N. 431 SENTENZA 16 - 29 dicembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Eccezione   di   cessazione   della  materia  del  contendere  -  Ius
  superveniens  -  Modifica  non  satisfattiva  delle  pretese  della
  Regione ricorrente - Reiezione.
Imposte  e  tasse  -  IRAP - Proroghe per l'anno 2000 di agevolazioni
  fiscali  -  Ricorso  della  Regione Veneto - Lamentata riduzione di
  imposta   asseritamente   regionale,   con  lesione  dell'autonomia
  regionale - Non fondatezza della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 19.
- Costituzione, artt. 114, 117, terzo comma, 118 e 119.
(GU n.1 del 5-1-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), promosso
con  ricorso  della  Regione  Veneto, notificato il 25 febbraio 2003,
depositato  in  cancelleria  il 7 marzo 2003 ed iscritto al n. 26 del
registro ricorsi 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  30 novembre  2004  il giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato  Mario  Bertolissi  per  la  Regione  Veneto  e
l'avvocato  dello  Stato  Glauco Nori per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  del  21 febbraio  2003, depositato presso la
cancelleria  della  Corte il successivo 7 marzo, la Regione Veneto ha
proposto  questione di legittimita' costituzionale in via principale,
tra numerose disposizioni, anche dell'art. 19 della legge 27 dicembre
2002,  n. 289  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2003), ipotizzandone il
contrasto  con  gli  articoli 114,  117, terzo comma, 118 e 119 della
Costituzione.
    La  norma  impugnata  «prevede  proroghe  di  agevolazioni per il
settore agricolo con una riduzione dell'aliquota IRAP con riferimento
alla competenza 2002 (ed effetti di cassa nei due anni successivi)».
    Cio'  premesso,  e  sul  presupposto  che  l'IRAP sia «un'imposta
ricadente  nell'area  del  sistema  tributario regionale», la Regione
Veneto  contesta  che la disposizione suddetta - nello stabilire «una
riduzione   del   tributo   senza  peraltro  prevedere  alcuna  forma
compensativa per la finanza regionale» - possa ritenersi «conforme al
testo e alla ratio» degli invocati parametri costituzionali.
    2.  -  E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo il rigetto della questione.
    Richiama, innanzitutto, la difesa erariale le considerazioni gia'
invocate  per  escludere  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3
della stessa legge n. 289 del 2002 (norma anch'essa impugnata, con il
medesimo  ricorso  in  esame,  dalla  Regione  Veneto,  ma oggetto di
separato  giudizio).  Evidenzia,  pertanto,  che  l'imposta regionale
sulle  attivita' produttive «non e' stata stabilita dalla Regione, ma
dallo  Stato», di talche' «l'attuale disciplina dell'imposta si fonda
ancora  sulla  legge  statale».  Ne consegue, quindi, che la Regione,
nell'esercizio  della propria competenza legislativa concorrente, ben
«potrebbe  formare  una  sua  legge,  naturalmente  nel  rispetto dei
principi   fondamentali»  della  materia.  Non  avendo  essa,  pero',
provveduto  in  tal  senso (continuando invece «a fare riferimento ad
una  legge statale»), da siffatta inerzia deriverebbe la possibilita'
per  lo  Stato  di esercitare liberamente «il potere di modificare la
sua legge».
    Sottolinea,  infine,  l'Avvocatura  generale  dello Stato come la
questione  prospettata  non  possa  «essere  affrontata  ricorrendo a
criteri    soltanto   formali»,   dovendo   aversi   riguardo   anche
all'obiettivo  cui  tende  la  norma  impugnata.  Essa,  difatti,  e'
espressione  di  una  precisa  scelta  del legislatore, avendo questi
ritenuto  che, in «un periodo di ripresa economica molto lenta, (...)
l'ampliamento della base imponibile, proprio perche' non nella misura
attesa, non si dovesse accompagnare con l'inasprimento delle aliquote
per evitare una maggiore pressione fiscale complessiva».
    Conclude,   quindi,   la   difesa   erariale   come  il  «gettito
complessivo»   non   sia   «stato   ridotto»  (come  sostenuto  dalla
ricorrente),  essendosi  «solo  evitato  che divenisse piu' gravoso»,
tanto  «da  pregiudicare  la  politica  economica,  di competenza del
Governo».
    3. - Ha ribadito, invece, le proprie doglianze la Regione Veneto,
nella  memoria  depositata  il  16 novembre  2004,  insistendo per la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 19  della
legge n. 289 del 2002.
    Nell'evidenziare  che  tale  articolo  «detta norme in materia di
IRAP»,  la  ricorrente  premette che «il passaggio dalla vecchia alla
nuova  formulazione  dell'art. 119  della Costituzione ha determinato
seri  problemi  di diritto transitorio riguardanti tutta la gamma dei
tributi  che, sotto la vigenza del precedente dettato costituzionale,
sono  stati  istituiti  dallo Stato, ma attribuiti alle Regioni, come
l'IRAP».
    Prescindendo,  difatti,  dalla  questione  -  prosegue la Regione
Veneto - «circa la natura di tributo statale o regionale dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive»,  deve  rammentarsi  «che le
Regioni,  nella  vigenza  del  vecchio  testo costituzionale, avevano
introdotto  agevolazioni  e misure derogatorie, valorizzando i poteri
concessi dalla normativa statale sull'IRAP», e segnatamente quelli di
cui  agli artt. 15, comma 3, e 18 del decreto legislativo 15 dicembre
1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta  regionale  sulle attivita'
produttive,   revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e  delle
detrazioni  dell'Irpef  e  istituzione  di un'addizionale regionale a
tale  imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali),
nonche'   quelli   previsti   dall'art. 21  del  decreto  legislativo
4 dicembre  1997,  n. 460 (Riordino della disciplina tributaria degli
enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilita'
sociale).
    La  legge  di  riforma costituzionale, tuttavia, «non ha previsto
alcuna  disposizione rivolta a regolare il passaggio al nuovo assetto
delle competenze e delle funzioni», originando cosi' «tutta una serie
di   incertezze  interpretative  e  di  ricostruzione  del  sistema»,
culminate  persino  nell'adozione  di  una  disposizione  -  alquanto
«singolare»,  ad  avviso  della  ricorrente  - quale quella contenuta
nell'art. 2,   comma 22,   della   legge   24 dicembre  2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato - legge finanziaria 2004), la quale disciplinerebbe «una
"sanatoria"  temporanea  - fino al 31 dicembre 2006 - per "le Regioni
che   hanno   emanato  disposizioni  legislative  in  tema  di  tassa
automobilistica  e  IRAP  in  modo  non  conforme  ai  poteri ad essa
attribuiti in materia dalla normativa statale"».
    Dal  momento,  pero',  che  -  al  di la' delle «innegabili (...)
difficolta'  ricostruttive»  - la formulazione del nuovo articolo 119
della  Costituzione  risulta  «molto  piu'  ampia  rispetto  a quella
precedente»  (sancendo  «un rafforzamento della autonomia finanziaria
di  entrata  delle  Regioni»),  da cio' dovrebbe dedursi - secondo la
Regione  Veneto - «una maggiore "severita'" nel giudicare l'esercizio
della   potesta'   legislativa   statale   che  comprima  l'autonomia
finanziaria regionale».
    Con  specifico riferimento, pertanto, alla disposizione impugnata
(e  pur  prendendo atto che la Corte ha «risolto il problema relativo
alla   classificazione   dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive  escludendone  la  natura  di  tributo proprio regionale»;
sentenza n. 296 del 2003), la ricorrente sottolinea come sia indubbio
che  l'IRAP  integri  «un'imposta  ricadente  nell'area  del  sistema
finanziario  regionale,  nel senso che incide sulle risorse di cui la
Regione puo' disporre per esercitare le proprie funzioni».
    Cio'  premesso,  quindi,  sarebbe  «essenziale porre una barriera
alla  discrezionalita'  del legislatore», prevedendo, in particolare,
un  «divieto per lo Stato di comprimere l'autonomia gia' riconosciuta
alle   Regioni,  sottraendo  risorse  necessarie  all'attuazione  del
dettato costituzionale».
    Su   tali  basi,  quindi,  secondo  la  ricorrente  -  risultando
difficilmente comprensibile «come una disposizione di legge ordinaria
dello Stato, che stabilisce una riduzione del tributo senza per altro
prevedere  alcuna  forma compensativa per la finanza regionale, possa
essere  conforme  al  testo ed alla ratio degli artt. 114, 117, terzo
comma,  118  e  119  Cost.»  -  dovrebbe pervenirsi alla declaratoria
d'illegittimita'  della  norma  impugnata, giacche' non si tratta «di
mettere  in  discussione  il potere statale di legiferare in punto di
imposta regionale», bensi' «di impedire che lo Stato, nell'esercitare
malamente  il  suo  potere, possa determinare una reformatio in peius
del  sistema  fiscale  regionale, con cio' violando l'art. 119 Cost.»
(la Regione Veneto richiama, sul punto, la sentenza n. 37 del 2004).
    4.   -   Insiste   per  la  reiezione  della  questione  proposta
l'Avvocatura generale dello Stato, svolgendo ulteriori considerazioni
a   sostegno   di   tale  conclusione  nella  memoria  depositata  il
16 novembre 2004.
    Preliminarmente,  peraltro,  la  difesa erariale sottolinea come,
attraverso l'impugnativa dell'art. 19 della legge n. 289 del 2002, la
ricorrente censuri «solo il primo comma dell'art. 45» del gia' citato
d.lgs. n. 446 del 1997, cioe' a dire l'unica disposizione, tra quelle
alle quali rinvia l'articolo impugnato, che «si riferisce all'IRAP».
    Essendo  stato,  tuttavia,  tale  comma  «modificato dall'art. 2,
comma 1,  della  legge 24 dicembre 2003, n. 350» (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2004),  dovrebbe  per  tal  motivo «essere dichiarata la
cessazione della materia del contendere».
    In  alternativa  la  difesa  erariale insiste per la declaratoria
d'infondatezza della questione proposta.
    Evidenzia,  difatti,  come sul testo dell'art. 45 del gia' citato
d.lgs.    n. 446   del   1997   il   legislatore   sia   «intervenuto
ripetutamente»,  menzionando  a  titolo  esemplificativo le modifiche
apportate  dall'art. 9, comma 7, della legge 28 dicembre 2001, n. 448
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge  finanziaria  2002),  nonche'  precedentemente
dall'art. 6,   comma 12,   della   legge   23 dicembre  2000,  n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001).
    L'imposta   gravante  sulle  attivita'  produttive  -  sottolinea
l'Avvocatura   generale   dello   Stato  -  ha,  dunque,  «richiamato
ripetutamente  l'attenzione  del legislatore», e cio' «in vista della
realizzazione   di   un  programma  di  politica  economica»  che  ha
contemplato  - «per favorire la ripresa delle attivita' produttive» -
una  riduzione  dell'imposta  «per un periodo breve», successivamente
prorogato  in ragione della «mancata ripresa dell'economia». La norma
impugnata,  dunque,  «non  puo' essere vista come un intervento a se'
privo  di  ragionevolezza,  ma come elemento di una manovra complessa
rivolta   a  stimolare  la  ripresa,  dopo  la  quale,  irrobustitasi
l'economia  ed  aumentata la materia imponibile, sarebbe aumentato il
gettito dell'imposta».
    Cio'   premesso,   la   difesa   erariale   -  in  aggiunta  alle
considerazioni di cui sopra - sottolinea come le aliquote non abbiano
«un  valore  assoluto»,  dovendo  anzi riconoscersi come «sul gettito
complessivo»  abbiano  «un  rilievo addirittura maggiore i criteri di
determinazione della base imponibile», essendo noto che, «se si vuole
evitare   un   carico   tributario   eccessivo,   le  aliquote  vanno
proporzionate all'ammontare della base imponibile».
    Nel ricorso, invece, «e' denunciata "una riduzione del tributo"»,
essendosi pero' «a sostegno (...) richiamata la sola variazione delle
aliquote»,   mancando,   invece,   qualsiasi  accenno  «all'ammontare
complessivo  del  gettito»,  e  cioe' ad un dato - sostiene la difesa
erariale  -  «che  la  Regione  avrebbe  dovuto  indicare, dandone la
prova»,  atteso  che «la sola variazione delle aliquote non determina
automaticamente   per   la   Regione   una   diminuzione  di  risorse
finanziarie».
    Alla  stregua,  pertanto,  di  tali  considerazioni  l'Avvocatura
generale   dello   Stato   reputa   il   ricorso  infondato,  analoga
conclusione,  peraltro,  imponendosi  -  a suo dire - anche ove ci si
voglia «soffermare sulla sola aliquota».
    Si  sottolinea, difatti, come la norma impugnata sia parte di una
«manovra   economica  complessa,  della  quale  rappresenta  solo  un
episodio», coordinandosi con altri analoghi interventi «sia anteriori
che successivi», rientrando cosi' nel novero di quelle iniziative che
«non  possono  essere  precluse  allo  Stato  se non si vuole rendere
impossibili  politiche  di  largo  respiro  destinate  a  favorire la
ripresa dell'economia».
    Di cio', del resto, si sarebbe mostrata consapevole - conclude la
difesa  erariale - la stessa giurisprudenza costituzionale «quando ha
rilevato  (sentenza n. 37 del 2004) che non possono essere dichiarate
costituzionalmente  illegittime  le  norme  quando  "recano modifiche
particolari  ad  aspetti  di  (...) tributi che erano gia' oggetto di
specifica disciplina in preesistenti leggi statali e sui quali quindi
il legislatore statale (...) conserva potere di intervento, fino alla
definizione  delle  premesse  del nuovo sistema delle Regioni e degli
enti locali"».

                       Considerato in diritto

    1.  - La Regione Veneto, con il ricorso sopra meglio indicato, ha
proposto  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19 della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003),
assumendone  il contrasto con gli articoli 114, 117, terzo comma, 118
e 119 della Costituzione.
    1.1.  -  La  disposizione impugnata ha previsto, per l'anno 2002,
talune  proroghe  di  agevolazioni fiscali relative all'IRAP (Imposta
regionale  sulle  attivita' produttive), inerenti all'agricoltura. La
ricorrente,  pertanto,  sul  presupposto  che  l'IRAP sia una imposta
regionale,  o che comunque ricada nell'ambito «del sistema tributario
regionale»,  si  duole  dell'avvenuta  introduzione  di una riduzione
dell'aliquota del tributo de quo, senza che sia stata prevista alcuna
forma  compensativa  per  la  finanza  regionale,  donde l'ipotizzato
contrasto con gli invocati parametri costituzionali.
    1.2.   -   Dal   canto  suo,  la  difesa  erariale  ha  eccepito,
preliminarmente,  che  l'iniziativa  assunta dalla ricorrente investe
«solo   il  primo  comma  dell'art. 45»  del  (gia'  citato)  decreto
legislativo   15 dicembre   1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni  dell'Irpef  e  istituzione  di
un'addizionale  regionale  a  tale  imposta,  nonche'  riordino della
disciplina  dei  tributi  locali), cioe' a dire l'unica disposizione,
tra  quelle  alle  quali  rinvia  l'articolo  impugnato dalla Regione
Veneto, che «si riferisce all'IRAP».
    Essendo  stato,  tuttavia,  il  comma 1  dell'art. 45  del d.lgs.
n. 446   del  1997  «modificato  dall'art. 2,  comma 1,  della  legge
24 dicembre   2003,  n. 350»  (Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004),
dovrebbe  per  tal  motivo  «essere  dichiarata  la  cessazione della
materia del contendere».
    Subordinatamente,   l'Avvocatura   generale  dello  Stato  -  nel
ribadire  che l'IRAP non e' un'imposta regionale, ma statale, sicche'
la  sua  attuale  disciplina  si  fonda sulla normativa dettata dallo
Stato,  al quale spetta indiscutibilmente il potere di modificare una
sua legge - ha chiesto il rigetto della questione.
    2.  -  In  limine  deve  essere disattesa l'eccezione preliminare
sollevata dalla difesa erariale.
    Quantunque la norma, richiamata dalla disposizione impugnata, sia
stata  interessata  -  per  effetto  di  ius  superveniens  -  da una
modificazione,  siffatta circostanza appare priva di rilievo nel caso
di specie.
    La  modifica  apportata  dall'art. 2, comma 1, della legge n. 350
del  2003  al  testo  del  comma 1 dell'art. 45 del d.lgs. n. 446 del
1997,  si e' sostanziata nello stabilire che la misura dell'aliquota,
originariamente  fissata  (per  i  soggetti  che  operano nel settore
agricolo e per le cooperative della pesca e loro consorzi) nell'1,9%,
«per  il  periodo in corso al 1° gennaio 1998 e per i quattro periodi
di  imposta  successivi»,  resti  fissata nella stessa misura «per il
periodo in corso al 1° gennaio 1998 e per i cinque periodi di imposta
successivi».  Analogamente,  la  (originaria)  previsione secondo cui
«per  il  periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2003 l'aliquota e'
stabilita  nella  misura  del  3,75%»  risulta  sostituita  da quella
secondo  cui  «per  il  periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2004
l'aliquota e' stabilita nella misura del 3,75%».
    Atteso,  dunque,  il  tenore  dell'intervento normativo suddetto,
deve  escludersi  che  la  modifica  apportata  al  testo del comma 1
dell'art. 45   del   d.lgs.   n. 446   del  1997  possa  considerarsi
«satisfattiva»  delle  pretese della ricorrente, cosi' come richiesto
dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis ordinanze n. 137
del   2004,   n. 443  del  2002,  n. 347  del  2001)  ai  fini  della
declaratoria di cessazione della materia del contendere.
    3.  -  Passando  ad  esaminare  il  merito  della questione, deve
dichiararsi la stessa non fondata.
    Questa  Corte (sentenze n. 37 del 2004; n. 311 e n. 296 del 2003)
ha  piu'  volte  affermato  che  l'IRAP  e'  un  tributo, istituito e
disciplinato  dal  d.lgs.  n. 446  del  1997, salve le determinazioni
espressamente  attribuite  alla  legge regionale dal medesimo decreto
legislativo.  Conseguentemente la disciplina sostanziale dell'imposta
rientra  tuttora  nella competenza dello Stato. Ne deriva che si deve
ritenere  spettante  al  legislatore  statale  la potesta' di dettare
norme  modificative,  anche  nel  dettaglio, della disciplina di tale
tributo.
    Cio'  premesso,  quanto  alla  specifica  censura  proposta dalla
Regione  ricorrente, deve ritenersi non condivisibile la tesi secondo
cui  ogni  intervento  sul  tributo  che,  o  per modificazione delle
aliquote  o  per  variazioni delle agevolazioni previste, comporti un
minor  gettito per le Regioni, dovrebbe essere accompagnato da misure
compensative  per  la  finanza  regionale,  la quale - diversamente -
verrebbe ad essere depauperata.
    Non    puo',    infatti,   essere   effettuata   una   atomistica
considerazione  di  isolate  disposizioni  modificative  del tributo,
senza considerare nel suo complesso la manovra fiscale entro la quale
esse  trovano collocazione, ben potendosi verificare che, per effetto
di  plurime  disposizioni,  contenute  nella stessa legge finanziaria
oggetto  di  impugnazione  principale  o  in  altre leggi, il gettito
complessivo destinato alla finanza regionale non subisca riduzioni.
    Ne',  d'altra  parte,  risulta dimostrato (o meglio, ancor prima,
dedotto  dalla  ricorrente) che l'intervento normativo compiuto sulle
aliquote  dell'IRAP abbia dato luogo ad una complessiva insufficienza
dei   mezzi  finanziari  a  disposizione  della  Regione  Veneto  per
l'adempimento dei propri compiti.
    In  forza  di  tali rilievi, quindi, la questione di legittimita'
costituzionale deve essere dichiarata non fondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per
la  formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2003),  proposta, in riferimento agli articoli 114, 117,
terzo  comma,  118 e 119 della Costituzione, dalla Regione Veneto con
il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
04C1447