N. 139 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 marzo 2004

Ordinanza  emessa l'8 marzo 2004 (pervenuta alla Corte costituzionale
il 28 febbraio 2005) dal tribunale di Bolzano nel procedimento civile
vertente tra Metro Italia Cash and Carry contro I.N.P.S. ed altri

Previdenza  e  assistenza sociale - Contributi di malattia dovuti dal
  datore  di  lavoro all'INPS - Esonero dall'obbligo di versamento in
  ipotesi  di  obbligo per il datore di lavoro derivante da contratto
  collettivo  di  continuare a corrispondere la retribuzione di fatto
  durante  la malattia del lavoratore - Mancata previsione secondo il
  «diritto vivente» - Violazione dei principi di solidarieta' sociale
  per   l'assenza   di  logica  e  razionalita'  nella  distribuzione
  dell'onere  solidaristico  - Lesione del principio di uguaglianza -
  Incidenza   sul  principio  di  liberta'  di  iniziativa  economica
  privata.
- Legge 11 gennaio 1943, n. 138, art. 6, comma 2.
- Costituzione, artt. 2, 3, 38 e 41.
(GU n.11 del 16-3-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    A  scioglimento  della  riserva  pronuncia  la seguente ordinanza
nella  causa  previdenziale corrente sotto il n. 494/01 RGL, promossa
da   Metro   Italia   Cash  and  Carry  S.p.a.  filiale  di  Bolzano,
rappresentata   e  difesa  dall'avv.  prof.  Tullio  Tranquillo,  nei
confronti  dell'I.N.P.S.,  primo  convenuto,  rappresentato  e difeso
dagli  avv.ti  Lucia  Orsingher  e  Raimund Bauer, e nei confronti di
Esatri - Esazione Tributi S.p.a., secondo convenuto, contumace, e nei
confronti  della  SCCI  S.p.a., societa' intervenuta, rappresentata e
difesa  dagli  avv.ti  Lucia  Orsingher  e  Raimund  Bauer, avente ad
oggetto ricorso in opposizione a cartella di pagamento.
    La   presente   ordinanza   ha   ad   oggetto   la   legittimita'
costituzionale  dell'art. 6,  secondo  comma  della  legge 11 gennaio
1943, n. 138 nell'interpretazione fornita dalla sentenza n. 10.232/03
delle Sezioni Unite della S.C.
    L'art. 6 della legge n. 138/43 suona:
    «L'assistenza comprende:
        1)    l'assistenza    sanitaria    generica   domiciliare   e
ambulatoriale;
        2) l'assistenza specialistica ambulatoria;
        3) l'assistenza farmaceutica;
        4) l'assistenza ospedaliera;
        5) ...
        6) ...
        7) ...
        8) la concessione di un'indennita' di malattia.
      L'indennita'  non  e' dovuta quando il trattamento economico di
malattia  e'  corrisposto  per  legge  o per contratto collettivo dal
datore  di lavoro o da altri enti in misura pari o superiore a quella
fissata  dai  contratti collettivi ai sensi del presente articolo. Le
prestazioni  corrisposte  da  terzi  in  misura  inferiore  a  quella
dell'indennita' saranno integrate dall'ente sino a concorrenza.».
    La  Metro Italia Cash and Carry S.p.a. - filiale di Bolzano aveva
omesso  di  pagare il contributo economico di malattia del 2,44% ed i
contributi  dovuti  sulle somme corrisposte ai dipendenti a titolo di
indennita' sostitutiva di ferie nel periodo 4/1996 - 12/1998.
    L'Ispettorato  INPS  ha  elevato  verbale ispettivo dd. 21 maggio
1999, chiedendo il versamento dei contributi. I contributi sono stati
iscritti  a  ruolo  ed  in  data 5 giugno 2001 e' stata notificata la
cartella  di  pagamento,  nella quale l'INPS di Bolzano ha preteso il
pagamento   dell'importo  complessivo  di  Lire  1.438.869.845  (Euro
743.114,25),  di  cui  Lire 781.106.000 per confributi' dovuti per il
periodo 4/1996 - 12/1998, il resto a titolo di somme aggiuntive.
    In data 13 luglio 2001 la societa' Metro ha presentato un ricorso
in  opposizione all'iscrizione a ruolo ed alla cartella di pagamento,
chiedendone la revoca o l'annullamento.
    A  fondamento  del  ricorso  in  opposizione  la  societa' faceva
presente  che,  con  lettera  dd.  27  ottobre 1993, aveva comunicato
all'INPS  di  avere  stipulato  in  data  12  ottobre  1993  un nuovo
contratto collettivo aziendale, nel quale era prevista l'erogazione a
tutti  i  dipendenti,  nel  caso  di malattia non professionale e non
dipendente  da  infortunio sul lavoro, dell'intera retribuzione netta
di  fatto.  A  partire  dal  1°  gennaio 1994, data di decorrenza del
contratto,  avrebbe  pertanto  cessato  di  versare il contributo del
2,44% finalizzato alla erogazione dell'indennita' di malattia. L'INPS
-  sede  di  Bolzano - rispondeva che la societa' doveva continuare a
versare  il  contributo,  avendo  la legge sancito (art. 31, comma 5,
legge  n. 41/1986)  l'obbligatorieta'  dei  contributi per i soggetti
aventi diritto alle indennita' economiche di malattia.
    Trasposto il contrasto di opinioni in sede giudiziale, il pretore
di  Bolzano  ha  accolto il ricorso della Metro teso all'accertamento
dell'infondatezza  della pretesa dell'INPS (sentenza n. 410/1996). La
sentenza e' stata confermata in sede di appello (sentenza n. 111/97).
La  Corte  di cassazione, con la sentenza n. 4.57/1/1999, cassando la
sentenza  della  Corte  di  appello,  ha  accolto il ricorso proposto
dall'INPS,  statuendo  il  principio  che  l'art. 6  legge 138/43 non
esentava  il  datore  di  lavoro  dal  versamento  del  contributo di
malattia  nel  caso  in cui si fosse obbligato, mediante il contratto
collettivo,   a   continuare  a  versare  la  retribuzione  netta  al
lavoratore malato.
    La sentenza era in contrasto con un'altra sentenza della Corte di
cassazione,  la  sentenza 13.535/1999, che ha ritenuto non sussistere
l'obbligo  di  versamento  del conbuto di malattia nel caso in cui il
datore   di  lavoro,  mediante  il  contratto  collettivo,  si  fosse
obbligato  a continuare a versare la retribuzione netta al lavoratore
malato.
    Il  contrasto  giurisprudenziale e' stato composto dalla sentenza
n. 10.232/03  delle  Sezioni  unite  della  S.C. che, in sostanza, ha
accolto la tesi contenuta nella sentenza n. 14.571/1999 della S.C.
    A)    La    non    manifesta   infondatezza   di   illegittimita'
costituzionale.
    Parere  di  questo  giudice,  non  e' manifestamente infondata la
questione   di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 6,  secondo
comma,  della  legge 11 gennaio 1943, n. 138, cosi' come interpretato
dalla  sentenza n. 10.232/03 delle Sezioni unite della Cassazione che
costituisce ormai diritto vivente.
    Violazione dell'articolo 3 della Costituzione.
    L'articolo  6  della  legge  citata  sembra  contrastare  con  il
principio   di  parita'  di  trattamento  sancito  dall'art. 3  della
Costituzione.
    L'argomento   principale  della  sentenza  10.232/03  e'  che  il
fondamento   della   previdenza   sociale   stia   nel  principio  di
solidarieta'.
    Se  cosi' fosse, non si capisce perche' il contributo di malattia
non  sia  dovuto  per i dirigenti, per i quadri (categoria introdotta
con  la  legge  190/1985) e soprattutto per gli impiegati del settore
industria.  Nel  messaggio  n. 909  del  6  dicembre  2002, l'INPS ha
concesso  anche  alla  RAI  l'esonero  dal  versamento del contributo
economico  di  malattia,  poiche'  l'azienda,  non diversamente dalla
Metro, si era assunta l'obbligo, inserendo una clausola (art. 37) nel
contratto  collettivo,  di continuare a corrispondere la retribuzione
in  caso  di  malattia. Il principio di solidarieta' non tollererebbe
eccezioni  cosi' vaste e stratificate da comprendere intere categorie
di  lavoratori  o  settori imprenditoriali, il tutto sulla base di un
differente  inquadramento  previdenziale  delle  imprese (industria o
commercio)  o  sulla  base  dell'inquadramento  di singoli lavoratori
(quadri,   dirigenti   e   altri).  E'  irragionevole  pretendere  il
contributo  di  malattia  dall'impresa  inquadrata  nel  settore  del
commercio  e non pretenderlo dall'imprenditore inquadrato nel settore
dell'industria  o  inquadrato  nel  settore  dei  servizi  (RAI).  E'
irragionevole  non  pretendere il contributo dall'imprenditore che ha
alle  sue  dipendenze  una  determinata  categoria  di  lavoratori, i
quadri, mentre il contributo viene preteso dall'imprenditore che tale
categoria  di  lavoratori non ha alle sue dipendenze. Se il principio
applicabile  fosse  veramente  quello  della  solidarieta', non trova
giustificazione  l'esclusione di una cosi' vasta categoria di imprese
o di categorie di lavoratori.
    Violazione dell'art. 2 della Costituzione.
    Infine,  il  richiamo, operato dalle Sezioni unite della Corte di
cassazione  al  principio  di  solidarieta',  fa sorgere la questione
della  misura  e  del  quantum  di  solidarieta'  che  possano essere
legittimamente  pretese  dall'impresa  e  da  quale  tipo  di impresa
possano  essere pretese. In materia fiscale il quantum e' commisurato
alla  capacita'  contributiva  ed  alla  solidarieta'  non si sottrae
pressoche'  nessuno.  E'  noto  che la Corte costituzionale ha sempre
escluso l'agganciamento della contribuzione previdenziale al criterio
seguito   dall'art. 53   della   Costituzione  (da  ultimo:  sentenza
n. 354/2001).
    Nel caso in esame invece si differenzia, da un lato, tra le varie
categorie  di  imprese,  gravando  le  une  (imprese  del settore del
commercio)  dell'obbligo contributivo ed escludendo le altre (imprese
dell'industria  ed  alcune  imprese  del  terziario, come la RAI). Si
differenzia inoltre tra le varie categorie di lavoratori, pretendendo
il contributo economico di malattia per gli uni (operai e impiegati),
ma non per gli altri (quadri e dirigenti).
    Non  si differenzia, dall'altro lato, tra le imprese che si erano
obbligate,  nel contratto collettivo, a continuare a versare l'intera
retribuzione  al  lavoratore  malato  e  le  imprese che non si erano
accollate  tale  obbligo.  Il  datore di lavoro che, obbligandosi nel
contratto  collettivo a continuare a versare la retribuzione netta al
lavoratore  malato, solleva l'INPS dal rischio assicurativo. Egli, se
non  del  tutto  liberato  dall'obbligo contributivo per la malattia,
dovrebbe essere chiamato a versare un contributo quantomeno inferiore
rispetto  all'aliquota  massima vigente del 2,44%. Altrimenti sarebbe
chiamato  ad  una  solidarieta'  piu'  incisiva rispetto al datore di
lavoro  che  lascia  a  carico  dell'ente  previdenziale  il  rischio
dell'evento  di  malattia. Nell'interpretazione fornita dalle Sezioni
unite  della  S.C.,  la disposizione dell'art. 6 perderebbe qualsiasi
fondamento  razionale, dal momento che esige il versamento per intero
(2,44%) del contributo economico di malattia, sia da parte del datore
di   lavoro   che  ha  sollevato  l'ente  previdenziale  dal  rischio
assicurato  che  da  parte  del datore di lavoro che non ha sollevato
l'ente   previdenziale  da  tale  rischio.  L'argomento  usato  nella
sentenza  secondo  il  quale  l'INPS, anche in presenza del contratto
collettivo  nel quale il datore di lavoro assume su di se' il rischio
malattia,  non  e' esonerato dal versare l'indennizzo di malattia nei
casi  di superamento del periodo di cosiddetto comporto o nel periodo
di disoccupazione o di sospensione dal lavoro, costituendo un'ipotesi
del  tutto  eccezionale,  piu'  teorica  che reale, non giustifica la
pretesa del contributo nella misura integrale.
    Il  tutto  sembra  violare,  oltre  al principio della parita' di
trattamento,  anche  il principio di solidarieta' economica e sociale
richiamato  dall'art. 2 della Costituzione, qualunque sia il criterio
scelto  per  misurarlo, poiche' non sembra sussistere alcuna logica e
razionalita' nella distribuzione dell'onere o obbligo solidaristico.
    Violazione dell'art. 38 Costituzione.
    Va  rammentato  a questo punto che l'art. 38, secondo comma della
Costituzione  si preoccupa «unicamente» di assicurare al lavoratore i
mezzi  adeguati  alle  sue  esigenze  in caso di malattia. L'obbligo,
contrattualmente  assunto  dal  datore  di  lavoro  di  continuare  a
corrispondere  la  retribuzione  in  caso  di  malattia,  e' un mezzo
adeguato. Di piu' la norma costituzionale richiamata non chiede. Essa
si preoccupa di raggiungere un determinato fine, quello di assicurare
l'esigenza  di vita al verificarsi dell'evento «malattia» non impone,
pero',  essendo  del  tutto  indifferente,  alcun  mezzo  particolare
mediante il quale il rischio debba essere assicurato. In particolare,
l'art. 38,  secondo  comma  della  Costituzione  non  ha sovvertito i
principi fondamentali del sistema assicurativo, in particolare quello
del rischio, sotteso all'originaria finalita' legislativa della legge
n. 138/1943.
    Anzi,  il sistema sotteso al secondo comma dell'art. 6 garantisce
una  tutela  addirittura  migliore, poiche' l'indennita' di malattia,
corrisposta  dall'INPS  al  lavoratore  malato, e' inferiore rispetto
alla retribuzione corrisposta dal datore di lavoro.
    Violazione dell'art. 41 Costituzione.
    L'art. 6  della  legge  citata, nell'interpretazione datane dalle
Sezioni  unite  della Cassazione, contrasta anche con l'art. 41 della
Costituzione  che  riconosce e garantisce la liberta' dell'iniziativa
economica  privata.  Come  corollario  del  principio  della liberta'
economica  privata,  tesa  a  mettere  in  concorrenza  economica gli
imprenditori  al fine di migliorare la produzione, si pone l'esigenza
di   equilibrare   la   concorrenza   imprenditoriale  in  condizioni
paritarie.  Esigere il contributo economico di malattia solo da parte
di  alcune  imprese  e  non,  invece,  da  tutte  le imprese, pone un
ingiustificato   ostacolo  alla  realizzazione  di  questo  principio
costituzionale.
    B) Rilevanza della questione ai fini della decisione del presente
processo.
    La  decisione  sulla  questione di legittimita' costituzionale e'
anche rilevante ai fini della decisione del presente processo.
    La  societa'  Metro, costretta a versare nuovamente il contributo
di  malattia in virtu' della citata sentenza delle Sezion unite della
S.C.,  chiede, in compenso, che le somme gia' corrisposte a titolo di
retribuzione, in adempimento dell'obbligo contrattuale, ai lavoratori
durante  la  malattia  vengano  restituite.  Accollarsi, da parte del
datore  di  lavoro, l'onere del trattamento economico di malattia non
avrebbe   alcun   senso   qualora   non  sussista  il  contestuale  e
sinallagmatico  esonero  dal versamento del contributo. Chiede infine
che l'INPS non abbia diritto a pretendere nuovamente il contributo di
malattia sulle somme corrisposte durante la malattia.
    Se   la  Corte  dovesse  ritenere  illegittima  l'interpretazione
fornita  dalla giurisprudenza della legittimita' sull'art. 6, secondo
comma,   legge   n. 138/1943,   la  cartella  di  pagamento  andrebbe
annullata,  perche'  l'INPS non avrebbe piu' il titolo per pretendere
il contributo di malattia.
    Anche  se  la  Corte  dovesse  ritenere  legittimo l'art. 6 legge
n. 138/1943,   cosi'   come   interpretato  dalla  giurisprudenza  di
legittimita',  la  cartella  andrebbe comunque annullata parzialmente
perche' essa andrebbe defalcata delle somme corrisposte ai dipendenti
a  titolo di retribuzione durante la malattia (almeno nella misura in
cui   l'INPS  si  era  risparmiata  l'erogazione  dell'indennita'  di
malattia) e del contributo di malattia preteso su tali somme.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza e la rilevanza ai fini
della decisione;
    Vista l'istanza della parte ricorrente;
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata, in relazione
agli  articoli  2,  3,  38  e  41 della Costituzione, la questione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma legge 138/43
nell'interpretazione   fornita   dalla  sentenza  n. 10.232/03  delle
Sezioni  unite  della S.C., ovvero nella parte in cui non esonera dal
versamento  del contributo di malattia il datore di lavoro che si era
obbligato,  nel contratto collettivo, a continuare a corrispondere la
retribuzione netta di fatto durante la malattia del lavoratore;
    Sospende  il  processo  disponendo l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti  in  causa,  al Presidente del Consiglio dei
ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Bolzano addi', 8 marzo 2004
                        Il giudice: Michaeler
05C0317