N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 luglio 2003

Ordinanza   emessa   il   31   luglio   2003  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale il 1° marzo 2005) dal tribunale di Lanusei sul ricorso
proposto da Depau Maria contro Fall.to Cooperativa Arbatex a r.l.

Privilegio  - Privilegio generale sui mobili - Crediti del lavoratore
  per  danni  subiti  per recesso ex art. 2119 c.c. per inadempimento
  del datore del lavoro - Mancata previsione - Ingiustificata diversa
  disciplina  rispetto  ai crediti del lavoratore per danni subiti in
  conseguenza  di  licenziamento  inefficace,  nullo  o annullabile -
  Violazione  del  principio  di  tutela  del  lavoro - Richiamo alle
  sentenze della Corte costituzionale nn. 326/1983 e 220/2002.
- Codice civile, art. 2751-bis, n. 1.
- Costituzione, artt. 3 e 35.
(GU n.12 del 23-3-2005 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha   pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  per
insinuazione  tardiva  di  credito  iscritto  al numero 195 del ruolo
generale degli affari contenziosi civili dell'anno 2003, promosso da:
Depau Maria, rappresentata dall'avv. Giomaria Demuro ed elettivamente
domiciliata  presso  lo  studio  di questi, a Lanusei, via Zanardelli
n. 52;
    Contro  Fallimento  cooperativa  Arbatex  a  r.l., in persona del
curatore dott.ssa Gisella Deiana.
    Con  ricorso  depositato  in  data  4 giugno  2003 Depau Maria ha
chiesto  di  essere  ammessa  tardivamente  al passivo del fallimento
Arbatex,  in  privilegio ex art. 2751-bis, n. 1), c.c., per l'importo
di  Euro 18.496, oltre agli interessi e rivalutazione monetaria dalle
singole  scadenze  fino  alla data del fallimento, somma dovuta quale
risarcimento dei danni in relazione al recesso per giusta causa della
stessa  Depau  dal  contratto  di  formazione  e  lavoro  finalizzato
all'attribuzione  della qualifica di addetta al finissaggio stipulato
in data 26 luglio 1989 con la cooperativa Arbatex a r.l.
    All'udienza  del 2 luglio 2003 e' comparsa la curatrice, la quale
non  si  e'  opposta all'ammissione del credito cosi' come richiesto;
sollevata  la  questione  dell'applicabilita'  al rapporto de quo del
privilegio  ex  art. 2751-bis,  n. 1),  c.c.,  all'odierna udienza la
ricorrente ha insistito per il riconoscimento del privilegio.
    Dalla documentazione allegata al ricorso, ed in particolare dalle
comunicazioni dell'Ispettorato del lavoro di Nuoro del 29 luglio 1991
e  del 22 novembre 1991, risultano gravi inadempimenti della societa'
Arbatex  nei  confronti  dei  dipendenti  assunti  con  contratto  di
formazione  e  lavoro,  ed in particolare dell'odierna ricorrente, la
quale  non  percepi'  la  retribuzione  relativa  ai  mesi di luglio,
agosto,  settembre,  ottobre,  novembre  e  dicembre  del  1989 e non
ricevette  la dovuta formazione professionale, venendo impiegata come
lavoratrice subordinata tout court.
    Si  deve  pertanto  ritenere  che  il  recesso della lavoratrice,
formalizzato  in data 18 gennaio 1991, sia avvenuto per giusta causa,
essendo  applicabile  anche  al  contratto  di formazione e lavoro il
disposto  dell'art. 2119  c.c.  (v.  al  riguardo Cass., sez. lav., 9
giugno 1995, n. 6530).
    La  legittimita' del recesso della lavoratrice comporta che debba
essere  riconosciuto  alla  medesima  un  risarcimento  del danno per
inadempimento  del  datore  di lavoro, da liquidare secondo le regole
comuni;  puo'  in  particolare  farsi  riferimento, trattandosi di un
danno futuro, alle retribuzioni che la stessa avrebbe percepito se il
contratto  avesse avuto la durata prevista (cosi' Cass., sez. lav., 3
febbraio 1996, n. 924; Cass., sez. lav., 15 novembre 1996, n. 10043),
salva  riduzione  ex art. 1227 c.c. in relazione ai danni che avrebbe
potuto  evitare  usando  l'ordinaria  diligenza,  cercando  una nuova
occupazione ed usando altrimenti le proprie energie lavorative.
    Nel caso di specie, poiche' la curatela non ha provato il difetto
di  diligenza della lavoratrice nella ricerca di un'altra occupazione
lavorativa  o  la  percezione  di  proventi  da  lavoro  da  parte di
quest'ultima, la domanda dev'essere pertanto accolta.
    Si  rileva  tuttavia  che, sulla base della legislazione vigente,
non  competerebbe  alla  Depau il privilegio ex art. 2751-bis, n. 1),
c.c.
    La  norma  in  questione, infatti, accorda un privilegio generale
sui mobili ai crediti del lavoratore subordinato per la retribuzione,
per  le  indennita'  dovute per la cessazione del rapporto di lavoro,
per i danni conseguenti dalla mancata corresponsione dei contributi e
per il «risarcimento del danno subito per effetto di un licenziamento
inefficace, nullo o annullabile».
    Il  privilegio non e' dunque riconosciuto per tutte le ipotesi di
cessazione  patologica del rapporto di lavoro per causa imputabile al
datore   di   lavoro,  ma  solamente  per  quelle  dipendenti  da  un
«licenziamento»  -  ossia  un atto del datore di lavoro - inefficace,
nullo o annullabile.
    Ne'  puo'  ipotizzarsi  una applicazione analogica della norma al
caso  di  specie,  in  quanto  tutte  le  norme  sui  privilegi  sono
eccezionali   e,   pertanto,  di  stretta  interpretazione  ai  sensi
dell'art. 14  preleggi  (v.  al riguardo Cass., sez. III, 10 febbraio
2003, n. 1946).
    Si   deve   ritenere   pero'  che  si  ponga  una  questione  non
manifestamente  infondata di illegittimita' costituzionale del citato
art. 2751-bis,   n. 1.   c.c.,   in   relazione   al   principio   di
ragionevolezza  di  cui  all'art. 3  Cost.  e  a quello di tutela del
lavoro  di  cui  all'art. 35 Cost., nella parte in cui non accorda il
privilegio  al credito del lavoratore dipendente per risarcimento del
danno  subito  per  effetto  di  qualsiasi  cessazione patologica del
rapporto  di  lavoro  per causa imputabile al datore di lavoro, ed in
particolare  al  danno  subito  per recesso del lavoratore per giusta
causa.
    Infatti,   sebbene   la   specifica  individuazione  dei  crediti
risarcitori   del   lavoratore  assistiti  dal  privilegio  ai  sensi
dell'art. 2751-bis,  n. 1),  c.c.  corrisponda a scelte discrezionali
del  legislatore  (v.  Cass.  1946/2003,  cit.), e' pur vero che tale
discrezionalita'    dev'essere    utilizzata   secondo   criteri   di
ragionevolezza,  e  che  quindi  non  e'  consentito  al  legislatore
discriminare tra situazioni accomunate dall'identita' di ratio.
    Gia'  con  la  sentenza  n. 326  del  17  novembre  1983 la Corte
costituzionale   pervenne   alla   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art. 2751-bis, n. 1), c.c., per contrasto con il
principio  di eguaglianza, sul rilievo che la norma - ispirata ad una
finalita'  di  ampliamento, a favore del lavoratore dipendente, della
disciplina  positiva  del privilegio generale sui mobili - muniva del
suddetto  privilegio  il credito per il risarcimento del danno subito
per effetto di un licenziamento inefficace, nullo o annullabile ed il
credito   del   lavoratore  per  i  danni  conseguenti  alla  mancata
corresponsione   da   parte  del  datore  di  lavoro  dei  contributi
previdenziali   ed   assistenziali,  ma  non  anche  il  credito  per
risarcimento   del   danno  spettante  al  lavoratore  a  seguito  di
infortunio sul lavoro cagionato dal datore di lavoro.
    Analogamente,   la  pronuncia  n. 220  del  29  maggio  2002,  in
relazione   alla   medesima   esigenza   di   attribuire  trattamenti
equipollenti   a   situazioni   omogenee,   ha  ritenuto  sussistente
un'ulteriore,  palese violazione dell'art. 3 della Costituzione nella
mancata  attribuzione  del  privilegio generale sui mobili al credito
risarcitorio  per danni patiti dal lavoratore a causa di una malattia
professionale contratta nello svolgimento dell'attivita' lavorativa e
rispetto alla quale sia stata accertata la responsabilita' del datore
di lavoro.
    Il  caso  di  specie  -  credito  risarcitorio  del lavoratore in
dipendenza  del  recesso  per  un  grave  inadempimento del datore di
lavoro  -  appare,  in  particolare,  del  tutto omogeneo rispetto al
credito  per  il  risarcimento  del danno dipendente da licenziamento
illegittimo.
    L'elemento  distintivo  tra  le due fattispecie, infatti, e' dato
dal  fatto che nel caso in esame lo scioglimento del rapporto dipende
da  un  atto  di  volonta'  del  lavoratore,  mentre nell'ipotesi del
licenziamento ne e' indipendente; ma cio' non appare giustificare una
diversa considerazione del rango del credito.
    Si  deve  infatti  sottolineare,  da un lato, che la volonta' del
lavoratore  receduto  per un grave inadempimento del datore di lavoro
e' coartata e non libera (cosi' Cass. 1021/1998, cit.): il dipendente
e'  costretto  a  presentare le proprie dimissioni dalla giusta causa
che  le  rende  legittime,  cosicche'  l'aspetto  volitivo non appare
assumere  una  rilevanza tale da distinguere in modo significativo le
due fattispecie.
    Ma  soprattutto, si deve osservare che l'incidenza della volonta'
del  lavoratore  sull'effetto  risolutivo  del  rapporto non presenta
alcuna  attinenza  alla ratio della norma, che e' quella di accordare
un   amplissima   tutela   del   lavoro   subordinato  attraverso  il
riconoscimento    della   particolare   meritevolezza   dei   crediti
retributivi  o  di  quelli  risarcitori  legati  allo svolgimento del
rapporto   di   lavoro,   in   attuazione   del  principio  stabilito
dall'art. 35  Cost.;  tant'e'  vero  che  viene ad essi attribuito un
privilegio  collocato  immediatamente  dopo  quello  per  le spese di
giustizia (art. 2777 c.c.).
    In  altri  termini,  se la ratio legis dev'essere rinvenuta nella
primaria  rilevanza costituzionale del diritto al lavoro e, pertanto,
nel   particolare  favore  con  cui  vengono  considerati  i  crediti
retributivi   ed  i  crediti  risarcitori  del  dipendente  -  ed  in
particolare, tra questi ultimi, i crediti derivanti da un'illegittima
cessazione  del  rapporto  per  effetto del licenziamento inefficace,
nullo  o  annullabile -, non appare che sia consentito al legislatore
ordinario  considerare di rango deteriore un credito dipendente dalla
stessa  causa  solo perche' l'effetto risolutivo del rapporto dipende
dalla  volonta' (peraltro coartata) del lavoratore, pretermettendo al
tempo  stesso  il principio costituzionale della tutela del lavoro in
tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35).
    La  questione e' rilevante nel giudizio a quo, in quanto, come si
e'  detto,  non  potendosi  applicare analogicamente l'art. 2751-bis,
n. 1) c.c., il credito della Depau dovrebbe essere ammesso al passivo
in chirografo.
                              P. Q. M.
    1)  dispone  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
per     la     valutazione    della    legittimita'    costituzionale
dell'art. 2751-bis, n. 1), codice civile, in relazione agli artt. 3 e
35  della  Costituzione, nella parte in cui non accorda il privilegio
generale   sui  mobili  al  credito  del  lavoratore  dipendente  per
risarcimento  del  danno  subito  per effetto di qualsiasi cessazione
patologica  del  rapporto di lavoro per causa imputabile al datore di
lavoro,  ed in particolare al danno subito per recesso del lavoratore
ex art. 2119 codice civile per inadempimento del datore di lavoro;
    2) dispone la sospensione del procedimento.
    Manda  alla  cancelleria  per gli adempimenti di cui all'art. 23,
ultimo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87.
        Lanusei, addi' 30 luglio 2003
                    Il giudice delegato: Altieri
05C0350