N. 33 SENTENZA 12 - 26 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Parametri  del  giudizio  -  Modifica costituzionale, successiva alla
  proposizione del ricorso in via principale - Decisione alla stregua
  dei parametri vigenti anteriormente.
Istruzione  pubblica  -  Norme sulla parita' scolastica e sul diritto
  all'istruzione - Requisiti per il riconoscimento della parita' alle
  scuole    non    statali   -   Asserita   previsione   di   criteri
  irragionevolmente  ristretti e incongruamente vincolanti; incidenza
  sulla  capacita'  di programmazione della rete scolastica e mancato
  coinvolgimento   della  Conferenza  Stato-Regioni  -  Esclusione  -
  Inconfigurabilita'  di procedure concertative ed incompetenza delle
  regioni ad interferire con la individuazione, da parte dello Stato,
  dei  requisiti per il riconoscimento della parita' scolastica - Non
  fondatezza della questione.
- Legge 10 marzo 2000, art. 1, comma 4.
- Costituzione,   artt. 3,   97,   117  e  118,  anche  in  relazione
  all'art. 138  del  d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 112 e all'art. 2 del
  d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Ricorso regionale - Questione sollevata nei confronti di disposizioni
  di  legge  che  prevedono l'emanazione di un decreto del Presidente
  del  Consiglio  dei ministri - Mancata impugnazione, da parte della
  Regione,  del  decreto sia in sede di conflitto di attribuzione sia
  dinanzi  al  giudice amministrativo - Eccezione di inammissibilita'
  per avvenuta cessazione della materia del contendere - Reiezione.
Istruzione  pubblica  -  Norme sulla parita' scolastica e sul diritto
  all'istruzione  -  Piano  straordinario di finanziamento a sostegno
  delle spese sostenute dalle famiglie per l'istruzione - Criteri per
  la  ripartizione  dei fondi tra le Regioni e le Province autonome e
  per l'individuazione dei beneficiari nonche' modalita' di fruizione
  dei  benefici -  Prevista determinazione con decreto del Presidente
  del  Consiglio  dei  ministri,  senza  partecipazione  alcuna delle
  regioni - Asserita violazione delle competenze regionali in materia
  di   assistenza   scolastica  e  lesione  del  principio  di  leale
  collaborazione  per  il  mancato  coinvolgimento  della  Conferenza
  Stato-Regioni  -  Esclusione  -  Applicabilita'  delle disposizioni
  generali  sulle  procedure  di  consultazione  con  le regioni e le
  autonomie  locali  in occasione della adozione degli atti esecutivi
  demandati  al  Governo  -  Inconfigurabilita'  di una lesione delle
  competenze   regionali   in   materia   scolastica   contenendo  la
  disposizione  censurata  un  principio fondamentale della materia -
  Non fondatezza della questione.
- Legge 10 marzo 2000, n. 62, art. 1, commi 9 e 10.
- Costituzione,  artt. 117, 118 e 119; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616,
  artt. 17, 42 e 45; d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, artt. 2 e 8.
Istruzione  pubblica  -  Norme sulla parita' scolastica e sul diritto
  all'istruzione  -  Piano  straordinario di finanziamento a sostegno
  delle spese sostenute dalle famiglie per l'istruzione - Criteri per
  la  ripartizione  dei fondi tra le Regioni e le Province autonome -
  Prevista  determinazione  con  decreto del Presidente del Consiglio
  dei  ministri - Denunciata mancanza di limiti alla discrezionalita'
  dell'esecutivo  ed asserita violazione della riserva di legge posta
  dall'art. 119,  primo comma, Cost., in materia di finanza regionale
  - Esclusione - Non fondatezza della questione.
- Legge 10 marzo 2000, n. 62, art. 1, comma 9.
- Costituzione, art. 119, primo comma.
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Carlo MEZZANOTTE;
  Giudici:   Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 4, 9 e
10, della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme per la parita' scolastica
e  disposizioni  sul  diritto allo studio e all'istruzione), promosso
con  ricorso  della  Regione Lombardia, notificato il 20 aprile 2000,
depositato  in  cancelleria il 28 successivo ed iscritto al n. 13 del
registro ricorsi 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  giugno 2004 il Presidente
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  l'avvocato  Beniamino  Caravita  di Toritto per la Regione
Lombardia  e l'avvocato dello Stato Giuseppe Nucaro per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato il 20 aprile 2000 e depositato nella
cancelleria  di  questa  Corte  il  successivo  28 aprile, la Regione
Lombardia ha sollevato questione di legittimita' costituzionale:
        dell'art. 1,  commi 9  e 10, della legge 10 marzo 2000, n. 62
(Norme  per  la  parita'  scolastica  e disposizioni sul diritto allo
studio  e  all'istruzione),  in riferimento agli artt. 117, 118 e 119
della Costituzione, agli artt. 17, 42 e 45 del d.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616  (Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1  della  legge
22 luglio  1975,  n. 382),  agli  artt. 2 e 8 del decreto legislativo
28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni
della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le  province  autonome  di  Trento  e Bolzano ed unificazione, per le
materie  ed  i  compiti  di  interesse  comune  delle  regioni, delle
province  e  dei  comuni, con la Conferenza Stato-Citta' ed autonomie
locali),  e alla giurisprudenza costituzionale sul principio di leale
collaborazione tra Stato e Regioni;
          dell'art. 1,  comma 9, della medesima legge n. 62 del 2000,
in riferimento all'art. 119 Cost;
          dell'art. 1, comma 4, della citata legge n. 62 del 2000, in
riferimento  agli  artt. 3,  97,  117 e 118 Cost., anche in relazione
all'art. 138   del   decreto   legislativo   31 marzo   1998,  n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del Capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59), e all'art. 2 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281.
    1.1.  -  L'art. 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000 stabilisce
che,   al  fine  di  rendere  effettivo  il  diritto  allo  studio  e
all'istruzione  a  tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie,
lo  Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni
e  alle  province  autonome  di  Trento  e di Bolzano da utilizzare a
sostegno  della  spesa  sostenuta  e  documentata  dalle famiglie per
l'istruzione  mediante  l'assegnazione  di  borse  di  studio di pari
importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione.
Ai  sensi  del  secondo periodo del citato comma 9, il Presidente del
Consiglio  dei ministri, con decreto emanato su proposta del Ministro
della  pubblica  istruzione, stabilisce i criteri per la ripartizione
di  tali  somme  tra le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano  e  per  l'individuazione  dei beneficiari, in relazione alle
condizioni   reddituali  delle  famiglie,  da  determinare  ai  sensi
dell'art. 27   della  legge  23 dicembre  1998,  n. 448,  nonche'  le
modalita' per la fruizione dei benefici e per la indicazione del loro
utilizzo.
    Il  successivo  comma 10  dell'art. 1  individua direttamente una
delle  modalita' di fruizione dei benefici, stabilendo che i soggetti
aventi  i requisiti previsti dal decreto del Presidente del Consiglio
di  cui  al  comma  precedente  possono  fruire della borsa di studio
mediante  detrazione  di  una  somma  equivalente  dall'imposta lorda
riferita  all'anno in cui la spesa e' stata sostenuta, e demanda alle
regioni  e  alle  province  autonome  il  compito  di disciplinare le
modalita'  con  cui  sono  annualmente  comunicati al Ministero delle
finanze   e   al   Ministero   del   tesoro,  del  bilancio  e  della
programmazione  economica  i  dati relativi ai soggetti che intendono
avvalersi della detrazione fiscale.
    Ad  avviso della ricorrente, le disposizioni citate prevedrebbero
sostanzialmente  un intervento statale in un settore - sostegno della
spesa  sostenuta  e  documentata dalle famiglie per l'istruzione - di
sicura competenza regionale. La Regione Lombardia ricorda infatti che
l'art. 117  Cost.  include tra le materie rientranti nella competenza
legislativa  regionale  «l'assistenza  scolastica», che l'art. 17 del
d.P.R.  n. 616  del  1977 ha trasferito espressamente alle Regioni le
funzioni  amministrative dello Stato in questa materia (come definita
dagli  artt. 42  e  45  dello  stesso d.P.R.) e che la giurisprudenza
costituzionale ha piu' volte riconosciuto l'afferenza dell'assistenza
scolastica  alle  competenze  legislative e amministrative regionali.
Nonostante  cio'  - rileva la ricorrente - le disposizioni censurate,
nel prevedere un piano straordinario di finanziamento delle regioni e
delle   province   autonome   a  sostegno  della  spesa  sostenuta  e
documentata   dalle   famiglie   per   l'istruzione,   non  avrebbero
contemplato  alcun coinvolgimento delle regioni, ne' nella fase della
ripartizione dei finanziamenti tra le regioni e le province autonome,
ne'  in quella della individuazione dei beneficiari, ne' infine nella
determinazione  delle  modalita'  per la fruizione dei benefici e per
l'indicazione del loro utilizzo.
    Le  norme impugnate sarebbero, secondo la ricorrente, illegittime
anche  per  violazione  del  principio di leale collaborazione tra lo
Stato  e le regioni, principio che impone di adottare quelle forme di
coordinamento che siano idonee a salvaguardare gli interessi pubblici
affidati  alle  cure  dei vari livelli di governo, nella specie tanto
piu'   necessarie  in  quanto  il  coinvolgimento  delle  regioni  o,
comunque,  di organi rappresentativi delle stesse, quando si verta in
materie  di  competenza  regionale,  e'  stato espressamente previsto
dall'art. 2,  commi 1,  lettera f),  3,  4 e 6, del d.lgs. n. 281 del
1997.
    Il censurato art. 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000, invece,
da  un lato non attribuirebbe alla Conferenza Stato-Regioni il potere
di  determinare  i  criteri  per  la  ripartizione tra le regioni dei
finanziamenti,   nonostante   la   fattispecie   in   esso   prevista
(ripartizione  delle  risorse  finanziarie  che la legge assegna alle
regioni  e  alle  province  autonome)  coincida  con quella delineata
dall'art. 2,  comma 1,  del  d.lgs. n. 281 del 1997, e dall'altro non
prevederebbe  neppure  che  tale  Conferenza sia sentita in relazione
all'emanando decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ne'  rileverebbe  l'intervenuto  trasferimento  ai  comuni  delle
competenze   amministrative   in  materia  di  assistenza  scolastica
(art. 45  del d.P.R. n. 616 del 1977), giacche', come affermato dalla
giurisprudenza  di  questa Corte (sentenza n. 476 del 1991), i flussi
finanziari  destinati  ai  compiti  istituzionali  degli  enti locali
inerenti  a  materie  regionali  devono essere erogati per il tramite
delle  regioni,  alle quali, d'altra parte, il d.P.R. n. 616 del 1977
conserva il potere di stabilire, con legge, le modalita' di esercizio
di  tali  funzioni  da  parte  dei  comuni  e  quello  di  coordinare
l'attivita' comunale.
    1.2. - Un'ulteriore censura concerne, in riferimento all'art. 119
Cost. «sotto il profilo del mancato rispetto della riserva di legge»,
il  medesimo art. 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000 «nella parte
in cui attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri il potere
di  stabilire  i criteri di ripartizione tra le regioni e le province
autonome  delle  somme da destinare al sostegno della spesa sostenuta
dalle  famiglie  per  l'istruzione,  senza  porre  alcun  limite alla
discrezionalita' dell'Esecutivo».
    In  proposito, la ricorrente ricorda che, nella giurisprudenza di
questa  Corte,  e'  stato  piu'  volte  affermato  il  principio  che
l'attribuzione  all'Esecutivo  del  potere  di  ripartizione di fondi
statali  alle  regioni  e  alle  province autonome richiede la previa
determinazione  con  legge  dei  relativi  criteri,  il  che  non  si
verificherebbe nella specie.
    1.3.  -  Infine la Regione Lombardia solleva, in riferimento agli
artt. 3,   97,   117   e   118   Cost.,   questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  comma 4,  della  legge  n. 62 del 2000,
nella  parte in cui «prevedendo criteri irragionevolmente ristretti e
incongruamente   vincolanti   per  il  riconoscimento  della  parita'
scolastica,  impinge  sulla  capacita'  di  programmazione della rete
scolastica delle regioni, competenza delegata ex art. 138 del decreto
legislativo  n. 112  del  1998,  non permettendo un adeguato sviluppo
delle scuole non statali».
    In   particolare,   secondo  la  ricorrente,  l'art. 1,  comma 4,
lettera a),  nel  prevedere «un piano dell'offerta formativa conforme
agli  ordinamenti e alle disposizioni vigenti» quale requisito per il
riconoscimento  della parita' alle scuole non statali, costringerebbe
queste  ultime  a  ripetere pedissequamente la struttura delle scuole
pubbliche;   l'art. 1,   comma 4,   lettera c),  nel  richiedere  che
«l'istituzione  e  il  funzionamento  degli  organi  collegiali siano
improntati  alla partecipazione democratica», impedirebbe lo sviluppo
di  formule organizzative diverse; l'art. 1, comma 4, lettera h), nel
richiedere «contratti individuali di lavoro per personale dirigente e
insegnante   che  rispettino  i  contratti  collettivi  nazionali  di
settore»,  imporrebbe  anche  alle  scuole  straniere  il rispetto di
discipline  che  nascono  dal  confronto sindacale italiano e che non
sarebbero comparabili con gli ordinamenti di altri Paesi.
    La Regione Lombardia non contesta l'appartenenza della competenza
allo  Stato,  ma «il cattivo uso di questo potere, nella parte in cui
impinge  su  potesta'  regionali»  e  osserva  che  se e' vero che le
regioni  non  sono  titolari  di competenza legislativa in materia di
istruzione  scolastica,  tuttavia  ad esse, a seguito del processo di
conferimento  di  funzioni  amministrative cui ha dato avvio la legge
n. 59  del  1997,  e  attuato  dal d.lgs. n. 112 del 1998, sono state
delegate  numerose funzioni in materia, tra le quali, in particolare,
ai   sensi   dell'art. 138,  comma 1,  di  quest'ultimo  decreto,  la
programmazione  dell'offerta  formativa  e della rete scolastica e «i
contributi alle scuole non statali».
    Le   regioni   avrebbero   dunque   un  interesse  giuridicamente
qualificato   alla  creazione  di  una  migliore  offerta  formativa,
riverberandosi  la  qualita'  dell'offerta  sulla  generale  potesta'
programmatoria  del servizio (e su quella competenza piu' particolare
a corrispondere contributi alle scuole non statali).
    Sotto  altro  profilo,  la ricorrente censura il fatto che, anche
nella  definizione  dei requisiti per il riconoscimento della parita'
alle  scuole  non  statali,  sarebbe  mancato il coinvolgimento della
Conferenza  Stato-Regioni,  ai sensi dell'art. 2, comma 3, del d.lgs.
n. 281 del 1997.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato in parte inammissibile
e comunque infondato.
    Quanto  alla  censura  avente ad oggetto l'art. 1, comma 4, della
legge  n. 62 del 2000, l'Avvocatura rileva che, poiche' la ricorrente
riconosce  esplicitamente  che  la  competenza legislativa in materia
spetta  allo  Stato  e deduce il «cattivo uso» del potere legislativo
statale,  la  doglianza  sarebbe inammissibile, in quanto con essa si
esprimerebbe una valutazione sostanzialmente politica e non attinente
al riparto delle competenze tra Stato e Regioni. Inoltre - osserva la
difesa erariale - a sostegno della censura nel ricorso viene invocato
l'art. 138  del  d.lgs.  n. 112  del 1998, che reca norme legislative
ordinarie  (per  di  piu'  di  legislazione delegata), sicche', nella
specie,  potrebbe  al piu' trovare applicazione l'art. 16 (recte: 15)
delle  preleggi, mentre il richiamo agli artt. 3, 97, 117 e 118 Cost.
sarebbe  del  tutto  improprio,  posto  che i primi due parametri non
atterrebbero al riparto di competenze tra Stato e Regioni, l'art. 117
non  gioverebbe  alla  ricorrente  per  sua  esplicita  ammissione  e
l'art. 118  risulterebbe  invocato genericamente, senza specificare a
quale dei tre commi di cui e' composto si fa riferimento.
    Nel  merito,  l'Avvocatura  osserva  che dal riconoscimento delle
scuole private paritarie deriva l'abilitazione a rilasciare titoli di
studio  aventi valore legale in tutto il territorio nazionale e, piu'
in   generale,   l'inserimento  della  scuola  privata  nel  «sistema
nazionale  d'istruzione»  e  tra  le strutture del relativo «servizio
pubblico».  Sarebbe,  pertanto,  evidente  l'esigenza  di  assicurare
l'omogeneita'  delle «offerte formative», la parita' negli accessi ai
vari livelli di istruzione, l'obbligo di offrire corsi completi, etc.
    Quanto  al  lamentato contrasto dell'art. 1, comma 9, della legge
n. 62  del  2000 con l'art. 119 Cost., la difesa erariale precisa che
la  ricorrente  si  limita  a  dedurre  che  in tale disposizione non
sarebbero  posti  limiti  alla discrezionalita' nella individuazione,
mediante atto governativo, dei criteri di ripartizione tra le regioni
(e  le  province  autonome)  del  finanziamento straordinario erogato
dallo Stato. Tuttavia, posto che la Regione Lombardia non contesta la
competenza  statale e neppure l'idoneita' dello strumento del decreto
del  Presidente  del  Consiglio dei ministri, ma si duole soltanto di
un'asserita  insufficienza  di  indicazioni  ulteriori  nella  legge,
l'Avvocatura rileva che la riserva senza limitazioni allo Stato della
competenza   per   «le   funzioni   relative  alla  determinazione  e
all'assegnazione  delle  risorse  finanziarie  a  carico del bilancio
dello  Stato»  sarebbe gia' stabilita dall'art. 137 del d.lgs. n. 112
del  1998  e  aggiunge  che  il secondo periodo del censurato comma 9
dell'art. 1  recherebbe l'indicazione di un criterio, la' dove recita
«in relazione alle condizioni reddituali delle famiglie», criterio al
quale  andrebbe ovviamente aggiunto quello della consistenza numerica
della popolazione scolastica.
    L'ordinamento, inoltre, secondo la difesa erariale, assicurerebbe
alla  Regione  la  possibilita'  di  ricorrere  avverso i decreti del
Presidente  del  Consiglio dei ministri che saranno emanati, per fare
eventualmente    valere   i   propri   concreti   interessi   qualora
illegittimamente   lesi.  Non  potrebbe,  quindi,  ravvisarsi  alcuna
violazione  della  riserva  relativa  di  legge,  alla quale ha fatto
riferimento questa Corte con la sentenza n. 382 del 1990.
    Quanto  al  primo  motivo  di  ricorso,  che  concernerebbe  «una
questione solo procedimentale», l'Avvocatura si limita a rilevare che
esso  «appare  infondato  per  quanto  disposto dal citato art. 137»,
riservandosi  di  illustrare piu' compiutamente in seguito le proprie
argomentazioni in proposito.
    3.  -  In una successiva memoria illustrativa, l'Avvocatura dello
Stato  rileva che il primo motivo di ricorso, con il quale la Regione
Lombardia  lamenta che i commi 9 e 10 dell'articolo unico della legge
n. 62 del 2000 sarebbero in contrasto con il principio costituzionale
di  leale  cooperazione, dovrebbe ritenersi «superato, con cessazione
della  materia  del  contendere»,  in  quanto il d.P.C.m. 14 febbraio
2001,   n. 106  e'  stato  preceduto,  trattandosi  di  argomenti  di
interesse  comune  a  Stato, regioni ed enti locali, da consultazione
della   Conferenza   Unificata   ai  sensi  dell'art. 8,  comma 1,  e
dell'art. 9,  comma 3,  del  d.lgs.  n. 281  del  1997, la Conferenza
stessa  ha  reso parere in data 21 dicembre 2000, e il decreto non ha
formato  oggetto  di  impugnazione  a  mezzo ricorso per conflitto di
attribuzione da parte delle regioni e delle province autonome.
    In  ogni  caso, osserva l'Avvocatura, il primo motivo del ricorso
sarebbe  comunque  infondato, in quanto le provvidenze previste dalle
disposizioni  censurate  non  riguarderebbero  la materia «assistenza
scolastica», come riduttivamente asserito dalla Regione Lombardia. Il
«sostegno  della  spesa  sostenuta  e  documentata dalle famiglie per
l'istruzione»,  previsto dalla legge n. 62 del 2000, si inquadrerebbe
piuttosto   nel   piu'  ampio  disegno  tracciato  nei  commi 1  e  2
dell'articolo  unico della stessa legge e si estenderebbe anche al di
la'  dell'obbligo  scolastico.  La  legge  citata  mirerebbe, nel suo
complesso,  ad  inserire le «scuole paritarie» nel «sistema nazionale
di istruzione», affiancandole alle «scuole statali» nello svolgimento
del  «servizio  pubblico»  (comma  3)  della istruzione. Risulterebbe
quindi  evidente  come  l'intento del legislatore sia stato quello di
«modellare  e  conformare  l'organizzazione  di  un servizio pubblico
fondamentale   per   l'interesse  nazionale»  e  come  la  disciplina
censurata  non  sia  riconducibile alla mera «assistenza scolastica».
Del resto - osserva ancora la difesa erariale - l'art. 137 del d.lgs.
n. 112  del  1998  riserva  allo  Stato  «le  funzioni  relative alla
determinazione  e  all'assegnazione  di risorse finanziarie» a carico
del  bilancio statale, ed il successivo art. 138, prevedendo solo una
delega  alle  regioni  ex art. 118 Cost., indirettamente escluderebbe
che  le funzioni ivi elencate (tra le quali «i contributi alle scuole
non statali») rientrino nella competenza regionale.
    Anche  il  secondo  motivo  di ricorso, ad avviso dell'Avvocatura
dello  Stato,  sarebbe superato dalla emanazione - dopo consultazione
della  Conferenza  unificata  -  del  d.P.C.m.  n. 106  del 2001, che
avrebbe  compiutamente  integrato le indicazioni date dalla legge. In
ogni  caso  il  parametro  invocato dalla ricorrente (art. 119, primo
comma,  Cost.)  non  sarebbe  pertinente,  in  quanto la disposizione
censurata (art. 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000) riguarderebbe
«modalita' di un intervento statale in materia di competenza statale,
e  non  di  riparto  di  fondi destinati a finanziare attivita' delle
Regioni».
    In  riferimento al terzo motivo di ricorso, la difesa dello Stato
rileva  che con esso la Regione prospetterebbe censure attinenti «non
al riparto di competenze tra Stato e Regione (oltretutto per funzioni
solo  delegate  alla  Regione),  bensi'  a sostanziose divergenze sul
merito di scelte politiche fatte dallo Stato». Le disposizioni di cui
al  censurato  comma 4,  del  resto, prevedono «requisiti» ridotti al
minimo.   Ridurli   ulteriormente,   lasciando   spazi  piu'  ampi  a
discrezionalita'  private, contrasterebbe con gli artt. 3 e 33 Cost.,
oltre  che  con  la  razionalita' del disegno generale di un «sistema
nazionale di istruzione». Inoltre, tenuto conto che la ricorrente non
solleva  questione  di legittimita' costituzionale sui commi 1, 2, 3,
5, primo periodo, e 6 dell'articolo unico della legge n. 62 del 2000,
la  censura  sul  solo  comma 4  sarebbe «affetta anche da intrinseca
incoerenza»,  non  potendosi, al tempo stesso, condividere il disegno
generale   e   contrastare   norme   che   stabiliscono   «requisiti»
assolutamente  minimi  di  credibilita' ed affidabilita' delle scuole
paritarie.
    4. - In prossimita' dell'udienza del 19 novembre 2002, la Regione
Lombardia  ha  depositato  una memoria, insistendo per l'accoglimento
del ricorso.
    4.1.  -  La  ricorrente contesta, in primo luogo, l'assunto della
difesa  erariale,  ad  avviso  della quale l'intervenuta adozione del
d.P.C.m.   14 febbraio   2001,   n. 106,   attuativo   del   disposto
dell'art. 1, comma 9, della legge n. 62 del 2000, avrebbe determinato
la  cessazione  della materia del contendere in ordine alla questione
di  legittimita'  costituzionale  del  medesimo  art. 1, comma 9, per
essere  quel  decreto  stato  adottato previo parere della Conferenza
unificata.   In   proposito,   la   ricorrente   rileva  che  proprio
l'intervenuta  consultazione della Conferenza unificata dimostrerebbe
la  fondatezza  della  censura,  anche  perche',  con essa, era stata
dedotta  la  mancata  previsione  del coinvolgimento della Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato e le regioni, e non della
Conferenza unificata; consultazione tanto piu' necessaria nel caso di
specie,  dal  momento  che  l'art. 2, comma 1, lettera f), del d.lgs.
n. 281  del  1997  affida  alla  Conferenza  permanente il compito di
determinare, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione
delle  risorse  finanziarie  che la legge assegna alle regioni e alle
province   autonome   di  Trento  e  di  Bolzano,  anche  a  fini  di
perequazione.  Il  fatto che l'esecutivo abbia ritenuto di consultare
la  Conferenza  unificata  altro  significato  non potrebbe avere che
quello  che  il  Governo  ha ritenuto sussistente in materia anche un
interesse   locale.   Ne'   potrebbe   sostenersi   che,  essendo  la
disposizione  censurata  destinata ad interagire con norme di portata
generale,  quali quelle del d.lgs. n. 281 del 1997, non sarebbe stata
necessaria   l'esplicita   previsione   della   consultazione   della
Conferenza permanente. Le disposizioni di carattere generale, osserva
la  ricorrente,  sono  fonti di rango ordinario e, come tali, possono
essere  derogate  da  leggi  ordinarie  successive;  del resto, se le
disposizioni  di  cui al decreto legislativo citato fossero destinate
ad  operare  sempre  e  comunque,  non  si  comprenderebbe  come  mai
normalmente  venga  espressamente  prevista  la  consultazione  della
Conferenza  permanente;  il fatto che cio' avvenga puo' invece essere
agevolmente spiegato con la considerazione che la espressa previsione
del coinvolgimento della Conferenza costituisce una maggiore garanzia
delle prerogative regionali.
    Quanto  alle  deduzioni  della difesa erariale in ordine alla non
riconducibilita'  delle previsioni di cui ai commi 9 e 10 dell'art. 1
della  legge  n. 62  del  2000 alla materia assistenza scolastica, la
Regione  ricorda che gia' il d.P.R. n. 616 del 1977 aveva definito le
funzioni  riferibili a tale materia come quelle concernenti l'insieme
di  strutture,  servizi  e attivita' destinate a facilitare, mediante
erogazioni  e  provvidenze in denaro o mediante servizi individuali o
collettivi,   a   favore  degli  alunni  di  istituzioni  scolastiche
pubbliche  o  private,  anche  se adulti, l'assolvimento dell'obbligo
scolastico,  nonche', per gli studenti capaci e meritevoli, ancorche'
privi  di  mezzi,  la prosecuzione degli studi (art. 42, comma 1). La
previsione  dell'art. 1,  comma 9,  contrariamente a quanto sostenuto
dall'Avvocatura,  assegna  quale  finalita'  prioritaria del sostegno
finanziario  ivi  disposto  a  favore  delle  famiglie  l'adempimento
dell'obbligo   scolastico   e,   solo  successivamente,  la  semplice
frequenza delle scuole secondarie.
    Ne'  potrebbe  essere  condiviso l'assunto della difesa erariale,
secondo   cui  la  disposizione  impugnata  costituirebbe  attuazione
dell'art. 137  del  d.lgs. n. 112 del 1998, il quale attribuisce allo
Stato  le  funzioni  relative  alla determinazione e all'assegnazione
delle  risorse  finanziarie, dal momento che tale previsione riguarda
esclusivamente le risorse da destinare alle istituzioni scolastiche e
non anche alle famiglie.
    Quanto alle difese svolte in riferimento alla censura concernente
la  violazione,  da  parte dell'art. 1, comma 9, dell'art. 119 Cost.,
sotto  il profilo del mancato rispetto della riserva di legge in esso
prevista,  la  ricorrente  ribadisce la non pertinenza del richiamato
art. 137.  Peraltro,  la  censura  non  investe  la  titolarita',  in
capo allo  Stato,  del  potere  di  determinare  e  di assegnare alle
regioni  somme  a carico del bilancio statale, ma l'assenza di limiti
alla  discrezionalita'  dell'Esecutivo  nell'esercizio del suindicato
potere  e la conseguente violazione della riserva di legge, ancorche'
relativa,  stabilita  dall'art. 119  Cost.  In  proposito, la Regione
rileva  che  la  mera  indicazione, nella disposizione impugnata, del
criterio  costituito  dalle  condizioni  reddituali  delle  famiglie,
sarebbe  di  per  se'  troppo  vaga e generica, tanto che il d.P.C.m.
n. 106   del  2001  ha  stabilito  che  le  somme  del  finanziamento
straordinario  siano  ripartite  in ragione del numero delle famiglie
con reddito netto fino a 30 milioni di lire rilevato dall'ISTAT sulla
base delle analisi dei consumi, secondo quanto indicato nell'allegata
tabella  A,  la  quale,  a  sua  volta,  ha  introdotto altri criteri
(distribuzione  percentuale  delle famiglie nell'ambito della Regione
di  residenza  che non superano i 30 milioni di reddito; numero degli
alunni  iscritti; alunni che presumibilmente appartengono alla fascia
delle famiglie con meno di 30 milioni di reddito). Da cio' la riprova
che le indicazioni legislative erano del tutto carenti.
    Privo  di  rilievo  sarebbe poi l'assunto statale, secondo cui la
posizione  costituzionale  delle  regioni  sarebbe  assicurata  dalla
possibilita'  di  ricorrere  avverso  i  decreti  di ripartizione dei
finanziamenti, giacche' la lesione delle competenze regionali sarebbe
determinata   direttamente   dalla   legge,  a  causa  della  mancata
previsione    di    criteri    limitativi    della   discrezionalita'
dell'Esecutivo;  cosi'  come  nessun  elemento  di  giudizio potrebbe
trarsi  dalla circostanza che avverso il d.P.C.m. citato non e' stato
proposto  conflitto,  dal  momento  che non puo' escludersi che sulla
base  dell'art. 1,  comma 9,  vengano  adottati altri decreti per gli
anni successivi.
    Quanto, infine, alle censure concernenti l'art. 1, comma 4, della
legge  n. 62  del  2000, la Regione Lombardia ribadisce che i criteri
necessari  per  l'ottenimento  della  parita', per la loro rigidita',
ostacolerebbero  l'esercizio  delle  funzioni amministrative delegate
alle regioni, e in particolare di quella relativa alla programmazione
della  rete  scolastica o di quella in tema di contributi alle scuole
non statali.
    Da  ultimo,  la ricorrente ribadisce la censura consistente nella
violazione  degli  artt. 117 e 118 Cost., in relazione all'art. 2 del
d.lgs.  n. 281  del  1997,  per  essere stata la legge n. 62 del 2000
predisposta  e  approvata senza alcun coinvolgimento della Conferenza
permanente.
    5.  - In prossimita' dell'udienza del 22 giugno 2004, entrambe le
parti hanno depositato memorie.
    5.1.  -  La Regione Lombardia, oltre a ribadire le argomentazioni
svolte  nella  precedente  memoria, rileva che la riferibilita' della
disciplina  posta  dall'art. 1,  commi 9  e 10, della legge n. 62 del
2000  alla  materia assistenza scolastica risulterebbe implicitamente
confermata  dalla  sentenza  di  questa  Corte n. 42 del 2003, con la
quale  e'  stata  dichiarata inammissibile la richiesta di referendum
abrogativo  di  alcune  disposizioni  della legge n. 62 del 2000, sul
presupposto  che l'agevolazione assicurata alle scuole paritarie e il
sostegno  alle  famiglie  degli  studenti  delle scuole statali e non
statali, che deriva dal rimborso della spesa sostenuta e documentata,
costituiscono discipline differenti.
    La  ricorrente ricorda poi, da un lato, che e' stata approvata la
legge  28 marzo  2003,  n. 53,  recante  delega  al  Governo  per  la
definizione  delle  norme  generali  sull'istruzione  e  dei  livelli
essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione
professionale,  la  quale, pur non incidendo direttamente sulla legge
n. 62  del  2000,  e'  tuttavia  destinata  ad  incidere  su di essa,
soprattutto per quanto riguarda i criteri per il riconoscimento della
parita'; e, dall'altro, che con sentenza n. 13 del 2004, questa Corte
ha  riconosciuto la titolarita' in capo alle regioni della competenza
legislativa   in  materia  di  distribuzione  del  personale  tra  le
istituzioni   scolastiche,  definendo  in  tal  modo  l'ambito  delle
competenze  in materia di istruzione scolastica delegate alle Regioni
dall'art. 138  del d.lgs. n. 112 del 1998, prima ancora della riforma
del Titolo V della Costituzione.
    5.2.   -   La   difesa   erariale,  a  sua  volta,  replica  alle
argomentazioni   svolte  dalla  Regione  Lombardia  nella  precedente
memoria,  sottolineando,  in  primo  luogo,  che  nessuno dei decreti
attuativi  del  riparto  delle risorse finanziarie e' stato impugnato
dinanzi a questa Corte o al giudice amministrativo.
    Quanto  alle  censure  relative all'art. 1, comma 4, l'Avvocatura
contesta  la dedotta violazione del principio di leale collaborazione
per  il mancato coinvolgimento della Conferenza permanente al momento
della  iniziativa  legislativa tradottasi nella legge n. 62 del 2000,
osservando  che  la  disciplina del procedimento legislativo non puo'
essere  modificata  ad opera di una semplice disposizione inserita in
un  decreto  legislativo,  potendosi  al  piu' considerare il mancato
coinvolgimento  come  una mera irregolarita' del procedimento, sanata
dall'approvazione della legge da parte del Parlamento.
    Nel   merito,   la  difesa  statale  rileva  che  la  ricorrente,
censurando   i   criteri   previsti   dall'art. 1,  comma 4,  per  il
riconoscimento  della  parita',  sembra  confondere  la  liberta'  di
insegnamento,  garantita dall'art. 33 Cost., con l'inserimento di una
scuola  all'interno  del sistema nazionale di istruzione; l'esistenza
stessa  di  un sistema, per di piu' abilitato a fornire titoli validi
non  solo  in  Italia  ma anche in Europa, presuppone una disciplina,
standards  uniformi e valori dimensionati all'insieme considerato. In
particolare,   poi,  l'Avvocatura  rileva  che  la  censura  relativa
all'art. 1,  comma 4, lettera h), della legge n. 62 del 2000 concerne
soltanto gli interessi economici degli operatori privati del settore,
che  si  vorrebbe  non  essere  tenuti ad osservare la contrattazione
collettiva al fine di ridurre il costo del lavoro.
    La  difesa  statale  evidenzia  inoltre  che  nella  memoria  del
6 novembre  2002,  la ricorrente, piu' che illustrare le censure gia'
proposte,  avrebbe  introdotto un motivo nuovo, la' dove ha criticato
non  piu'  i  criteri per la ripartizione tra le Regioni ma i criteri
per  la  individuazione  dei  beneficiari  finali  del  finanziamento
straordinario. Eccepisce quindi la inammissibilita' di tale ulteriore
motivo,   rilevando   che  il  d.P.C.m.  contenente  le  disposizioni
criticate,  la cui legittimita' non e' stata contestata ex se, non e'
stato  impugnato.  In  ogni  caso,  la  previsione, quale criterio di
riparto,   del   tetto   del   reddito   familiare   dei  beneficiari
risponderebbe  ai  connotati  intrinseci di un piano straordinario di
finanziamento statale.
    Quanto  infine  alle  censure concernenti la violazione, da parte
dell'art. 1,  comma 9,  dell'art. 119 Cost., nella memoria si osserva
che  il  piano  straordinario  di  finanziamento  non  incide affatto
sull'autonomia   finanziaria   delle   Regioni,   trattandosi  di  un
intervento  ad esclusivo carico dello Stato, in favore delle famiglie
beneficiarie.  In  ogni  caso,  poiche'  la  riserva  di legge di cui
all'art. 119   Cost.   e'   solo   relativa,  l'art. 1,  comma 9,  la
rispetterebbe nella sostanza.

                       Considerato in diritto

    1.  -  La  Regione  Lombardia  propone  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  commi 4,  9  e 10, della legge 10 marzo
2000,  n. 62  (Norme  per  la  parita'  scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all'istruzione).
    La  ricorrente  censura,  in  primo  luogo, l'art. 1, comma 4, il
quale detterebbe criteri irragionevolmente ristretti e incongruamente
vincolanti  per  il  riconoscimento  della parita' scolastica, e, non
contestando  l'appartenenza della competenza allo Stato, ma dolendosi
del  «cattivo  uso  di questo potere», ne deduce il contrasto con gli
artt. 3,  97,  117  e  118 Cost., anche in relazione all'art. 138 del
decreto  legislativo  31 marzo 1998, n. 112, e all'art. 2 del decreto
legislativo   28 agosto   1997,   n. 281,   sotto   due  profili.  La
disposizione  censurata,  da un lato, impingerebbe sulla capacita' di
programmazione  della rete scolastica delle regioni, funzione ad esse
delegata  ex  art. 138 del d.lgs. n. 112 del 1998, non permettendo un
adeguato   sviluppo   alle   scuole   non  statali;  dall'altro,  non
coinvolgerebbe  la  Conferenza  Stato-Regioni  nella  definizione dei
requisiti  per  il  riconoscimento  della  parita'  alle  scuole  non
statali.
    La    Regione    Lombardia    denuncia,   poi,   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  commi 9  e  10. Il comma 9 e' censurato
nella  parte  in  cui prevede un piano straordinario di finanziamento
delle  regioni  e  delle  province  autonome  a  sostegno della spesa
sostenuta  e  documentata  dalle  famiglie  per l'istruzione mediante
l'assegnazione  di  borse  di  studio  di  pari importo eventualmente
differenziate   per  ordine  e  grado  di  istruzione  ed  affida  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  il potere di stabilire con
decreto  i criteri per la ripartizione di tali somme tra le regioni e
le   province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  i  criteri  per
l'individuazione  dei beneficiari e le modalita' per la fruizione dei
benefici  e  per  la indicazione del loro utilizzo. Il comma 10 e', a
sua  volta,  oggetto  delle  doglianze  regionali  nella parte in cui
stabilisce   direttamente   una  delle  modalita'  di  fruizione  dei
benefici,  disponendo  che  i soggetti aventi i requisiti individuati
con  decreto del Presidente del Consiglio, di cui al comma 9, possono
fruire  della  borsa  di  studio  mediante  detrazione  di  una somma
equivalente  dall'imposta  lorda riferita all'anno in cui la spesa e'
stata  sostenuta, e attribuisce alle regioni e alle province autonome
il  compito  di  disciplinare  le  modalita' con cui sono annualmente
comunicati  al Ministero delle finanze e al Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica i dati relativi ai soggetti
che intendono avvalersi della detrazione fiscale.
    Ad avviso della ricorrente, entrambe le disposizioni violerebbero
gli  artt. 117,  118  e  119  Cost., gli artt. 17, 42 e 45 del d.P.R.
24 luglio  1977  n. 616  e gli artt. 2 e 8 del d.lgs. 28 agosto 1997,
n. 281,  nonche'  il  principio  di  leale collaborazione tra Stato e
regioni,  in  quanto  introdurrebbero  un  intervento  statale  in un
settore - sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie
per   l'istruzione   -   di   sicura  competenza  regionale,  essendo
l'«assistenza  scolastica» inclusa dall'art. 117 Cost. tra le materie
rientranti  nella  competenza  legislativa  regionale,  ed essendo le
relative  funzioni  gia'  state trasferite ad opera del d.P.R. n. 616
del  1977.  Le  medesime  disposizioni, inoltre, non contemplerebbero
alcun  coinvolgimento  della Conferenza Stato-Regioni, ne' nella fase
della  ripartizione  dei  finanziamenti  tra le regioni e le province
autonome,  ne'  in  quella  della individuazione dei beneficiari, ne'
infine  nella  determinazione  delle  modalita'  per la fruizione dei
benefici  e  per  l'indicazione  del  loro  utilizzo, con conseguente
violazione del principio di leale collaborazione.
    Una  particolare censura riguarda poi l'art. 1, comma 9, il quale
non  rispetterebbe  la riserva di legge prevista dall'art. 119 Cost.,
in  quanto demanda al Presidente del Consiglio dei ministri il potere
di  stabilire  i criteri di ripartizione tra le regioni e le province
autonome  delle  somme da destinare al sostegno della spesa sostenuta
dalle  famiglie  per  l'istruzione,  senza  porre  alcun  limite alla
discrezionalita' dell'Esecutivo.
    2.  -  Occorre  premettere che il ricorso e' stato proposto nella
vigenza  del  vecchio  Titolo V, sicche' deve escludersi la rilevanza
nel   presente   giudizio  delle  modifiche  introdotte  dalla  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche del titolo V della
parte seconda della Costituzione), e lo scrutinio deve svolgersi alla
luce dei parametri all'epoca vigenti.
    3. - Le questioni sono infondate.
    L'art. 1,   comma 4,   detta   i   seguenti   requisiti   per  il
riconoscimento  della  parita':  «a) un progetto educativo in armonia
con  i  principi  della Costituzione; un piano dell'offerta formativa
conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; l'attestazione
della  titolarita' della gestione e la pubblicita' dei bilanci; b) la
disponibilita' di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del
tipo  di  scuola e conformi alle norme vigenti; c) l'istituzione e il
funzionamento  degli organi collegiali improntati alla partecipazione
democratica; d) l'iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui
genitori  ne  facciano richiesta, purche' in possesso di un titolo di
studio  valido  per  l'iscrizione  alla  classe  che  essi  intendono
frequentare;  e)  l'applicazione  delle  norme  vigenti in materia di
inserimento  di  studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f)  l'organica  costituzione  di  corsi  completi:  non  puo'  essere
riconosciuta  la  parita'  a  singole  classi,  tranne che in fase di
istituzione  di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione; h) contratti
individuali  di  lavoro  per  personale  dirigente  e  insegnante che
rispettino i contratti collettivi nazionali di settore».
    La  ricorrente  deduce  un  duplice  ordine di censure: i criteri
individuati,  e  in  particolare quelli di cui alle lettere a), c), e
h),  sarebbero  rigidi e interferirebbero con le competenze regionali
in  materia  di programmazione scolastica e di contributi alle scuole
non  statali,  delegate alle Regioni dall'art. 138, lettere b) ed e),
del  d.lgs.  n. 112  del  1998;  la  legge  n. 62  del  2000 e' stata
approvata  senza  che  la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato,  le  regioni  e  le  province autonome sia stata in alcun modo
coinvolta.
    Quanto  al  profilo  della mancata consultazione della Conferenza
permanente  che,  investendo  un  aspetto relativo al procedimento di
formazione  della  legge  n. 62  del  2000, deve essere esaminato per
primo, si deve rilevare che, nel previgente riparto di competenze tra
Stato  e  regioni,  queste  ultime  erano  titolari delle funzioni in
materia di assistenza scolastica (art. 42 del d.P.R. n. 616 del 1977)
e,  in  forza  della delega di cui all'art. 138 del d.lgs. n. 112 del
1998, delle specifiche funzioni ivi indicate. La legge n. 62 del 2000
non  ha  tra  le  sue  finalita' quella di intervenire nuovamente sul
sistema di riparto di attribuzioni tra Stato e regioni, ma unicamente
quella   di  delineare  il  sistema  nazionale  di  istruzione;  essa
costituisce  quindi  esercizio  della potesta' legislativa statale in
materia  di  istruzione,  e  cio'  non  e'  neanche  contestato dalla
ricorrente.  E'  altrettanto  indubbio  che l'inserimento nel sistema
nazionale di istruzione, con la conseguente abilitazione delle scuole
paritarie  al  rilascio  di  titoli  di  studio aventi valore legale,
presuppone  il possesso, da parte delle scuole che aspirano ad essere
inserite   nel   sistema,   di   determinati   requisiti.  In  questa
prospettiva,  ed  essendo  all'epoca  solo  iniziato  il  processo di
trasferimento  alle  regioni  di competenze in materia di istruzione,
non  vi  era alcuna necessita' di concertare con esse i requisiti per
il  riconoscimento  della  parita'. Senza dire che, come questa Corte
piu'   volte   ha   chiarito,  non  e'  individuabile  un  fondamento
costituzionale   dell'obbligo   di   adottare  procedure  legislative
ispirate alla leale collaborazione tra Stato e regioni.
    Con  riferimento  al  secondo  profilo  nel  quale si articola la
questione,  e'  sufficiente  rilevare  che  le funzioni delegate alle
regioni   dall'art. 138,   lettera b),   (programmazione,  sul  piano
regionale,  nei  limiti  delle  disponibilita'  di  risorse  umane  e
finanziarie, della rete scolastica, sulla base dei piani provinciali,
assicurando  il  coordinamento  con  la  programmazione  di  cui alla
lettera  a),  concernente  la  programmazione  dell'offerta formativa
integrata  tra istruzione e formazione professionale), possono essere
esercitate  dalle  regioni  con  riferimento ai soggetti che, in base
alla  legge  statale,  siano  in  possesso  dei  requisiti per essere
inseriti  nel  sistema  nazionale  di istruzione. Si tratta quindi di
funzioni   che   non   abilitano  le  regioni  ad  interferire  sulla
legittimazione delle scuole non statali ad ottenere il riconoscimento
della   parita'   scolastica   e   lo  status  di  scuola  paritaria.
L'attribuzione  di  funzioni  in ordine alla programmazione a livello
regionale  non  abilita,  infatti,  le  regioni ad interferire con la
individuazione,  da  parte  dello  Stato, dei requisiti che le scuole
debbono possedere per ottenere il riconoscimento della parita'.
    4. - Infondate sono, del pari, le questioni concernenti l'art. 1,
commi 9  e  10,  della legge n. 62 del 2000. Entrambe le disposizioni
sono  censurate  dalla  Regione  Lombardia  sotto  il  profilo  della
violazione   del  principio  di  leale  collaborazione,  non  essendo
previsto che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sia
preceduto    dalla    consultazione   della   Conferenza   permanente
Stato-Regioni,  e  sotto  il profilo della lesione delle attribuzioni
regionali in materia di assistenza scolastica.
    4.1.  - Deve, in primo luogo, essere disattesa la richiesta della
difesa  erariale  volta  ad  ottenere  una pronuncia di dichiarazione
della  cessazione  della materia del contendere, formulata sulla base
del duplice rilievo che il d.P.C.m. previsto dall'art. 1, comma 9, e'
stato  adottato  previo  parere  della  Conferenza unificata e che il
medesimo  decreto  non ha formato oggetto di impugnazione da parte di
alcuna Regione, ne' in sede di conflitto di attribuzione, ne' dinanzi
al giudice amministrativo.
    A  prescindere  dal  rilievo  che  la ricorrente ha contestato in
radice,  nei  propri  scritti  difensivi,  il  venir meno del proprio
interesse  ad  una pronuncia della Corte, la cessazione della materia
del  contendere non puo' derivare dalla attuazione che abbia avuto la
norma censurata, permanendo nell'ordinamento una disposizione che, in
ipotesi,  potrebbe  dare  luogo  anche  a  diverse  applicazioni, non
conformi agli evocati parametri.
    4.2.  -  Tuttavia,  la questione, per il profilo in esame, non e'
fondata.
    La  norma  censurata non dispone direttamente la ripartizione del
finanziamento  straordinario,  ma demanda la concreta ripartizione ad
un  successivo  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. La
mancata  previsione  di una consultazione della Conferenza permanente
non   precludeva   quindi,  e  non  ha  impedito,  nella  specie,  la
possibilita'  che  operassero  le  disposizioni che, in via generale,
prevedono i casi nei quali la Conferenza deve essere consultata.
    In  proposito  vengono  in  rilievo  non solo le disposizioni del
d.lgs.  n. 281 del 1997, invocate dalla ricorrente, che individuano i
casi  in  cui  l'esercizio  di funzioni statali deve essere preceduto
dalla  consultazione (e, segnatamente, l'art. 2, comma 1, lettera f),
che  attribuisce  alla Conferenza il compito di determinare, nei casi
previsti  dalla  legge,  i  criteri  di  ripartizione  delle  risorse
finanziarie assegnate alle regioni e province autonome di Trento e di
Bolzano,  anche  a  fini  di perequazione), ma, per quel che riguarda
piu'  specificamente  le  funzioni  statali in materia di istruzione,
l'art. 137  del  d.lgs.  n. 112  del 1998, il quale, nell'individuare
quelle  riservate  allo  Stato,  espressamente  prevede che i compiti
concernenti  i  criteri e i parametri per l'organizzazione della rete
scolastica   vengano   esercitati   previo  parere  della  Conferenza
unificata,   riservando   allo   Stato   le  funzioni  relative  alla
determinazione  e all'assegnazione alle istituzioni scolastiche delle
risorse  finanziarie  e del personale. Inoltre, l'art. 27 della legge
23 dicembre   1998,  n. 448,  espressamente  richiamato  dall'art. 1,
comma 9,  della  legge n. 62 del 2000, prevede il previo parere della
Conferenza  permanente  Stato-Regioni,  oltre  che  delle Commissioni
parlamentari  competenti,  per  l'adozione del decreto del Presidente
del  Consiglio  dei  ministri  con  il  quale  vengono individuate le
categorie  di soggetti beneficiari della fornitura gratuita dei libri
di testo, da erogare a cura dei comuni.
    Dal  quadro  normativo  concernente  l'esercizio  delle  funzioni
statali  in  materia  di  istruzione,  soprattutto con riferimento al
finanziamento  di iniziative volte a favorire il diritto allo studio,
emerge dunque che gli atti esecutivi demandati al Governo, e per esso
al  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, devono essere preceduti
dalla  consultazione  delle regioni e delle autonomie locali. E dalle
difese  articolate dall'Avvocatura erariale si desume chiaramente che
il  Governo  ha,  nella specie, fatto ricorso alla procedura prevista
dall'art. 137  del  d.lgs. n. 112 del 1998, il quale individua, quale
sede  di  espressione  del  principio  di  leale  collaborazione,  la
consultazione della Conferenza unificata. L'Avvocatura infatti invoca
proprio  l'art. 137  e le funzioni relative al finanziamento a carico
del bilancio dello Stato da tale disposizione previste.
    Ne'  vale  obiettare che le funzioni previste dall'art. 137, alle
quali  peraltro  non  sembrerebbe  riferibile  la consultazione della
Conferenza unificata (essendo questa riferita solo all'organizzazione
della   rete  scolastica),  chiaramente  non  coincidono  con  quelle
disciplinate  dalla  disposizione censurata, avendo questa ad oggetto
la  previsione  di  un  finanziamento  straordinario  destinato  alle
famiglie,  giacche'  la  ricorrente  non  solo non ha tempestivamente
impugnato  il  d.P.C.m.  attuativo  dell'art. 1, comma 9, della legge
n. 62  del  2000, ma non ha neanche espressamente dedotto l'eventuale
lesione   delle   proprie  competenze  a  seguito  della  intervenuta
consultazione  della  Conferenza  unificata in luogo della Conferenza
permanente,  limitandosi  ad osservare in proposito che il Governo ha
ritenuto  sussistente in materia anche un concorrente interesse delle
autonomie  locali.  In conclusione, deve affermarsi che dalla mancata
previsione  di  una  consultazione  in  sede  di adozione del decreto
previsto    dall'art. 1,   comma 9,   non   puo'   farsi   discendere
automaticamente   la  illegittimita'  della  disposizione  censurata,
trovando  comunque  applicazione  le disposizioni generali che quella
consultazione   impongono  prima  dell'esercizio  delle  funzioni  di
competenza  dello  Stato  in  materie  di concorrente interesse delle
Regioni e delle autonomie locali.
    Infondato  e'  anche  il profilo con il quale l'art. 1, commi 9 e
10,  e'  censurato  perche'  detterebbe  disposizioni di dettaglio in
materia  di assistenza scolastica. Deve al contrario ritenersi che la
disposizione  censurata costituisca un principio fondamentale di tale
materia  e  quindi  sia idonea a porre un vincolo all'esercizio delle
competenze regionali. La legge n. 62 del 2000, infatti, nel prevedere
l'istituzione  delle  scuole  paritarie, quali componenti del sistema
nazionale di istruzione, ha altresi' dettato un principio, valido per
tutte  le  scuole  inserite  in  detto sistema di istruzione, volto a
rendere  effettivo  il  diritto  allo  studio  anche  per  gli alunni
iscritti alle scuole paritarie, da essa legge disciplinate. E nel far
cio',  la  medesima legge ha previsto un finanziamento straordinario,
aggiuntivo  rispetto  agli  ordinari  stanziamenti,  in  favore delle
regioni  e  delle  province  autonome,  finalizzato al sostegno della
spesa  sostenuta  e  documentata  dalle famiglie per l'istruzione. Le
modalita' del finanziamento, straordinario e strettamente finalizzato
ad  estendere  il  sostegno  anche  agli  alunni iscritti alle scuole
paritarie, istituite dalla legge n. 62 del 2000, consentono dunque di
escludere la denunciata lesione delle attribuzioni regionali.
    4.3. - Infondata e' infine la specifica questione di legittimita'
costituzionale   concernente   l'art. 1,   comma 9,  sollevata  dalla
ricorrente  sotto  il profilo della violazione della riserva di legge
di  cui  all'art. 119  Cost.  La disposizione censurata, infatti, non
solo  prevede che la ripartizione debba individuare i beneficiari del
finanziamento  straordinario  in relazione alle condizioni reddituali
delle  famiglie,  ma  dispone  altresi'  che  a  tal fine debba farsi
riferimento  all'art. 27  della legge n. 448 del 1998. E quest'ultima
disposizione,  a  sua  volta,  richiama  i requisiti di cui al d.lgs.
31 marzo   1998,   n. 109,  concernente  la  definizione  di  criteri
unificati  di  valutazione della situazione economica di soggetti che
richiedono  prestazioni  sociali  agevolate. Tanto basta per ritenere
che  la riserva di legge posta dall'art. 119 Cost., peraltro relativa
alla  garanzia dell'autonomia finanziaria regionale - che non risulta
in   alcun   modo  alterata  dalla  previsione  di  un  finanziamento
straordinario -, sia stata nella specie osservata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 4, 9 e 10, della legge 10 marzo 2000, n. 62 (Norme
per  la  parita'  scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e
all'istruzione),  sollevate, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119
Cost., in relazione agli artt. 17, 42 e 45 del d.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616  e  agli  artt. 2  e 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281, dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2005.
                Il Presidente e redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
05C0109