N. 367 SENTENZA 17 - 29 novembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Misure di sicurezza - Applicazione provvisoria in
  fase  cautelare  - Soggetto infermo di mente - Ricovero in ospedale
  psichiatrico giudiziario - Sostituzione con la misura non detentiva
  della  liberta'  vigilata  -  Esclusione  -  Automatismo  privo  di
  ragionevolezza con lesione del diritto alla salute - Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Cod. pen., art. 206.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.1002 del 9-12-2004 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 206 del codice
penale,  promosso, nell'ambito di un procedimento penale, dal giudice
per  le  indagini preliminari del Tribunale di Roma con ordinanza del
13 ottobre  2003,  iscritta  al n. 1040 del registro ordinanze 2003 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, 1ª serie
speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella camera di consiglio del 29 settembre 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.

                          Ritenuto in fatto

    Con  ordinanza  del  13 ottobre  2003  il giudice per le indagini
preliminari  del  Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3   e   24   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 206  del  codice penale, nella parte in cui
non  consente  di  adottare in fase cautelare misure di sicurezza non
detentive come la liberta' vigilata.
    Il  giudice  rimettente premette di procedere nei confronti di un
soggetto  riconosciuto  totalmente  incapace di volere al momento dei
fatti  e  sottoposto,  per  tale motivo, alla misura di sicurezza del
ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, e di dover decidere in
ordine alla richiesta della difesa di sostituzione di tale misura con
quella non detentiva della liberta' vigilata.
    Il  giudice  a  quo,  precisato che sulla scorta delle risultanze
peritali  deve  ritenersi  attuale  lo stato di pericolosita' sociale
dell'imputato  e  che  quindi  non  si  puo'  revocare  la  misura di
sicurezza  provvisoriamente  applicata  ex  art. 312  del  codice  di
procedura  penale,  rileva  che,  mentre  da  un  lato  la  misura di
sicurezza  non  puo'  essere  sostituita con gli arresti domiciliari,
suggeriti  dal  perito  a  fini  terapeutici,  ostandovi  il disposto
dell'art. 273  cod. proc. pen., che non consente l'adozione di alcuna
misura  cautelare  in  presenza  di  una  causa  di  non punibilita',
dall'altro  alla  luce  di  una interpretazione logico-sistematica la
medesima  disposizione,  pur  espressamente  richiamata dall'art. 312
dello stesso codice, «deve intendersi riferita solo alle cause di non
punibilita'  diverse  da quelle che, a norma dell'art. 206 cod. pen.,
consentono  l'applicazione  provvisoria  delle  misure di sicurezza»,
cosi' come sostenuto dalla giurisprudenza di legittimita'.
    Il  giudice  a  quo  espone inoltre che le piu' recenti relazioni
sanitarie dei medici della casa di cura e di custodia ove il soggetto
e'  ricoverato  depongono  per  un  «maggior  equilibrio psichico nel
giovane»,   che  risulta  aver  «reiteratamente  fruito  di  permessi
all'esterno  dell'istituto  psichiatrico,  assistito  dai  familiari,
senza dare adito a rilievo alcuno».
    La  prognosi,  conseguentemente  formulata, di scemata - anche se
non  completamente  cessata  -  pericolosita'  sociale  in termini di
rilevanza  psichiatrica,  rende  evidente,  ad avviso del rimettente,
«l'eccessiva  rigidita'  della  previsione  dell'art. 206  cod. pen.»
nella  parte in cui consente, nella fase cautelare, e con riferimento
ai  soggetti  maggiorenni,  la  sola  alternativa  del ricovero in un
ospedale  psichiatrico  giudiziario  ovvero  in una casa di cura e di
custodia.
    Ad  avviso del rimettente la disposizione in esame violerebbe gli
artt. 3  e  24  Cost. per la irragionevolezza di una scelta normativa
che,  con  riferimento  alle  misure di sicurezza applicabili in fase
cautelare,  «esclude sostanzialmente ogni possibilita' di ricorrere a
misure  di  sicurezza  di  tipo  non  detentivo»,  sancendo un rigido
automatismo  che  non  consente una adeguata valutazione da parte del
giudice  e  -  a differenza di quanto previsto all'esito del giudizio
(viene richiamata al riguardo la sentenza n. 253 del 2003 della Corte
costituzionale,  che  ha  dichiarato la illegittimita' costituzionale
dell'art. 222 cod. pen. nella parte in cui non consente al giudice di
disporre  una  misura  di  sicurezza  di  tipo  non  detentivo) - non
permette   di   adottare,   tra   le  misure  di  sicurezza  previste
dall'ordinamento, quella che in concreto appare maggiormente idonea a
contemperare  la  cura  e  la tutela della persona con le esigenze di
controllo e contenimento della pericolosita' sociale.
    Infine,  il  giudice rimettente ritiene rilevante la questione in
quanto,  nonostante  la  scemata  pericolosita' sociale del soggetto,
l'ordinamento  non  consente  di applicare alcuna misura di sicurezza
diversa   da   quella  attualmente  in  corso  di  esecuzione  e,  in
particolare, non consente l'adozione della misura non detentiva della
liberta' vigilata che, con le opportune prescrizioni, appare adeguata
«in  termini di prevenzione sociale e idonea a consentire l'effettivo
recupero del giovane».

                       Considerato in diritto

    1. - Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma
dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art. 206 del codice
penale,  nella  parte  in  cui  non  consente  di  applicare  in  via
provvisoria  al soggetto infermo di mente una misura di sicurezza non
detentiva, quale la liberta' vigilata.
    Il  rimettente  si  trova  a  dovere  decidere  sulla  richiesta,
presentata  dalla  difesa  di  un  soggetto  riconosciuto  totalmente
incapace  di  volere per infermita' di mente al momento dei fatti, di
sostituzione della misura di sicurezza provvisoriamente applicata del
ricovero   in  ospedale  psichiatrico  giudiziario  con  la  liberta'
vigilata,  che,  anche  sulla  base  delle  risultanze  delle  ultime
relazioni  sanitarie  dei  medici  della struttura ove il soggetto e'
internato,  risulterebbe piu' idonea a soddisfare le esigenze di cura
e   ad  assicurare  nel  contempo  le  esigenze  di  controllo  e  di
contenimento  della  diminuita, ma tuttora persistente, pericolosita'
sociale.
    Il  giudice  a  quo ritiene che l'impossibilita' di sostituire la
misura di sicurezza con altra non detentiva si ponga in contrasto con
gli  artt. 3 e 24 della Costituzione (e implicitamente con il diritto
alla  salute),  essendo privo di ragionevolezza il rigido automatismo
di  una  disciplina  che  in  fase  cautelare  preclude al giudice di
valutare  quale  sia in concreto la misura di sicurezza piu' idonea a
contemperare le esigenze di cura e quelle di controllo di un soggetto
socialmente  pericoloso;  irragionevolezza tanto piu' evidente ove si
consideri  che la sentenza n. 253 del 2003 della Corte costituzionale
ha dichiarato illegittimo l'art. 222 cod. pen. nella parte in cui non
consente  al  giudice  di adottare, in luogo del ricovero in ospedale
psichiatrico   giudiziario,  una  diversa  misura  di  sicurezza  non
detentiva.
    2. - La questione e' fondata.
    3.  -  L'art. 206  cod. pen. impone al giudice che debba disporre
l'applicazione  provvisoria  di una misura di sicurezza nei confronti
di  un  soggetto totalmente infermo di mente e socialmente pericoloso
di  ricorrere  esclusivamente  ad  una  misura  detentiva, e cioe' al
ricovero  in ospedale psichiatrico giudiziario. Il rimettente lamenta
appunto  che  il  «rigido  automatismo»  della  norma  censurata  gli
precluda  di  applicare la diversa misura di sicurezza della liberta'
vigilata,  che  nel  caso  di  specie,  ove accompagnata da opportune
prescrizioni  alla  stregua di quanto previsto dall'art. 228, secondo
comma, cod. pen., sarebbe la piu' idonea a soddisfare le concomitanti
esigenze  di  cura del soggetto infermo di mente e di controllo della
sua pericolosita' sociale.
    Una situazione sostanzialmente analoga e' stata scrutinata con la
sentenza  n. 253  del  2003, con la quale questa Corte - prendendo in
esame  il  rigido  automatismo  della  regola  legale che imponeva al
giudice  di  disporre,  in  caso  di  proscioglimento  per infermita'
mentale,   il   ricovero   dell'imputato   in  ospedale  psichiatrico
giudiziario, anche quando una misura non segregante quale la liberta'
vigilata,  accompagnata da opportune prescrizioni, avrebbe consentito
di soddisfare in modo piu' adeguato le esigenze di cura e di tutela e
quelle  di  controllo  della  pericolosita'  sociale  - ha dichiarato
illegittimo  l'art. 222  cod. pen. nella parte in cui non consente al
giudice di adottare una diversa misura di sicurezza non detentiva.
    Al   riguardo,  la  Corte  ha  preliminarmente  rilevato  che,  a
differenza  di  simili  questioni sollevate nel passato, con le quali
era stata chiesta la mera eliminazione della misura di sicurezza o la
sua    sostituzione    con    misure    alternative    di   creazione
giurisprudenziale,    ovvero   era   stata   censurata   la   cronica
inadeguatezza  delle strutture degli ospedali psichiatrici giudiziari
-  questioni dichiarate inammissibili o non fondate in quanto miranti
a  interventi normativi o fattuali esorbitanti dai poteri della Corte
(v. da ultimo sentenza n. 228 del 1999 e ordinanza n. 88 del 2001) -,
veniva  denunciato  l'automatismo  della  regola legale che impone al
giudice  di  applicare  comunque  all'infermo  di mente una misura di
sicurezza   detentiva   e  veniva  indicata  una  concreta  soluzione
alternativa,   quale  la  liberta'  vigilata,  misura  gia'  prevista
dall'ordinamento  e «idonea a soddisfare le esigenze di cura e tutela
della  persona,  da  un  lato,  di controllo e contenimento della sua
pericolosita' sociale, dall'altro lato».
    La  Corte, constatato che l'art. 222 cod. pen. «adotta un modello
che esclude ogni apprezzamento della situazione da parte del giudice,
per imporgli un'unica scelta, che puo' rivelarsi, in concreto, lesiva
del  necessario  equilibrio  tra  le diverse esigenze [...] e persino
tale  da  pregiudicare  la  salute  dell'infermo»,  ha  affermato che
«l'automatismo  di  una misura segregante e «totale» come il ricovero
in  ospedale psichiatrico giudiziario, imposta pur quando essa appaia
in   concreto   inadatta,  infrange  l'equilibrio  costituzionalmente
necessario  e  viola  esigenze  essenziali  di protezione dei diritti
della persona».
    4.  - Le argomentazioni svolte dalla sentenza n. 253 del 2003 nel
censurare  il  rigido  automatismo che caratterizzava l'art. 222 cod.
pen.   e   le  conclusioni  circa  la  violazione  del  principio  di
ragionevolezza  e  del  diritto  alla salute si attagliano, a maggior
ragione,  alla  disciplina dell'applicazione provvisoria della misura
di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, posto
che sarebbe irragionevole precludere al giudice l'applicazione in via
provvisoria  di  una  misura  non  detentiva consentita invece in via
definitiva.
    In particolare, l'art. 312 del codice di procedura penale dispone
che per applicare la misura provvisoria e' sufficiente la sussistenza
di  «gravi  indizi  di  commissione  del  fatto»,  cioe'  un sommario
giudizio   prognostico,   mentre   in  caso  di  proscioglimento  per
infermita'  psichica  l'applicazione  in  via definitiva della misura
presuppone   evidentemente   un   compiuto   accertamento   circa  la
sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del fatto di reato.
    La disciplina censurata si riferisce cioe' a una fase processuale
in cui - proprio alla luce della non definitivita' degli accertamenti
sul  fatto - assume particolare rilievo, in relazione alle condizioni
di  salute  dell'indagato infermo di mente, l'esigenza di predisporre
forme  di  cura  e cautele adeguate e proporzionate al caso concreto,
mediante     interventi    caratterizzati    da    flessibilita'    e
discrezionalita', incompatibili con l'automatismo che contrassegna la
disposizione in esame.
    L'art. 206 cod. pen., nella parte in cui preclude di adottare una
misura  di  sicurezza  non segregante come la liberta' vigilata - che
grazie  alle  prescrizioni  che  il  giudice  puo'  imporre  a  norma
dell'art. 228,  secondo  comma, cod. pen. consente nello stesso tempo
di   attuare   gli  interventi  terapeutici  piu'  idonei  alla  cura
dell'infermo  di  mente  e  di  disporre  le  opportune  cautele  per
controllare  e  contenere  la  sua  pericolosita'  sociale - viola il
principio di ragionevolezza e, di riflesso, il diritto alla salute, e
deve pertanto essere dichiarato costituzionalmente illegittimo.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 206 del codice
penale  (Applicazione  provvisoria  delle misure di sicurezza), nella
parte  in  cui  non  consente  al  giudice  di disporre, in luogo del
ricovero   in   ospedale  psichiatrico  giudiziario,  una  misura  di
sicurezza  non  detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare
alla  persona  inferma  di  mente  cure adeguate e a contenere la sua
pericolosita' sociale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 novembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 novembre 2004.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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