N. 436 ORDINANZA 16 - 29 dicembre 2004

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento   -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento  civile  nei
  confronti  di  un  senatore  per  risarcimento  danni, a seguito di
  dichiarazioni  asseritamente diffamatorie pubblicate sulla stampa -
  Dichiarazione  di  insindacabilita' delle opinioni espresse, emessa
  dalla  Camera  di appartenenza - Ricorso del Tribunale di Treviso -
  Denunciata  lesione delle attribuzioni costituzionalmente garantite
  - Requisiti soggettivo e oggettivo di un conflitto tra poteri dello
  Stato  - Sussistenza - Ammissibilita' del ricorso - Comunicazione e
  notificazione.
- Delibera del Senato della Repubblica del 26 novembre 2003.
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37;  norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
  costituzionale, art. 26, comma 3.
(GU n.1 del 5-1-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
26 novembre   2003   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dal  sen.  Piergiorgio Stiffoni nei confronti del sindaco e
degli  assessori  del Comune di Nervesa della Battaglia, promosso dal
Tribunale  di  Treviso,  con  ricorso  depositato il 3 giugno 2004 ed
iscritto al n. 265 del registro ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera di consiglio del 17 novembre 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che, con atto del 25 marzo 2004, il Tribunale di Treviso
ha  promosso  conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato nei
confronti   del   Senato   della   Repubblica,   in   relazione  alla
deliberazione  da  questo adottata nella seduta del 26 novembre 2003,
con la quale e' stata dichiarata, ai sensi dell'art. 68, primo comma,
della  Costituzione,  la insindacabilita' di talune dichiarazioni del
sen.   Piergiorgio   Stiffoni,  oggetto  di  un  giudizio  civile  di
risarcimento danni dinanzi al medesimo Tribunale;
        che,  come  il  Tribunale  ricorrente  premette,  il giudizio
origina  dalla  richiesta  di  risarcimento  danni  formulata dall'ex
sindaco e dagli ex assessori del Comune di Nervesa della Battaglia, a
seguito  della  pubblicazione  sulla  stampa  locale  di  una lettera
aperta, a firma del sen. Stiffoni, nella quale questi aveva affermato
che l'adesione della precedente amministrazione del Comune di Nervesa
della  Battaglia  al  Coordinamento nazionale enti locali per la pace
era   in   realta'  un'iniziativa  finalizzata  alla  concessione  di
elargizioni  «da  amministrazioni  di  sinistra  ad  associazioni  di
sinistra»;
        che  gli  attori  avevano ritenuto «gravemente diffamatorie e
lesive  della  loro  dignita'  di  cittadini ed ex amministratori» le
affermazioni  del  senatore  Stiffoni,  chiedendone  la  condanna  al
risarcimento dei danni da essi subiti;
        che  il  senatore  Stiffoni,  costituitosi in giudizio, aveva
dichiarato  di aver inoltrato al Senato della Repubblica richiesta di
pronunzia di insindacabilita' delle opinioni da lui espresse e che il
Senato,  in  data 26 novembre 2003, su conforme proposta della Giunta
delle elezioni e delle immunita' parlamentari, ne aveva deliberato la
insindacabilita';
        che, a parere del Tribunale di Treviso, non puo' condividersi
l'interpretazione posta a fondamento della decisione del Senato della
Repubblica,  perche'  nel  caso  di specie non sarebbe dato rinvenire
alcun  collegamento  tra le opinioni espresse dal senatore Stiffoni e
precedenti attivita' da lui svolte in sede parlamentare;
        che   nella   deliberazione   impugnata  si  afferma  che  le
espressioni  usate  dal  senatore  Stiffoni rientrano nel contesto di
attivita'  di  ispezione,  divulgazione,  critica e denunzia politica
connesse  alla  funzione  di  parlamentare, espletata anche fuori del
Parlamento,   riconducibili,   in   conformita'   a  quanto  previsto
dall'art. 3  della  legge  n. 140  del  2003,  non solo all'attivita'
parlamentare   in   senso   stretto,   ma   al   piu'  ampio  mandato
rappresentativo di cui il parlamentare e' investito;
        che, secondo il giudice ricorrente, il Senato avrebbe errato,
perche'  si  sarebbe  limitato ad accertare la riconducibilita' delle
dichiarazioni  del  sen.  Stiffoni  non  a specifici atti o attivita'
parlamentari,  ma ad un contesto genericamente politico, cosa che, ad
avviso  del  ricorrente,  sarebbe  «palesemente  insufficiente  a far
scattare    l'operativita'    dell'art. 68,    primo   comma,   della
Costituzione»;
        che,   pertanto,  il  giudice  ricorrente,  ritenuto  che  la
deliberazione  in  questione sia «idonea ad influire illegittimamente
sulla    sfera    di    attribuzioni   costituzionalmente   riservate
all'autorita'  giudiziaria»,  ha sollevato «conflitto di attribuzione
in  ordine  al  corretto  potere  di  decidere  sulla sussistenza dei
presupposti   di  applicabilita'  dell'art. 68,  comma  primo,  della
Costituzione   come   esercitato  dal  Senato  della  Repubblica  con
deliberazione 26 novembre 2003», chiedendo alla Corte costituzionale,
accertata l'ammissibilita' del presente ricorso, l'annullamento della
predetta delibera.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a  delibare  esclusivamente se il ricorso sia ammissibile, valutando,
senza  contraddittorio  tra  le  parti,  se  sussistano  i  requisiti
soggettivo  ed  oggettivo  di un conflitto di attribuzione tra poteri
dello Stato, impregiudicata ogni definitiva decisione anche in ordine
all'ammissibilita';
        che,  quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Treviso
e'  legittimato  a  sollevare  il  conflitto,  essendo  competente  a
dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale e'
investito,  la  volonta' del potere cui appartiene, in considerazione
della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che,   analogamente,  il  Senato  della  Repubblica,  che  ha
deliberato  l'insindacabilita'  delle opinioni espresse da un proprio
membro,  e'  legittimato  ad  essere  parte  del conflitto, in quanto
organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere
che rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il  ricorrente  Tribunale denuncia la menomazione della propria sfera
di  attribuzioni,  garantita  da norme costituzionali, in conseguenza
dell'adozione,  da  parte  del  Senato,  di  una deliberazione ove si
afferma,  in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse
da   un   proprio  membro  rientrano  nell'esercizio  delle  funzioni
parlamentari   e   risultano   quindi   coperte   dalla  garanzia  di
insindacabilita'   stabilita   dall'art. 68,   primo   comma,   della
Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di
Treviso   nei  confronti  del  Senato  della  Repubblica  con  l'atto
introduttivo indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Treviso;
        b) che  l'atto  introduttivo e la presente ordinanza siano, a
cura  del  ricorrente, notificati al Senato della Repubblica entro il
termine  di  sessanta  giorni dalla comunicazione di cui al punto a),
per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella
cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto
dall'art. 26,  comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 2004.
                        Il Presidente: Onida
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 dicembre 2004.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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