N. 8 ORDINANZA 11 - 14 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Spese  di giustizia - Difensore designato dal giudice in sostituzione
  del  difensore d'ufficio non reperito o non comparso - Possibilita'
  di   ottenere  la  liquidazione  di  spese  ed  onorari  -  Mancata
  previsione  -  Lamentata  lesione del principio di eguaglianza, del
  diritto  di difesa, del diritto alla retribuzione, del principio di
  tutela del lavoro - Manifesta infondatezza della questione.
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 117.
- Costituzione, artt. 3, 24, 35, primo comma, e 36, primo comma.
Spese  di  giustizia  -  Difensore  d'ufficio  di  imputato  non piu'
  rintracciabile  di fatto - Possibilita' di ottenere la liquidazione
  di  spese  ed  onorari - Mancata previsione - Lamentata lesione del
  principio   di   eguaglianza   rispetto   al   difensore  d'ufficio
  dell'imputato  dichiarato  irreperibile,  violazione del diritto di
  difesa,  del diritto alla retribuzione, del principio di tutela del
  lavoro  - Motivazione per relationem ad una precedente ordinanza di
  rimessione - Manifesta inammissibilita' della questione.
- D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 117.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 36.
(GU n.3 del 19-1-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo
MADDALENA, Alfonso QUARANTA.
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 117 del decreto
del  Presidente  della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di
giustizia),  promosso  con ordinanza del 25 luglio 2003 dal Tribunale
di Catanzaro, sull'istanza proposta da Galeotta Vincenzo, iscritta al
n. 1062  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 luglio 2004 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il Tribunale di Catanzaro, con ordinanza emessa il
25 luglio  2003,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3, 24,
secondo   comma,   35,   primo   comma,  e  36,  primo  comma,  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 117
del  decreto  del  Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia), nella parte in cui non prevede che il
difensore  designato  dal  giudice  in  sostituzione del difensore di
ufficio non reperito o non comparso possa chiedere la liquidazione di
spese  ed  onorari  per l'attivita' professionale svolta in luogo del
difensore  sostituito,  e  ancora nella parte in cui circoscrive alla
sola  ipotesi  di  irreperibilita'  dell'imputato dichiarata ai sensi
dell'art. 159  del  codice  di  procedura  penale  la possibilita' di
liquidazione   di   spese   ed   onorari,  senza  prevedere  il  caso
dell'imputato   non   piu'   rintracciabile   nei  cui  confronti  le
notificazioni vengano eseguite ai sensi dell'art. 161 cod. proc. pen;
        che  il  rimettente e' investito della decisione sull'istanza
di  liquidazione  dei  compensi  presentata  da  un  difensore che ha
prestato  la  propria  opera  professionale  a favore di una imputata
irreperibile,  dopo  esser stato nominato all'udienza quale sostituto
del  difensore  di  ufficio  previamente  designato,  a seguito della
constatata assenza di quest'ultimo;
        che,  dopo  aver  analiticamente riportato lo svolgimento del
procedimento  a quo, il rimettente osserva che nel caso sottoposto al
suo  esame non puo' trovare applicazione l'art. 116 del d.P.R. n. 115
del 2002, espressamente invocato dall'istante, in quanto il difensore
non  ha  esperito,  ne' ha dedotto di aver esperito, alcuna procedura
per il recupero del suo credito professionale;
        che, come osserva il giudice a quo, deve trovare applicazione
l'art. 117 del d.P.R. citato, visto che il professionista istante non
ha  rivestito  la  qualita' di difensore di ufficio dell'imputata, ma
quella  di  «difensore  designato  ai  sensi  dell'art. 97 cod. proc.
pen.»,  in  temporanea  sostituzione  del  difensore  originariamente
nominato, non intervenuto all'udienza;
        che, come osserva ancora il rimettente, l'imputata non e' mai
stata   dichiarata   formalmente   irreperibile,  non  sussistendo  i
presupposti e le condizioni previste dall'art. 159 cod. proc. pen;
        che  il  Tribunale di Catanzaro rileva che, fuori dei casi di
ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  la legge accorda
esclusivamente  al  difensore  d'ufficio,  «precostituito»  ai  sensi
dell'art. 97,  comma 2,  cod. proc. pen., la possibilita' di ottenere
la  liquidazione di onorari e spese a carico dell'erario, non essendo
assimilabile  a  tale  figura  quella del difensore designato dal, ex
art. 97, comma 4, cod. proc. pen;
        che, come aggiunge il rimettente, in tal senso si e' espressa
la  giurisprudenza  di legittimita' a sezioni unite, che ha affermato
il  principio  secondo  il  quale  vi  e' l'esigenza di assicurare la
continuita'  dell'assistenza  tecnico-giuridica  e  di  garantire  la
concreta  ed  efficace  tutela  dei  diritti  dell'imputato,  con  la
sostanziale equiparazione della difesa d'ufficio a quella di fiducia,
attraverso  l'immutabilita' del difensore fino all'eventuale dispensa
dall'incarico o all'avvenuta nomina fiduciaria (Corte di cassazione -
sezioni unite penali, 19 dicembre 1994);
        che,  ad avviso del giudice a quo, a differenza del sostituto
nominato  dallo  stesso  difensore  ai sensi dell'art. 102 cod. proc.
pen.,  il  quale  puo'  certamente  chiedere  la liquidazione del suo
credito  avendo  agito in virtu' del mandato conferitogli dal collega
che  lo  ha  delegato,  il  sostituto  designato dal giudice ai sensi
dell'art. 97,  comma 4,  cod.  proc. pen. in temporanea e contingente
sostituzione   del  difensore  di  ufficio,  non  e'  legittimato  ad
avvalersi  dell'art. 117  del  d.P.R.  n. 115 del 2002, in quanto non
riveste  la  qualita'  di difensore di ufficio ne' puo' agire in nome
proprio  per far valere un diritto altrui, stante il generale divieto
di cui all'art. 81 cod. proc. civ;
        che,  secondo  il  rimettente,  l'esclusione contrasta con il
principio  di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., con l'effettivita'
del  diritto  di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, Cost., con
il  «principio  retributivo  del  lavoro»  di  cui all'art. 36, primo
comma,  Cost.  e con quello piu' generale di tutela del lavoro di cui
all'art. 35, primo comma, Cost., poiche' la prestazione professionale
e'  identica,  cosi'  come  identica  e'  la  difficolta'  di  essere
remunerato  dall'imputato  irreperibile,  sia  per  il  difensore  di
ufficio  che  per  il  difensore  designato ex art. 97, comma 4, cod.
proc. pen;
        che,  ad  avviso del giudice a quo, la discriminazione appare
del  tutto  irragionevole  e lesiva del principio di eguaglianza, non
potendo avere rilievo il dato formale della diversa veste processuale
che  il  professionista  assume  a  seguito delle modalita' della sua
nomina o designazione;
        che,  come ricorda il rimettente, l'evoluzione costituzionale
del diritto di difesa ha comportato il superamento di ogni concezione
meramente  formale  del  ministero  del  difensore  e  il legislatore
ordinario (come dimostrano l'art. 31 delle disposizioni di attuazione
del  codice di procedura penale e l'art. 18 della legge 6 marzo 2001,
n. 60,  che  ha  introdotto l'art. 32-bis disp. att. cod. proc. pen.,
ora  trasfuso  nell'art. 117  t.u.  cit.)  ha  dimostrato di cogliere
appieno  il  nesso  tra  l'effettivita' della difesa non fiduciaria e
l'esigenza di una seria possibilita' di remunerazione della stessa;
        che  da  cio'  consegue, sempre secondo il rimettente, che la
mancata  remunerazione  della  prestazione  professionale  rischia di
comprometterne  l'effettivita'  e,  di  conseguenza,  di vulnerare il
diritto costituzionale di difesa;
        che ad avviso del Tribunale di Catanzaro, tra il difensore di
ufficio  titolare ed il difensore designato in sostituzione del primo
ex art. 97, comma, 4, cod. proc. pen., non si instaura alcun rapporto
giuridicamente  rilevante,  dovendosi  quindi  escludere che il primo
possa  presentare  istanza  di  liquidazione anche per le spese e gli
onorari   del  secondo,  con  la  conseguenza  che  l'opera  prestata
rimarrebbe  senza remunerazione, con violazione degli artt. 36, primo
comma, e 35, primo comma, Cost;
        che   la   stessa   evoluzione   dell'ordinamento,  culminata
nell'unificazione degli istituti volti a dare attuazione all'art. 24,
terzo  comma, della Costituzione (ordinanza n. 186 del 2002), esclude
nettamente  che  la prestazione difensiva non fiduciaria possa essere
configurata  come  un  ufficio  onorifico  e  non  obbligatorio, come
prevedeva   l'abrogato   regio   decreto  30 dicembre  1923,  n. 3282
(Approvazione  del  testo  di legge sul gratuito patrocinio), secondo
una prospettiva ora ripudiata dal legislatore;
        che  sotto  altro profilo, secondo l'ordinanza di rimessione,
il   riferimento  all'irreperibilita'  contenuto  nella  disposizione
impugnata  non puo' intendersi che in un senso tecnico-giuridico, con
la  conseguenza  che  essa puo' trovare applicazione solo nel caso in
cui   sia   intervenuta,   in   esito  al  sub-procedimento  previsto
dall'art. 159   cod.   proc.   pen.,   la  formale  dichiarazione  di
irreperibilita'  dell'imputato,  come  ritenuto  dalla  ordinanza del
Tribunale  di  Pisa  del  3-4 febbraio 2003, che ha sollevato analoga
questione di legittimita' costituzionale;
        che,  quanto  a  questa  seconda  questione,  il Tribunale di
Catanzaro  afferma  di condividere le motivazioni del precedente atto
di  promovimento  del  giudizio  della  Corte, precisando solo che al
parametro   indicato   dal  primo  rimettente  (art. 3  Cost.)  vanno
aggiunti,  «nei  termini  gia'  illustrati»,  anche gli artt. 24 e 36
Cost;
        che   nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  cosi'
instaurato  e'  intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  alla Corte di dichiarare manifestamente inammissibili e in
ogni   caso   infondate  le  questioni  sollevate  dal  Tribunale  di
Catanzaro;
        che  l'Avvocatura  osserva  - pur dandosi atto nell'ordinanza
che  il  sostituto  del  difensore  di ufficio, designato ex art. 97,
comma 4, cod. proc. pen., puo' esercitare la difesa dell'imputato per
tutta la fase dibattimentale e svolgere una prestazione professionale
identica,  nel  suo  oggetto  e  nella  sua  funzione,  a  quella del
difensore  di  ufficio  -  che  il  rimettente  muove  da una nozione
formalistica   della   definizione   di   difensore   d'ufficio,  non
considerando  tale il difensore designato dal giudice in sostituzione
di  quello precedentemente nominato, nell'ipotesi in cui quest'ultimo
non  sia  stato  reperito,  o non sia comparso o abbia abbandonato la
difesa;
        che  in  tal  modo,  secondo  l'Avvocatura,  il giudice a quo
dimentica  la  previsione  di  cui  all'ultimo  periodo  del  comma 4
dell'art. 97  cod.  proc.  pen.,  secondo  il  quale  si applicano al
difensore  designato  in  sostituzione  le disposizioni dell'art. 102
dello  stesso  codice, con la conseguenza che, a' termini del secondo
comma  dell'articolo  citato,  «il  sostituto  esercita  i diritti ed
assume i doveri del difensore»;
        che   nessun  rilievo  presentano  le  fonti  ed  i  modi  di
investitura  del professionista che esercita effettivamente la difesa
dell'imputato,  dovendosi  in  ogni  caso  riconoscere  al  sostituto
designato la qualita' di difensore di ufficio;
        che  la  questione  e'  quindi per l'Avvocatura inammissibile
prima   che  infondata,  non  avendo  il  rimettente  preventivamente
verificato  la  possibilita'  di  interpretare  la  disposizione  che
censura,  dando  alla  stessa un significato compatibile con le norme
costituzionali   che   vengono  invocate,  secondo  quanto  affermato
ripetutamente dalla Corte;
        che,  ancora  secondo  la  difesa erariale, le argomentazioni
relative  all'art. 81  cod.  proc. civ. sono totalmente inconferenti,
dal  momento  che  il  difensore  designato  in sostituzione chiede a
proprio  nome  la  liquidazione di proprie spettanze, mentre prive di
rilievo e comunque infondate appaiono le considerazioni inerenti alla
prospettata  disparita'  di  trattamento ed alla ritenuta conseguente
gratuita'  della  prestazione  professionale del difensore sostituto,
cosi'  come  alla  compromissione  dell'effettivita'  del  diritto di
difesa  dell'imputato,  essendo  la  prestazione professionale per la
quale  si  chiede  la  liquidazione  di  spese  ed onorari gia' stata
espletata;
        che  ad avviso dell'Avvocatura la seconda questione sollevata
dal  Tribunale  di  Catanzaro  risulta  inammissibile  perche'  viene
prospettata  con  espresso  rinvio  alle  motivazioni contenute nella
precedente  ordinanza  del  Tribunale  di  Pisa,  in  violazione  del
principio    di    autosufficienza   dell'ordinanza   di   rimessione
costantemente  affermato  dalla  giurisprudenza  costituzionale, e in
quanto   la   questione   e'  gia'  stata  dichiarata  manifestamente
inammissibile  dalla  Corte  con  l'ordinanza n. 348 del 2003, le cui
ragioni si estendono anche ai nuovi parametri indicati, oltretutto in
modo apodittico ed inconferente, dal Tribunale di Catanzaro.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Catanzaro  solleva con unica
ordinanza  due  distinte  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 117  del  decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio
2002,   n. 115   (Testo   unico   delle  disposizioni  legislative  e
regolamentari  in  materia di spese di giustizia), nella parte in cui
non  prevede  che  il  difensore  designato  dal giudice, ex art. 97,
comma 4,   del  codice  di  procedura  penale,  in  sostituzione  del
difensore  d'ufficio  non  reperito o non comparso, possa chiedere la
liquidazione di spese ed onorari per l'attivita' professionale svolta
in  luogo  del difensore sostituito, e nella parte in cui circoscrive
alla  sola  ipotesi  di  irreperibilita' dell'imputato, che sia stata
dichiarata ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen., la possibilita' di
liquidazione  di  spese  ed  onorari  del  difensore d'ufficio, senza
prevedere  il  caso  dell'imputato  non  piu'  rintracciabile nei cui
confronti  le  notificazioni  vengano eseguite ai sensi dell'art. 161
cod. proc;
        che  riguardo  alla  prima  delle  due questioni sollevate il
rimettente  interpreta  la  norma  censurata  nel  senso  che sarebbe
impedito   al   difensore   di   ufficio,  nominato  dal  giudice  in
sostituzione  dell'originario  difensore, di chiedere la liquidazione
dei compensi per l'opera autonomamente svolta;
        che  tale  interpretazione  del  quadro  normativo  assunta a
fondamento   della   censura,  da  un  lato  non  tiene  conto  della
possibilita'  di  dare alla disposizione una interpretazione conforme
alle norme costituzionali invocate, dall'altro omette di considerare,
come esattamente rileva l'Avvocatura, che secondo l'art. 97, comma 4,
cod.  proc. pen., al difensore designato in sostituzione si applicano
le  disposizioni  dell'art. 102  dello stesso codice, secondo cui «il
sostituto esercita i diritti ed assume i doveri del difensore»;
        che  la  sentenza  della  Corte di cassazione - sezioni unite
penali,  19 dicembre 1994, citata in ordinanza, ha deciso una diversa
questione  in  ordine  all'individuazione  del difensore destinatario
della  notifica  degli atti, mentre nulla ha stabilito in ordine alla
liquidazione dei compensi;
        che la questione e' quindi manifestamente infondata;
        che la seconda questione sollevata dal Tribunale di Catanzaro
e' manifestamente inammissibile dal momento che essa risulta motivata
solo  per  relationem  ad  una precedente ordinanza di rimessione del
Tribunale di Pisa che questa Corte ha gia' esaminato, dichiarandola a
sua  volta  manifestamente  inammissibile, con l'ordinanza n. 348 del
2002.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale dell'art. 117 del decreto del Presidente
della   Repubblica   30 maggio   2002,   n. 115  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia  di spese di
giustizia),  sollevata,  in  riferimento  agli artt. 3, 24, 35, primo
comma,  e  36,  primo  comma,  della  Costituzione,  dal Tribunale di
Catanzaro con l'ordinanza in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   del   medesimo  art. 117  del  d.P.R.
30 maggio  2002, n. 115, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e
36  della Costituzione, dal Tribunale di Catanzaro con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2005.
                        Il Presidente: Onida
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 gennaio 2005.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
05C0032