N. 52 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 novembre 2004
Ordinanza emessa il 9 novembre 2004 dal tribunale di Milano nel procedimento civile tra Olcese S.p.A. contro GH Michel & Sons Ltd. Fallimento e procedure concorsuali - Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza - Fase di osservazione susseguente alla dichiarazione di insolvenza e nella successiva procedura di amministrazione straordinaria con programma di ristrutturazione - Applicabilita' del procedimento di accertamento del passivo secondo le regole del concorso dei creditori, ancorche' i pagamenti debbano avvenire secondo le regole ordinarie - Incoerenza normativa - Violazione del diritto di difesa sia del debitore, sia dei creditori - Discriminazione fra creditori a parita' di situazione giuridica (stante la deteriore posizione di quelli che partecipano all'accertamento del passivo, rispetto a quelli che scelgono di non parteciparvi per chiedere un accertamento extraconcorsuale). - Decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, artt. 18 e 53. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.8 del 23-2-2005 )
IL TRIBUNALE Nella causa iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato promossa da Olcese S.p.A. (con proc. e dom., avv. Laura Cerisara), opponente; Contro GH Michell & Sons Ltd. (con proc. e dom., avv. Cataldo Patruno), opposto; ha pronunciato la seguente ordinanza. Lo stato del processo La GH Michell & Sons Ltd., ha presentato in data 13 dicembre 2002 ricorso per i ingiunzione nei confronti di Olcese S.p.A. chiedendone la condanna al pagamento della somma di Euro 63.665,94. Il decreto ingiuntivo e' stato emesso in data 20 marzo 2003. Il decreto ingiuntivo notificato ritualmente, veniva opposto dalla Olcese che eccepiva l'esistenza di una clausola compromissoria per arbitrato internazionale e chiedeva quindi la revoca del provvedimento monitorio. La creditrice ha replicato osservando che la clausola compromissoria non poteva operare in quanto prevista solo per le risoluzioni di controversie relative alla fornitura di merce, mentre nel caso di specie non vi era alcuna contestazione sulla fornitura ma solo l'esigenza dell'acquirente di ritardare l'effettuazione del pagamento in relazione ad una somma che non era stata oggetto di contestazione nella corrispondenza scambiata fra le parti prima della introduzione del giudizio. Assegnata la causa in decisione, nella memoria di replica la difesa della Olcese comunicava che il Tribunale di Milano, con sentenza del 14 ottobre 2004 aveva dichiarato lo stato di insolvenza della societa' ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 270/1999 e chiedeva la declaratoria di interruzione del giudizio. Le norme di riferimento Per quanto nella legge fallimentare del 1942 non vi sia alcuna disposizione che stabilisca che la sentenza dichiarativa di fallimento e' causa di interruzione dei giudizi pendenti nei quali sia parte l'imprenditore dichiarato fallito, costituisce diritto vivente l'affermazione per la quale la sottoposizione al fallimento di una parte del processo, una volta dichiarata dal procuratore costituito, rappresenta un evento rilevante ai fini del diritto di difesa e come tale provoca l'interruzione del processo avendo riguardo alla capacita' della parte di stare in giudizio (cfr., Corte cost., 28 novembre 2003, n. 349; Cass. 10 maggio 2002, n. 6771, n. 315; Cass., 2 maggio 2002, n. 6262; Cass., 22 giugno 2001, n. 8530, Cass., 5 maggio 1995, n. 4910; Cass., 9 febbraio 1993, n. 1588); la capacita' di stare in giudizio, per i rapporti compresi nel fallimento, spetta solo al curatore ai sensi dell'art. 43 legge fall. Gli stessi principi sono stati applicati nelle ipotesi della liquidazione coatta amministrativa (ex multis, Cass., 22 gennaio 2004, n. 1010; Cass., 25 ottobre 2002, n. 15080) e della amministrazione straordinaria (Cass., 4 dicembre 1992, n. 12934), nel regime di cui alla legge n. 95/1979; Si tratta di vedere come questi principi, di diritto vivente, siano esportabili nella nuova procedura di amministrazione straordinaria. Piu' concretamente occorre verificare quale sia il regime normativo che applica durante la c.d. «fase di osservazione» che altro non e' che il periodo che va dalla dichiarazione di insolvenza alla apertura della amministrazione straordinaria o alla declaratoria di fallimento. E' infatti in questa fase che si trova la Olcese S.p.A. Gli effetti che conseguono alla dichiarazione di insolvenza sono disegnati dall'art. 18 del d.lgs. n. 270/1999 a tenore del quale «La sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dagli artt. 45, 52, 167, 168 e 169 della legge fallimentare. Si applica, altresi', nei medesimi limiti che nel fallimento, la disposizione dell'art. 54, terzo comma, della legge fallimentare». Con tutta evidenza, in questa fase di «limbo», il legislatore ha preferito richiamare le disposizioni in tema di concordato preventivo e amministrazione controllata nelle quali come e' ben noto si attua uno spossessamento attenuato, con conservazione della disponibilita' dell'impresa in capo all'imprenditore, talche' la sottoposizione alla c.d. procedura minore non rileva in alcun modo ai fini della capacita' di stare in giudizio (Cass., 19 novembre 2001, n. 14472; Cass. 29 aprile 1999, n. 4301). Il richiamo di tali disposizioni e l'omesso riferimento all'art. 443 legge fall., inducono dunque a pensare che a seguito della dichiarazione di insolvenza non intervenga alcun mutamento sulla capacita' processuale dell'imprenditore. La conferma la si trova analizzando il contenuto dell'art. 19 del d.lgs. n. 270/1999, laddove al terzo comma si prevede che in caso di affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale si determinano «gli effetti stabiliti dagli artt. 42, 43, 44, 46 e 47 della legge fallimentare, sostituito al curatore il commissario giudiziale». Proprio la precisa volonta' espressa dal legislatore di differenziare tale ipotesi da quella in cui al debitore rimane la gestione dell'impresa, deve costituire un parametro interpretativo decisivo, dovendosi comunque considerare una ipotesi derogatoria quella che vuole assegnare al commissario una funzione sostitutiva che produce, anche, effetti processuali. In tale contesto il tribunale ritiene che non vi sia alcuno spazio per dichiarare l'interruzione del processo in questo momento. Pur tuttavia va anche osservato come l'esposizione del fatto - dichiarazione dello stato di insolvenza - possa rivelarsi non neutrale per un altro profilo. La norma dell'art. 8 sopra citata, prevede che si applica, sin dalla fase di osservazione, la disposizione di cui all'art. 52 legge fall.», ovverosia quella che e' istitutiva del concorso formale; tale norma unitamente a quelle di cui agli artt. 93 e ss. legge fall. delinea il sistema dell'accertamento dei crediti in via endoconcorsuale secondo quella regola che e' definita comunemente come «esclusivita' dell'accertamento dello stato passivo». Cio' significa che nella procedura di cui al d.lgs. n. 270/1999, gia' dal momento immediatamente successivo alla dichiarazione di insolvenza, si attua il principio del concorso formale, con integrale travaso dei principi in materia fallimentare, nel quale tutte le pretese dei creditori si possono attuare sul patrimonio appreso all'attivo solo se il credito viene accertato nel concorso e quindi solo se i creditori da concorsuali vogliono trasformarsi in creditori concorrenti (Cass., 15 gennaio 2003, n. 515; Cass. 10 gennaio 2003, n. 148; Cass., 21 dicembre 2002, n. 18223; Cass., 22 aprile 2002, n. 5869; Cass., 29 gennaio 2002, n. 1065; Cass., 23 ottobre 2001. n. 12984; Cass., 12 gennaio 2001, n. 388;); tale regola e' stata estesa anche all'amministrazione straordinaria nel previdente regime normativo (cfr., Cass., 16 dicembre 1993, n. 12431 secondo la quale l'amministrazione straordinaria, per effetto del rinvio disposto dall'art. 1, quinto comma, legge 3 aprile 1979 n. 95, e' assoggettata alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa e, quindi, alla normativa concernente la formazione dello stato passivo contenuta negli art. 207-209 legge fall.; ne consegue che, in forza del richiamo che l'art. 201, primo comma, effettua all'art. 52 di tale legge, il creditore concorsuale, per divenire concorrente, deve sottoporre la propria pretesa al vaglio commissariale, nell'apposito procedimento di formazione del passivo, che riveste carattere di esclusivita', si' da impedire la costituzione di un titolo, per la partecipazione al concorso, nella sede ordinaria e fuori del procedimento stesso). Che non si tratti di un refuso normativo, quello dell'art. 18, lo si avverte quando si legge l'art. 53 del decreto legislativo n. 270/1999, ove e' stabilito che, una volta aperta la procedura cli amministrazione straordinaria «l'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza». In forza di tale cornice normativa e interpretativa il tribunale dovrebbe dichiarare improcedibile la domanda di condanna sottesa al decreto ingiuntivo e, quindi, revocare il provvedimento monitorio. Prima di pervenire ad una siffatta conclusione occorre pero' verificare se la volonta' di applicare il procedimento di accertamento del passivo sia coerente con l'intero impianto della legge sull'amministrazione straordinaria e se, in assenza di coerenza, non si manifesti il piu' grave dubbio di legittimita' costituzionale degli artt. 18 e 53. Sulla non manifesta infondatezza della questione di leggittimita' costituzionale L'applicazione del procedimento di formazione del passivo tipicamente fallimentare, alla fase di osservazione e all'amministrazione straordinaria che si apre per la ristrutturazone economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni («programma di ristrutturazione»), appare scelta normativa incoerente. Uno dei principi cardine del sistema concorsuale e' rappresentato dalla peculiarita' della posizione del curatore nell'ambito dell'accertamento del passivo, posizione che e' quella, ormai ben nota e condivisa, di terzieta' con tutte le conseguenze in tema di opponibilita' degli atti e, conseguentemente, dei crediti (ex multis, Cass, 9 maggio 2001, n. 6465; Cass. 20 luglio 2000, n. 9539; Cass., 8 febbraio 2000, n. 1370; Cass., 6 maggio 1998, n. 4551; Cass., 26 giugno 1996, n. 5920; Cass., 2 aprile 1996, n. 3050; Cass., 17 giugno 1995, n. 6863; Cass., 8 marzo 1995, n. 2707; Cass., 5 marzo 1994, n. 2188; Cass., 9 ottobre 1993, n. 10013; Cass., 5 maggio 1992, n. 5294). La posizione di terzieta' del curatore impone quindi un onere probatorio a carico del creditore che non esiste quando il rapporto e' essenzialmente bilaterale e non sussiste la necessita' di formare il nucleo dei creditori aventi diritto di partecipare al concorso. In questo senso, la massa passiva da considerare ai fini del concorso e' diversa quantitativamente da quella che insiste sul patrimonio del debitore. Applicando le regole cui si informa il procedimento di accertamento del passivo all'amministrazione straordinaria con ristrutturazione ovvero durante la fase di «limbo», si verrebbe a creare artificiosamente una massa da soddisfare secondo il modello concorsuale, quando, invece, la soddisfazione del ceto creditorio e' rimessa alla capacita' dell'imprenditore, all'esito della procedura, di recuperare la solvibilita', eventualmente anche tramite accordi dilatori o parzialmente remissori. Altro principio cardine dell'accertamento del passivo e' rappresentato dalla nota affermazione della «illegittimazione» del fallito che, lo stesso Giudice delle leggi, ha piu' volte ribadito stabilendo che e' inammissibile la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 100, legge fall., nella parte in cui non prevede la legittimazione del fallito all'impugnazione dei crediti ammessi, in riferimento all'art 24 Cost. (Corte cost., 29 aprile 1992, n. 205), dopo averla dichiarata infondata ritenendo che l'esclusione di tale legittimazione trovi non irrazionale giustificazione nella natura dello speciale procedimento nel cui ambito i diritti e gli interessi del fallito possano ricevere protezione attraverso la partecipazione alla fase sommaria della verificazione nella quale gli e' consentito di rappresentare le proprie ragioni (Corte cost., 25 luglio 1984, n. 222). Altro principio che regge il sistema fallimentare e' quello per cui - sul presupposto che il decreto di esecutivita' non ha valore di giudicato (Cass., 5 marzo 2004, n. 4522; Cass., 3 settembre 2003, n. 12823 ) - il decreto di esecutivita' dello stato passivo ha efficacia meramente endoconcorsuale mentre l'accertamento del credito avvenuto con sentenza passata in giudicato esplica i propri effetti vincolanti anche al di fuori del concorso (Cass. 1° marzo 1995, n. 2302; Cass., 28 marzo 1990, n. 2545; Cass., 9 giugno 1988, n. 3903; Cass., 3 febbraio 1987, n. 952; Cass., 17 maggio 1979, n. 2825). Ai fini che qui interessano, dato atto che nella letteratura e' di gran lunga prevalente l'opinione per la quale l'efficacia endoconcorsuale e' relativa anche alle sentenze e non solo al decreto di cui all'art. 97 legge fall. e che tale opinione appare assai piu' convincente visto che non e' la qualita' dell'accertamento sul credito (sommario o all'esito di un giudizio a cognizione piena) a generare differenze ma la eguale non partecipazione del debitore al giudizio e la eguale terzieta' del curatore con riflessi sui crediti che possono partecipare al concorso, il tribunale osserva che la efficacia solo interna del vincolo decisorio contenuto nel decreto del giudice delegato rappresenta per il creditore un pregiudizio tangibile nel momento in cui non si puo' parlare di concorso, ma solo di rapporti bilaterali fra il debitore e ciascuno dei creditori. L'incoerenza sistematica e' rappresentata dal fatto che nella fase dell'osservazione e nell'amministrazione straordinaria con ristrutturazione non vi e' alcuna espropriazione del patrimonio del debitore, debitore che all'esito del procedimento dovra' soddisfare i creditori non secondo le regole del concorso, ma per intero - fatti salvi accordi dilatori o remissori come anticipato. In questo senso non si spiega per quale ragione sia previsto il procedimento di accertamento del passivo quando non debbono essere predisposti riparti, volta che secondo il costante insegnamento della Corte di legittimita', l'efficacia dello stato passivo si sostanzia, proprio, nel costituire l'antecedente del riparto. In dottrina si e' giustificata la scelta del legislatore sottolineandosi come il procedimento di accertamento del passivo serva non gia' per costituire il diritto al riparto ma per far sorgere il diritto a percepire le somme da distribuire secondo i tempi e i modi di cui all'art. 56 d.lgs. n. 270/1999. Questa lettura se e' condivisibile sul piano della semplificazione degli adempimenti (nel senso che, non potendo essere pronosticato in avvio di procedura se la situazione evolvera' in fallimento o in amministrazione straordinaria e, in questo secondo caso, con quale alternativa - liquidatoria o di risanamento -, si e' preferito non perdere tempo e avviare il procedimento e, qualora lo sbocco sia quello della ristrutturazione allora sarebbe antieconomico sprecare il lavoro fatto), non lo e' affatto sul piano dei principi e delle regole di sistema. Infatti, in questo modo, il debitore e' tenuto ad effettuare un pagamento relativo ad un credito accertato in sede concorsuale senza che a quel procedimento egli abbia potuto partecipare. La non legittimazione del debitore non trova alcuna spiegazione visto che l'accertamento del credito travalica, all'evidenza, l'ambito concorsuale per espandersi nell'area della sfera patrimoniale del debitore che, una volta tornato in bonis, deve poter decidere se e come soddisfare i propri creditori. Ne' ha ragion d'essere reventuale obiezione per la quale il debitore sarebbe tutelato dalla rappresentanza (intesa in senso atecnico) del commissario straordinario per la semplice considerazione che - diversamente dal fallimento - nella procedura con ristrutturazione non vi e' una finalita' liquidatoria ma ripristinatoria della solvibilita' con possibile permanenza dell'imprenditore nel restare al governo dell'impresa dopo la gestione affidata al commissario straordinario (cfr., artt. 70 e 74). La conferma piu' evidente di una siffatta impostazione la si trova nell' art. 49 che stabilisce come le azioni revocatorie non possano essere promosse se e' autorizzato il programma di ristrutturazione, non tanto perche' le revocatorie siano incompatibili con il risanamento (si veda sul punto la scelta contenuta nell'amministrazione straordinaria speciale di cui al decreto-legge n. 347/2003 e successive modificazioni), quanto piuttosto per il fatto che dell'esito delle azioni revocatorie non puo' mai giovarsi il debitore insolvente, al punto che il risultato attivo delle azioni deve essere rimesso nella disponibilita' della controparte soggetta alla revocatoria se la procedura si conclude in modo diverso dalla soddisfazione parziale dei creditori. In tale contesto un sistema nel quale al debitore non e' concessa la facolta' di contraddire sulle domande di credito e che e' costretto a subire le conseguenze di un accertamento giurisdizionale al quale non ha potuto partecipare non solo e' incoerente ma viola anche il principio fondamentale del diritto alla difesa (art. 24 Cost.) non potendo neppure essere giustificato con le esigenze del concorso visto che di concorso non si puo' parlare. Ma questo sistema, paradossalmente, viola il diritto di difesa anche dei creditori in quanto sono costretti a partecipare ad un procedimento di accertamento dello stato passivo nel quale vigono le regole della concorsualita', con una incisione delle posizioni sostanziali (si richiama la nota questione della terzieta' del curatore), quando, invece, la soddisfazione deve avvenire solo extraconcorso. Per cio' che attiene ai creditori, non viene violato solo il diritto di difesa (non poter utilizzare le prove contro il debitore, per fare un altro esempio, quali sono previste in un giudizio bilaterale), ma anche il diritto ad un trattamento uguale per situazioni uguali (art. 3 Cost.). Poiche' la soddisfazione nel caso di programma con ristrutturazione deve avvenire solo dopo la conclusione della procedura - salvo la provvisorieta' e precarieta' degli acconti - il creditore che partecipa al procedimento di accertamento del passivo si viene a trovare in una posizione deteriore rispetto a chi sceglie di non parteciparvi per chiedere un accertamento extraconcorsuale che - diversamente da quanto accade in sede fallimentare - potra' essere effettivamente idoneo a preludere ad un esito satisfattivo in quanto i creditori concorrenti non vengono retribuiti nel corso del procedimento ma solo dopo la sua cessazione (il fatto che il creditore possa munirsi di un titolo extraconcorsuale e' assolutamente certo in giurisprudenza, cfr. Cass., 5 marzo 2003, n. 3245). Gli artt. 18 e 53 del decreto legislativo n. 270/1999 appaiono in contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevedono che il giudizio di accertamento del passivo si svolga durante la fase di osservazione e nella successiva procedura di amministrazione straordinaria con programma di ristrutturazione. Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale Se si ritiene che la norma di cui all'art. 52 legge fall. sia esportabile nelle predette fasi (cfr., Cass., 15 gennaio 2000, n. 421, per la quale e' rilevabile d'ufficio l'improponibilita' ex art. 52 legge fall. delle azioni di accertamento di un credito e di condanna al pagamento di esso proposte dinanzi al giudice in sede ordinaria) il tribunale dovrebbe revocare il decreto ingiuntivo in quanto la sottesa domanda di credito e' improcedibile; viceversa se vi fosse la invocata declaratoria di illegittimita' costituzionale, il tribunale dovrebbe giudicare nel merito. Si impone quindi la rimessione del procedimento alla Corte costituzionale perche' valuti la legittimita' degli artt. 18 e 53 del decreto legislativo n. 270 del 1999 in relazione agli artt. 3 e 24 Cost.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 18 e 53 del decreto legislativo n. 270 del 1999 nella parte in cui prevedono che nella fase di osservazione e nella procedura di amministrazione straordinaria con programma di ristrutturazione l'accertamento dei crediti debba avvenire secondo le regole del concorso ancorche' i pagamenti debbano avvenire secondo le regole ordinarie, cosi' violando il diritto di difesa del debitore e dei creditori tutelato dall'art. 24 Cost., e il diritto dei creditori ad un trattamento eguale corrispondente ad identica situazione giuridica in violazione del precetto di cui all'art. 3 Cost. Dispone che a cura della cancelleria ai sensi dell'art. 23, legge n. 87/1953 la presente ordinanza sia trasmessa alla cancelleria della Corte costituzionale, sia notificata al sig. Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia comunicata ai sigg. Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Sospende il presente procedimento sino alla decisione della Corte costituzionale. Milano, addi' 3 novembre 2004 Il giudice: Fabiani 05C0204