N. 98 ORDINANZA 24 febbraio - 10 marzo 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  -  Reato  di  ingiustificato  trattenimento nel territorio
  dello Stato - Arresto obbligatorio - Rito direttissimo - Denunciato
  contrasto  con  il principio di ragionevolezza, lesione dei diritti
  inviolabili  dell'uomo,  del principio solidaristico, del principio
  di  buon  andamento  della  pubblica amministrazione, del principio
  della finalita' rieducativa della pena - Sopravvenuta dichiarazione
  di  illegittimita'  costituzionale  di  una delle norme censurate e
  modifiche  normative  -  Necessita' di un riesame della rilevanza -
  Restituzione degli atti al giudice rimettente.
- D.Lgs.  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies,
  aggiunti dall'art. 13, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189.
- Costituzione, artt. 2, 3, 27 e 97.
(GU n.11 del 16-3-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter
e  5-quinquies, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello straniero), aggiunti dall'art. 13,
comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifiche alla normativa
in  materia  di  immigrazione e di asilo), promosso con ordinanza del
10 febbraio   2003  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  del
Tribunale  di  Firenze  nei  procedimenti penali a carico di n. R. ed
altri,  iscritta  al  n. 503 del registro ordinanze 2003 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 32, 1ª serie speciale,
dell'anno 2003.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza  in  epigrafe  il  giudice per le
indagini  preliminari del Tribunale di Firenze ha sollevato questioni
di legittimita' costituzionale:
        a)  dell'art. 14,  comma 5-quinquies, del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  aggiunto  dall'art. 13,  comma 1,  della legge 30 luglio
2002,  n. 189  (Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e
di  asilo),  nella  parte  in  cui prevede che per il reato di cui al
comma 5-ter   del  medesimo  art. 14  e'  obbligatorio  l'arresto  in
flagranza  e  si  procede  con rito direttissimo, in riferimento agli
artt. 3 e 97 della Costituzione;
        b)  dell'art. 14, comma 5-ter, del citato decreto legislativo
n. 286  del  1998  -  anch'esso aggiunto dall'art. 13, comma 1, della
legge  n. 189  del 2002 - che punisce con l'arresto da sei mesi ad un
anno  lo  straniero  che, senza giustificato motivo, si trattiene nel
territorio  dello  Stato  in  violazione  dell'ordine  impartito  dal
questore   ai   sensi  del  comma 5-bis  dello  stesso  articolo,  in
riferimento agli artt. 2 e 27 della Costituzione;
        che  il  giudice a quo - pronunciando in sede di convalida di
arresto  per  il  reato  di  cui all'art. 14, comma 5-ter, del d.lgs.
n. 286  del  1998  -  osserva che la natura contravvenzionale di tale
reato impedisce, in base all'art. 280 cod. proc. pen., l'applicazione
di   misure   cautelari   coercitive;   con   la   conseguenza   che,
immediatamente  dopo l'arresto dello straniero da parte della polizia
giudiziaria,  il pubblico ministero dovrebbe necessariamente disporne
la liberazione ai sensi dell'art. 121 disp. att. cod. proc. pen;
        che  la  previsione dell'arresto obbligatorio contrasterebbe,
pertanto, sia con il generale canone della ragionevolezza, sia con il
principio  di  buon  andamento della pubblica amministrazione, di cui
all'art. 97  Cost., non avendo senso imporre alla polizia giudiziaria
di  arrestare  soggetti  destinati  ad  essere rimessi subito dopo in
liberta' dal pubblico ministero, distogliendola cosi' inutilmente dai
propri compiti istituzionali;
        che,  d'altro canto, il giudizio direttissimo - previsto come
obbligatorio,  per  il  reato  in  questione,  dal  comma 5-quinquies
dell'art. 14  del d.lgs. n. 286 del 1998 - non potrebbe che svolgersi
nella forma «anomala» di cui al comma 2 dell'art. 450 cod. proc. pen.
(ossia  con l'imputato libero, anziche' in vinculis, come normalmente
accade  in  tale  rito  speciale);  con l'ulteriore conseguenza - del
tutto  irrazionale sul piano del rapporto costi-benefici del servizio
giustizia  -  di  rendere  necessario  lo svolgimento di un'attivita'
urgente da parte dell'autorita' giudiziaria (notificazioni, citazioni
di  testimoni, fissazione di udienze), al fine di processare soggetti
in  stato di liberta', privi quasi sempre di un «domicilio effettivo»
e  che  nel  frattempo potrebbero essere stati espulsi dal territorio
italiano in base alle norme della nuova legge;
        che   l'arresto   obbligatorio   non  sarebbe  in  ogni  caso
giustificabile   per  un  reato  contravvenzionale,  dato  che  anche
l'arresto  facoltativo  e'  previsto  dal vigente codice di procedura
penale solo in relazione a delitti, di norma non colposi e puniti con
la  reclusione  superiore  nel  massimo  a  tre  anni,  o comunque in
relazione  a  delitti non colposi puniti anche meno gravemente, ma di
sicuro  allarme  sociale,  quali  quelli  contemplati  dall'art. 381,
comma 2, cod. proc. pen;
        che  la  stessa  norma  incriminatrice  di  cui  all'art. 14,
comma 5-ter,  del d.lgs. n. 286 del 1998 si paleserebbe peraltro - ad
avviso del rimettente - di dubbia legittimita' costituzionale;
        che   essa  contrasterebbe,  infatti,  da  un  lato,  con  il
principio  della  solidarieta' politica, economica e sociale, sancito
dall'art. 2  Cost.  non  solo a favore dei cittadini, ma di chiunque:
principio  a  fronte  del  quale  sarebbe  compito  della  Repubblica
garantire  i  diritti inviolabili dell'uomo anche nei confronti degli
stranieri  privi  di  documenti  di  identita'  e  non  compiutamente
identificati,  che raggiungano il territorio dello Stato a seguito di
drammatici   eventi  politici  o  economici  verificatisi  nei  paesi
d'origine, o semplicemente per sottrarsi a condizioni di indigenza;
        che  la norma impugnata si porrebbe altresi' in conflitto con
l'art. 27  Cost.:  la  pena  detentiva  da essa comminata non sarebbe
difatti  destinata a svolgere alcuna finalita' rieducativa, rimanendo
difficilmente  eseguibile in concreto, in quanto inflitta a stranieri
che,  «per  definizione», debbono essere espulsi dal territorio dello
Stato  e  rispetto  ai quali - se in stato di liberta' nel momento in
cui  la  sentenza  di  condanna  diviene  definitiva  - l'esigenza di
allontanamento  dal  territorio  nazionale  prevarra'  su  quella  di
esecuzione della pena.
    Considerato  che,  successivamente  alle ordinanze di rimessione,
questa   Corte,   con   sentenza   n. 223  del  2004,  ha  dichiarato
costituzionalmente   illegittimo  l'art. 14,  comma 5-quinquies,  del
decreto  legislativo  25 luglio  1998,  n. 286,  nella  parte  in cui
stabilisce  che  per  il  reato previsto dal comma 5-ter del medesimo
art. 14 e' obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto;
        che entrambe le disposizioni impugnate dal giudice rimettente
- tanto, cioe', la norma sostanziale di cui al comma 5-ter che quella
processuale  di  cui  al  comma 5-quinquies del citato art. 14 - sono
state  quindi  modificate dal decreto-legge 14 settembre 2004, n. 241
(Disposizioni  urgenti  in  materia di immigrazione), convertito, con
modificazioni, in legge 12 novembre 2004, n. 271;
        che, in particolare, il reato di ingiustificato trattenimento
dello  straniero  nel  territorio  dello Stato, di cui al comma 5-ter
dell'art. 14,   e'  stato  trasformato  in  delitto,  punito  con  la
reclusione da uno a quattro anni, nel caso di espulsione disposta per
ingresso  illegale  nel territorio dello Stato ai sensi dell'art. 13,
comma 2,  lettere a) e c), del d.lgs. n. 286 del 1998, ovvero per non
aver  tempestivamente  richiesto il permesso di soggiorno «in assenza
di  cause di forza maggiore», o per essere stato il permesso revocato
o  annullato; conservando l'originaria natura contravvenzionale nella
sola  ipotesi residuale di espulsione disposta perche' il permesso di
soggiorno  e'  scaduto  da  piu' di sessanta giorni e non ne e' stato
chiesto il rinnovo;
        che,  a sua volta, il comma 5-quinquies dell'art. 14 e' stato
modificato nel senso della limitazione dell'arresto obbligatorio alle
fattispecie   di  ingiustificato  trattenimento  previste  dal  primo
periodo del comma 5-ter, ossia a quelle trasformate in delitto;
        che  gli  atti  debbono essere pertanto restituiti al giudice
rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina  la  restituzione  degli  atti  al giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 marzo 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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