N. 65 SENTENZA 13 - 29 gennaio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Regione  Sardegna  -  Lavori  pubblici  -  Disposizioni in materia di
  appalto  di  lavori  pubblici che si svolgono in ambito regionale -
  Ricorso   governativo   -   Prospettata   violazione  di  normativa
  comunitaria  -  Riferimento,  nel  ricorso,  alla sola disposizione
  costituzionale del Titolo V relativa a detta competenza e non anche
  allo statuto speciale regionale - Inammissibilita' della questione.
- Legge della Regione Sardegna 9 agosto 2002, n. 14.
- Costituzione, art. 117, primo e secondo comma, lettera e).
(GU n.5 del 2-2-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Valerio ONIDA;
  Giudici:  Carlo  MEZZANOTTE,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Sardegna  del  9 agosto  2002,  n. 14  (Nuove  norme  in  materia  di
qualificazione  delle  imprese  per la partecipazione agli appalti di
lavori  pubblici che si svolgono nell'ambito territoriale regionale),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato  il  16 ottobre  2002,  depositato  in  cancelleria  il 22
successivo ed iscritto al n. 78 del registro 2002.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sardegna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  30 novembre  2004  il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  l'avvocato  dello  Stato Glauco Nori per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e l'avvocato Sergio Panunzio per la Regione
Sardegna.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con ricorso depositato il 22 ottobre 2002, il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  chiesto  a  questa  Corte di dichiarare
l'illegittimita'  della  legge  della Regione Sardegna 9 agosto 2002,
n. 14  (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la
partecipazione  agli  appalti  di  lavori  pubblici  che  si svolgono
nell'ambito territoriale regionale) in relazione all'art. 117 primo e
secondo  comma,  lettera e) della Costituzione per indebita invasione
della propria sfera di competenza legislativa esclusiva in materia di
concorrenza  e  per  violazione  delle  norme  comunitarie in tema di
qualificazione delle imprese.
    La    disciplina    legislativa    sarebbe    invalida    perche'
sostanzialmente riproduttiva di un regolamento della Regione adottato
dal  suo  Presidente  con decreto n. 1/L del 9 marzo 2001 e annullato
dal  Tribunale  amministrativo regionale con la sentenza n. 892/2002,
la  quale  ha  affermato  che  non  vi  e' dubbio che la problematica
relativa  alla qualificazione delle imprese rientri nella materia, di
esclusiva    competenza   statale,   della   regolamentazione   della
concorrenza.  Invero  le direttive comunitarie che hanno regolato nel
dettaglio  i  meccanismi  di  aggiudicazione  negli  appalti pubblici
trovano  la  propria  giustificazione  nella  necessita'  di  evitare
comportamenti discriminatori in uno dei settori d'attivita' economica
di  maggiore  impatto,  quale  quello  dei  contratti delle pubbliche
amministrazioni.
    L'obiettivo  della  disciplina,  secondo  la  difesa erariale, e'
anticoncorrenziale,  perche'  consisterebbe  nel  favorire le imprese
sarde nell'aggiudicazione degli appalti che si svolgono nella Regione
Sardegna.
    Infatti,   secondo  l'art. 1  della  legge,  i  committenti  e  i
concedenti  devono richiedere ai partecipanti la qualificazione nelle
forme  previste  dalla legge; in caso contrario l'intero procedimento
sara' invalido.
    La   qualificazione  e'  attribuita  da  un'apposita  commissione
permanente   (art. 3)   il   cui   provvedimento   positivo  comporta
l'iscrizione  in  un  apposito  casellario,  definito «Albo regionale
degli appaltatori».
    In  tale  maniera la Regione Sardegna avrebbe derogato al sistema
di qualificazione unico per tutti gli esecutori a qualsiasi titolo di
lavori  pubblici  previsto  dall'art. 8,  comma  secondo, della legge
11 febbraio   1994,   n. 109  (Legge  quadro  in  materia  di  lavori
pubblici),  attuato con il d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 (Regolamento
recante  istituzione  del sistema di qualificazione per gli esecutori
di  lavori  pubblici,  ai  sensi  dell'art. 8 della legge 11 febbraio
1994, n. 109 e successive modificazioni).
    La  legge  regionale  sarebbe  in  contrasto  con  l'art. 6 della
direttiva 93/37/CEE che dispone che «le amministrazioni aggiudicatici
non  possono  esigere  condizioni  diverse  da  quelle  previste agli
artt. 26  e  27  allorche' domandano informazioni sulle condizioni di
carattere economico e tecnico che esse esigono dagli imprenditori per
la  loro  selezione»;  sarebbe altresi' in conflitto con le norme del
Trattato  dell'Unione  (artt. 49-55)  che disciplinano la liberta' di
servizi.  Con  riferimento a queste ultime norme l'art. 8 della legge
n. 109  del  1994  dispone  che,  anche  dopo l'entrata in vigore del
sistema  unico  di  qualificazione, le imprese dei Paesi appartenenti
alla  Comunita'  europea  possono  essere tenute a presentare solo le
certificazioni  conformi alle normative vigenti nei rispettivi paesi;
la legge impugnata invece, prevedendo un sistema di qualificazione di
applicazione  generale,  senza  eccezioni, che richiede, tra l'altro,
l'iscrizione  alla  Camera di commercio (art. 9, lett. f), e' incorsa
in una palese violazione della normativa comunitaria.
    La disciplina impugnata determinerebbe una compartimentazione del
mercato  costituito  dagli  appalti  pubblici della Regione Sardegna,
favorendo  le  imprese  appartenenti  a quest'ultima Regione, perche'
mentre  un'impresa che operi all'interno della sola Sardegna dovrebbe
sottoporsi  ad  un  solo procedimento di qualificazione, un'altra che
agisca  su  tutto  il  territorio  nazionale  ne  dovrebbe affrontare
diversi  andando  incontro  ad  oneri  economici  e  di  tempo che la
porrebbero  in  condizioni  di  sfavore,  tenuto  anche  conto  della
necessita'   di   provvedere   alle   «variazioni»  (art. 29)  e  con
l'eventualita'   di   essere  sottoposta  alla  «revisione  generale»
(art. 32), con tutti gli oneri conseguenti.
    2.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente della Regione
Sardegna,  con il ministero dell'Avvocatura della Regione, che assume
l'inammissibilita' e l'infondatezza del ricorso.
    Afferma  la  Regione  che  la  disciplina  legislativa  regionale
differisce  da  quella  statale sostanzialmente solo per il fatto che
mentre  quest'ultima affida l'accertamento della qualificazione delle
imprese  a soggetti privati (la «societa' organismi di attestazione»,
SOA),  la  prima lo affida ad una struttura pubblica, una commissione
permanente  costituita  presso  l'assessorato  regionale  dei  lavori
pubblici  (art. 3 della legge reg. n. 14 del 2002), che permette alle
imprese  di  ottenere  la  qualificazione a costi assai piu' bassi di
quelli  che  devono  essere  sostenuti  presso  le SOA, avendo queste
ultime scopo di lucro.
    Secondo  la Regione, il sistema di qualificazione sardo e' aperto
a  tutte  le  imprese  italiane  o  straniere, senza che vi sia alcun
collegamento  fra  l'impresa  e la Regione Sardegna (diversamente dal
caso  della  legge  della Regione Valle d'Aosta, di cui alla sentenza
n. 207  del  2001)  ed e' alternativo, ma non sostitutivo rispetto al
sistema  statale di qualificazione attraverso le SOA: un'impresa puo'
partecipare  ad  appalti di lavori pubblici regionali sia presentando
la  particolare qualificazione ottenuta in base alla legge sarda, sia
quella ottenuta attraverso le SOA
    Il  carattere  alternativo della qualificazione regionale sarebbe
testimoniato  dal fatto che in tutte le gare di appalto bandite dalla
Sardegna  sono  state  ammesse  le imprese prive della qualificazione
regionale  ma  dotate  di  quella statale. Tale carattere alternativo
sarebbe inoltre chiaramente espresso dalla legge regionale impugnata,
che,  al  primo  comma  dell'art. 2, stabilisce che la qualificazione
disciplinata  da tale legge e' «condizione sufficiente», ma non anche
necessaria,   potendo  dunque  andar  bene  anche  la  qualificazione
statale.  Infine,  la  valenza alternativa della norma si ricaverebbe
altresi'  dalla  relazione  della  Giunta  al  disegno di legge (atti
consiliari  della  XII  legislatura,  n. 336: «e' altresi' importante
evidenziare  che  l'Albo  regionale  non  vincola in modo assoluto le
imprese  che  vogliono  partecipare  agli  appalti  in possesso delle
attestazioni  di  qualificazione rilasciate dalle SOA»), dalla prassi
attuativa  (vengono ammesse le imprese in possesso delle attestazioni
di  qualificazione  rilasciate  dalle SOA) e da una recente circolare
della  Regione  Sardegna  del 13 agosto 2002, prot. n. 20748 (secondo
cui  «il  sistema di qualificazione regionale, pur sostituendosi alle
SOA, non e' esclusivo, ma e' alternativo. Esso costituisce condizione
sufficiente  per l'ammissione alle gare d'appalto, vale a dire che ad
un  medesimo  appalto  possono  partecipare  sia  le imprese con sola
attestazione  di  qualificazione  regionale, sia le imprese aventi la
sola attestazione di qualificazione delle SOA»).
    Secondo  l'Avvocatura  della  Regione,  il ricorso del Governo si
fonda  su due motivi, entrambi basati sull'erroneo presupposto che il
sistema   di   qualificazione   regionale   sia   esclusivo  anziche'
alternativo.
    Con  il  primo motivo del ricorso governativo si denuncerebbe una
violazione  degli artt. 6 e 7 della direttiva CEE 93/37, in relazione
all'obbligo  del  rispetto  dei  vincoli  comunitari  da  parte della
potesta'  legislativa  regionale previsto dall'art. 117, primo comma,
della  Costituzione.  In  particolare,  la  norma  regionale, oltre a
prevedere  un  sistema  di  qualificazione  esclusivo,  richiederebbe
condizioni diverse da quelle previste dalle norme comunitarie citate,
cosi'  impedendo  alle  imprese  straniere  di  partecipare alle gare
presentando  certificazioni  conformi  alle  normative dei rispettivi
Paesi (come previsto dall'art. 8 della legge n. 109 del 1994).
    Con il secondo motivo del ricorso governativo si denuncerebbe una
violazione  della  competenza  legislativa  esclusiva  dello Stato in
materia di concorrenza: tale censura sarebbe mutuata integralmente da
una  sentenza  del  Tribunale  amministrativo  regionale, oggetto del
ricorso da parte della Regione.
    Svolte  queste  premesse,  secondo la Regione, il ricorso sarebbe
innanzitutto  inammissibile  per  un'insufficiente  definizione della
questione  di costituzionalita': e' infatti impugnata l'intera legge,
mentre  secondo  gli  artt. 34, primo comma, e 23, primo comma, della
legge   n. 87   del   1953   e  secondo  l'insegnamento  della  Corte
costituzionale  (cfr.  sentenze n. 366 del 1992 e n. 103 del 2001) il
ricorrente  ha  l'onere di motivare le ragioni di incostituzionalita'
in relazione ad ognuna delle disposizioni contestate.
    L'Avvocatura regionale svolge altresi' un breve excursus circa il
riparto  della  competenza  legislativa  in tema di appalti pubblici.
L'art. 3  dello statuto speciale per la Sardegna gia' attribuiva alla
Regione  una  competenza  legislativa  primaria  in materia di lavori
pubblici  di  interesse  regionale,  con il limite del rispetto delle
norme  fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica;
oggi  il  nuovo  art. 117  Cost.  attribuisce  la  materia dei lavori
pubblici  alla  competenza legislativa generale delle Regioni, con il
solo  limite  del rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti
dall'ordinamento   comunitario   e   degli  obblighi  internazionali.
Pertanto  e'  venuto  a  cadere  il  limite  del rispetto delle norme
fondamentali  delle  riforme economico-sociali della Repubblica, e la
Regione pertanto dispone di amplissima discrezionalita' nella materia
dei lavori pubblici.
    Il  primo  motivo del ricorso sarebbe inammissibile anche perche'
il  vizio  denunciato  si estrinsecherebbe in una violazione di legge
(l'art. 6   della   direttiva   CE   n. 93/37),   mentre   l'art. 117
consentirebbe allo Stato di far valere solo il vizio di incompetenza,
quando  dovesse  ritenere  che  la  legge  regionale  «...  ecceda la
competenza  della  Regione»  (art. 127  Cost.).  Lo  Stato infatti, a
seguito  della  riforma  del  Titolo  V,  avrebbe  perso un suo ruolo
tutorio  nei  confronti  della  Regione,  la quale avrebbe ormai pari
dignita' rispetto allo Stato.
    Venendo  al  merito  della  questione,  poiche',  come  detto, il
sistema  di  qualificazione  regionale delle imprese e' alternativo e
non   esclusivo,  la  difesa  regionale  sostiene  che  e'  priva  di
fondamento  sia  l'ipotesi di una violazione di norme comunitarie sia
l'invasione  della sfera di competenza legislativa statale in materia
di concorrenza.
    Con particolare riferimento al secondo motivo di censura da parte
dello   Stato,   premette   l'Avvocatura  regionale  che  la  materia
«concorrenza»  e'  da  considerarsi,  piu'  che  una materia in senso
stretto,   un  valore  costituzionalmente  protetto  (come  nel  caso
dell'ambiente)   che   attraversa   trasversalmente   le  materie  di
competenza  delle Regioni, senza sovrapporsi ad esse ma giustificando
soltanto   la   posizione   di  specifiche  norme  statali  limitanti
l'esercizio  della  potesta'  legislativa  regionale (in questo senso
Corte  cost., n. 282 e n. 407 del 2002). Pertanto, secondo la Regione
Sardegna,  la  disciplina  della  qualificazione delle imprese per la
partecipazione  a pubblici appalti e' soltanto un aspetto particolare
della   disciplina   dei  lavori  pubblici,  di  esclusiva  spettanza
regionale.
    Meno   che   mai,   prosegue   la  Regione  resistente,  potrebbe
considerarsi  conforme a Costituzione l'art. 8 della legge n. 109 del
1994,  che  pure sembra essere addotto a sostegno delle ragioni dello
Stato  e  che attribuisce ad un regolamento governativo il compito di
istituire  un sistema di qualificazione unico per tutto il territorio
nazionale:  gia'  prima  della riforma del titolo V la giurisprudenza
della  Corte costituzionale aveva escluso che potessero intervenire i
regolamenti  statali;  con  la riforma l'art. 117, sesto comma, della
Costituzione sancisce espressamente questo divieto.
    3.  -  Il  16 novembre  2004 l'Avvocatura generale dello Stato ha
depositato  una  memoria  con  la  quale  ribadisce le argomentazioni
esposte con il ricorso.
    In  replica  alla prima memoria difensiva della Regione Sardegna,
si  osserva che la prassi interpretativa ed una circolare non possono
costituire  garanzia della legittimita' costituzionale di una norma e
si  aggiunge che l'art. 2 della legge regionale 9 agosto 2002, n. 14,
va  coordinato  con  l'art. 1  -  a  tenore  della  quale  coloro che
intendono  partecipare  a  gare  di appalto all'interno della Regione
Sardegna  sono  tenuti  all'applicazione delle disposizioni contenute
nella legge impugnata per la validita' dell'intero procedimento - che
la Regione non richiama neppure incidentalmente.
    Si  precisa  inoltre  che il ricorso contiene un errore materiale
perche',  invece  di  richiamare  il  comma  sesto dell'art. 11 della
direttiva  93/37/CEE indica l'art. 6 ed espone i motivi di divergenza
tra la suddetta direttiva e la legge regionale impugnata.
    Si  replica  infine  alla  Regione  affermando che l'impugnazione
dell'intera  legge regionale si giustifica per il fatto che una volta
accertata l'illegittimita' costituzionale delle norme di principio di
cui agli artt. 1 e 2, l'intera legge viene a cadere di conseguenza.
    4.  -  Il  16 novembre 2004 la Regione Sardegna ha depositato una
memoria   con   la  quale  ribadisce  le  argomentazioni  esposte  in
precedenza,  osservando  che,  in virtu' dell'art. 3, lett. e), dello
statuto,  la  Regione  Sardegna  ha  competenza  esclusiva in tema di
lavori  pubblici  di  interesse  regionale  (come  riconosciuto dalla
sentenza  n. 274  del  2003 della Corte) e che comunque il sistema di
qualificazione delle imprese previsto dalla legge regionale impugnata
e'  alternativo  e non sostitutivo di quello statale. Di conseguenza,
si  riafferma altresi' che quella regionale e' una disciplina diretta
a favorire l'accesso alle gare per l'assegnazione dei lavori pubblici
ad  imprese  minori  (non  soltanto  quelle sarde), indipendentemente
dalla localizzazione della loro sede sociale.
    La   disciplina   impugnata  inoltre  non  sarebbe  lesiva  della
competenza  esclusiva statale in tema di concorrenza perche' essa non
produrrebbe   conseguenze   macroeconomiche   in   grado   di   avere
ripercussioni  sull'equilibrio  economico  generale avendo ad oggetto
solo i lavori pubblici della Sardegna.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri ha impugnato la
legge  della  Regione  Sardegna 9 agosto  2002, n. 14 (Nuove norme in
materia  di  qualificazione  delle imprese per la partecipazione agli
appalti  di  lavori pubblici che si svolgono nell'ambito territoriale
regionale)  deducendo  che  la  stessa,  la'  dove  stabilisce che le
imprese  interessate a partecipare ad un appalto bandito nella stessa
Regione  debbono  osservare  particolari procedure di qualificazione,
determinerebbe   un'indebita   compartimentazione   del  mercato.  In
particolare  sarebbero  violati l'art. 117, secondo comma, lettera e)
della  Costituzione, per indebita invasione della sfera di competenza
legislativa  statale  in  materia di concorrenza, gli artt. 6, 26, 27
della  direttiva  comunitaria  14  giugno 1993, n. 93/37, nonche' gli
artt. 49-55 del Trattato istitutivo della Comunita' europea, 25 marzo
1957,  in  relazione  all'art. 117, primo comma, della Costituzione -
che   impone   alle   Regioni   il  rispetto  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento  comunitario  -  per  contrasto con la disciplina in
materia  di  liberta'  di  prestazione  dei  servizi  e  di requisiti
finanziari  e  tecnici  necessari  per la partecipazione agli appalti
pubblici.
    2.  -  Pure  in assenza di una specifica eccezione, va dichiarata
d'ufficio l'inammissibilita' delle censure formulate avverso la legge
della  Regione  Sardegna n. 14 del 2002, con riferimento all'art. 117
della Costituzione.
    Infatti  la  difesa  erariale si limita ad affermare che la legge
impugnata   per   la  sua  contrarieta'  alla  normativa  comunitaria
violerebbe   la  norma  costituzionale  invocata,  senza  minimamente
argomentare  per  quale ragione, trattandosi dell'impugnazione di una
legge  della Regione Sardegna, debba prendersi in considerazione tale
parametro   in  luogo  di  quello  ricavabile  dal  relativo  statuto
speciale,  il  cui art. 3, lettera e), tuttora in vigore, attribuisce
alla   Regione,   entro   i  limiti  ivi  stabiliti,  una  competenza
legislativa  primaria  in  materia  di  lavori  pubblici di esclusivo
interesse della Regione.
    La  mancanza di una tale valutazione determina l'inammissibilita'
della censura nei termini in cui e' formulata, conformemente a quanto
questa  Corte ha gia' avuto modo di affermare (cfr. sentenze n. 8 del
2004 e n. 213 del 2003).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  della  legge  della  Regione  Sardegna 9 agosto 2002,
n. 14  (Nuove norme in materia di qualificazione delle imprese per la
partecipazione  agli  appalti  di  lavori  pubblici  che  si svolgono
nell'ambito   territoriale   regionale)   sollevata   in  riferimento
all'art. 117 primo e secondo comma, lettera e) della Costituzione dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2005.
                        Il Presidente: Onida
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 gennaio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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