N. 433 ORDINANZA 16 - 29 dicembre 2004

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Riscossione  delle  imposte  -  Definizione  agevolata dei carichi di
  ruolo  pregressi  -  Eccezione  in relazione alla riscossione delle
  pene  pecuniarie  -  Mancata  previsione  - Asserita ingiustificata
  equiparazione - Manifesta infondatezza della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12, modificato dall'art. 5-bis
  del  d.l.  24 dicembre  2002,  n. 282,  introdotto  con la legge di
  conversione 21 febbraio 2003, n. 27.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.1 del 5-1-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:   Carlo   MEZZANOTTE,   Fernanda   CONTRI,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 12 della
legge  27 dicembre  2002,  n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003),
modificato dall'art. 5-bis del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282
(Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali,
di  riscossione  e  di procedure di contabilita), convertito in legge
21 febbraio 2003, n. 27 (Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge  24 dicembre 2002, n. 282, recante disposizioni urgenti
in  materia  di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di
procedure  di contabilita), promossi con n. 2 ordinanze del 29 luglio
2003 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova,
sulle  istanze  proposte  da Roberto Pietro Adragna e Nicola Pallaro,
iscritte ai numeri 822 e 823 del registro ordinanze 2003 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 42, 1ª serie speciale,
dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 27 ottobre 2004 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto  che  con  due  ordinanze  di  contenuto sostanzialmente
identico,  emesse  in data 28 luglio 2003, il giudice per le indagini
preliminari  presso  il Tribunale di Padova ha sollevato questione di
legittimita'   costituzionale,   in   riferimento  all'art. 79  della
Costituzione,  dell'art. 12  della  legge  27 dicembre  2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2003), modificato dall'art. 5-bis del
decreto-legge  24 dicembre  2002,  n. 282  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  adempimenti  comunitari  e  fiscali, di riscossione e di
procedure    di    contabilita),   introdotto   con   la   legge   di
conversione 21 febbraio  2003, n. 27, «nella parte in cui non prevede
che esso non si applichi ai ruoli relativi alle somme dovute a titolo
di pena pecuniaria»;
        che,  in  punto  di  fatto,  il  rimettente  premette  che un
soggetto,   condannato   con  decreto  penale  di  condanna  divenuto
esecutivo  al  pagamento  di  una pena pecuniaria, aveva ricevuto dal
concessionario  del  servizio  di  riscossione un avviso indicante la
somma  dovuta  e,  contestualmente,  la possibilita' di estinguere il
debito  versando  un  importo  ridotto  al 25%, ai sensi dell'art. 12
della legge n. 289 del 2002;
        che  il  condannato  aveva  aderito a tale opzione pagando la
somma  ridotta indicata dal concessionario, e pertanto aveva avanzato
al  giudice  richiesta  di  dichiarare  estinta  la  pena  pecuniaria
residua;
        che,  ad  avviso del rimettente, l'art. 12 della legge n. 289
del  2002,  prevedendo  che per i «carichi inclusi in ruoli emessi da
uffici  statali  e  affidati  ai concessionari del servizio nazionale
della  riscossione  fino  al  31 dicembre  2000,  i  debitori possono
estinguere  il debito (...) con il pagamento: a) di una somma pari al
25%   dell'importo  iscritto  a  ruolo;  b)  delle  somme  dovute  al
concessionario   a  titolo  di  rimborso  per  le  spese  sostenute»,
consentirebbe  anche  l'estinzione  delle pene pecuniarie mediante il
pagamento ridotto della somma dovuta;
        che,  infatti, secondo il giudice a quo, l'art. 12 censurato,
inserito   nel  titolo  II  della  legge  n. 289  del  2002  dopo  le
disposizioni in materia di condono fiscale e di definizione agevolata
delle altre imposte, avrebbe carattere residuale e si applicherebbe a
qualsiasi somma iscritta nei ruoli statali, e dunque anche alle spese
processuali  e  alle  pene  pecuniarie, dal momento che, ai sensi del
d.P.R.   30 maggio  2002,  n. 115  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo
A),  le  spese  processuali  penali e le pene pecuniarie, nel caso di
mancato  adempimento  nel termine assegnato, sono iscritte a ruolo in
base   a  richiesta  rivolta  all'ufficio  finanziario  e  alla  loro
riscossione procede il concessionario del servizio;
        che,   sostiene   ancora   il  rimettente,  interpretando  la
disposizione   censurata   secondo   il   canone   ermeneutico  posto
dall'art. 12  delle  disposizioni  sulla  legge  in  generale, non vi
sarebbe  modo  «di  ritenere  in  via  meramente interpretativa», che
l'art. 12  della  legge  n. 289  del 2002 «non si applichi anche alle
pene  pecuniarie,  oltre che alle spese processuali», dal momento che
la  stessa  legge  non prevede alcuna eccezione e che la sua ratio e'
quella di assicurare maggiori entrate per lo Stato;
        che pero', in tal modo, la disposizione censurata produrrebbe
gli  stessi  effetti  dell'indulto  previsto dall'art. 174 cod. pen.,
senza tuttavia essere stato concesso con una legge emanata secondo il
procedimento previsto dall'art. 79 della Costituzione;
        che, in ordine alla rilevanza della questione prospettata, il
giudice  per  le  indagini  preliminari  ritiene  che,  ove  la Corte
dichiarasse  l'incostituzionalita'  della norma censurata nella parte
in  cui  non  prevede  che l'estinzione del debito iscritto nei ruoli
statali  con  il  pagamento  ridotto  non  e'  applicabile  alle pene
pecuniarie,  la  richiesta  di  estinzione della pena dovrebbe essere
rigettata  e  si  potrebbe  procedere  alla riscossione della residua
somma dovuta;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha chiesto che la questione venga dichiarata non fondata
dal  momento  che  il  recupero  delle  somme dovute a titolo di pena
pecuniaria inflitta con sentenza penale non rientrerebbero tra quelle
cui  si  riferisce  la norma impugnata, per le quali varrebbero norme
speciali,  stante  la  natura  diversa  di tali crediti rispetto agli
ordinari crediti erariali;
        che tale conclusione troverebbe conferma da un lato nel fatto
che  l'art. 5-bis  del decreto-legge n. 282 del 2002 avrebbe limitato
soggettivamente  la norma all'amministrazione finanziaria, dall'altro
nella  circostanza che l'art. 1, comma 2-decies, del decreto-legge 24
giugno 2003,  n. 143  (Disposizioni  urgenti  in tema di versamento e
riscossione  di  tributi,  di  Fondazioni  bancarie e di gare indette
dalla  Consip  s.p.a.  nonche' di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio  e  al  demanio  dello  Stato),  convertito  in legge, con
modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, ha successivamente
precisato,  con  norma  di  interpretazione  autentica,  che, ai fini
dell'art. 12  censurato,  per  ruoli  emessi  da  uffici  statali  si
intendono  «quelli  relativi  ad entrate sia di natura tributaria che
non  tributaria»,  facendo  evidente  riferimento «ad ogni situazione
fiscale  (e  non  solo  strettamente tributaria) dell'amministrazione
finanziaria  diversa  dai  rapporti  relativi alle imposte menzionate
negli artt. 6 e ss. della legge n. 289 del 2002»;
        che,  piu'  in  generale,  secondo  la  difesa  erariale,  si
dovrebbe escludere che qualunque credito, per il solo fatto di essere
iscritto a ruolo, sia condonabile;
        che,  inoltre,  il contesto in cui la norma e' inserita - nel
capo II  del  titolo  II della legge n. 289 del 2002 dedicato solo al
concordato fiscale - nonche' una lettura costituzionalmente orientata
dell'art. 12  indurrebbero ad escludere che si sia «voluto falcidiare
per  tre  quarti  qualsiasi  credito dello Stato percio' solo che sia
iscritto  a  ruolo»,  non  senza  considerare che una tale operazione
sarebbe oltretutto priva di copertura finanziaria;
        che,   seguendo   l'interpretazione   accolta   dal   giudice
rimettente,  la  scelta  dei  crediti  da abbattere sarebbe meramente
casuale  e dunque costituzionalmente irrazionale, in quanto creerebbe
una  disparita'  di  trattamento tra debitori dello Stato affidata al
dato, del tutto esteriore e causale, della gia' avvenuta iscrizione a
ruolo del debito.
    Considerato  che  l'art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289,
nel  prevedere la definizione dei carichi di ruolo pregressi mediante
il  pagamento di una somma pari al 25% dell'importo iscritto a ruolo,
nonche' delle somme dovute al concessionario a titolo di rimborso per
le  spese  sostenute  per le procedure esecutive da lui eventualmente
effettuate,  si  riferisce  ai  «carichi  inclusi  in ruoli emessi da
uffici  statali  e  affidati  ai concessionari del servizio nazionale
della riscossione»;
        che,  ai  sensi  dell'art. 214  del  d.P.R.  30 maggio  2002,
n. 115,  anche  la  riscossione  delle  pene pecuniarie e delle spese
processuali  avviene,  nel  caso di mancato adempimento all'invito di
pagamento  dell'importo  dovuto,  mediante  iscrizione  a ruolo delle
relative somme;
        che,  benche'  l'art. 12  della legge n. 289 del 2002 - quale
risulta  anche  dall'interpretazione autentica fornitane dall'art. 1,
comma 2-decies,  del  decreto-legge  n. 143  del  2003, convertito in
legge,  con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 212 - debba
ritenersi  riferito  ai  ruoli  relativi alle entrate tanto di natura
tributaria  quanto  di  natura  non  tributaria,  dal  suo  ambito di
applicazione devono ritenersi sicuramente escluse le pene pecuniarie;
        che  diversa  e',  infatti, la natura delle sanzioni penali e
dunque  delle pene pecuniarie, le quali non possono essere equiparate
alle altre entrate dello Stato;
        che  proprio  tale natura comporta che, ai sensi dell'art. 79
della  Costituzione,  l'estinzione  delle  pene possa essere disposta
solo con «legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti
di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale»;
        che,  dunque,  l'interpretazione costituzionalmente orientata
dell'art. 12  della legge n. 289 del 2002 - interpretazione che, come
piu'  volte  ribadito  da  questa Corte, «costituisce generale canone
esegetico»  (sentenza n. 44 del 2004; si vedano, inoltre, le sentenze
n. 198  e n. 107 del 2003) - porta ad escludere che tale disposizione
possa  avere  ad  oggetto anche le pene pecuniarie, cosi' come invece
ritenuto dal giudice a quo;
        che per tali ragioni, la questione prospettata dal rimettente
deve ritenersi manifestamente infondata.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 12  della  legge  27 dicembre
2002,  n. 289  (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale   dello  Stato  -  legge  finanziaria  2003),  modificato
dall'art. 5-bis    del   decreto-legge   24 dicembre   2002,   n. 282
(Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali,
di  riscossione  e  di  procedure  di contabilita), introdotto con la
legge   di   conversione 21 febbraio   2003,   n. 27,  sollevata,  in
riferimento  agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal giudice per
le   indagini   preliminari   presso  il  Tribunale  di  Padova,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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