N. 1041 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 settembre 2004
Ordinanza emessa il 17 settembre 2004 dal tribunale amministrativo regionale della Campania sul ricorso proposto da Cece Ernesto contro A.s.l. di Napoli 1 ed altra Giustizia amministrativa - Azione del pubblico dipendente nei confronti della pubblica amministrazione a tutela di diritti soggettivi - Termine di decadenza del 15 settembre 2000 per deposito del ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale cui e' riservata la giurisdizione (poi attribuita al giudice ordinario) per i diritti sorti anteriormente alla data del 30 giugno 1998 - Conseguente riduzione dei termini prescrizionali ordinari - Incidenza sul diritto di azione non esercitabile davanti al giudice amministrativo per effetto del termine decadenziale e neppure dinanzi al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998 - Violazione del principio di tutela giurisdizionale. - D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 69, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 24 e 113.(GU n.3 del 19-1-2005 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2363 del 2003 R.g. proposto da Ernesto Cece, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Russo, Nicola ed Achille Ambrosone e presso gli stessi elettivamente domiciliato in Napoli, piazza n. Amore n. 2. Contro Azienda sanitaria locale di Napoli 1, in persona del direttore generale, rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Vella ed elettivamente domiciliata in Napoli, centro direzionale - isola F/9, presso il proprio servizio affari legali; Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica - I.N.P.D.A.P. -, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Janes Carratu' e presso lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli, centro direzionale - isola G8; per l'accertamento del diritto del ricorrente alla reintegrazione, sul piano giuridico ed economico, del proprio stato di servizio presso la A.s.l. di Napoli 1 per il periodo 1° luglio 1991 16 luglio 1996. In via subordinata: per l'accertamento dell'obbligo dell'A.s.l. di versare i contributi corrispondenti agli emolumenti percepiti dal ricorrente nel predetto periodo e per la correlativa condanna dell'amministrazione; In via ulteriormente subordinata: per la condanna dell'A.s.l. al risarcimento del danno da mancata contribuzione. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio; Viste le memorie depositate dalle parti; Visti gli atti tutti di causa; Udito all'udienza del 24 giugno 2004 il relatore, dott.ssa Federica Tondin, e uditi altresi' i procuratori presenti come da verbale di udienza; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. Fatto Con ricorso depositato il 27 novembre 2000 e notificato il successivo 1° dicembre 2000 il sig. Cece, dipendente della a.s.l. di Napoli 1, premesso di aver presentato istanza di pensionamento anticipato respinta dalla datrice di lavoro con atto del 18 maggio 2000 per mancato raggiungimento dell'eta' contributiva minima - poiche' per il periodo dal 17 luglio 1991 al 16 luglio 1996 non era stata versata la contribuzione previdenziale -, ha adito il giudice ordinario per sentir accogliere le domande in epigrafe indicate. Nel corso del giudizio il sig. Cece ha poi proposto ricorso per regolamento di giurisdizione ai sensi dell'art. 41 c.p.c. e la Corte di cassazione, con ordinanza n. 14766 del 20 giugno/17 ottobre 2002, rilevato che i fatti costitutivi della pretesa azionata erano anteriori al 30 giugno 1998, ha dichiarato, in applicazione dell'art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, notificato il 14 febbraio 2003 e depositato il 3 marzo 2003, il sig. Cece ha quindi riassunto la causa, strutturando l'atto introduttivo anche come nuovo ricorso, per il caso in cui il Collegio non ritenesse applicabile l'istituto della riassunzione. In punto di fatto il ricorrente allega di essere stato sospeso dal servizio dal luglio 1991 - percependo il 50% dello stipendio, oltre accessori - perche' sottoposto a procedimento penale, concluso per estinzione del reato stante l'intervenuta amnistia (art. 151 c.p.), e di essere stato riammesso in servizio il 17 luglio 1996 per scadenza del termine quinquennale massimo di durata della sospensione cautelare stabilito dall'art 9 della legge 17 febbraio 1990, n. 19. Egli aggiunge, infine, che il procedimento disciplinare a suo carico, iniziato dopo la conclusione di quello penale, non e' mai stato concluso. Invocando le disposizioni di cui agli artt. 9, comma secondo, della legge n. 19 del 1990 (per cui il procedimento disciplinare deve essere promosso o proseguito entro 180 giorni dal momento in cui l'amministrazione ha notizia della sentenza), 29, sesto comma, del Contratto collettivo nazionale 1° settembre 1995 relativo al comparto sanita' (che stabilisce che il procedimento disciplinare si estingue se non si conclude entro 120 giorni dalla contestazione dell'addebito), 120 del d.P.R. n. 3 del 1957 (ai termini del quale il procedimento disciplinare estinto non puo' essere rinnovato), 97 del d.P.R. n. 3 del 1957 e 32, comma settimo, del contratto collettivo nazionale del 1° settembre 1995 (che disciplinano gli effetti del proscioglimento penale sui trattamento giuridico ed economico del dipendente sospeso in via cautelare) egli propone le domande in epigrafe indicate, sulla base dell'assunto secondo cui la mancata conclusione del procedimento disciplinare - o, meglio, la mancanza di provvedimento disciplinare - comporta il venir meno ex tunc degli effetti della sospensione cautelare dal servizio, che si rivela, ex post, priva di titolo giustificativo. Si sono costituite in giudizio le amministrazioni intimate, chiedendo in via preliminare che venga dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, nel merito, il rigetto del ricorso. Diritto 1. - Occorre in via preliminare esaminare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma settimo, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 sollevata dal ricorrente. Il Collegio ritiene che essa sia rilevante e non manifestamente infondata. La norma citata stabilisce che «le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data (30 giugno 1998) restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000». La Corte di cassazione a Sezioni unite pronunciandosi sul ricorso proposto dall'odierno ricorrente (con l'ordinanza n. 14766 sopra citata) ha ribadito l'ormai consolidato orientamento secondo cui il riferimento temporale al 15 settembre 2000 contenuto nella disposizione riportata - che riproduce Iart. 45, diciassettesimo comma, del d.lgs. n. 80 del 1998 - non costituisce limite alla persistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quanto piuttosto termine di decadenza per la proponibilita' della domanda giudiziale, con conseguente attinenza ai limiti interni della giurisdizione, e cioe' al merito, ed ha statuito che la domanda oggetto del presente giudizio rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, poiche' attinente al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998. Cio' premesso, nel caso di specie dovrebbe essere dichiarata, in applicazione dell'art. 69 sopra citato, la decadenza sostanziale dalla pretesa - e quindi l'inammissibilita' della domanda - poiche' il ricorso introduttivo del presente giudizio e' del 3 marzo 2003 (data di deposito del ricorso, ossia della vocatio iudicis; sul punto: Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, 7 giugno 2004, n. 2399; Tribunale amministrativo regionale Liguria 27 febbraio 2003, n. 1689; Tribunale amministrativo regionale Puglia, Bari, 26 settembre 2003, n. 3582; Tribunale amministrativo regionale Catanzaro 7 giugno 2002, n. 1592) e poiche', come da giurisprudenza maggioritaria che si condivide, la disciplina della riassunzione invocata dal ricorrente non puo' trovare applicazione nei rapporti tra giudici di ordini diversi, con la conseguenza che, essendo inoperante il meccanismo di cui all'art 50 c.p.c., l'instaurazione del giudizio coincide, dal punto di vista temporale, con il deposito del ricorso presso la segreteria del Tribunale amministrativo regionale e non con quello, anteriore, di introduzione del giudizio avanti al giudice ordinario sfornito di giurisdizione (sul punto tra le altre: Cassazione civile 23 marzo 2000, n. 3473; Consiglio di Stato, Sezione IV 23 novembre 2000, n. 6233). 2. - Cio' premesso in punto di rilevanza, il Tribunale reputa di dover sollevare ( la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, settimo comma, del citato d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui prevede che il ricorso avanti al giudice amministrativo debba essere proposto, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000, per contrasto con gli artt. 24, 113 e 3 Costituzione. 3. - La norma invocata, infatti, nella parte in cui stabilisce un termine di decadenza sostanziale per la proponibilita' della domanda giurisdizionale, limita il diritto di azione dei pubblici dipendenti di cui agli artt. 24 e 113 Costituzione. Cio' in quanto essa sottrae i diritti che trovano la propria fonte nel rapporto di impiego agli ordinari termini di prescrizione e li sottopone ad un unico ed indifferenziato termine di decadenza individuato nel 15 settembre 2000, con la conseguenza di privare situazioni soggettive sostanziali di vantaggio, per le quali non e' decorso il termine di prescrizione di qualunque possibilita' di tutela giurisdizionale (poiche' la relativa domanda non e' piu' proponibile avanti ad alcun giudice). Peraltro se e' vero che rientra nella discrezionalita' del legislatore stabilire termini di prescrizione e/o decadenza nei limiti della ragionevolezza, e' vero anche che il termine decadenziale di cui si discute non pare rispettare tale condizione, poiche' esso non e' legato alla tipologia sostanziale dei diritti fatti valere - che, infatti, non sono, in se', tali da dover essere azionati rapidamente per ragioni di certezza dei rapporti giuridici - ma unicamente ad un dato estrinseco di carattere cronologico (e cioe' il momento in cui tali diritti sono sorti). Nelle intenzioni del legislatore, infatti, l'introduzione della decadenza risponde alla necessita' di non gravare eccessivamente l'amministrazione della giustizia (in senso lato), graduando il trasferimento di giurisdizione e stabilendo una data finale, oltre la quale nessuna domanda e' proponibile al giudice «perdente» giurisdizione. Tuttavia, attribuire a detto termine una valenza «sostanziale», e non meramente processuale, riconnettendo al suo spirare l'improponibilita' della domanda di tutela giurisdizionale, per un'esigenza di organizzazione della amministrazione (della giustizia) contrasta con l'art 113 Cost., che non consente di conformare il diritto di difesa nei confronti della pubblica amministrazione alle necessita' proprie di quest'ultima. In altri termini, ridurre (o, in casi estremi, quasi azzerare) il tempo per l'esercizio del diritto di azione unicamente per esigenze di funzionamento della amministrazione (in senso lato, come sopra indicato) contrasta, a parere del Collegio, con gli artt. 113 e 24 Costituzione, poiche' costituisce irragionevole limitazione del diritto di difesa dei pubblici dipendenti nei confronti della p.a.. Si pensi, per considerare l'entita' della limitazione, al caso limite di fattispecie che trovano la propria fonte in un atto anteriore al 30 giugno 1998 e che si consolidano e/o si perfezionano in epoca successiva, come accade, ad esempio, nell'ipotesi in cui, oltre ad un atto della p.a. datrice di lavoro, si richiede la persistenza nel tempo di una data situazione (esempio: atto di conferimento di mansioni superiori di poco anteriore al 30 giugno 1998). 4. - l'art. 69, comma settimo, del d.lgs. n. 165 del 2001 contrasta inoltre, a parere del Collegio, con l'art. 3 della Costituzione. Infatti, sottoporre la tutela dei diritti dei soli pubblici dipendenti - e non dei dipendenti del settore privato ne' gli appartenenti alle cd. «categorie eccettuate» ad un termine di decadenza viola il principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenziati di situazioni uguali. Cio' in quanto, mentre il dipendente del settore privato e il dipendente pubblico appartenente alle categorie «eccettuate» (ad esempio: un magistrato) puo' agire a tutela di un proprio diritto (ad esempio: di carattere retributivo) nell'ordinario termine prescrizionale (proseguendo nell'esempio: cinque anni), il dipendente pubblico non appartenente alle categorie eccettuate ha l'onere di far valere quello stesso diritto entro il 15 settembre 2000, a pena di improponibilita' della relativa domanda. Oltre tutto, la qualificazione del termine come di decadenza per un verso impedisce l'operativita' dell'istituto dell'interruzione (art. 2964 c.c.:«quando un diritto deve esercitarsi entro un determinato termine sotto pena di decadenza, non si applicano le norme relative all'interruzione della prescrizione») privando di efficacia a tale fine eventuali atti stragiudiziali di esercizio del diritto e, per altro verso, rende la relativa questione rilevabile d'ufficio (e non su eccezione di parte, come accade per la prescrizione). Ne' si puo' ritenere che tale trattamento differenziato non sia irragionevole, poiche' esso non risponde, ad avviso del Collegio, ad alcuna apprezzabile esigenza connessa alla devoluzione della materia del pubblico impiego dal giudice amministrativo al giudice ordinario (tale non essendo, in particolare, l'esigenza di non gravare troppo il giudice ordinario sul cui carico di lavoro la decadenza di cui si discute, tra l'altro, non ha alcuna influenza).
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24, 113 e 3 Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, settimo comma, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, limitatamente all'inciso «solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000», per le ragioni indicate in motivazione, cosi' provvede: Ordina la sospensione del presente giudizio e la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, ai procuratori delle parti, al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica; Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorita' amministrativa. Cosi' deciso in Napoli, nelle camere di consiglio del 24 giugno e del 15 luglio 2004. Il Presidente: D'Alessandro L'estensore: Tondin 05C0013