N. 1043 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 dicembre 2002

Ordinanza  del  30 dicembre 2002 (pervenuta alla Corte costituzionale
il  6 dicembre 2004) emessa dal g.i.p. del tribunale di Catanzaro nel
procedimento penale a carico di Nicoscia Pasquale ed altri

Processo  penale  - Chiusura delle indagini preliminari - Obbligo per
  il   pubblico   ministero,   con   sanzione   di  nullita'  per  la
  inadempienza,  di non esercitare l'azione penale, mediante deposito
  della  richiesta  di  rinvio a giudizio, prima del compiuto decorso
  del  termine  di  venti  giorni  di effettivo ed integrale deposito
  degli  atti di indagine espletati - Mancata previsione - Violazione
  del   principio  di  ragionevolezza  -  Lesione  del  principio  di
  effettivita' della difesa.
- Cod.  proc.  pen.,  combinato  disposto  degli artt. 415-bis e 416,
  comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 24, comma secondo, e 111, comma secondo.
Processo  penale  -  Udienza  preliminare - Fissazione dell'udienza -
  Vaglio   preliminare   di  validita',  diretta  o  derivata,  della
  richiesta  di  rinvio  a giudizio - Mancata previsione - Violazione
  del  principio  di  ragionevolezza  - Contrasto con il principio di
  ragionevole   durata  del  processo  -  Lesione  del  principio  di
  soggezione del giudice soltanto alla legge.
- Cod. proc. pen., art. 418.
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo.
Processo  penale  -  Udienza  preliminare - Fissazione dell'udienza -
  Vaglio  di  preliminare  ammissibilita' della richiesta di rinvio a
  giudizio - Preclusione - Violazione del principio di ragionevolezza
  -  Contrasto  con il principio di ragionevole durata del processo -
  Lesione  del  principio  di  soggezione  del  giudice soltanto alla
  legge.
- Cod. proc. pen., art. 418.
- Costituzione, artt. 3, 111, comma secondo, e 101, comma secondo.
(GU n.3 del 19-1-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Letta  la  richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico
ministero  in  data  20  dicembre  2002  nell'ambito del procedimento
n. 5995/01  RG NR mod. 21 DDAe n. 8034/01 RG g.i.p. mod. 20, a carico
di  Nicosia  Pasquale  ed altri dieci, imputati, ed alcuni di essi in
stato   di   custodia   cautelare,  per  omicidio,  associazione  per
delinquere di stampo mafioso ed altro;
    Valutate le risultante degli atti trasmessi a corredo;

                          Premesso in fatto

    1.  -  L'originaria  richiesta  di rinvio a giudizio e la fase di
udienza preliminare.
    Depositata,   dal  pubblico  ministero,  richiesta  di  rinvio  a
giudizio e' stata fissata preliminare per il giorno 10 dicembre 2002.
    In  tale  sede  e'  stata,  tra le altre questioni, eccepita, dai
difensori,   nullita'   dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini
preliminari  e  della  susseguente richiesta di rinvio a giudizio per
omesso  integrale deposito degli atti pertinenti alle intercettazioni
espletate   in  altro  procedimento  connesso,  operazioni  che,  per
espressa  disposizione  scritta  del  pubblico  ministero,  occorreva
fossero traslate nel fascicolo investigativo.
    In particolare, e' stata evidenziata la mancata acquisizione:
        a)  dei verbali di apertura e di chiusura delle operazioni di
intercettazione;
        b)   delle   note   informative  (impropriamente  qualificate
«richieste»)  della  P.G., richiamate nella motivazione indiretta dei
provvedimenti  autorizzatori  e pertanto costituenti parte integrante
degli atti provvedimentali medesimi.
    2.  -  La  definizione  della  fase  di  udienza  preliminare con
ordinanza 11 dicembre 2002.
    Nel  prosieguo di udienza, in data 11 dicembre 2002, ed all'esito
del  contraddittorio,  e' stata deliberata e letta in aula, ordinanza
con  la  quale,  in  accoglimento  della  formulata eccezione, questo
giudicante  dichiarava  la  nullita' dell'avviso di conclusione delle
indagini  preliminari  e  degli atti consequenziali, in primis, della
richiesta di rinvio a giudizio e della collegata udienza camerale, di
stralcio delle conversazioni utilizzabili.
    Tenuta  presente  la  specifica  disciplina  (ex art. 270 c.p.p.,
dettata  in  tema  di  circolazione  di  risultati,  per  loro natura
irripetibili,  delle  intercettazioni disposte quali mezzi di ricerca
di elementi di prova ed utilizzabili in procedimento diverso (perche'
riguardante   differenti   regiudicande)   a   condizione  di  titolo
(afferenza  a  delitti  per  i  quali  e'  obbligatorio  l'arresto in
flagranza)   e   di   stretta   rilevanza   probatoria  (quanto  alla
indispensabilita'  per  l'accertamento)  e  sottolineati i profili di
strumentalita'  acquisitiva  (nel  nesso  tra  mezzo,  integrato  dal
deposito   di  verbali  e  registrazioni,  e  fine,  integrato  dalla
utilizzazione   nel   procedimento  diverso),  questo  giudicante  ha
rilevato in proposito:
        a)  che  nell'ambito ristretto della deroga legale (posto che
il  principio  e'  enunciato  in  forma  di divieto e la eccezione e'
abilitante   alle   condizioni   poste   in  termini  di  preclusione
probatoria)  la  utilizzazione  extraprocedimentale  va  intesa  come
effetto fisiologico di una autonoma valutazione (tale ritenuta per il
giudice   del  processo  ad  quem)  del  materiale  acquisito  (nella
complessita'  di  atti  acquisitivi  e  di  cose  acquisitive,  quali
supporti  incorporanti  dichiarazioni), tant'e' che la giurisprudenza
si  esprime  nel senso di un vizio di inutilizzabilita' configurabile
come «invalidita» di tipo «relativo» e non «assoluto» (tra le ultime,
Cass., Sez. II, udienza 10 novembre 2000, depositata il 2 aprile 2001
a 13151, Gianfreda, in Cass. Pen. 2002, 166, pag. 691);
        b)  che al risultato utilizzatorio in procedimento diverso si
perviene  laddove  sia  consentito  al giudice (prima ancora che alla
difesa),  di  verificare la legittimita' delle operazioni mediante il
rispetto  di  tutte  le  garanzie prescritte come se le registrazioni
fossero   state   eseguite   ex  novo  nell'ambito  del  procedimento
ricevente,  garanzie implicanti la ostensione di tutta la documentata
attivita'   acquisitiva   rilevante  ai  fini  della  valutazione  di
validita' e di correttezza operativa.
    Ha  quindi  ritenuta  che  tutti i rilievi difensivi, in punto di
mancata acquisizione ed allegazione agli atti di verbali (di apertura
e  di chiusura delle operazioni, ai fini della tempistica sequenziale
acquisitiva)  e  di  note  informative  (richiamate nelle motivazioni
indirette, come tali costituenti parti integranti dei provvedimento i
dispositivi  ed  autorizzativi,  essenziali  ai  fini della validita'
motivazionale  a  sostegno  di requisiti legittimanti, di sostanziale
aprezzabilita), erano fondati.
    La  mancata acquisizione, si e' argomentato, determina violazione
del  dovere  di compiuto deposito degli atti investigativi in sede di
adempimento correlato al disposto dell'art. 415-bis c.p.p. ed incide,
irreversibilmente,   sull'atto   susseguente,  di  esercizio  in  via
ordinaria dell'azione penale.
    Per l'effetto, ha disposto la restituzione degli atti al pubblico
ministero, per i consequenziali adempimenti.
    3.   -   L'attivita'   acquisitiva   integrativa  ed  i  connessi
adempimenti procedurali.
    Ricevuti   gli   atti,   il   pubblico  ministero  ha  provveduto
prontamente  ad acquisire in copia, nella loro integralita', gli atti
dei   fascicoli   documentanti  le  attivita'  delle  intercettazioni
disposte  in  altro  procedimento,  e,  in  data 12 dicembre 2002, ha
disposto darsi avviso:
        a)  ai  difensori,  che, a far data dalla notifica, restavano
depositati  per  giorni  cinque tutti gli atti e documenti nonche' le
registrazioni  afferenti le intercettazioni disposte e/o acquisite al
presente  procedimento n. 5995/01 RGNR Mod.21 DDA, con facolta' per i
difensori  di  esaminare  gli  atti  e  i documenti e di ascoltare le
relative  registrazioni  nel  termine  assegnato  e  con le modalita'
fissate;
        b)  agli  indagati ed ai rispettivi difensori che le indagini
preliminari  erano  concluse  e  che  essi avevano facolta', entro il
termine  di  venti  giorni  dalla  notifica,  di  presentare memorie,
produrre  documenti, depositare documentazione di indagine difensiva,
chiedere   il   compimento   di   atti   di   indagine   o   chiedere
l'interrogatorio.
    Sempre  in data 12 dicembre 2002, il P.M. ha inoltrato invito, ex
art. 375  c.p.p.,  di presentazione nei confronti di tutte le persone
sottoposte ad indagine per il giorno 18 dicembre 2002.
    4. - La impugnazione, per abnormita', della ordinanza 11 dicembre
2002.
    Nel  frattempo,  con atto depositato in data 17 dicembre 2002, il
pubblico  ministero  ha  proposto  ricorso  per  cassazione,  avverso
l'ordinanza  11 dicembre 2002, denunciandone la abnormita' per errata
applicazione degli artt. 415-bis, 416, 177 e 178 lett. c) c.p.p.
    Il  ricorrente  ha  rilevato  che  nessuna violazione dei diritti
della  difesa  e,  derivatamente,  degli  atti  susseguenti,  si  era
verificata, posto che:
        era  stato  effettuato  (circostanza,  questa,  pacifica)  il
deposito dei provvedimenti autorizzativi e dei brogliacci;
        il  Gip  avrebbe  dovuto  integrare,  nel corso della udienza
preliminare,  il  materiale  investigativo di cui era stata omessa la
acquisizione  e  che  risultava  mancante al momento della spedizione
dell'avviso  di  conclusione  delle indagini preliminari (richiamando
testualmente,  a  sostegno,  Cass.,  SS.  UU.,  31  maggio 1996 n. 3,
Monteleone e Cass., Sez I, 7 giugno 1997 n. 5364, Massaria ed altri);
        il provvedimento contrastava con il principio di tassativita'
delle nullita'.
    5. -La rinnovata richiesta di rinvio a giudizio.
    Infine,  in  data  20  dicembre  2002,  il  pubblico ministero ha
reiterato la richiesta di rinvio a giudizio.
    Tanto premesso,

                          Osserva e rileva

    Ad  avviso  del  giudicante  si  versa in situazione anomala e di
conflittualita' istituzionale.
    La  anomalia  deriva  da tutta la situazione sequenziale esposta,
nel  conflitto  tra la osservanza, rivendicata dal giudice, di regole
fondamentali  e  di principio, e la abnormita' denunciata dalla parte
pubblica,   situazione  nella  quale  la  condizione  di  restrizione
cautelare  della  maggior  parte  degli  imputati  (con  il paventato
rischio di prossima scadenza dei termini di fase) non puo' comportare
il  mancato  rispetto,  o,  in  situazioni estreme, lo stravolgimento
delle   regole  procedurali  e  le  garanzie  connesse,  di  corretta
ritualita' procedurale, quanto a tempi e snodi di sviluppo della fase
di prima discovery.
    La  conflittualila'  deriva  dal contegno del pubblico ministero,
che, da un lato, contesta la legittimita' della ordinanza regressiva,
viziata da abnormita' e, dall'altro lato, «consumando» le tappe degli
adempimenti  investigativi,  non rispetta il termine dilatorio legale
ed  impone  al  giudice  la  fissazione  di una udienza tanto inutile
quanto economicamente dispendiosa.
    Va  ribadita,  in  primis,  la  sussistenza,  in capo al pubblico
ministero,    dell'obbligo   di   integrale   deposito   degli   atti
investigativi e della sanzione di nullita' per inottemperanza.
    Ad ulteriore chiarimento si specifica che:
        a)  l'obbligo  va  adempiuto  nell'insurrogabile  momento  di
contestuale  deposito  e  non  puo'  essere rimediato, per la mancata
neutralizzazione   delle   connesse   facolta'  defensionali,  da  un
integrativo  e  successivo deposito, che non sanerebbe il compromesso
diritto  ad  una  immediata  e  tempestiva  conoscenza dei fondamenti
dell'accusa;
        b)  la  sanzione  non puo' consistere nella inutilizzabilita'
pro parte, che e' inadeguata per eccesso rispetto alla natura formale
dell'inadempienza (mentre la detta sanzione e' radicale, sostanziale,
irreparabile)    e    pregiudica   in   maniera   ingiustificatamente
irrimediabile  l'essenza  del  processo,  consistente  nella funzione
ricostruttiva del fatto (il c.d. «scopo di verita»).
    Il  comb. disp. degli artt. 415-bis, comma 1, e 416, comma 1, del
codice di rito penale va letto ultra litteram, nel senso che la prima
disposizione  implica  che il pubblico ministero debba (a) dichiarare
la  chiusura  delle  indagini  preliminari,  (b) disporre il deposito
degli  atti  di  indagine  e  (c)  notificarne  avviso  alla  persona
sottoposta alle indagini e al difensore; correlativamente, la seconda
disposizione  va  intesa  nel  senso  che  la  richiesta  di rinvio a
giudizio  «e'  nulla  se  non  e'  preceduta  dall'avvenuto integrale
deposito  degli  atti  di  indagine  preliminare»  prima  ancora  che
dall'omesso avviso di deposito.
    che  il  pubblico  ministero,  a  conclusione delle indagini, non
possa  sottrarsi  al dovere di deposito di tutti gli atti di indagine
che   concernono   (oggettivamente)   la   formulanda  imputazione  e
(soggettivamente)  la  persona  investigata  e  che  il deposito, per
ragioni   sistematiche  e  di  evidenza  pratica,  concerna  l'intero
fascicolo,   senza   scelte   discrezionali,   e'   stato   statuito,
risolutivamente ed inequivocabilmente, dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 145/1991.
    D'altro  canto,  il  diritto  alla  informazione  tempestiva  (ex
art. 111.2  Cost.,  nel  testo  vigente)  costituisce  la condizione,
preliminare e necessaria, per l'apprestamento di qualunque difesa.
    Detta  garanzia  assume,  per  dettato  normativo,  una  triplice
dimensione:
        temporale,  in  quanto  l'informativa  deve avvenire nel piu'
breve tempo possibile;
        formale, per il prescritto inoltro di informativa espressa;
        sostanziale,  perche' deve riguardare gli aspetti fattuali (i
motivi) e giuridici (la natura) dell'accusa.
    Poiche'  la  disciplina dell'avviso di conclusione delle indagini
preliminari  e'  finalizzata  alla  effettivita'  difensiva, anche in
applicazione  della  piu' pronta e sollecita informazione dell'accusa
al destinatario, il deposito degli atti di indagine realizza la piena
conoscenza della indagine e ne consente il controllo sotto il profilo
della   adeguatezza   e   completezza   (sostanziale)  nonche'  della
correttezza  investigativa (formale), e la omissione integra nullita'
che si riflette sul diritto di intervento difensivo.
    Detta  nullita'  va  intesa  come  previsione  integrativa  della
disciplina  speciale  e la sanzione sarebbe comunque desumibile della
regola  generale,  di  cui  all'art. 178.1,  lett. c) c.p.p., ed e' a
regine  intermedio,  dunque  rilevabile  anche  d'ufficio ex art. 180
stesso codice.
    Il  meccanismo  delineato  dall'art. 415-bis  c.p.p.  deve essere
attivato  prima dell'atto propulsivo del processo (a pena di nullita'
dell'atto  medesimo)  ed e' ad esso propedeutico, sicche' la nullita'
si estende, derivatamente, all'anno propulsivo di richiesta di rinvio
a giudizio, costituente esercizio della azione penale.
    La  rilevata  nullita'  non  puo'  che comportare, secondo regola
generale,  la  regressione  del  procedimento  al  momento  in cui la
nullita'  e'  stata  consumata,  con  caducazione  di  ogni  sequenza
intermedia.
    In  presenza della delineata situazione, il pubblico ministero ha
perseguito  da  un lato, la via della impugnazione per abnormita', e,
dall'altro  lato,  la rinnovazione procedurale, mediante acquisizione
degli   atti  mancanti  e  reiterazione  degli  avvisi,  in  sequenza
frenetica, con invito ex officio a comparire.
    Non   ha   pero'  rispettato  il  termine  (sotto  tale  profilo,
dilatorio)  di  venti  giorni,  riconosciuto  dalla legge, in quanto,
medio  tempore,  senza  attendere  il  compiuto  decorso  del periodo
legale,  ha riesercitato il potere di azione sollecitando (si reputa,
abnormemente)  il  dovere di giurisdizione preliminare in modo da far
«ricadere»  ogni  profilo  di  «urgenza»  sulla struttura dell'organo
giudicante.
    Nel  delineato  contesto  appare  inevitabile, per la risoluzione
delle  questioni  che  di  seguito si articolano e si argomentano, il
ricorso   al   Supremo   Consesso   per  le  opportune  verifiche  di
legittimita' costituzionale.
    1.  -  Sulla  necessita' di espressa previsione sanzionatoria per
omesso  rispetto  del  termine  dilatorio  di  deposito degli atti di
indagine.
    Invalido e' l'atto non conforme al modello legale.
    La validita' della richiesta di rinvio a giudizio e' testualmente
condizionata  dall'avvenuto  inoltro  dell'avviso  della  conclusione
delle indagini e dal mancato interrogatorio a richiesta.
    La  patologia  e'  espressamente  prevista dall'art. 416.1 c.p.p.
(nel testo conseguente alla modifica apportatavi dall'art. 17.3 della
legge  16  dicembre  1999  n. 479,  in  sostituzione di quella di cui
all'art. 2.2  della  legge 16 luglio 1997 n. 234), per il caso in cui
il  p.m.,  prima di formulare la richiesta, abbia omesso di informare
l'indagato della conclusione delle indagini preliminari o dell'invito
a presentarsi.
    La nullita' e' speciale, per la sua puntualita' revisionale, ed a
regime intermedio, concernendo l'intervento dell'indagato.
    Posto che vige il principio di naturale progressione del processo
la giurisprudenza e' attestata nel senso che la regressione alla fase
delle indagini preliminari e' abnorme se non sia ravvisabile nullita'
nella tassativita' previsionale specifica.
    Avuto   riguardo  al  testo  normativo  ed  al  diritto  vivente,
necessita prospettare la questione di legittimita' costituzionale del
comb.  disp. degli artt. 415.1 e 416.1 c.p.p., nella parte in cui non
e'  previsto che la richiesta di rinvio a giudizio e' nulla se non e'
stata formulata dopo la scadenza del termine di deposito degli atti.
    1.1. - La questione e' rilevante.
    Si  tratta  di disposizione garantistica, di diretta ed immediata
applicabilita', avuto riguardo alla situazione procedimentale ed alla
condotta  del pubblico ministero, sollecitante il dovere di esercizio
di  udienza preliminare mediante richiesta formulata anticipatamente,
durante il periodo di rispetto.
    1.2. La questione non e' manifestamente infondata.
    Il diritto vivente e' nel senso che la prescrizione sanzionatoria
di  cui  all'art. 416  c.p.p.  abbia natura speciale e tassativa, non
estensibile alle situazioni non descritte e non previste.
    La  segnalata  omessa  previsione  si  pone  in  contrasto con il
principio  costituzionale  di  ragionevolezza  (ex  art. 3 Cost.), in
considerazione della natura dilatoria del termine e del regime che la
legge  garantisce  in situazioni analoghe (si veda l'art. 108 c.p.p.,
in  tema  di termine per la difesa, o l'art. 429.3 c.p.p., in tema di
termine  per  comparire) e con il combinato principio di effettivita'
della  difesa, avuto riguardo al diritto ad esercitare le prerogative
difensive  nel  pieno  rispetto del periodo di tempo prescritto dalla
legge (art. 24.2 Cost.).
    2.  -  Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di
validita'  della richiesta di rinvio a giudizio depositata in data 20
dicembre 2002.
    Secondo  il testo normativo ed il diritto vivente, in presenza di
richiesta   di  rinvio  a  giudizio  e'  obbligatoria  la  fissazione
dell'udienza  e  non  puo'  essere adottata alcuna ordinanza de plano
(cfr.,  tra  le  ultime,  Cass.,  Sez II, 23 ottobre 2002, udienza 19
settembre  2002, Albanese ed anche per i precedenti giurisprudenziali
richiamati, cui la pronuncia citata dichiaratamente si adegua).
    Si   adduce,   a   sostegno,   l'argomento  letterale:  il  testo
dell'art. 418.1  c.p.p.,  come  modificato  dall'art. 19  della legge
n. 479/1999,  e'  formulato  nel  senso  che  il giudice, ricevuta la
richiesta del p.m., entro cinque giorni «fissa» (dunque, e' obbligato
a fissare) con decreto l'udienza camerale.
    Si  adduce, ad ulteriore sostegno, l'argomento forte: il rispetto
del  contraddittorio  («il  relativo  adempimento, anche alla stregua
della   garanzia  del  contraddittorio  che  viene  in  tal  modo  ad
assicurare,  costituisce un doveroso atto di impulso che non consente
al giudice di valutare se l'udienza debba o non debba essere fissata»
per  cui  «la  radicale  estraneita'  al  sistema  del  provvedimento
impugnato  ne  svela l'abnormita' destinandolo all'annullamento»); in
termini, con riferimento alla declaratoria ex art. 129 c.p.p., Cass.,
Sez.  I,  1°  dicembre 1997, p.g./Vito; Cass., Sez. III, 29 settembre
1999, p.m./Grosso.
    Il  citato  orientamento,  quanto  al  vizio  di  validita' della
richiesta   di   rinvio   a   giudizio,   si   espone  a  censura  di
costituzionalita' nella parte in cui il principio di progressione non
e'  conciliabile con il primario ed economico controllo preventivo di
validita' della richiesta.
    2.1. - La questione e' rilevante.
    E'  evidente  che  in  presenza  di  una  richiesta  di  rinvio a
giudizio,  in  assenza di un preliminare controllo giurisdizionale di
validita',   occorrerebbe  attivare  gli  adempimenti  connessi  alla
fissazione  di  udienza ex art. 418 c.p.p. sicche' la disposizione e'
di immediata applicazione.
    2.2. - La questione non e' manifestamente infondata.
    Appare  irragionevole  (ex art. 3 Cost.) un sistema che, in linea
generale,  impone  al  giudice la immediata rilevazione, in qualsiasi
stato  e  grado,  di  una  nullita'  di  grave rilievo patologico (ex
artt. 179  e  180  c.p.p.) e che invece, nella puntuale disciplina in
esame, ne preclude la rilevabilita' ufficiosa e pronta.
    Appare   ancora,   oltre  che  sperequata,  contrastante  con  il
principio  di  durata ragionevole del processo, oltre che di economia
processuale (ex art. 111.2 Cost., la necessita' di fissare, sovente a
distanza  di tempo, una udienza tanto inutile quanto dispendiosa (nel
caso  in esame, con particolare impegno di attivita' di cancelleria e
con  fissazione  in  plesso  esterno,  trattandosi  di  piu' imputati
detenuti  da  far tradurre da varie sedi carcerarie, alcuni dei quali
in regime differenziato ed in videoconferenza).
    Non   appare   nemmeno   ragionevole   impone,  nella  attualita'
procedurale, la osservanza dell'obbligo in presenza di un atto nullo,
come  tale  improduttivo di effetti giuridici. La irragionevolezza si
desume  da  un  argomento  sistematico,  posto  che  la  sanzione  di
nullita', nei limiti e nei termini previsti, e' prescritta nella sede
propria,  di  presentazione  della  richiesta  (ex  art. 416 c.p.p.),
mentre  la  fissazione  di  udienza  e' regolata successivamente, due
articoli dopo (ex art. 418 c.p.p.).
    Improprio     appare,    infine,    l'invocato    rispetto    del
contraddittorio, garanzia irrilevante a fronte di un potere officioso
che non presuppone ne' implica l'ascolto delle parti.
    Non  e' dato dunque comprendere la ragionevolezza del sistema che
obbliga  a fissare l'udienza preliminare in presenza di una richiesta
invalida perche' affetta da nullita' derivata a regime intermedio.
    Se  la  invalidita' integra una patologia rilevabile d'ufficio il
giudice  che  ne  rileva  la  sussistenza  non  puo'  che dichiararla
immediatamente,   senza   procedere   alla   fissazione  dell'udienza
preliminare.
    Sarebbe    altrimenti   compromesso   anche   il   principio   di
subordinazione del giudice alla legge (ex art. 101.2 Cost., in quanto
il giudice sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi iniziative
di parte.
    3.  -  Sulla esigenza di preliminare controllo giurisdizionale di
ammissibilita' della richiesta di rinvio a giudizio.
    Reputa  il  giudicante  che  la  richiesta  di  rinvio a giudizio
formulata  con  atto depositato in data 20 dicembre 2002 sia comunque
passibile di inammissibilita'.

                             In diritto

    La  inammissibilita'  e'  sanzione  prevista tassativamente dalla
legge  per  gli  atti  delle  parti in presenza di un vizio dell'atto
stesso  che  non consente al soggetto l'esercizio del diritto o della
facolta'  corrispondenti;  piu'  precisamente, la inammissibilita' e'
l'invalidita'  prevista  per  le  domande  formulate  dalle  parti  e
mancanti di determinati requisiti, riguarda un atto introduttivo e la
sua  disciplina  sotto  il  profilo  di  atto  non presentabile o non
ricevibile  per  scadenza  del termine perentorio di compimento o per
omesse formalita' essenziali o per carenze di sostanza.
    Riferendosi alla domanda la patologia non puo' che ricadere sulla
sequenza procedimentale che l'atto introduce.
    Ferma  restando  la  tassativita'  previsionale  la  sanzione  e'
rilevabile  d'ufficio,  in  ogni  stato  e  grado,  perche' toglie al
giudice  il  potere di ius dicere in rapporto a quell'atto, esplicato
in assenza delle condizioni prescritte.
    Orbene,  la  richiesta  di  rinvio  a  giudizio e' una domanda ed
introduce   la   fase   processuale:   posto   che  la  comunicazione
all'indagato  dell'avviso  di  cui  all'art. 415-bis  c.p.p. segna la
chiusura   della  fase  procedimentale  (salva  l'eventualita'  della
integrazione delle indagini richiesta dallo stesso indagato), la fase
processuale  si  apre con l'esercizio dell'azione penale, consistente
nella  domanda  rivolta dal pubblico ministero al giudice di decidere
conformemente   all'ipotesi   di   colpevolezza   sintetizzata  nella
imputazione.
    Dunque, ne va verificata la ammissibilita'.

                              In fatto

    Nel  caso  in  esame  il  pubblico  ministero non ha il potere di
azione  perche',  a fronte della ordinanza di annullamento deliberata
nell'esercizio  della  giurisdizione  processuale  preliminare, si e'
trovato  nella alternativa di ottemperare all'ordinanza camerale o di
attenderne la rimozione all'esito della impugnazione.
    Occorre   rammentare  che,  anche  in  pendenza  di  gravame,  la
ordinanza   emessa  e'  esecutiva  (ex  art. 127.8  c.p.p.);  con  la
ordinanza  emessa  questo  giudice si e' spogliato del procedimento e
non  ha  potere  (ne' motivo) di autoannullare la ordinanza medesima,
provvedimento  che  peraltro sarebbe abnorme (perche' non previsto da
alcuna  norma  processuale  e  al  di fuori dell'ordinamento, come ha
statuito  Cass.,  sez.  VI,  sent. n. 3680 del 21 dicembre 2000 cc 19
ottobre 2000), vieppiu' in pendenza del ricorso per cassazione.
    Il  pubblico  ministero,  che non puo' entrare in conflitto con i
provvedimenti  giurisdizionali,  e'  posto,  come si e' notato, nella
alternativa di ottemperare alla ordinanza emessa oppure di impugnare,
ma,  nella  seconda evenienza, deve attendere l'esito del giudizio di
impugnazione,  il  cui deliberato e' vincolante, e non puo' esplicare
poteri   antinomici.   La  esecutivita'  della  ordinanza  e'  dunque
rimovibile   soltanto   dall'annullamento  che  il  Supremo  Collegio
deliberi  di  disporre  (cfr.,  in  tema  di  abnormita'  e  di stasi
processuale,  non altrimenti rimuovibile se non con l'impugnazione ed
il  conseguente  provvedimento,  Cass., sez. I, sent. n. 24705 del 16
giugno 2001, ud. 10 maggio 2001, RV219947).
    3.1. - La questione e' rilevante
    Trattasi,  anche  in  questo  caso,  di disposizione di immediata
applicazione   alla  vicenda  processuale,  posto  che,  soltanto  in
presenza  di  domanda ammissibile, sarebbe doveroso fissare l'udienza
camerale.
    3.2. - La questione non e' manifestamente infondata.
    Ricorrono,  per  evidente  parallelismo,  i medesimi parametri di
irragionevolezza (ex art. 3 Cost., avuto riguardo alla disciplina del
procedimento  camerale  che  prevede  la  declaratoria  immediata  di
inammissibilita'  dell'atto  introduttivo  ex  at. 127.9 c.p.p.) e di
antieconomica  protrazione della durata del processo sopra richiamati
in  tema  di  declaratoria  di  nullita'  (ex 111.2 Cost.) nonche' il
principio  di  subordinazione  del  giudice alla legge (ex art. 101.2
Cost),  che  anche  nella  evenienza  in esame sarebbe compromesso in
quanto  il  giudice  sarebbe  inevitabilmente condizionato da abnormi
iniziative di parte.
    Poiche'  il  diritto  vivente  e'  nel  senso  che  e' abnorme il
provvedimento con il quale il giudice, in luogo di fissare l'udienza,
dichiari  l'inammissibilita'  della  richiesta  (cfr., con portata di
precedente  stabilizzato,  Cass. sez. I 19 dicembre 1996, Koskovic m.
206762), necessita il ricorso alla verifica di costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 1 della legge costituzionale n. 1/1948 e 23 della
legge n. 87/1953;
    Provvedendo d'ufficio;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata:
        a)  la  questione  di  legittimita'  costituzionale del comb.
disp.  degli artt. 415-bis e 416.1 c.p.p., in relazione agli artt. 3,
24.2   e   111.   2  Cost.,  nella  parte  in  cui  non  esplicitano,
rispettivamente,  l'obbligo,  a carico del pubblico ministero, di non
esercitare  l'azione  penale  mediante  deposito  della  richiesta di
rinvio  a  giudizio  prima  del compiuto decorso del termine di venti
giorni  di  effettivo  ed  integrale  deposito degli atti di indagine
espletati  (ivi compresi quelli acquisiti da altro procedimento) e la
sanzione di nullita' (a regime intermedio) per la inadempienza;
        b)  la  questione di legittimita' costituzionale del disposto
dell'art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost.,
nella  parte  in  cui  non prevede, e quindi preclude, il preliminare
vaglio  di validita', diretta o derivata, della richiesta di rinvio a
giudizio;
        c)  la  questione di legittimita' costituzionale del disposto
dell'art. 418 c.p.p., in relazione agli artt. 3, 111.2 e 101.2 Cost.,
nella  parte  in cui, posta la validita' formale della richiesta, non
consente,  e dunque preclude, il vaglio di preliminare ammissibilita'
della richiesta di rinvio a giudizio.
    Dispone  che  a  cura  della  cancelleria  copia  della  presente
ordinanza  venga  notificata al Presidente del Consiglio dei ministri
comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
della  Camera  dei  deputati,  al pubblico ministero, agli imputati e
alle persone offese.
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale e
sospende il presente procedimento.
      Cosi' deliberato in Catanzaro, addi' 30 dicembre 2002.
                        Il Presidente: Baudi
05C0015