzione. L'art. 119, secondo comma Cost. prevede, infatti, che l'autonomia finanziaria delle regioni si muova «secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», presupponendo l'applicazione dell'art. 117, terzo comma Cost., che ricomprende il coordinamento tra le materie oggetto di legislazione concorrente. Cosi', al fine di delimitare la portata del coordinamento, si deve ritenere che il confronto con la precedente versione dell'art. 119 impedisce di intendere questa locuzione nel senso che il potere impositivo e' conferito dalla legge statale che fissa i principi del coordinamento: infatti, mentre il precedente testo conferiva alla legge statale il duplice compito di disciplinare le forme ed i limiti dell'autonomia finanziaria e, una volta fatto cio', di coordinare tale autonomia; in base alla nuova versione, l'autonomia finanziaria, comprensiva questa volta dell'autonomia di entrata, e' attribuita direttamente dalla Costituzione ed il coordinamento, eventualmente effettuato dallo Stato, interviene su una potesta' gia' preesistente. In altri termini, lo Stato, in quanto non sovraordinato alle regioni nelle materie di legislazione concorrente (e, quindi, in materia di coordinamento), resta di conseguenza titolare di un potere di coordinamento nei confronti delle regioni e degli enti locali solo per quanto attiene alla determinazione dei principi fondamentali. E tale potere svolge non in quanto Stato-persona e cioe' come ente equiordinato rispetto agli ordinamenti coordinati (tra i quali e' compreso lo stesso Stato-persona) bensi' quale Stato-ordinamento e cioe' in nome e nell'interesse (non della finanza statale, ma) della finanza pubblica nel suo complesso. I limiti alla «competenza» finanziaria regionale imposti dalla legge statale derivano, quindi, solo dalla tutela di interessi pubblici generali che fanno capo all'ordinamento generale e non all'ordinamento particolare concorrente dello Stato-persona. Il legislatore statale puo' dettare principi, ma - proprio perche' diretti ad attuare il previsto coordinamento - tali principi debbono essere inseriti in una disciplina che determini contestualmente i «principi generali», «non potendosi ammettere in mancanza di cio' l'emanazione di discipline autonome delle singole regioni» (Corte costituzionale, 16 gennaio 2004, n. 16, punto 6 parte in diritto; in precedenza sentenze 26 settembre 2003, n. 296; 26 settembre 2003, n. 297; 15 ottobre 2003, n. 311). E', infatti, evidente come «cio' richieda altresi' la definizione di una disciplina transitoria che consenta l'ordinato passaggio dall'attuale sistema, caratterizzato dalla permanenza di una finanza regionale e locale ancora in non piccola parte «derivata», cioe' dipendente dal bilancio statale, e da una disciplina statale unitaria di tutti i tributi, con limitate possibilita' riconosciute a regioni ed enti locali di effettuare autonome scelte, ad un nuovo sistema» (Corte costituzionale, 26 gennaio 2004, n. 37). La determinazione di norme, per di piu' di dettaglio, nell'ambito delle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, risulta - anche sotto questo profilo - illogica e lesiva delle competenze regionali. Il coordinamento della finanza pubblica costituisce un ambito residuale di intervento sulla autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali, che investe tutto cio' che non riguarda direttamente i tributi propri, che non puo' comprimere e comunque ledere le competenze regionali con una puntuale elencazione degli «investimenti» e degli «indebitamenti» ammessi, di cui al primo comma dell'art. 3 della legge impugnata, che finiscono per condizionare in termini stringenti - e, come tali, inammissibili - la stessa capacita' di esercizio autonomo delle competenze legislative ed amministrative delle regioni. La finanza derivata che il vecchio art. 119 Cost. prevedeva per gli enti locali e' divenuta con la riforma una finanza autosufficiente correlata alle nuove responsabilita' dell'ente regione, che trova stabilita' proprio nel collegamento dell'indebitamento con le spese di investimento, considerato che il finanziamento con debito degli investimenti locali e' del tutto fisiologico. La tipologia del soggetto destinatario non modifica la natura economica della spesa e i trasferimenti in conto capitale ai privati non possono ragionevolmente essere esclusi dal concetto consolidato di investimento. La compressione della competenza regionale e' pertanto evidente per la parte in cui la norma impugnata prevede una restrizione non giustificata per il finanziamento mediante ricorso all'indebitamento degli interventi destinati alla realizzazione di investimenti riferiti ai trasferimenti in conto capitale a favore di privati e, quindi, produce - in assenza di qualsiasi previo meccanismo di coordinamento o di intesa - un'alterazione consistente degli equilibri dei bilanci regionali: dati i ristretti margini di autofinanziamento delle regioni, la quasi totalita' delle spese regionali di investimento sono, infatti, finanziate con l'indebitamento. In definitiva, la disciplina posta dallo Stato si pone in contrasto con il sistema costituzionale vigente che attribuisce alle regioni potesta' normativa nel quadro dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale, che deve essere pertanto legge di coordinamento e non di dettaglio. Allo Stato deve spettare il compito di dettare gli indirizzi fondamentali della finanza pubblica nel suo complesso, senza intaccare con disposizioni precettive e di dettaglio l'autonomia delle regioni e degli enti locali, rimanendo la disciplina specifica oggetto di disposizioni di rango regionale, nel rispetto delle prerogative degli enti locali e della loro autonomia normativa di rango regolamentare, questo perche' il ruolo proprio dello Stato (dello Stato-ordinamento) sia quello di garante di ultima istanza; esso ha, cioe', la funzione di definire e concretamente implementare sistemi che garantiscano il cittadino rispetto a distorsioni nei meccanismi attraverso i quali le scelte pubbliche sono decise, fermo restando il coinvolgimento delle regioni nelle decisioni di spesa necessarie al rispetto dei parametri economici comunitari, compresi quelli relativi al Patto di stabilita' e l'onere per il legislatore ordinario di autolimitare responsabilmente la portata del proprio spazio normativo. Di conseguenza «l'autofinanziamento delle funzioni attribuite alle regioni ed enti locali non costituisce altro se non un corollario della potesta' legislativa regionale esclusiva in materia di ordinamento ed organizzazione amministrativa, affinche' per tale via possa trovare compiuta realizzazione il principio piu' volte ribadito ... circa il parallelismo fra responsabilita' di disciplina della materia e responsabilita' finanziaria» (Corte costituzionale, 16 gennaio 2004, n. 17, punto 4.2 parte in diritto). Si deve anche rilevare che l'art. 3, commi da 16 a 20 della legge n. 350, precisa quali siano le ipotesi nelle quali le regioni e gli enti locali possono ricorrere all'indebitamento, esplicitamente dando attuazione all'art. 119 Cost. Sotto questo profilo, la disciplina impugnata risulta illegittima per la parte in cui precisa in modo dettagliato - con riferimento essenzialmente agli investimenti delle regioni e degli enti locali - quale sia il concetto di spese di investimento. La norma costituzionale, nel porre l'obbligo di ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento, ha fatto riferimento al concetto di spese di investimento presente nell'ordinamento della contabilita' dello Stato. E cioe' ha inteso - e non poteva non intendere - le spese di investimento come le «spese in conto capitale (o di investimento)» di cui all'art. 3, comma 2 della legge n. 62 del 1964. E la parte in conto capitale - come precisa l'art. 6, comma 2 della legge n. 468 del 1978 - comprende le partite che attengono agli investimenti «diretti» ed «indiretti», ecc. Si tratta di definizioni dettate in via generale per l'intera contabilita' pubblica che, come tali, costituiscono il limite posto dalla norma costituzionale. La fissazione da parte della legge statale di che cosa si debba intendere per spese di investimento, con specifico riferimento all'indebitamento delle regioni e degli enti locali, implica una interferenza del legislatore statale sulla gestione della spesa delle regioni, in quanto la limitazione delle categorie di spese classificabili come spese di investimento orienta, in modo vincolante, la capacita' di spesa delle autonomie locali, comprimendone in modo illegittimo l'autonomia finanziaria. Infatti, la determinazione di specifiche spese di investimento ammissibili significa porre un vincolo alle capacita' di gestire le risorse da reperire mediante indebitamento. Ed in sostanza il legislatore statale finisce per dettare regole di gestione della finanza locale che non solo comprimono l'autonomia finanziaria delle regioni, ma che possono anche impedire ad esse spese di investimento in grado di rendere «virtuosa» la gestione finanziaria, in funzione dello sviluppo locale.
P. Q. M. Si chiede la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e dell'art. 3, primo comma del d.l. 12 luglio 2004, n. 168 (Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica), nel testo convertito dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, per violazione degli artt. 3, 117, terzo comma e 119 Cost. Roma, addi' 27 settembre 2004 Prof. avv. Stefano Grassi 04C1102