N. 1043 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 2002
Ordinanza del 30 dicembre 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 2004) emessa dal g.i.p. del tribunale di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Nicoscia Pasquale ed altri Processo penale - Chiusura delle indagini preliminari - Obbligo per il pubblico ministero, con sanzione di nullita' per la inadempienza, di non esercitare l'azione penale, mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio, prima del compiuto decorso del termine di venti giorni di effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine espletati - Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del principio di effettivita' della difesa. - Cod. proc. pen., combinato disposto degli artt. 415-bis e 416, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 111, comma secondo. Processo penale - Udienza preliminare - Fissazione dell'udienza - Vaglio preliminare di validita', diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio - Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza - Contrasto con il principio di ragionevole durata del processo - Lesione del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge. - Cod. proc. pen., art. 418. - Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo. Processo penale - Udienza preliminare - Fissazione dell'udienza - Vaglio di preliminare ammissibilita' della richiesta di rinvio a giudizio - Preclusione - Violazione del principio di ragionevolezza - Contrasto con il principio di ragionevole durata del processo - Lesione del principio di soggezione del giudice soltanto alla legge. - Cod. proc. pen., art. 418. - Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo.(GU n.3 del 19-1-2005 )
IL TRIBUNALE Letta la richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico ministero in data 20 dicembre 2002 nell'ambito del procedimento n. 5995/01 RG NR mod. 21 DDAe n. 8034/01 RG g.i.p. mod. 20, a carico di Nicosia Pasquale ed altri dieci, imputati, ed alcuni di essi in stato di custodia cautelare, per omicidio, associazione per delinquere di stampo mafioso ed altro; Valutate le risultante degli atti trasmessi a corredo; Premesso in fatto 1. - L'originaria richiesta di rinvio a giudizio e la fase di udienza preliminare. Depositata, dal pubblico ministero, richiesta di rinvio a giudizio e' stata fissata preliminare per il giorno 10 dicembre 2002. In tale sede e' stata, tra le altre questioni, eccepita, dai difensori, nullita' dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e della susseguente richiesta di rinvio a giudizio per omesso integrale deposito degli atti pertinenti alle intercettazioni espletate in altro procedimento connesso, operazioni che, per espressa disposizione scritta del pubblico ministero, occorreva fossero traslate nel fascicolo investigativo. In particolare, e' stata evidenziata la mancata acquisizione: a) dei verbali di apertura e di chiusura delle operazioni di intercettazione; b) delle note informative (impropriamente qualificate «richieste») della P.G., richiamate nella motivazione indiretta dei provvedimenti autorizzatori e pertanto costituenti parte integrante degli atti provvedimentali medesimi. 2. - La definizione della fase di udienza preliminare con ordinanza 11 dicembre 2002. Nel prosieguo di udienza, in data 11 dicembre 2002, ed all'esito del contraddittorio, e' stata deliberata e letta in aula, ordinanza con la quale, in accoglimento della formulata eccezione, questo giudicante dichiarava la nullita' dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e degli atti consequenziali, in primis, della richiesta di rinvio a giudizio e della collegata udienza camerale, di stralcio delle conversazioni utilizzabili. Tenuta presente la specifica disciplina (ex art. 270 c.p.p., dettata in tema di circolazione di risultati, per loro natura irripetibili, delle intercettazioni disposte quali mezzi di ricerca di elementi di prova ed utilizzabili in procedimento diverso (perche' riguardante differenti regiudicande) a condizione di titolo (afferenza a delitti per i quali e' obbligatorio l'arresto in flagranza) e di stretta rilevanza probatoria (quanto alla indispensabilita' per l'accertamento) e sottolineati i profili di strumentalita' acquisitiva (nel nesso tra mezzo, integrato dal deposito di verbali e registrazioni, e fine, integrato dalla utilizzazione nel procedimento diverso), questo giudicante ha rilevato in proposito: a) che nell'ambito ristretto della deroga legale (posto che il principio e' enunciato in forma di divieto e la eccezione e' abilitante alle condizioni poste in termini di preclusione probatoria) la utilizzazione extraprocedimentale va intesa come effetto fisiologico di una autonoma valutazione (tale ritenuta per il giudice del processo ad quem) del materiale acquisito (nella complessita' di atti acquisitivi e di cose acquisitive, quali supporti incorporanti dichiarazioni), tant'e' che la giurisprudenza si esprime nel senso di un vizio di inutilizzabilita' configurabile come «invalidita» di tipo «relativo» e non «assoluto» (tra le ultime, Cass., Sez. II, udienza 10 novembre 2000, depositata il 2 aprile 2001 a 13151, Gianfreda, in Cass. Pen. 2002, 166, pag. 691); b) che al risultato utilizzatorio in procedimento diverso si perviene laddove sia consentito al giudice (prima ancora che alla difesa), di verificare la legittimita' delle operazioni mediante il rispetto di tutte le garanzie prescritte come se le registrazioni fossero state eseguite ex novo nell'ambito del procedimento ricevente, garanzie implicanti la ostensione di tutta la documentata attivita' acquisitiva rilevante ai fini della valutazione di validita' e di correttezza operativa. Ha quindi ritenuta che tutti i rilievi difensivi, in punto di mancata acquisizione ed allegazione agli atti di verbali (di apertura e di chiusura delle operazioni, ai fini della tempistica sequenziale acquisitiva) e di note informative (richiamate nelle motivazioni indirette, come tali costituenti parti integranti dei provvedimento i dispositivi ed autorizzativi, essenziali ai fini della validita' motivazionale a sostegno di requisiti legittimanti, di sostanziale aprezzabilita), erano fondati. La mancata acquisizione, si e' argomentato, determina violazione del dovere di compiuto deposito degli atti investigativi in sede di adempimento correlato al disposto dell'art. 415-bis c.p.p. ed incide, irreversibilmente, sull'atto susseguente, di esercizio in via ordinaria dell'azione penale. Per l'effetto, ha disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, per i consequenziali adempimenti. 3. - L'attivita' acquisitiva integrativa ed i connessi adempimenti procedurali. Ricevuti gli atti, il pubblico ministero ha provveduto prontamente ad acquisire in copia, nella loro integralita', gli atti dei fascicoli documentanti le attivita' delle intercettazioni disposte in altro procedimento, e, in data 12 dicembre 2002, ha disposto darsi avviso: a) ai difensori, che, a far data dalla notifica, restavano depositati per giorni cinque tutti gli atti e documenti nonche' le registrazioni afferenti le intercettazioni disposte e/o acquisite al presente procedimento n. 5995/01 RGNR Mod.21 DDA, con facolta' per i difensori di esaminare gli atti e i documenti e di ascoltare le relative registrazioni nel termine assegnato e con le modalita' fissate; b) agli indagati ed ai rispettivi difensori che le indagini preliminari erano concluse e che essi avevano facolta', entro il termine di venti giorni dalla notifica, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione di indagine difensiva, chiedere il compimento di atti di indagine o chiedere l'interrogatorio. Sempre in data 12 dicembre 2002, il P.M. ha inoltrato invito, ex art. 375 c.p.p., di presentazione nei confronti di tutte le persone sottoposte ad indagine per il giorno 18 dicembre 2002. 4. - La impugnazione, per abnormita', della ordinanza 11 dicembre 2002. Nel frattempo, con atto depositato in data 17 dicembre 2002, il pubblico ministero ha proposto ricorso per cassazione, avverso l'ordinanza 11 dicembre 2002, denunciandone la abnormita' per errata applicazione degli artt. 415-bis, 416, 177 e 178 lett. c) c.p.p. Il ricorrente ha rilevato che nessuna violazione dei diritti della difesa e, derivatamente, degli atti susseguenti, si era verificata, posto che: era stato effettuato (circostanza, questa, pacifica) il deposito dei provvedimenti autorizzativi e dei brogliacci; il Gip avrebbe dovuto integrare, nel corso della udienza preliminare, il materiale investigativo di cui era stata omessa la acquisizione e che risultava mancante al momento della spedizione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari (richiamando testualmente, a sostegno, Cass., SS. UU., 31 maggio 1996 n. 3, Monteleone e Cass., Sez I, 7 giugno 1997 n. 5364, Massaria ed altri); il provvedimento contrastava con il principio di tassativita' delle nullita'. 5. -La rinnovata richiesta di rinvio a giudizio. Infine, in data 20 dicembre 2002, il pubblico ministero ha reiterato la richiesta di rinvio a giudizio. Tanto premesso, Osserva e rileva Ad avviso del giudicante si versa in situazione anomala e di conflittualita' istituzionale. La anomalia deriva da tutta la situazione sequenziale esposta, nel conflitto tra la osservanza, rivendicata dal giudice, di regole fondamentali e di principio, e la abnormita' denunciata dalla parte pubblica, situazione nella quale la condizione di restrizione cautelare della maggior parte degli imputati (con il paventato rischio di prossima scadenza dei termini di fase) non puo' comportare il mancato rispetto, o, in situazioni estreme, lo stravolgimento delle regole procedurali e le garanzie connesse, di corretta ritualita' procedurale, quanto a tempi e snodi di sviluppo della fase di prima discovery. La conflittualila' deriva dal contegno del pubblico ministero, che, da un lato, contesta la legittimita' della ordinanza regressiva, viziata da abnormita' e, dall'altro lato, «consumando» le tappe degli adempimenti investigativi, non rispetta il termine dilatorio legale ed impone al giudice la fissazione di una udienza tanto inutile quanto economicamente dispendiosa. Va ribadita, in primis, la sussistenza, in capo al pubblico ministero, dell'obbligo di integrale deposito degli atti investigativi e della sanzione di nullita' per inottemperanza. Ad ulteriore chiarimento si specifica che: a) l'obbligo va adempiuto nell'insurrogabile momento di contestuale deposito e non puo' essere rimediato, per la mancata neutralizzazione delle connesse facolta' defensionali, da un integrativo e successivo deposito, che non sanerebbe il compromesso diritto ad una immediata e tempestiva conoscenza dei fondamenti dell'accusa; b) la sanzione non puo' consistere nella inutilizzabilita' pro parte, che e' inadeguata per eccesso rispetto alla natura formale dell'inadempienza (mentre la detta sanzione e' radicale, sostanziale, irreparabile) e pregiudica in maniera ingiustificatamente irrimediabile l'essenza del processo, consistente nella funzione ricostruttiva del fatto (il c.d. «scopo di verita»). Il comb. disp. degli artt. 415-bis, comma 1, e 416, comma 1, del codice di rito penale va letto ultra litteram, nel senso che la prima disposizione implica che il pubblico ministero debba (a) dichiarare la chiusura delle indagini preliminari, (b) disporre il deposito degli atti di indagine e (c) notificarne avviso alla persona sottoposta alle indagini e al difensore; correlativamente, la seconda disposizione va intesa nel senso che la richiesta di rinvio a giudizio «e' nulla se non e' preceduta dall'avvenuto integrale deposito degli atti di indagine preliminare» prima ancora che dall'omesso avviso di deposito. che il pubblico ministero, a conclusione delle indagini, non possa sottrarsi al dovere di deposito di tutti gli atti di indagine che concernono (oggettivamente) la formulanda imputazione e (soggettivamente) la persona investigata e che il deposito, per ragioni sistematiche e di evidenza pratica, concerna l'intero fascicolo, senza scelte discrezionali, e' stato statuito, risolutivamente ed inequivocabilmente, dalla Corte costituzionale con sentenza n. 145/1991. D'altro canto, il diritto alla informazione tempestiva (ex art. 111.2 Cost., nel testo vigente) costituisce la condizione, preliminare e necessaria, per l'apprestamento di qualunque difesa. Detta garanzia assume, per dettato normativo, una triplice dimensione: temporale, in quanto l'informativa deve avvenire nel piu' breve tempo possibile; formale, per il prescritto inoltro di informativa espressa; sostanziale, perche' deve riguardare gli aspetti fattuali (i motivi) e giuridici (la natura) dell'accusa. Poiche' la disciplina dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e' finalizzata alla effettivita' difensiva, anche in applicazione della piu' pronta e sollecita informazione dell'accusa al destinatario, il deposito degli atti di indagine realizza la piena conoscenza della indagine e ne consente il controllo sotto il profilo della adeguatezza e completezza (sostanziale) nonche' della correttezza investigativa (formale), e la omissione integra nullita' che si riflette sul diritto di intervento difensivo. Detta nullita' va intesa come previsione integrativa della disciplina speciale e la sanzione sarebbe comunque desumibile della regola generale, di cui all'art. 178.1, lett. c) c.p.p., ed e' a regine intermedio, dunque rilevabile anche d'ufficio ex art. 180 stesso codice. Il meccanismo delineato dall'art. 415-bis c.p.p. deve essere attivato prima dell'atto propulsivo del processo (a pena di nullita' dell'atto medesimo) ed e' ad esso propedeutico, sicche' la nullita' si estende, derivatamente, all'anno propulsivo di richiesta di rinvio a giudizio, costituente esercizio della azione penale. La rilevata nullita' non puo' che comportare, secondo regola generale, la regressione del procedimento al momento in cui la nullita' e' stata consumata, con caducazione di ogni sequenza intermedia. In presenza della delineata situazione, il pubblico ministero ha perseguito da un lato, la via della impugnazione per abnormita', e, dall'altro lato, la rinnovazione procedurale, mediante acquisizione degli atti mancanti e reiterazione degli avvisi, in sequenza frenetica, con invito ex officio a comparire. Non ha pero' rispettato il termine (sotto tale profilo, dilatorio) di venti giorni, riconosciuto dalla legge, in quanto, medio tempore, senza attendere il compiuto decorso del periodo legale, ha riesercitato il potere di azione sollecitando (si reputa, abnormemente) il dovere di giurisdizione preliminare in modo da far «ricadere» ogni profilo di «urgenza» sulla struttura dell'organo giudicante. Nel delineato contesto appare inevitabile, per la risoluzione delle questioni che di seguito si articolano e si argomentano, il ricorso al Supremo Consesso per le opportune verifiche di legittimita' costituzionale. 1. - Sulla necessita' di espressa previsione sanzionatoria per omesso rispetto del termine dilatorio di deposito degli atti di indagine. Invalido e' l'atto non conforme al modello legale. La validita' della richiesta di rinvio a giudizio e' testualmente condizionata dall'avvenuto inoltro dell'avviso della conclusione delle indagini e dal mancato interrogatorio a richiesta. La patologia e' espressamente prevista dall'art. 416.1 c.p.p. (nel testo conseguente alla modifica apportatavi dall'art. 17.3 della legge 16 dicembre 1999 n. 479, in sostituzione di quella di cui all'art. 2.2 della legge 16 luglio 1997 n. 234), per il caso in cui il p.m., prima di formulare la richiesta, abbia omesso di informare l'indagato della conclusione delle indagini preliminari o dell'invito a presentarsi. La nullita' e' speciale, per la sua puntualita' revisionale, ed a regime intermedio, concernendo l'intervento dell'indagato. Posto che vige il principio di naturale progressione del processo la giurisprudenza e' attestata nel senso che la regressione alla fase delle indagini preliminari e' abnorme se non sia ravvisabile nullita' nella tassativita' previsionale specifica. Avuto riguardo al testo normativo ed al diritto vivente, necessita prospettare la questione di legittimita' costituzionale del comb. disp. degli artt. 415.1 e 416.1 c.p.p., nella parte in cui non e' previsto che la richiesta di rinvio a giudizio e' nulla se non e' stata formulata dopo la scadenza del termine di deposito degli atti. 1.1. - La questione e' rilevante. Si tratta di disposizione garantistica, di diretta ed immediata applicabilita', avuto riguardo alla situazione procedimentale ed alla condotta del pubblico ministero, sollecitante il dovere di esercizio di udienza preliminare mediante richiesta formulata anticipatamente, durante il periodo di rispetto. 1.2. La questione non e' manifestamente infondata. Il diritto vivente e' nel senso che la prescrizione sanzionatoria di cui all'art. 416 c.p.p. abbia natura speciale e tassativa, non estensibile alle situazioni non descritte e non previste. La segnalata omessa previsione si pone in contrasto con il principio costituzionale di ragionevolezza (ex art. 3 Cost.), in considerazione della natura dilatoria del termine e del regime che la legge garantisce in situazioni analoghe (si veda l'art. 108 c.p.p., in tema di termine per la difesa, o l'art. 429.3 c.p.p., in tema di termine per comparire) e con il combinato principio di effettivita' della difesa, avuto riguardo al diritto ad esercitare le prerogative difensive nel pieno rispetto del periodo di tempo prescritto dalla legge (art. 24.2 Cost.). 2. - Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di validita' della richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 20 dicembre 2002. Secondo il testo normativo ed il diritto vivente, in presenza di richiesta di rinvio a giudizio e' obbligatoria la fissazione dell'udienza e non puo' essere adottata alcuna ordinanza de plano (cfr., tra le ultime, Cass., Sez II, 23 ottobre 2002, udienza 19 settembre 2002, Albanese ed anche per i precedenti giurisprudenziali richiamati, cui la pronuncia citata dichiaratamente si adegua). Si adduce, a sostegno, l'argomento letterale: il testo dell'art. 418.1 c.p.p., come modificato dall'art. 19 della legge n. 479/1999, e' formulato nel senso che il giudice, ricevuta la richiesta del p.m., entro cinque giorni «fissa» (dunque, e' obbligato a fissare) con decreto l'udienza camerale. Si adduce, ad ulteriore sostegno, l'argomento forte: il rispetto del contraddittorio («il relativo adempimento, anche alla stregua della garanzia del contraddittorio che viene in tal modo ad assicurare, costituisce un doveroso atto di impulso che non consente al giudice di valutare se l'udienza debba o non debba essere fissata» per cui «la radicale estraneita' al sistema del provvedimento impugnato ne svela l'abnormita' destinandolo all'annullamento»); in termini, con riferimento alla declaratoria ex art. 129 c.p.p., Cass., Sez. I, 1° dicembre 1997, p.g./Vito; Cass., Sez. III, 29 settembre 1999, p.m./Grosso. Il citato orientamento, quanto al vizio di validita' della richiesta di rinvio a giudizio, si espone a censura di costituzionalita' nella parte in cui il principio di progressione non e' conciliabile con il primario ed economico controllo preventivo di validita' della richiesta. 2.1. - La questione e' rilevante. E' evidente che in presenza di una richiesta di rinvio a giudizio, in assenza di un preliminare controllo giurisdizionale di validita', occorrerebbe attivare gli adempimenti connessi alla fissazione di udienza ex art. 418 c.p.p. sicche' la disposizione e' di immediata applicazione. 2.2. - La questione non e' manifestamente infondata. Appare irragionevole (ex art. 3 Cost.) un sistema che, in linea generale, impone al giudice la immediata rilevazione, in qualsiasi stato e grado, di una nullita' di grave rilievo patologico (ex artt. 179 e 180 c.p.p.) e che invece, nella puntuale disciplina in esame, ne preclude la rilevabilita' ufficiosa e pronta. Appare ancora, oltre che sperequata, contrastante con il principio di durata ragionevole del processo, oltre che di economia processuale (ex art. 111.2 Cost., la necessita' di fissare, sovente a distanza di tempo, una udienza tanto inutile quanto dispendiosa (nel caso in esame, con particolare impegno di attivita' di cancelleria e con fissazione in plesso esterno, trattandosi di piu' imputati detenuti da far tradurre da varie sedi carcerarie, alcuni dei quali in regime differenziato ed in videoconferenza). Non appare nemmeno ragionevole impone, nella attualita' procedurale, la osservanza dell'obbligo in presenza di un atto nullo, come tale improduttivo di effetti giuridici. La irragionevolezza si desume da un argomento sistematico, posto che la sanzione di nullita', nei limiti e nei termini previsti, e' prescritta nella sede propria, di presentazione della richiesta (ex art. 416 c.p.p.), mentre la fissazione di udienza e' regolata successivamente, due articoli dopo (ex art. 418 c.p.p.). Improprio appare, infine, l'invocato rispetto del contraddittorio, garanzia irrilevante a fronte di un potere officioso che non presuppone ne' implica l'ascolto delle parti. Non e' dato dunque comprendere la ragionevolezza del sistema che obbliga a fissare l'udienza preliminare in presenza di una richiesta invalida perche' affetta da nullita' derivata a regime intermedio. Se la invalidita' integra una patologia rilevabile d'ufficio il giudice che ne rileva la sussistenza non puo' che dichiararla immediatamente, senza procedere alla fissazione dell'udienza preliminare. Sarebbe altrimenti compromesso anche il principio di subordinazione del giudice alla legge (ex art. 101.2 Cost., in quanto il giudice sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi iniziative di parte. 3. - Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di ammissibilita' della richiesta di rinvio a giudizio. Reputa il giudicante che la richiesta di rinvio a giudizio formulata con atto depositato in data 20 dicembre 2002 sia comunque passibile di inammissibilita'. In diritto La inammissibilita' e' sanzione prevista tassativamente dalla legge per gli atti delle parti in presenza di un vizio dell'atto stesso che non consente al soggetto l'esercizio del diritto o della facolta' corrispondenti; piu' precisamente, la inammissibilita' e' l'invalidita' prevista per le domande formulate dalle parti e mancanti di determinati requisiti, riguarda un atto introduttivo e la sua disciplina sotto il profilo di atto non presentabile o non ricevibile per scadenza del termine perentorio di compimento o per omesse formalita' essenziali o per carenze di sostanza. Riferendosi alla domanda la patologia non puo' che ricadere sulla sequenza procedimentale che l'atto introduce. Ferma restando la tassativita' previsionale la sanzione e' rilevabile d'ufficio, in ogni stato e grado, perche' toglie al giudice il potere di ius dicere in rapporto a quell'atto, esplicato in assenza delle condizioni prescritte. Orbene, la richiesta di rinvio a giudizio e' una domanda ed introduce la fase processuale: posto che la comunicazione all'indagato dell'avviso di cui all'art. 415-bis c.p.p. segna la chiusura della fase procedimentale (salva l'eventualita' della integrazione delle indagini richiesta dallo stesso indagato), la fase processuale si apre con l'esercizio dell'azione penale, consistente nella domanda rivolta dal pubblico ministero al giudice di decidere conformemente all'ipotesi di colpevolezza sintetizzata nella imputazione. Dunque, ne va verificata la ammissibilita'. In fatto Nel caso in esame il pubblico ministero non ha il potere di azione perche', a fronte della ordinanza di annullamento deliberata nell'esercizio della giurisdizione processuale preliminare, si e' trovato nella alternativa di ottemperare all'ordinanza camerale o di attenderne la rimozione all'esito della impugnazione. Occorre rammentare che, anche in pendenza di gravame, la ordinanza emessa e' esecutiva (ex art. 127.8 c.p.p.); con la ordinanza emessa questo giudice si e' spogliato del procedimento e non ha potere (ne' motivo) di autoannullare la ordinanza medesima, provvedimento che peraltro sarebbe abnorme (perche' non previsto da alcuna norma processuale e al di fuori dell'ordinamento, come ha statuito Cass., sez. VI, sent. n. 3680 del 21 dicembre 2000 cc 19 ottobre 2000), vieppiu' in pendenza del ricorso per cassazione. Il pubblico ministero, che non puo' entrare in conflitto con i provvedimenti giurisdizionali, e' posto, come si e' notato, nella alternativa di ottemperare alla ordinanza emessa oppure di impugnare, ma, nella seconda evenienza, deve attendere l'esito del giudizio di impugnazione, il cui deliberato e' vincolante, e non puo' esplicare poteri antinomici. La esecutivita' della ordinanza e' dunque rimovibile soltanto dall'annullamento che il Supremo Collegio deliberi di disporre (cfr., in tema di abnormita' e di stasi processuale, non altrimenti rimuovibile se non con l'impugnazione ed il conseguente provvedimento, Cass., sez. I, sent. n. 24705 del 16 giugno 2001, ud. 10 maggio 2001, RV219947). 3.1. - La questione e' rilevante Trattasi, anche in questo caso, di disposizione di immediata applicazione alla vicenda processuale, posto che, soltanto in presenza di domanda ammissibile, sarebbe doveroso fissare l'udienza camerale. 3.2. - La questione non e' manifestamente infondata. Ricorrono, per evidente parallelismo, i medesimi parametri di irragionevolezza (ex art. 3 Cost., avuto riguardo alla disciplina del procedimento camerale che prevede la declaratoria immediata di inammissibilita' dell'atto introduttivo ex at. 127.9 c.p.p.) e di antieconomica protrazione della durata del processo sopra richiamati in tema di declaratoria di nullita' (ex 111.2 Cost.) nonche' il principio di subordinazione del giudice alla legge (ex art. 101.2 Cost), che anche nella evenienza in esame sarebbe compromesso in quanto il giudice sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi iniziative di parte. Poiche' il diritto vivente e' nel senso che e' abnorme il provvedimento con il quale il giudice, in luogo di fissare l'udienza, dichiari l'inammissibilita' della richiesta (cfr., con portata di precedente stabilizzato, Cass. sez. I 19 dicembre 1996, Koskovic m. 206762), necessita il ricorso alla verifica di costituzionalita'.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953; Provvedendo d'ufficio; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata: a) la questione di legittimita' costituzionale del comb. disp. degli artt. 415-bis e 416.1 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24.2 e 111. 2 Cost., nella parte in cui non esplicitano, rispettivamente, l'obbligo, a carico del pubblico ministero, di non esercitare l'azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a giudizio prima del compiuto decorso del termine di venti giorni di effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine espletati (ivi compresi quelli acquisiti da altro procedimento) e la sanzione di nullita' (a regime intermedio) per la inadempienza; b) la questione di legittimita' costituzionale del disposto dell'art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost., nella parte in cui non prevede, e quindi preclude, il preliminare vaglio di validita', diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio; c) la questione di legittimita' costituzionale del disposto dell'art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost., nella parte in cui, posta la validita' formale della richiesta, non consente, e dunque preclude, il vaglio di preliminare ammissibilita' della richiesta di rinvio a giudizio. Dispone che a cura della cancelleria copia della presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati, al pubblico ministero, agli imputati e alle persone offese. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il presente procedimento. Cosi' deliberato in Catanzaro, addi' 30 dicembre 2002. Il Presidente: Baudi 05C0015