N. 13 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 26 febbraio 2005
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 26 febbraio 2005 (del Tribunale di Monza) Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento civile promosso dal giornalista Vittorio Feltri nei confronti dell' on. Umberto Bossi, a seguito delle dichiarazioni da questi rese, ritenute diffamatorie - Deliberazione di insindacabilita' della Camera dei deputati - Conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal Tribunale di Monza, sezione distaccata di Desio - Denunciata mancanza di nesso funzionale tra opinioni espresse ed attivita' parlamentari. - Deliberazione della Camera dei deputati del 4 febbraio 2004. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.11 del 16-3-2005 )
Sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 24 giugno 2004, propone il seguente ricorso ex art. 37, legge 11 marzo 1953, n. 87, conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato, nella causa civile iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato tra Vittorio Feltri e la C.E.L. - Cooperativa Editoriale Libero, con l'avv. Vitale, e on. Umberto Bossi, con l'avv. Brigandi. F a t t o Gli attori in epigrafe hanno convenuto innanzi al Tribunale di Monza sezione distaccata di Desio, l'on. Umberto Bossi (oltre a Giuseppe Baiocchi ed alla Editoriale Nord Soc. coop. a r.l), lamentando - per quel che interessa nella presente sede - che sul numero del quotidiano «La Padania» stampato e pubblicato in data 16 febbraio 2002 era stata pubblicata un'intervista rilasciata dall'on. Umberto Bossi (e resa al Baiocchi), titolata «Il segretario del Carroccio replica alle farneticazioni del quotidiano e attacca Feltri: e' uno che lavora per chi gli da' lo stipendio - "Gettano fango per coprire Telelcom Serbia" - Bossi: Libero e' funzionale alla sinistra. Hanno un obiettivo comune, diminuire il potere del Nord» e contenente svariate affermazioni, a parere degli attori diffamatorie. Svoltosi regolarmente il giudizio - durante il quale, come comunicato dal Presidente della Camera dei deputati con missiva in data 23 novembre 2002, la competente Giunta veniva investita della questione di riconducibilita' delle suddette affermarzioni all'art. 68 della Costituzione - le parti venivano invitate a precisare le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione. Nei propri scritti difensivi conclusivi, tuttavia, la difesa dell'on. Bossi veniva ad invocare l'applicazione congiunta dell'art. 68 della Costituzione e dell'art. 3, legge n. 140/2003, entrata in vigore nelle more del giudizio. Con propria sentenza in data 19 novembre 2003 questo Tribunale ha deciso definito la controversia tra gli attori e gli altri convenuti, ad esclusione dell'on. Bossi, in relazione al quale ha invece disposto la prosecuzione e contestuale sospensione del giudizio rimettendo gli atti alla Camera dei deputati. La Camera dei deputati, nella seduta del 4 febbraio 2004 ha deliberato nel senso che i fatti in ordine ai quali e' stato instaurato procedimento penale concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma della Costituzione. Gli attori hanno quindi riassunto il giudizio sollecitando il tribunale a proporre conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato. D i r i t t o Alla luce della piu' recente giurisprudenza costituzionale, il giudice che ritiene di non condividere la soluzione adottata dal ramo del Parlamento di appartenenza dell'imputato, ha solo la possibilita' di sollevare un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato (vedi sul punto Corte costituzionale n. 129 del 1996 la quale ha annullato l'ordinanza del Tribunale di Palermo che aveva disposto procedersi oltre nel dibattimento penale nonostante il Senato avesse dichiarato insindacabili ai sensi dell'art. 68, comma 1 della Costituzione le opinioni espresse dall'imputato per poi ribadire che «... il solo rimedio e' dato - invece - dalla possibilita' di controllo della Corte costituzionale sulla correttezza della deliberazione parlamentare: controllo che il giudice puo' promuovere col mezzo del conflitto di attribuzione ...» ma cfr., anche da ultimo, Corte costituzionale 23 luglio 2002, ord. n. 379; Corte costituzionale 6 marzo 2002, n. 47; Corte costituzionale 15 febbraio 2002, ord. n. 27; Corte costituzionale 16 febbraio 2002, ord. n. 37). Poiche' la vicenda in questione trae origine da un'intervista rilasciata dall'on. Bossi ad un quotidiano ad ampia tiratura, deve farsi necessariamente riferimento alla piu' recente giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale ha in piu' occasioni rilevato come le dichiarazioni rese dal parlamentare extra moenia, pur se atipiche rispetto alle funzioni principali, possono ritenersi coperte dall'insindacabilita' a condizione che sussista un nesso funzionale tra le dichiarazioni medesime e le funzioni svolte. In piu' di una occasione la Consulta ha avuto modo in particolare di escludere l'esistenza di un nesso funzionale nelle dichiarazioni ed affermazioni proferite nel corso di interviste, quando queste non trovavano ad esempio riscontro in opinioni espresse nel corso di regolari interventi durante le sedute parlamentari (cfr. Corte costituzionale, 6 dicembre 2002, n. 521; Corte costituzionale, 15 marzo 2002, n. 52; Corte costituzionale, 15 marzo 2002, n. 51; Corte costituzionale, 17 maggio 2001, n. 137; Corte costituzionale, 17 gennaio 2000, n. 11). Non ignora il tribunale che, a seguito dell'introduzione della legge n. 140/2003, la Consulta e' stata chiamata nuovamente a pronunciarsi sull'intera materia, ed in particolare a stabilire se la nuova legge avesse comportato la introduzione di una insindacabilita' assoluta delle opinioni espresse dai membri del Parlamento. Con la sentenza n. 120/2004 la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire: che con la novella del 2003 «nonostante la nuova, piu' ampia formulazione lessicale, puo' considerarsi di attuazione, e cioe' finalizzata a rendere immediatamente e direttamente operativo sul piano processuale il disposto dell'art. 68, primo comma», dal momento che le attivita' analiticamente indicate non fuoriescono dal campo materiale dell'art. 68 della Costituzione ed in considerazione del fatto «che il legislatore stabilisce espressamente che tutte le attivita' indicate debbono comunque, anche se espletate fuori del Parlamento, essere connesse con l'esercizio della funzione propria dei membri del Parlamento, in conformita' appunto con il primo comma dell'art. 68»; che quindi «si puo' ritenere che con la norma in esame il legislatore non rinnovi affatto alla predetta disposizione costituzionale, ampliandone o restringendone arbitrariamente la portata, ma si limiti invece a rendere esplicito il contenuto della disposizione stessa, specificando, ai fini della immediata applicazione dell'art. 68, primo comma, gli «atti di funzione» tipici, nonche' quelli che, pur non tipici, debbono comunque essere connessi alla funzione parlamentare, a prescindere da ogni criterio di «localizzazione»; che pertanto «non qualsiasi opinione espressa dai membri delle Camere e' sottratta alla responsabilita' giuridica, ma soltanto le opinioni espresse "nell'esercizio delle funzioni"», atteso che l'insindacabilita' «non puo' mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunita' dalla giurisdizione conseguente alla mera "qualita'" di parlamentare». La conclusione della Consulta e' stata quindi nel senso che ai fini dell'insindacabilita', permane la necessita' che vi sia un collegamento necessario con le «funzioni» del Parlamento, cioe' l'ambito funzionale entro cui l'atto si iscrive, e che in ogni caso deve essere tale da rappresentare esercizio in concreto delle funzioni proprie dei membri delle Camere. Orbene, e' opinione di questo tribunale che nella specie alcune delle dichiarazioni rese dall'on. Bossi durante l'intervista fossero del tutto svincolate dall'attivita' funzionale e che pertanto la decisione della Camera dei deputati che ha ritenuto anche tali dichiarazioni coperte dalla insindacabilita' ex art. 68 della Costituzione sia venuta a ledere le prerogative dell'ordine giurisdizionale. Va osservato infatti che: 1) nell'intervista all'origine della vicenda in esame l'on. Bossi - dopo essere dato alcune risposte che, pur se caratterizzate da connotazioni forti, costituiscono comunque in modo incontestabile opinioni di un politico e rientrano anche nell'esimente del diritto di critica - proferisce ad un certo punto due dichiarazioni, entrambe relative a Vittorio Feltri (la prima: «E' soltanto un topolino con la barbetta bianca senza alcuno scrupolo»; la seconda: «Guardi, molti di noi non hanno dimenticato che pubblico' le foto orrende della pedofilia. Con la scusa di condannarla, suscitava apposta la morbosita' della gente. D'altra parte la divisione vera non e' quella che si dice: e' un'altra. C'e' chi e' convinto che il potere venga dall'alto, che ci sono i diritti artificiali, che va coltivata la "famiglia orizzontale" (compresa quella omosessuale), la dose minima di pedofilia ... e Feltri sta proprio da quella parte», che a parere del tribunale, travalicano il limite della continenza verbale e trasmodano nell'espressione ingiuriosa, priva di finalita' diversa da quella di svilire e indicare a disprezzo pubblico la persona oggetto della critica medesima, mera denigrazione fine a se' medesima, argumentum ad hominem, che evoca la indegnita' o inadeguatezza personale del destinatario invece di criticarne programmi o azioni. 2) le espressioni - che fuoriescono anche dal diritto di critica - sembrano esulare anche dalla garanzia di cui all'art. 68 della Costituzione, in quanto non si tratta di espressioni pronunciate in Parlamento, bensi' extra moenia e non sono immediatamente ricollegate all'attivita' parlamentare ed anzi sono ad essa del tutto estranee in quanto si tratta di meri giudizi su un personaggio (Vittorio Feltri) con un contenuto smaccatamente oltraggioso ed offensivo. Non pare potersi rinvenire alcun nesso funzionale neppure con il dibattito parlamentare sul c.d. «Caso Telekom Serbia», dal momento che nelle dichiarazioni in questione cessa l'esistenza di nesso alcuno con la vicenda in questione e si opera una mera valutazione personale ed offensiva del tutto svincolata dai fatti in questione. 3) tali considerazioni, gia' ampiamente illustrate nell'ordinanza con cui ex art. 3, legge n. 140/2003 erano stati rimessi gli atti alla Camera dei deputati, non sembrano essere state neppure prese in considerazione ne' dalla Giunta per le autorizzazioni ne' dalla stessa Camera dei deputati. La lettura delle trascrizioni delle sedute dei due organi, infatti, evidenzia che la valutazione di insindacabilita' e' stata assunta sulla base di dichiarazioni diverse da quelle che erano state indicate dal tribunale come diffamatorie, senza invece valutare in alcun modo le espressioni piu' gravi dell'on. Bossi, le quali sono state - soprattutto negli interventi alla Camera - addirittura omesse. 4) tale carenza induce il tribunale a concludere che la valutazione della Camera sia stata effettuata violando le prerogative del potere giurisdizionale in quanto si e' tradotta nell'affermazione - in netto contrasto con l'orientamento piu' volte espresso dalla Corte costituzionale, in questa sede richiamato - di una totale e radicale insindacabilita' di qualsiasi espressione proferita da un parlamentare, in virtu' della mere veste di quest'ultimo, cosi' esponendo qualunque cittadino alla possibilita' di essere diffamato senza poter neppure tutelare i propri diritti ex art. 24 della Costituzione. Ritenuta pertanto, la necessita' di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sussistendone i presupposti sia soggettivi (il Tribunale, infatti, e' l'organo competente a decidere definitivamente, nell'ambito delle funzioni giurisdizionali a lui attribuite, sull'asserita illiceita' delle condotte oggetto delle doglianze della parte lesa) che oggettivi (si tratta nel caso di specie, per un verso, di valutare la sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 68, comma 1 della Costituzione e, per altro verso, di valutare la lesione di attribuzioni giurisdizionali costituzionalmente garantite: cfr. sul punto, ord. Corte costituzionale 269 del 1996);
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 37 legge 11 marzo 1953, n. 87, nonche' 26, delibera della Corte costituzionale 16 marzo 1956; Solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e chiede che la Corte costituzionale: 1) dichiari che non spettava alla Camera dei deputati la valutazione della condotta attribuita all'onorevole Bossi in quanto estranea in parte alla previsione di cui all'art. 68, comma 1 della Costituzione; 2) annulli la relativa deliberazione della Camera dei deputati in data 4 febbraio 2004. Sospende il giudizio sino alla pronuncia della Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito, ed in particolare dispone: a) che il ricorso innanzi alla Corte costituzionale sia notificato alle parti in causa; b) che il medesimo ricorso sia comunicato al Presidente della Camera dei deputati; c) che il ricorso, con la prova delle notificazioni eseguite a norma dell'art. 37, comma 4, legge n. 87/1953, sia depositato ex art. 26, delibera Corte costituzionale 16 marzo 1956 nella cancelleria della Corte costituzionale entro venti giorni dall'ultima notificazione. Desio, addi' 13 luglio 2004 Il giudice: Rolfi 05C0306