N. 30 SENTENZA 12 - 26 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2003
  -  Pagamento  e  riscossione  di  somme  di  modesto ammontare e di
  qualsiasi   natura,  anche  tributaria  -  Disciplina  demandata  a
  successivi    regolamenti   ministeriali   di   delegificazione   -
  Applicabilita'  anche alle Regioni - Inerenza della norma censurata
  alla  materia  «armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento
  della  finanza  pubblica»,  oggetto  di  legislazione concorrente -
  Invasione della potesta' regolamentare spettante alle Regioni nelle
  materie non riservate allo Stato - Illegittimita' costituzionale in
  parte qua.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 25.
- Costituzione, art. 117.
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme della legge finanziaria 2003
  -  Pagamento  e  riscossione  di  somme  di  modesto ammontare e di
  qualsiasi   natura,  anche  tributaria  -  Disciplina  demandata  a
  successivi    regolamenti   ministeriali   di   delegificazione   -
  Applicabilita'  anche alle Regioni - Determinazione legislativa dei
  contenuti   cui   devono   attenersi   i   successivi   regolamenti
  ministeriali   delegati   -   Asserita   invasione  della  potesta'
  legislativa  concorrente  spettante  alle  regioni  in  materia  di
  «armonizzazione  dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza
  pubblica»  -  Esclusione  (trattandosi  di  legislazione statale di
  principio) - Non fondatezza della questione.
- Legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 25.
- Costituzione, art. 117.
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Carlo MEZZANOTTE;
Giudici:   Fernanda   CONTRI,   Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2003), promossi
con  ricorsi  delle  Regioni  Emilia-Romagna  e  Veneto notificati il
1° marzo  e il 25 febbraio 2003, depositati in cancelleria il 7 marzo
successivo ed iscritti ai nn. 25 e 26 del registro ricorsi 2003.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  22  giugno 2004  il  giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi   gli   avvocati   Giandomenico   Falcon   per  la  Regione
Emilia-Romagna,  Mario  Bertolissi per la Regione Veneto e l'avvocato
dello  Stato  Giancarlo  Mando'  per  il Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Le  Regioni  Emilia-Romagna  (con  ricorso  notificato  il
1° marzo  2003,  depositato  il  7 marzo  2003 e iscritto al registro
ricorsi   n. 25  del  2003)  e  Veneto  (con  ricorso  notificato  al
Presidente del Consiglio dei ministri il 25 febbraio 2003, depositato
il 7 marzo 2003 e iscritto al registro ricorsi n. 26 del 2003), hanno
chiesto   alla   Corte   costituzionale   dichiararsi,  fra  l'altro,
l'illegittimita'  dell'art. 25  della  legge 27 dicembre 2002, n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  -  legge finanziaria 2003) per indebita invasione nella
propria sfera di competenza, con violazione dell'art. 117 Cost.
    La  Regione  Emilia-Romagna  lamenta che lo Stato, disciplinando,
con  la norma impugnata, il pagamento e la riscossione delle somme di
modesto  ammontare,  prevede che il Ministero dell'economia detti, ai
sensi dell'art. 17, comma 2, legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
dell'attivita'   di   Governo  e  ordinamento  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri), disposizioni applicabili anche alle regioni.
Riguardo ai crediti delle regioni, l'art. 25 non sembra riconducibile
a  competenze  statali,  esclusive  o  concorrenti:  in  particolare,
tenendo  conto  della  finalita'  di  razionalizzazione  delle  spese
connesse  al  pagamento e alla riscossione di somme modeste, la norma
non  puo' essere considerata di coordinamento della finanza pubblica,
posto  che  l'unico  principio  fondamentale teorizzabile in materia,
sarebbe  la  riduzione  o l'eliminazione di dette spese, rimanendo la
disciplina attuativa demandata alle regioni. Viceversa, l'art. 25, ai
commi 2,  3, 4, reca norme di dettaglio. Inoltre, la previsione di un
regolamento   di   delegificazione  al  di  fuori  delle  materie  di
competenza statale, lede la potesta' regolamentare delle regioni.
    La  Regione  Veneto  lamenta  che lo Stato, disciplinando, con la
norma impugnata, il pagamento e la riscossione delle somme di modesto
ammontare,  rinvia  per  la  regolamentazione ad una fonte secondaria
statale individuandone contestualmente il contenuto in modo specifico
e  dettagliato,  mentre la disciplina sulle procedure e i presupposti
di   pagamento   e   riscossione,   che   rientra  nella  materia  di
armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  e coordinamento della finanza
pubblica  e  del  sistema tributario, oggetto di potesta' legislativa
concorrente,  consente allo Stato la sola determinazione dei principi
fondamentali,  laddove  la norma impugnata esaurisce completamente la
materia   trattata,   e   affidando   ad   ulteriori   fonti  statali
regolamentari l'ulteriore disciplina, non lascia margini d'intervento
alla legge regionale.
    2.  -  Nel  giudizio  si  e'  costituito,  con  distinti atti, il
Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   con   il   ministero
dell'Avvocatura  generale  dello  Stato, assumendo l'infondatezza dei
ricorsi.
    In  replica  al  ricorso  dell'Emilia-Romagna  la difesa erariale
osserva  che,  avendo  la  disposizione  impugnata  la  finalita'  di
razionalizzare  ed  economicizzare  l'attivita'  amministrativa  e le
spese   correlate   alla   gestione   di  somme  modeste,  come  tale
riconducibile     alla     competenza     legislativa     concorrente
dell'armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e del coordinamento della
finanza  pubblica;  la  prevista  emanazione  -  in termini generali,
relativi   per   tutte   le  pubbliche  amministrazioni  -  di  norme
regolamentari,  non  preclude  alla regione di emanare proprie norme,
nel rispetto dei principi fondamentali legittimamente posti.
    In  replica,  invece,  al ricorso della Regione Veneto, la stessa
difesa   assume   che,   essendo   la   disposizione   impugnata   e'
riconducibile,  piu'  che  al  coordinamento  della finanza pubblica,
all'armonizzazione  dei bilanci pubblici, perche', intervenendo sulla
struttura  dei  bilanci  e  sul  sistema  contabile,  mira  a rendere
omogenei,  e  quindi  coordinabili, i bilanci che interessano la c.d.
finanza  pubblica  allargata.  Si e' voluto evitare che si affrontino
spese   amministrative   sproporzionate   per   il  recupero,  spesso
problematico,  di  somme di modesto ammontare, specie per quegli enti
che hanno crediti di modesto ammontare in gran numero, con il rischio
che  i  bilanci  perdano  di  trasparenza  per dover registrare spese
notevoli  nel  tentativo  di  recuperare  crediti  modesti,  che  poi
rimangono insoddisfatti.
    La  censura  regionale e' dunque da disattendere sotto entrambi i
profili  denunciati:  non  si  tratta  di disciplina di dettaglio, in
quanto  la  finalita'  di  rendere  omogenei  i bilanci, comporta che
l'ammontare  dei crediti da considerare modesto, non possa che essere
unico   per   tutti   gli   enti;   il  rinvio  ad  un  provvedimento
amministrativo  si  rende  necessario  per  assicurare  la necessaria
duttilita'  per  la  verifica  della struttura dei bilanci nelle loro
componenti  essenziali  e  per  l'aggiornamento  secondo  l'andamento
dell'inflazione,  tanto che al quarto comma l'art. 25 fissa la misura
di   partenza   in   attesa   dei  successivi  aggiornamenti  in  via
amministrativa,   a   garanzia,   del   resto,   del  buon  andamento
dell'amministrazione.  Nel  caso  in  cui  la  normazione  secondaria
fissasse  ammontari  irragionevoli, ben potranno le regioni ricorrere
al giudice amministrativo.
    3.   -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  sia  le  Regioni
ricorrenti  che  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  hanno
presentato   memorie,   con   le   quali   si   insiste   nelle  tesi
rispettivamente sostenute nei ricorsi e negli atti di costituzione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  Regioni  Emilia-Romagna  e Veneto hanno impugnato, con
distinti   ricorsi,   l'art. 25   legge   23 dicembre   2002,  n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello   Stato   -   legge   finanziaria  2003),  perche'  lo  stesso,
disciplinando  il  pagamento  e la riscossione delle somme di modesto
ammontare  e  rinviando  a  regolamenti  ministeriali,  fissandone il
contenuto in modo specifico e preciso, viola l'art. 117, sesto comma,
Cost.,  che  attribuisce alle regioni la potesta' regolamentare salvo
che   nelle   materie   di   potesta'   statale   esclusiva  (Regione
Emilia-Romagna)  e  l'art. 117,  terzo comma, Cost., che riserva alla
legislazione  concorrente  la  materia  «armonizzazione  dei  bilanci
pubblici  e  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario» (Regione Veneto).
    Le   impugnazioni   relative  all'art. 25  vengono  qui  trattate
separatamente  rispetto  alle  altre  questioni proposte negli stessi
ricorsi  e,  per omogeneita' della materia, possono essere decise con
la medesima sentenza.
    In entrambi i ricorsi si denuncia che, con la norma impugnata, lo
Stato  ha  formulato  disciplina  di dettaglio in materia di potesta'
concorrente  in  cui  puo'  dettare  solo  principi fondamentali e le
censure  non sono limitate alla sola modalita' mediata di disciplina,
attraverso   i   regolamenti,   ma  anche  alla  disciplina  positiva
direttamente dettata.
    La Regione Emilia-Romagna censura, in aggiunta, che la previsione
di  un  regolamento  applicabile  alle  regioni  viola  la competenza
regolamentare  delle  stesse,  che  e'  esclusiva  nelle  materie  di
competenza  legislativa concorrente e cita specificamente l'art. 117,
sesto comma, Cost.
    2.  - In considerazione dell'identita' della materia, nonche' dei
profili  di  illegittimita'  costituzionali  fatti  valere, i ricorsi
vanno riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.
    3.  -  I  ricorsi  sono  parzialmente  fondati,  sulla base delle
considerazioni   che   seguono,   tenendo   presente  la  materia,  i
destinatari ed il contenuto della norma impugnata.
    L'art. 25  della  legge n. 289 del 2002 disciplina il pagamento e
la  riscossione  dei  crediti  di  modesto  ammontare  e di qualsiasi
natura,  anche  tributaria  ed  il  suo oggetto rientra nella materia
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica»,  che e' di legislazione concorrente, per l'art. 117, terzo
comma,  Cost.,  mentre  e'  da  disattendere  la  prospettazione  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  di ricollegabilita' della
norma  impugnata  ad  ambiti appartenenti alla legislazione esclusiva
dello Stato. L'inquadramento in una materia piuttosto che in un'altra
deve   riguardare   la  ratio  dell'intervento  legislativo  nel  suo
complesso   e  nei  suoi  aspetti  fondamentali,  non  anche  aspetti
marginali o effetti riflessi dell'applicazione della norma. Parimenti
non    condivisibili   sono   le   ipotesi   di   collegamento:   sia
all'ordinamento  civile,  in  quanto  lo  scopo non e' di intervenire
nella  disciplina  di  diritti,  bensi' di garantire l'efficienza, la
semplificazione  ed  il  risparmio  delle  entrate e delle uscite dei
bilanci   pubblici;  sia  ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni
concernenti  diritti  civili e sociali, posto che l'effetto indiretto
di  rinuncia al soddisfacimento coattivo dei crediti nei confronti di
soggetti  privati,  non  contribuisce  certo  a determinare lo status
fondamentale  del  cittadino  come soggetto di diritti e di obblighi;
sia  all'ordinamento  processuale, giacche' l'esclusione di qualsiasi
azione  cautelativa  ingiuntiva  ed  esecutiva, oltre a riguardare le
sole  poste  attive della disciplina, e' lo strumento (eventuale) per
conseguire  gli  obiettivi di semplificazione contabile ed efficienza
amministrativa.  Non pertinente e', poi, il riferimento all'art. 117,
secondo  comma,  lett. e), Cost. che riguarda la potesta' legislativa
nel  sistema  tributario e contabile dello Stato, giacche', ove siano
interessati  tributi  e bilanci degli altri enti, non puo' che venire
in  considerazione  la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici e
coordinamento  della  finanza  pubblica»,  di cui all'art. 117, terzo
comma, Cost.
    Nella  materie  di potesta' concorrente la normativa statale deve
limitarsi  alla  determinazione  dei principi fondamentali, spettando
invece  alle Regioni la regolamentazione di dettaglio, trattandosi di
fonti  tra  le  quali  non  vi  sono  rapporti  di  gerarchia,  ma di
separazione di competenze (sentenza n. 303 del 2003).
    Con riferimento ai destinatari, la disciplina dettata dalla norma
e'  applicabile  a  tutte  le  amministrazioni  pubbliche:  il rinvio
all'art. 1,  secondo  comma,  del  decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze
delle  amministrazioni  pubbliche),  vale  a  ricomprendervi tutte le
amministrazioni   dello   Stato,  e,  testualmente,  le  Regioni,  le
Province,   i  Comuni,  le  Comunita'  montane,  e  loro  consorzi  e
associazioni,  oltre  alle  istituzioni  universitarie,  gli Istituti
autonomi   case   popolari,   le   Camere  di  commercio,  industria,
artigianato  e  agricoltura  e  loro  associazioni,  tutti  gli  enti
pubblici   non   economici   nazionali,   regionali   e   locali,  le
amministrazioni,  le  aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale,  l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni  (ARAN)  e  le  Agenzie di cui al decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300.
    Sotto   questo  aspetto  la  normativa  impugnata  e'  pienamente
legittima  per  quanto riguarda gli uffici statali dal momento che lo
Stato  puo' legiferare, anche con le modalita' previste dall'art. 25,
riguardo  ai  propri uffici, rientrando, oltretutto, tale incombenza,
nella  competenza  esclusiva  prevista  dall'art. 117, secondo comma,
lett.  g)  Cost.,  mentre  resta  valida  l'affermazione  per  cui la
delegificazione  puo' riguardare anche «disposizioni di leggi statali
regolanti oggetti a qualsiasi titolo attribuiti alla competenza dello
Stato» (sentenza n. 376 del 2002).
    A  diverse  conclusioni  deve  pervenirsi  per la parte in cui la
norma  si  indirizza  anche  ad  enti non statali (Regioni, Province,
Comuni,  Comunita'  montane), in relazione ai quali occorre esaminare
il contenuto della norma, dalla quale si enucleano due profili: 1) la
disciplina   rimessa   ai  regolamenti;  2)  la  disciplina  positiva
direttamente dettata.
    Sotto   il   primo  profilo,  la  legge  rinvia  alla  normazione
secondaria,  della  quale  al primo comma si indica l'oggetto, che e'
appunto quello della «disciplina del pagamento e della riscossione di
crediti   di   modesto   ammontare   e  di  qualsiasi  natura,  anche
tributaria»,   e   al   secondo   comma  se  ne  fissa  il  contenuto
imprescindibile,  costituito  da:  a) gli importi corrispondenti alle
somme   considerate   di   modesto  ammontare;  b)  le  modalita'  di
considerazione  di  detti importi (nel senso che occorrera' stabilire
quali  somme  dovranno  considerarsi  onnicomprensive  di interessi o
sanzioni  comunque  denominate); c) le norme riguardanti l'esclusione
di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva.
    Sotto  il  secondo  profilo,  le  disposizioni  direttive  per le
emanande  norme  secondarie  sono  nel  senso  che:  a)  esse possono
riguardare  anche periodi d'imposta precedenti; b) non devono in ogni
caso intendersi come franchigia, nel senso che, per debiti di maggior
ammontare  rispetto  agli  importi  fissati  come  modesti, l'importo
modesto  non  puo'  essere  previsto  come riduzione del debito o del
credito  (ultima  parte  del  secondo  comma);  c)  gli importi vanno
arrotondati  all'unita'  euro (quarto comma, prima parte); d) in sede
di  prima  applicazione dei decreti, l'importo minimo non puo' essere
inferiore  a  12  euro;  e)  non  possono ricomprendersi tra le somme
considerate  di  modesto  ammontare  i corrispettivi per servizi resi
dalle pubbliche amministrazioni a pagamento (terzo comma).
    Per   quanto   riguarda  la  disciplina  rimessa  ai  regolamenti
(scilicet:   di   delegificazione,   come   si  evince  dal  richiamo
all'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 - Disciplina
dell'attivita'   di   Governo  e  ordinamento  della  Presidenza  del
Consiglio  dei  ministri),  va  tenuto  conto  che qualora alla legge
statale,   in   materia  di  competenza  concorrente,  e'  consentita
l'organizzazione  e  la  disciplina delle funzioni amministrative, la
legge   stessa   non   puo'   spogliarsi  della  funzione  regolativa
affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminandone i principi
che   orientino   l'esercizio   della   potesta'   regolamentare  per
circoscriverne la discrezionalita' (sentenza n. 303 del 2003), con la
conseguente  illegittimita'  costituzionale  della  norma che prevede
l'applicabilita' degli emanandi regolamenti anche alle Regioni.
    Con  riferimento  al  secondo  profilo,  la  disciplina  positiva
introdotta   deve  essere  intesa  non  soltanto  come  complesso  di
direttive   per   la   redazione   della  normativa  secondaria,  che
riguardera'  la  sola organizzazione statale, ma anche come nucleo di
principi   fondamentali   cui   deve   ispirarsi   l'esercizio  della
legislazione concorrente delle Regioni.
    La  Regione  Veneto ha osservato che, nelle ipotesi in cui questa
Corte  ha  riconosciuto il carattere di normativa di principio, nella
legge  erano  contenute enunciazioni di obiettivi, come ad esempio il
contenimento  dell'indebitamento  o  il  monitoraggio degli andamenti
della  finanza  pubblica,  mentre  la  norma  impugnata presuppone un
concetto  di  «modestia» del credito, che non puo' che richiedere una
valutazione concreta, estranea ad una legislazione di principio.
    La  tesi  non  puo'  essere  condivisa:  seppure  e'  vero che il
carattere  della «modestia» del credito va stabilito caso per caso, e
questo puo' essere oggetto d'intervento regolamentare per lo Stato, e
di   legislazione  concorrente  per  le  Regioni,  la  seconda  parte
dell'art. 25  pone  regole  di  cui, pur nell'applicabilita' a quanto
sara'  via  via considerato «somma di modesto ammontare», non si puo'
non riconoscere il carattere di legislazione di principio, sulla base
anche  di  quanto affermato dalla piu' recente giurisprudenza in tema
di  esplicazione della funzione legislativa concorrente nella materia
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica» (sentenze nn. 4, 17, 36 e 37 del 2004).
    4.  -  Concludendo, va riconosciuta la fondatezza della questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 25 della legge 27 dicembre
2002, n. 289, nella parte in cui prevede che, con uno o piu' decreti,
il   Ministro   dell'economia   e  delle  finanze  adotti,  ai  sensi
dell'art. 17,   comma 2,   della   legge   23 agosto   1988,  n. 400,
disposizioni   relative   alla   disciplina  del  pagamento  e  della
riscossione  di  crediti  di modesto ammontare e di qualsiasi natura,
anche  tributaria,  applicabili  alle  Regioni,  valendo  tuttavia le
disposizioni direttive positivamente dettate, come nucleo di principi
fondamentali   cui  deve  ispirarsi  l'esercizio  della  legislazione
concorrente delle Regioni.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riservata  a  separate  pronunzie  ogni decisione sulle ulteriori
questioni  sollevate  dalle  Regioni  Emilia-Romagna  e  Veneto con i
ricorsi indicati in epigrafe;
    Riuniti    i    ricorsi    relativamente    alle   questioni   di
costituzionalita' dell'art. 25 della legge 27 dicembre 2002, n. 289;
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello Stato - legge finanziaria 2003), nella
parte  in  cui  prevede  che,  con  uno  o  piu' decreti, il Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  adotti  disposizioni  relative alla
disciplina  del  pagamento  e della riscossione di crediti di modesto
ammontare  e  di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabili alle
regioni;
    Dichiara  non  fondate,  nel  resto, le questioni di legittimita'
costituzionale  dell'art. 25  della  legge  27 dicembre 2002, n. 289,
sollevate  dalle  Regioni  Emilia-Romagna  e  Veneto,  per violazione
dell'art. 117 della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2005.
                      Il Presidente: Mezzanotte
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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