N. 16 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 2 settembre 2004
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 2 settembre 2004 (della Provincia autonoma di Trento) Formazione professionale - Organizzazione sanitaria - Decreto del Ministro della salute concernente i requisiti richiesti alle societa' scientifiche e alle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie per poter svolgere attivita' formativa nell'ambito del programma di «Educazione continua in medicina» (ECM) ed attivita' di collaborazione nei confronti dei diversi organi ed organismi che operano nei vari settori di attivita' sanitarie - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento - Lamentata inidoneita' della norma che disciplina la «Commissione nazionale per la formazione continua» (art. 16-ter del d.lgs. n. 502/92) a dare fondamento al potere ministeriale attraverso l'autoattribuzione allo stesso non solo del potere di accreditamento delle societa' scientifiche ma, anche, e sopratutto il riconoscimento delle medesime - Lamentata illegittimita' per difetto del potere esercitato - Interferenza con la potesta' legislativa provinciale primaria, in materia di formazione professionale ed organizzazione sanitaria. - Decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004. - Costituzione art. 117; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, nn. 1) e 29); 9, n. 10); 16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197; d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689; decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 16-ter e 19. Formazione professionale - Organizzazione sanitaria - Decreto del Ministro della salute concernente i requisiti richiesti alle societa' scientifiche e alle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie per poter svolgere attivita' formativa nell'ambito del programma di «Educazione continua in medicina» (ECM) ed attivita' di collaborazione nei confronti dei diversi organi ed organismi che operano nei vari settori di attivita' sanitarie - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento - Lamentata invasione della competenza legislativa primaria provinciale con atto regolamentare e non legislativo - Interferenza con la potesta' legislativa provinciale primaria, in materia di formazione professionale ed organizzazione sanitaria - Violazione del principio di certezza normativa. - Decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004. - Costituzione art. 117, comma sesto; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, nn. 1) e 29); 9, n. 10); 16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197; d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, art. 2. Formazione professionale - Organizzazione sanitaria - Decreto del Ministro della salute concernente i requisiti richiesti alle societa' scientifiche e alle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie per poter svolgere attivita' formativa nell'ambito del programma di «Educazione continua in medicina» (ECM) ed attivita' di collaborazione nei confronti dei diversi organi ed organismi che operano nei vari settori di attivita' sanitarie - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento - Lamentato mancato coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni - Violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004. - Decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, art. 2, comma terzo. Formazione professionale - Organizzazione sanitaria - Decreto del Ministro della salute concernente i requisiti richiesti alle societa' scientifiche e alle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie per poter svolgere attivita' formativa nell'ambito del programma di «Educazione continua in medicina» (ECM) ed attivita' di collaborazione nei confronti dei diversi organi ed organismi che operano nei vari settori di attivita' sanitarie - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento - Denunciata illegittimita' delle norme che attribuiscono poteri amministrativi ad organi statali nelle materie di competenza regionale - Lamentato implicito riferimento al principio dell'«interesse nazionale» che non e' piu' un limite generale alle competenze regionali e provinciali - Violazione del principio di sussidiarieta' - Violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004. - Costituzione artt. 117 e 118; Statuto della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, nn. 1) e 29); 9, n. 10); 16; d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474; d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197; d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689; decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, art. 4.(GU n.42 del 27-10-2004 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale protempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale n. 2011 del 30 agosto 2004 (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura speciale del 30 agosto 2004, n. rep. 26159, rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante dalla provincia stessa (doc. 2) - dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, in via Confalonieri, 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione che non spetta allo Stato di dettare, in materia di competenza provinciale, norme sostanzialmente regolamentari, operanti anche nella provincia di Trento, e di attribuire poteri amministrativi ad organi statali, e per il conseguente annullamento del decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, requisiti che devono possedere le societa' scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 2 luglio 2004, per violazione: dell'art. 8, n. 1) e a 29), dell'art. 9, n. 10) e dell'articolo 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 e delle relative norme d'attuazione; degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; dell'art. 117, commi 3, 4 e 6, e dell'art. 118 della Costituzione, in collegamento con l'art. 10 della legge costituzionale 19 ottobre 2001, n. 3; dei principi di leale collaborazione e di certezza normativa. F a t t o La Provincia autonoma di Trento e' dotata di competenza legislativa concorrente in materia di sanita' e di competenza primaria in materia di «formazione professionale» e di «ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto» ai sensi dell'art. 9. n. 10) e dell'art. 8, n. 29) e n. 1), dello Statuto speciale. In tali materie ora l'art. 117 della Costituzione riconosce alle Regioni ordinarie una maggiore autonomia, in quanto non sussistono piu' i limiti delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali (sent. n. 274/2003) e dell'interesse nazionale (sent. n. 303/2003), salvi i condizionamenti derivanti dai compiti «trasversali» di cui all'art. 117, comma 2. Dunque, In virtu' dell'art. 10 legge costituzionale n. 3/2001, anche per la Provincia autonoma di Trento si puo' fare riferimento, per i limiti della potesta' legislativa in materia di sanita' e di formazione professionale, al Titolo V della Costituzione. Dall'art. 117, comma 3, della Costituzione e dall'art. 10 legge costituzionale n.3/2001, poi, risulta che la provincia e' titolare di potesta' legislativa concorrente in materia di «professioni». Nelle materie della sanita' e della formazione professionale le funzioni amministrative sono state trasferite con il d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, con il d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, con il d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689, nessuno dei quali riserva allo Stato le funzioni di definizione dei requisiti delle societa' scientifiche e di riconoscimento delle societa' stesse. La competenza provinciale in materia di formazione nel settore medico ha trovato riconoscimento in alcune pronunce della Corte costituzionale (n. 406 del 2001, n. 510 del 2002, n. 316 del 1993). Il decreto qui impugnato interviene, essenzialmente, nella materia della formazione professionale, nella quale rientra la formazione specifica in medicina generale (v. sentt. n. 316 del 1993 e n. 354 1994). Esso puo' considerarsi interferente anche con la materia dell'organizzazione sanitaria (per cio' che riguarda la collaborazione delle societa' scientifiche con le istituzioni sanitarie), nella quale pure la Provincia autonoma di Trento deve considerarsi titolare di potesta' primaria. Infatti, la materia «tutela della salute» viene intesa come non comprensiva dei profili organizzativi, che vengono invece ricondotti all'art. 117, comma 4: in questo senso si e' espressa la circolare dello stesso Ministro della salute 17 gennaio 2002, n. 1 (doc. 3) e anche codesta Corte costituzionale ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse nel giudizio relativo al d.lgs. n. 229/1999 prendendo atto del fatto che, in materia di organizzazione sanitaria, «con la riforma del Titolo V il quadro delle competenze e' stato profondamente rinnovato e in tale quadro le regioni possono esercitare le attribuzioni, di cui ritengano di essere titolari» (sent. n. 510/2002, punto 4 del Diritto). Nelle premesse del decreto si richiama l'art. 16-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, che «prevede la definizione da parte della commissione nazionale per la formazione continua dei requisiti per l'accreditamento delle societa' scientifiche che svolgono attivita' di formazione continua», si ricorda che «non sono previsti dalle leggi vigenti specifici requisiti per la costituzione delle societa' scientifiche dell'area sanitaria» e si afferma, dunque, l'opportunita' «di definire i requisiti essenziali che le societa' scientifiche devono possedere per svolgere le richiamate attivita» (formative e di collaborazione con le istituzioni pubbliche competenti in materia di sanita) «con particolare riferimento all'attivita' formativa nell'ambito del programma ECM ed all'attivita' di collaborazione nei confronti degli organi centrali e regionali e delle istituzioni e degli organismi che operano nei vari settori di attivita' sanitarie» (la sigla ECM indica le attivita' di Educazione continua in medicina). Inoltre, il decreto precisa che il potere di riconoscimento (previa verifica del possesso dei requisiti) deve spettare al Ministro della salute (cioe' allo stesso autore del decreto), «in ragione del ruolo che le societa' scientifiche devono svolgere nell'ambito del sistema sanitario italiano e delle implicazioni che il contributo culturale e scientifico dello stesso puo' comportare per lo sviluppo e la qualita' delle attivita' sanitarie e mediche del Paese». Infine, il decreto rimette «alla disciplina generale, che sara' stabilita dall'intesa fra il Ministero della salute e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'art. 8. comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, di definizione dei requisiti e delle modalita' di accreditamento delle societa' scientifiche in qualita' di provider di formazione residenziale e a distanza». Nella parte dispositiva del decreto, l'art. 1 stabilisce che, «per poter svolgere le attivita' di collaborazione con le istituzioni sanitarie e le attivita' di aggiornamento professionale di cui in premessa, le societa' scientifiche dei medici-chirurghi, dei veterinari degli odontoiatri, dei farmacisti e le associazioni tecnico-scientifiche dei professionisti sanitari delle professioni infermieristiche, tecniche, della riabilitazione e della prevenzione devono essere riconosciute con decreto del Ministero della salute». Il comma 2 estende tale necessita' alle societa' scientifiche «degli psicologi, dei biologi, dei fisici e dei chimici, costituite da professionisti che svolgano in via esclusiva o prevalente attivita' sanitaria». Il comma 3 fissa i requisiti necessari per il riconoscimento. L'art. 2 e l'art. 3 stabiliscono ulteriori requisiti, mentre l'art. 4 da' una possibilita' di deroga temporanea. L'art. 5, comma 1, dispone che «le societa' scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche per poter essere accreditate come provider ai fini del programma ECM devono essere preventivamente riconosciute ai sensi del presente decreto e devono essere in possesso dei requisiti per l'accreditamento che saranno stabiliti dall'intesa fra il Ministero della salute e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ai sensi dell'art. 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131». Il comma 2 riprende quanto gia' risultante dall'art. 1, comma 1. L'art. 6 regola la procedura di riconoscimento, statuendo che, «per essere riconosciute ai sensi del presente decreto, le societa' scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche devono produrre istanza al Ministero della salute - Dipartimento della qualita' - Direzione generale delle risorse umane e delle professioni sanitarie, con allegata idonea documentazione sul possesso dei requisiti di cui all'art. 1»; le domande delle societa' medico-scientifiche «sono trasmesse tramite la FISM, che provvede all'istruttoria preventiva» (comma 1). Dal comma 2 risulta che «all'accertamento della rappresentativita' dei professionisti attivi nella specializzazione o disciplina o specifica area di esercizio professionale provvede l'ordine o collegio professionale, d'intesa con il Ministero della salute, e, per le categorie prive di ordine o collegio, il Ministero della salute». Il Ministero provvede sulla domanda «previa acquisizione del parere di una commissione costituita con decreto del Ministero della salute con la partecipazione di rappresentanti delle regioni, degli ordini e collegi professionali e delle associazioni professionali delle professioni tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, nonche' della FISM» (comma 3). La Direzione generale delle risorse umane e delle professioni esercita la vigilanza e la periodica verifica dei requisiti (comma 4). Il comma 5 riguarda le societa' scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche gia' esistenti: esse «devono chiedere il riconoscimento entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presento decreto». Infine, l'art. 7 dispone che «il venir meno di uno o piu' requisiti di cui all'art. 1... determina la revoca del riconoscimento», e che la revoca «e' disposta con decreto del Ministro della salute, sentita la commissione di cui all'art. 6». Il d.m. 31 maggio 2004 non menziona specificamente la provincia autonoma di Trento ne' contiene una clausola di salvaguardia delle competenze delle regioni speciali. Il contenuto complessivo del decreto, comunque, e' tale che esso risulta rivolto anche alle province autonome, in modo tale da pretendere immediata applicazione. Per questo motivo, si rende necessario impugnare un atto ministeriale che - in materia di indubbia competenza regionale e provinciale - e' stato adottato senza alcun coinvolgimento delle regioni, senza base legislativa e che detta norme sostanzialmente regolamentari, attribuendo poteri amministrativi ad organi statali. D i r i t t o 1) Illegittimita' per difetto del potere esercitato. Come gia' accennato, il d.m. 31 maggio 2004 richiama, a proprio fondamento, l'art. 16-ter del d.lgs. n. 502/92. Questa disposizione disciplina la Commissione nazionale per la formazione continua, organo presieduto dal Ministro della salute e composto «da quattro vicepresidenti, di cui uno nominato dal Ministro della salute, uno dal Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, uno dalla Conferenza permanente dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, uno rappresentato dal Presidente della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonche' da 25 membri», designati da vari soggetti. Alla Commissione sono attribuiti diversi compiti, fra i quali quello di definire «i requisiti per l'accreditamento delle societa' scientifiche nonche' dei soggetti pubblici e privati che svolgono attivita' formative» e procedere «alla verifica della sussistenza dei requisiti stessi» (art. 16-ter, comma 2, ultima frase). Tale norma, pero', risulta inidonea a fondare il potere esercitato dal Ministro con l'atto impugnato, e cio' per tre distinte concorrenti ragioni: A) Il d.m. 31 maggio 2004 prevede un «riconoscimento» e un «accreditamento» (art. 5, comma 1, riguardante il programma ECM, Educazione continua dei medici). I requisiti del primo sono direttamente fissati dal decreto, mentre per il secondo si rinvia ad un intesa fra Ministero e Regioni. L'art. 16-ter, invece, menziona solo l'istituto dell'accreditamento (riferendolo alle attivita' formative in generale) e prevede che i requisiti siano stabiliti dalla Commissione nazionale per la formazione continua, che deve anche procedere alla verifica della loro esistenza (verifica che dovrebbe coincidere con l'accreditamento stesso). Il Ministro, dunque, ha aggiunto alla necessita' di accreditamento quella di un previo «riconoscimento», autoattribuendosi il potere - non previsto da alcuna norma - di fissare i requisiti e di effettuare il riconoscimento stesso. Poiche' tale disciplina e tale potere incidono su una materia (o piu' materie) di competenza della Provincia, come sopra esposto, la mancanza di fondamento legislativo implica lesione delle competenze costituzionali della Provincia (v., ad es., la sent. n. 266/2001, che ha annullato, per difetto di base legislativa, un regolamento recante i requisiti tecnici dei serbatoi interrati). Ne' si puo' ritenere che il «riconoscimento» di cui al decreto impugnato coincida sostanzialmente con l'accreditamento di cui all'art. 16-ter d.lgs. n. 502/1992. Il potere previsto dall'art. 16-ter, infatti, si differenzia, per oggetto e soggetto, da quello qui contestato. Il riconoscimento non riguarda solo le attivita' formative ma anche la collaborazione con le istituzioni sanitarie (art. 1, comma 1, e art. 5, comma 2); l'art. 16-ter, inoltre, attribuisce i poteri amministrativi (di definizione dei requisiti e di verifica) alla Commissione nazionale per la formazione continua, non al Ministro. Ne risulta confermata la lesivita' del decreto; B) Qualora, in denegata ipotesi, codesta Corte ritenesse che l'oggetto dell'art. 16-ter corrisponda all'oggetto del d.m. 31 maggio 2004, questo sarebbe comunque illegittimo. Infatti, in base all'art. 19 del d.lgs. n. 502/1992 (come risultante dopo la sent. della Corte costituzionale n. 354/1994) le autonomie speciali sono vincolate solo dai principi desumibili dagli artt. 1, commi 1 e 4, 6, commi 1 e 2, 10, 11, 12 e 13, 14, comma 1, 15, 16, 17 e 18, in quanto norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica. L'art. 16-ter, dunque, non e' applicabile alla Provincia autonoma di Trento, sia in quanto non richiamato dall'art. 19, comma 2, sia, comunque, in quanto non costituisce un principio di riforma economico-sociale sia, infine, perche', come gia' detto, il limite dalle riforme economico-sociali non limita piu' le materie di potesta' primaria (sent. n. 274/2003). Dunque, il d.m. 31 maggio 2004, essendo rivolto anche alla Provincia autonoma di Trento, ne lede le competenze costituzionali, perche' la norma legislativa che ne costituirebbe il fondamento non riguarda le autonomie speciali; C) In ulteriore subordine, si osserva che il potere esercitato dal Ministro, qualora fosse stato previsto dall'art. 16-ter d.lgs. n. 502/1992, anche in relazione alla Provincia autonoma di Trento, dovrebbe comunque ritenersi venuto meno a seguito della legge Costituzionale n. 3/2001, in quanto si tratta di un potere sostanzialmente regolamentare. Si noti che la stessa Adunanza generale del Consiglio di Stato, nel parere 11 aprile 2002, n. 1/2002, ha escluso la sopravvivenza di poteri regolamentari (si trattava della materia sanitaria) dopo la legge Costituzionale n. 3/2001, e nel parere n. 5 dell"8 novembre 2002 ha affermato l'abrogazione delle norme che prevedevano poteri regolamentari statali in materie non menzionate dall'art.117, comma 2, Costituzione. Quanto alla necessita' di valutare con criteri «sostanziali» la natura di un atto quale il d.m. 31 maggio 2004, si puo' rinviare alle sentenze di codesta Corte costituzionale n. 88/2003, punto 3 del Diritto, e n. 12/2004. Sotto ogni profilo, dunque, risulta la lesione delle competenze legislative ed amministrative della Provincia risultanti dalle norme statutarie e di attuazione sopra citate nonche' dell'art. 117 della Costituzione, in quanto esso ampli l'autonomia legislativa provinciale in materia di formazione professionale e di organizzazione sanitaria. 2) Violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, dell'art. 117, comma 6, della Costituzione e del principio di certezza normativa. Il Ministro della salute ha adottato un atto sostanzialmente regolamentare in materia di competenza primaria (al minimo, concorrente) della Provincia, indirizzando norme immediatamente applicabili alle societa' scientifiche operanti nella provincia di Trento. Ne risulta una violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, perche', nelle materie provinciali, lo Stato puo' intervenire solo con legge e solo facendo sorgere, eventualmente, un obbligo di adeguamento: in questo caso, invece, la materia della formazione professionale e' stata disciplinata con norme direttamente applicabili (il che e' precluso anche alla legge), per di piu' di rango regolamentare, con duplice violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, nonche' dell'art. 117, comma 6, della Costituzione se, come illustrato nel Fatto, si ritiene che le competenze provinciali in materia di formazione e di organizzazione sanitaria vadano ora ricondotte all'art. 117 della Costituzione. Infine, va notato che, se anche si ritenesse giuridicamente inefficace la pretesa del regolamento alla diretta disciplina, della materia di competenza provinciale, la stessa presenza di tale disciplina comporta una situazione di incertezza che di per se' viola il principio di certezza normativa, in quanto determina sia per l'Amministrazione provinciale che per gli operatori uno stato di incertezza sulla normativa da applicare. Ed e' da ricordare che codesta Corte costituzionale ha gia' affermato che il «valore costituzionale della certezza e della chiarezza normativa» puo' essere fatto valere nelle controversie fra Stato e Regioni (v. la sent. n. 94 del 1995, punto 2 in diritto). 3) Violazione del principio di leale collaborazione. Il d.m. 31 maggio 2004 e' stato adottato senza coinvolgimento della Conferenza Stato-Regioni. Cio' stupisce particolarmente considerando che lo stesso decreto, nelle premesse, richiama diversi atti di intesa e accordi con le Regioni nella materia in questione e poi, all'art. 5, comma 1., rimette ad un'intesa fra Ministero della salute e Regioni la definizione dei requisiti per l'accreditamento. La necessita' di un coinvolgimento delle Regioni nell'emanazione dei decreto qui impugnato risulta sia dal principio generale di leale collaborazione, che richiede forme di raccordo quando le competenze statali esercitate interferiscano con le competenze regionali [si veda, da ultimo, la sent. n. 308/2003: «In casi di questo genere, come questa Corte ha numerose volte affermato (per tutte, sentenze n. 96 del 2003, n. 422 del 2002, occorre addivenire a forme di esercizio delle funzioni, da parte dell'ente competente, attraverso le quali siano efficacemente rappresentati tutti gli interessi e le posizioni costituzionalmente rilevanti. Nei casi in cui, per la loro connessione funzionale, non sia possibile una netta separazione nell'esercizio delle competenze, vale il principio detto della "leale cooperazione", suscettibile di essere organizzato in modi diversi, per forme e intensita' della pur necessaria collaborazione»], sia dall'art. 2, comma 3, d.lgs. n. 281/1997 («La Conferenza Stato-regioni e' obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano»), dato che il d.m. 31 maggio 2004, come detto, e' sostanzialmente un regolamento. Ora, dato che la materia oggetto del decreto spetta alla competenza primaria delle regioni, ne risulta che - anche a ritenere in denegata ipotesi legittimo l'uso del potere regolamentare - il d.m. 31 maggio 2004 avrebbe dovuto essere adottato previa intesa con la Conferenza Stato-regioni; in subordine, era comunque necessario almeno il parere di cui all'art. 2 d.lgs. n. 281/1997. Ne risulta un ulteriore profilo di lesivita' costituzionale dell'atto impugnato. 4) Violazione dell'art. 4 d.lgs. n. 266/1992. dell'art. 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione. Infine, una specifica illegittimita' colpisce le norme che attribuiscono poteri amministrativi ad organi statali: l'art. 1, commi 1 e 2, l'art. 5, l'art. 6, commi 2, 3 e 4, l'art. 7, comma 2. Persino qualora, in denegata ipotesi, si ritenessero infondati i motivi di cui sopra e legittima la disciplina da parte statale - con atto sostanzialmente regolamentare assunto senza procedure di collaborazione - dal riconoscimento e dei relativi requisiti, comunque sarebbe illegittima l'attribuzione ad organi statali di funzioni amministrative che non richiedono esercizio unitario. Il d.m. 31 maggio 2004 motiva l'attribuzione del potere di riconoscimento al Ministro richiamando l'importanza dal molo delle societa' scientifiche. Cio' pare costituire un implicito riferimento ad un presunto «interesse nazionale», che pero', non rappresenta piu' un limite generale delle competenze regionali e provinciali. Ora lo Stato puo' trattenere, nelle materie provinciali, solo le funzioni amministrative che richiedono un esercizio unitario: e pare evidente che il concreto riconoscimento delle societa' scientifiche, in applicazione dei requisiti prefissati, l'accertamento della rappresentativita' dei professionisti, la vigilanza e la verifica dei requisiti e la revoca sono atti che possono essere svolti in modo adeguato (anzi, piu' adeguato) al livello locale senza nessun esigenza di esercizio unitario. Ne' il fatto che le societa' operino in piu' regioni osta ad un riconoscimento regionale: codesta Corte costituzionale ha gia' riconosciuto che le autorizzazioni rilasciate dalle regioni possono avere valore nazionale (v. senti n. 375/2003 e n. 392/1998). Dunque, risulta illegittima l'allocazione dei poteri amministrativi previsti dal d.m 31 maggio 2004 in capo ad organi statali. Qualora, in denegata ipotesi, si ritenesse esistente un'esigenza di esercizio unitario, il d.m. 31 maggio 2004 sarebbe pur sempre illegittimo sia perche' in ogni modo la disciplina derogatoria in forza del principio di sussidiarieta' non puo' essere contenuta in un decreto ministeriale ma richiede la legge statale, sia perche' l'attrazione allo Stato di funzioni amministrative in materie regionali, in virtu' del principio di sussidiarieta', deve essere compensata dalla previsione di un'intesa con la regione per l'esercizio della funzione in questione (in questo caso, della regione ove ha sede la societa): v. le sentt. n. 303/2003 e n. 6/2004. Nel caso di specie, invece, i poteri di riconoscimento e revoca sono esercitati a seguito del parere di una commissione in cui le regioni sono rappresentate in misura non meglio precisata (art. 6, comma 3), mentre quelli di cui all'art. 6, commi 2 e 4, sono esercitati senza alcun coinvolgimento dalle regioni. Ne' le conclusioni muterebbero se si assumesse come parametro il quadro statutario. ritenendo che l'art. 117 della Costituzione non abbia ampliato l'autonomia provinciale in materia di formazione professionale e organizzazione sanitaria. In questo caso, infatti, le norme attributive di funzioni amministrative ad organi statali violerebbero le norme di attuazione di cui al d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474, al d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197, e al d.P.R. 1° novembre 1973, n. 689 (nessuno dei quali riserva allo Stato le funzioni di definizione dei requisiti delle societa' scientifiche e di riconoscimento delle societa' stesse e l'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 266/1992, in base al quale «nelle materie di competenza propria della regione o delle province autonome la legge non puo' attribuire agli organi statali funzioni amministrative, comprese quelle di vigilanza, di polizia amministrativa e di accertamento di violazioni amministrative, diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione, salvi gli interventi richiesti al sensi dell'art. 22 dello statuto medesimo».
P. Q. M. Chiede, voglia l'eccellentissima Corte costituzionale dichiarare che non spetta allo Stato di dettare, in materia di competenza provinciale, norme sostanzialmente regolamentari, operanti anche nella provincia di Trento, e di attribuire poteri amministrativi ad organi statali, e conseguentemente annullare il decreto del Ministro della salute 31 maggio 2004, requisiti che devono possedere le societa' scientifiche e le associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie, per violazione dei principi e norme citati in epigrafe, nei termini sopra illustrati. Padova-Roma, addi' 30 agosto 2004 Avv. Prof. Giandomenico Falcon - Avv. Luigi Manzi 04C01040