N. 804 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 maggio 2004

Ordinanze  804 e 805 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse
il  17  maggio  2004 dal Tribunale di Bologna nei procedimenti penali
rispettivamente  a  carico  di: Klil Said (r.o. n. 804/2004); Borosha
Abtef (r.o. n. 805/2004)

Straniero - Espulsione amministrativa - Reato di trattenimento, senza
  giustificato  motivo,  nel  territorio  dello  Stato, in violazione
  dell'ordine  di  allontanamento  impartito  dal  questore - Arresto
  obbligatorio in flagranza - Irragionevole disparita' di trattamento
  rispetto  ad  ipotesi  di reato analoghe o piu' gravi - Carenza del
  requisito della necessita' ed urgenza per l'adozione da parte della
  polizia   giudiziaria  di  provvedimenti  provvisori  destinati  ad
  incidere sulla liberta' personale.
- D.Lgs.   25 luglio   1998,   n. 286,   art. 14,  comma 5-quinquies,
  introdotto  dall'art. 13,  comma 1,  della  legge  30 luglio  2002,
  n. 189.
- Costituzione, artt. 3 e 13, comma terzo.
(GU n.42 del 27-10-2004 )
                            IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di Klil Said,
nata  10  agosto  1974  in Algeria, per la contravvenzione prevista e
punita  dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato
dalla legge n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del  Prefetto  di  Bologna  in data 3 maggio 2004, che
successivamente  in data 3 maggio 2004, il Questore di Bologna gli ha
ordinato  di  allontanarsi  dal  territorio  dello Stato entro cinque
giorni  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come
modificato  dalla  legge  n. 189/2002,  e che egli non ha ottemperato
all'ordine,  venendo  arrestato  a Bologna il 15 maggio 2004 ai sensi
dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali  definitivi  a carico, ne' pendenze giudiziarie; osservato che
sussistono   dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale  dell'arresto
obbligatorio  come  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
n. 286/1998  -  come  modificato  dalla  legge n. 189/2002 - e che la
questione  di  legittimita'  di  tale norma appare non manifestamente
infondata  e  va  sollevata d'ufficio per le ragioni che seguono, con
essenziale  riferimento  ai  parametri  costituzionali  di  cui  agli
articoli 13 e 3 della Costituzione;
    Quanto  al parametro dell'art. 13, terzo comma, Costituzione, che
consente  provvedimenti  limitativi della liberta' personale da parte
della  p.s.  solo  «in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta  nell'art.  14,  comma  5-quinquies,  appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        La   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   p.s.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi «eccezionali di necessita' ed
urgenza»  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  p.s., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza.
        La  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la flagranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma  5-ter, le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto.
        La  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e' socialmente pericoloso (vedi Corte cost. n. 64/1977 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente accertamento
giudiziale  delle  condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in
una  condizione  di  pericolosita'  specifica  per  le sue condizioni
personali  (vedi  Corte  cost.  n. 126/1972  in  cui  la legittimita'
dell'arresto  era  collegata  all'ubriachezza  in  atto):  va infatti
considerato  che  la clandestinita' sul territorio dello Stato, cioe'
la  permanenza  dello  straniero  in  Italia senza i documenti che la
legittimano  formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma
che  non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla
formale  assenza  di  documenti, non puo' essere indice di per se' di
una  specifica  pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole
numero   di   «badanti»   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
dei  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificato  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte della p.s. ai sensi del terzo comma dell'art. 13
della Cost.
        L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per
una  contravvenzione  punita con l'arresto da sei mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il
che  rende  evidente  come  in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le  contravvenzioni p.p. dai commi 1 e 2,
art. 4, legge n. 110/1975 o dai commi 4 e 5 dello stesso articolo, in
questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio
etnico, razziale ecc. Nella prima ipotesi l'arresto e' consentito per
consentire  «la possibilita' di un intervento immediato di chi si sia
dato  alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a
lui riconducibili ed abbia messo in pericolo la sicurezza individuale
e  collettiva»  (Corte cost. n. 305/1996). Nel secondo caso l'arresto
consente  che  le  forze  di  p.s.  limitino la liberta' personale di
soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere nel corso di
riunioni  pubbliche  (comma  4  e  5)  o  con armi od oggetti atti ad
offendere   fuori  dalla  propria  abitazione  il  cui  possesso  sia
destinato  specificamente  a  finalita'  di  discriminazione  o  odio
razziale  (commi 1 e 2, aggravati dall'art. 3, comma 1, decreto-legge
n. 122/1993),  condotte  entrambe  evidentemente  riconducibili ad un
pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto
con   la   materiale   apprensione  del  soggetto  armato  ed  i  suo
allontanamento dai luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e'
previsto  come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma 4
c.d.s.  e art. 6, comma 2, legge n. 654/1975). In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies,
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  p.s.  che  lo  sorprenda  in flagranza, nel caso di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies  non  emerge  alcuna  necessita'  ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
Giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto  previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma  4  subordina  in  via generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta,   con   la   conseguenza  che  la  misura  potrebbe  essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma   della  Costituzione  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente
necessario  ed urgente limitare la liberta' di uno straniero tutte le
volte  in  cui  egli  abbia  violato  l'ordine  di allontanamento del
questore  successivo alla sua espulsione dal territorio nazionale, il
che  non appare conforme alla inviolabilita' della liberta' personale
imposta dall'art. 13 Cost.
        L'arresto  obbligatorio  non potrebbe neppure trovare ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla   necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.,  comma 11, che espressamente dispone le regole
processuali  per  l'ipotesi  di  citazione a giudizio dell'imputato a
piede  libero,  oltre  che  nei  casi  previsti  dallo  stesso d.lgs.
n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13,
comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in
ogni  caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non
sia  stata  esercitata  e  quindi  l'imputato  resti  libero - contro
l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo.
        Non  puo'  infine  ritenersi  che l'eccezionale necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed  indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma
4, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Quanto al parametro dell'art. 3 della Costituzione, che impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato  nelle  sentenze  Corte  cost.  n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994  (vedi anche Corte cost. n. 53/1958 secondo
cui  «non si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore
se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse»)  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        L'art. 13,  comma  13 del d.lgs. n. 286/1998, come modificato
dalla  legge  n. 189/2002  prevede la contravvenzione dello straniero
che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel
territorio  nazionale, punendolo con l'arresto da sei mesi ad un anno
(si  tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14,  comma 5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  (art. 13,  comma  13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies).
        L'art. 13,   comma   13-bis   del  d.lgs.  n. 286/1998,  come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da uno a quattro anni e l'art. 13, comma
13-ter.  In  questo  caso di delitto con pena edittale fino a quattro
anni  e'  previsto  l'arresto  come  facoltativo  dall'art. 13, comma
13-ter,   mentre   nel   caso   piu'   lieve   della  contravvenzione
dell'art. 14,  comma  5-ter,  punita  con  l'arresto  fino  a un anno
l'arresto  e'  previsto  come  obbligatorio dal citato art. 14, comma
5-quinquies.
        Dall'esame  delle disposizioni sopra citate emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma  5-quinquies  dell'art. 14  e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di  analoga  gravita'  (art. 13,  comma  13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi,  sia  perche'  a  situazioni  di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis, conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase della previsione delle misure precautelari.
    Che  la  questione  e' rilevante per la pronuncia sulla convalida
dell'arresto   poiche'  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale   dello   stesso  farebbe  venir  meno  il  fondamento
normativo  della  richiesta  di  convalida  proposta dal pm.. Infatti
nella  fattispecie  Klil Said e' stato tratto in arresto perche' tale
misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma 5-quinquies,
d.lgs.  n. 286/1998,  mentre  egli  non  sarebbe  stato  passibile di
arresto  se  tale  misura  fosse  stata  prevista come facoltativa in
quanto  non  sussistono  nella  fattispecie  le  condizioni richieste
dall'art. 381, comma 4, della gravita' del fatto (il reato contestato
e'  una  contravvenzione  punita  da  sei  mesi  a un anno) ne' della
pericolosita'   del   soggetto   desunta   dalla   sua  pericolosita'
(l'arrestato  e'  privo  di  pregiudizi penali ed e' qui per la prima
volta  accusato  di  una  contravvenzione;  il  fatto  che  egli  sia
clandestina  sul  territorio nazionale non e' previsto come reato dal
nostro  ordinamento  o  dalle  circostanze  del  fatto  (la  condotta
contestata  e'  meramente  passiva,  di  disobbedienza  ad  un ordine
dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, comma 7
c.p.p.   e  «(...)  trova  ragione  nell'interesse  generale  ad  una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione dell'art. 391, comma 7 ovvero piu' radicalmente alla
caducazione  con  effetto retroattivo della disposizione in base alla
quale gli arresti furono eseguiti» (Corte cost. n. 54/1993).
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998
come  modificato  dalla  legge  n. 189/02, nella parte in cui prevede
come obbligatorio l'arresto per il reato previsto dall'art. 14, comma
5-ter,  appare  non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio
di  convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio per le ragioni
sopra esposte.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata e rilevante nel presente
giudizio  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  per  contrasto  con  gli  articoli  13, terzo comma e 3
Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso:
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente ordinanza sia notificata al Presidente
del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle Camere.
        Bologna, addi' 17 maggio 2004
                          Il giudice: Betti
04C1117