N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2004
Ordinanza emessa il 10 dicembre 2004 dal tribunale di Busto Arsizio sez. distaccata di Gallarate nel procedimento civile tra comune di Albizzate contro R. M. Previdenza e assistenza sociale - Regione Lombardia - Prestazioni socio-assistenziali a persone handicappate - Previsione della facolta' anziche' dell'obbligo della Regione di assicurarne i livelli minimi ai soggetti versanti in stato di bisogno - Condizionamento della fruizione di tali prestazioni per i soggetti non versanti in stato di bisogno ad ulteriori requisiti ed in particolare all'obbligo di contribuzione nella spesa - Previsione in via subordinata della totale messa a carico del beneficiario del costo dei servizi - Incidenza su diritto fondamentale della persona - Violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale - Lesione del diritto degli inabili e minorati all'educazione ed all'avviamento personale - Violazione della competenza statale in tema di definizione degli standard delle prestazioni socio-assistenziali. - Legge della Regione Lombardia 7 gennaio 1986, n. 1, artt. 12, comma secondo, e 63, comma 1. - Costituzione, artt. 2, 3, primo e secondo comma, 38, comma terzo, e 117, comma secondo, lett. m).(GU n.12 del 23-3-2005 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Letti gli atti, osserva quanto segue. Nel procedimento in epigrafe si discute dell'applicazione della disposizione di cui all'art. 63, comma 1, della legge regionale della Lombardia n. 1 del 7 gennaio 1986 («riorganizzazione e programmazione dei servizi socio- assistenziali della regione Lombardia»), la quale, disciplinando l'erogazione delle prestazioni socio-assistenziali rese a domanda, prevede che «gli utenti sono tenuti a concorrere, in rapporto alle proprie condizioni economiche, al costo dei servizi erogati in gestione diretta o per convenzione, dai comuni e dagli E.R., secondo tariffe determinate in base al reddito familiare di cui alla lettera a) del precedente art. 12, in conformita' ai criteri e alle disposizioni contenuti nel piano regionale socio-assistenziale e nel regolamento di zona». Nello specifico, l'art. 12, cpv, 1. cit. prevede che i servizi contemplati dal piano regionale socio-assistenziale «possono essere rivolti alla generalita' della popolazione, senza pregiudizio dell'integrale e prioritario soddisfacimento dei diritti dei soggetti che si trovino nello stato di bisogno di cui al successivo comma, a condizione che l'estensione consenta una migliore organizzazione, efficienza ed economicita' del servizio e purche' il relativo costo sia sostenuto in tutto o in parte dagli utenti o sia posto a carico dei comuni competenti». Il comune di Albizzate, agendo sulla base di detta normativa, ha chiesto la condanna del sig. M. R. - soggetto portatore di handicap in condizione di gravita' - al pagamento integrale delle quote relative alla sua frequentazione presso il Centro Socio Educativo (C.S.E.) di Oggiona Santo Stefano per le annualita' 1999/2001. A sostegno delle propria domanda il comune ha allegato le delibere assunte dall'amministrazione per la determinazione della quota contributiva evidenziando comunque che il convenuto non ha prodotto la dichiarazione autocertificativa del reddito e che per tale ragione dev'essere automaticamente assoggettato all'obbligo di contribuzione integrale delle spese. Il convenuto (che nelle more e' stato dichiarato interdetto e si e' costituito a mezzo del proprio tutore) ha contestato la debenza di tali somme assumendo che le norme regionali sopra citate non sarebbero riferibili alle ipotesi di prestazioni finalizzate all'inserimento sociale dei portatori di handicap, quale e' quella in esame, per le quali opererebbe il criterio della gratuita' della prestazione e cio' in forza di quanto previsto dall'art. 3, d.l. 21 dicembre 1981, n. 786 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1982, n. 51), in tema di risanamento della fmanza locale. Tale articolo, infatti, dopo aver previsto un obbligo generalizzato di contribuzione per le prestazioni rese a domanda, indica alcune eccezioni a tale principio e tra queste, per l'appunto, i «servizi gratuiti per legge» e i «servizi finalizzati all'inserimento dei portatori di handicap». Quest'interpretazione, che aveva trovato accoglimento in una pronuncia emessa dal tribunale di Busto Arsizio in relazione ad un caso analogo (sent. n. 1199/1997 allegata in atti), e' stata sconfessata dalla Corte Suprema, la quale, cassando, tale sentenza, ha cosi' statuito: «la norma dell'art. 3 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 786, nel testo risultante dalla conversione con modificazioni da parte della legge 26 febbraio 1982, n. 51, con riferimento ai servizi finalizzati all'inserimento sociale dei portatori di handicap, espressamente menzionati nel settimo comma di detto articolo, si limito' - con l'espressione "fanno eccezione" ivi figurante - a sottrarre quei servizi alla regola generale del primo comma che sanci' l'obbligatorieta' di una contribuzione dell'utente per i servizi pubblici da svolgere a domanda, cosi' conservando la situazione normativa pregressa, nella quale i suddetti servizi erano soggetti ad un regime di gratuita' facoltativa (non rientrando tra quelli gratuiti per legge)»; «la legislazione successiva non ha innovato tale previsione normativa, che va coordinata con la legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104 per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, la quale parimenti non ha sancito il principio dell'assoluta gratuita' di tutte le prestazioni in favore degli handicappati, nonche', nell'ambito dell'ordinamento della Regione Lombardia, con la legge regionale 23 gennaio n. 1... la quale, negli artt. 61 e 63 ha stabilito che per gli oneri che in base al piano regionale socio-assistenziale gravano sui comuni, gli utenti sono tenuti a concorrere in rapporto alle proprie condizioni economiche, secondo tariffe determinate in base al reddito familiare, salva la gratuita' per coloro che versano in stato di bisogno»; «ne discende che nell'ambito della Regione Lombardia l'assistenza ai soggetti portatori di handicap fa carico integralmente al comune solo se ricorra questa condizione, sussistendo, in caso contrario, un onere di contribuzione rapportato alle condizioni economiche» (Cass., Sez. I, sent. 13502 del 24 novembre 1999). In forza di tale interpretazione, che dovrebbe applicarsi anche al caso di specie per le ragioni esposte, le spese relative alla frequentazione del C.S.E. dovrebbero essere poste integralmente a carico del convenuto. Quest'ultimo, invero, ha eccepito altresi' che la domanda attorea sarebbe carente per l'omessa allegazione dei piani di zona (nei quali vengono specificati i criteri utilizzati per la determinazione della tariffa), ma tale eccezione e' destituita di fondamento perche' le disposizioni contenute in tali piani sono soggette alla presunzione di conoscenza ex lege per la loro valenza pubblica (spettando al convenuto provare, se del caso, che il comune ha errato nell'applicazione di tali criteri). A cio' aggiungasi che, come si e' gia' detto, l'onere contributivo del convenuto non e' stato determinato sulla base della fascia di reddito di appartenenza, ma in virtu' della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, con conseguente automatico assoggettamento all'onere del concorso integrale nelle spese. Escluso pertanto che la causa possa essere decisa prescindendo dall'applicazione delle norme regionali in questione, secondo l'interpretazione adottata dalla Suprema Corte, si configura con tutta evidenza la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale delle citate norme regionali che il convenuto ha sollevato, in via subordinata, sotto il profilo della lesione dei principi sanciti dagli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione. Ritiene questo giudice che tale eccezione non sia manifestamente infondata in relazione alla nuova configurazione del titolo V della costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001, nei termini che di seguito si espongono. In virtu' della mutata ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni, il settore dei servizi sociali e' stato trasferito dall'area della competenza legislativa concorrente a quella della competenza primaria o residuale delle regioni, fatta salva la competenza esclusiva del legislatore nazionale per la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» (art. cit., comma 2, lettera m). Questa norma di salvaguardia risponde all'esigenza di garantire una tutela effettiva ed uniforme su tutto il territorio nazionale dei livelli minimi delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, pur nella diversita' delle politiche che le varie regioni, in forza dell'autonomia loro riconosciuta, potranno perseguire. Essa dunque, come hanno osservato vari costituzionalisti, e' destinata a regolare tensioni ambivalenti contemperando le ragioni dell'autonomia con quelle dell'unita' ed assicurando un giusto equilibrio tra le esigenze della differenziazione e quelle dell'uniformita'. Nelle prime pronunce in materia la Corte costituzionale (vd. sent. n. 282/2002) ha precisato che la norma in esame non identifica una «materia in senso stretto», quanto piuttosto «una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle». La scelta di costituzionalizzare il diritto alle prestazioni sociali, quando queste siano comprese nei livelli essenziali, rappresenta sicuramente un momento alto del nostro legislatore e nel contempo, si potrebbe dire, una via obbligata per evitare che la tutela dell'uguglianza dei diritti in questa materia (art. 2 Cost.) si stemperi attraverso l'enunciazione di norme programmatiche e quindi, come tali, suscettibili di condizionamenti legati a esigenze contingenti ed a logiche di ordine finanziario. L'accento posto sull'aspetto pretensivo di queste posizioni giuridiche implica non solo che le regioni hanno il dovere isituzionale di assicurare su tutto il territorio il diritto alle prestazioni rientranti nei livelli essenziali, ma anche che il singolo, in caso di inadempienza, ha il potere di adire la via giudiziaria per ottenere la tutela piena ed effettiva. Entrando nel merito della nozione di «livelli essenziali», si osserva che questa non rappresenta una novita' nella disciplina nazionale, essendo gia' stata utilizzata dal legislatore ordinario, tra l'altro, nel d.lgs. n. 229/1999 sulla riforma sanitaria e nella legge quadro sull'assistenza sociale (legge n. 328/2000) e cio' al fine di codificare i principi che devono garantire un sistema di tutela della salute e dei bisogni socio-assistenziali appropriato ed efficace, capace di garantire in ogni territorio prestazioni uniformi e sostenibili dal punto di vista dalla spesa sanitaria e sociale. Nel campo sanitario, la determinazione dettagliata dei livelli essenziali assistenza sanitaria e' stata demandata a un d.P.C.m. (d.P.C.m. 29 novembre 2001), adottato a seguito di intesa con la Conferenza Stato-regioni. Tale decreto elenca sia le prestazioni incluse nei livelli in oggetto - e quindi da erogarsi da parte del Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o in compartecipazione alla spesa - che quelle escluse (perche' inappropriate, inefficaci o perche' non soddisfano il requisito dell'economicita' nell'impiego delle risorse in presenza di forme di assistenza alternative). Nel campo dell'assistenza sociale, invece, non si e' ancora pervenuti ad un'elencazione altrettanto analitica delle prestazioni incluse nei livelli essenziali, predominando la disciplina che regola gli aspetti di ordine organizzativo ed istituzionale (e cio' forse anche perche' le esigenze dell'area sociale si prestano meno, per la varieta' delle situazioni, ad una predeterminazione esaustiva della casistica). L'art. 22 legge n. 328/2000, tuttavia, indica una serie di interventi che «costituiscono il livello essenziale delle prestazioni erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie gia' destinate dagli enti locali alla spesa sociale..» e, nell'ambito di questi interventi, contempla, alla lettera f), quelli «per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell'art. 14; realizzazione per i soggetti di cui all'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunita-alloggio di cui all'art. 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunita' e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonche' erogazione delle prestazioni in sostituzione temporanea delle famiglie». Il Centro Socio Educativo frequentato dal convenuto rientra a pieno titolo all'interno di questa categoria e quindi si colloca nell'ambito dei livelli essenziali di cui fa menzione l'art. 117, lettera m), Cost. Tale conclusione e' rafforzata dal fatto che il R. (affetto da sindrome autistica) non beneficia di altre forme di intervento da parte dall'ente locale e d'altronde l'art. 14, commi 1 e 2 legge cit., fa espressamente carico ai comuni di predisporre, a domanda, progetti individualizzati «per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'art. 3 legge 5 febbraio 1992, n. 104 nell'ambito della vita familiare e sociale, nonche' nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro...»). Alla luce delle superiori premesse, si deve pertanto ritenere che il diritto del convenuto a frequentare il Centro Socio Educativo sia da porre in stretta relazione alla norma costituzionale in esame, dalla quale discendono, ad avviso dello scrivente, una serie di corollari che configgono con le disposizioni regionali che dovrebbero regolare il caso di specie (maturate peraltro in tutt'altro contesto). La prima censura investe la disposizione di cui all'art. 12, cpv., della legge n. 1/1986, la quale riconosce il diritto alla prestazione socio-assistenziale solo a chi versa in una situazione di bisogno economico (e solo in via subordinata e condizionata anche a coloro che non soddisfino quest'ultimo requisito) laddove la norma costituzionale prevede che debba essere riconosciuto a tutti, senza alcuna condizione, il diritto agli interventi di sostegno e di supporto che rientrano nei livelli minimi. In altri termini, in base al precetto costituzionale l'intervento pubblico in presenza di handicap e' dovuto per il solo fatto che vi e' l'handicap (e garantendo lo standard previsto). La seconda censura riguarda specificamente l'aspetto della contribuzione richiesta al soggetto che beneficia del servizio, a prescindere dal fatto che questo si collochi nell'ambito dei livelli essenziali, giusto il disposto di cui all'art. 63, comma 1, l.r. cit. Si e' gia' avuto modo di evidenziare che la riserva prevista a favore del legislatore nazionale dall'art. 117, lettera m), Cost. si pone in stretta relazione con i principi costituzionali richiamati dal convenuto e cioe' il principio di uguaglianza (art. 2 Cost.), il precetto costituzionale che impegna lo Stato «a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto e la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana...» (art. 3, cpv., Cost.) ed infine il riconoscimento agli inabili ed ai minorati del «diritto all'educazione e all'avviamento personale» (art. 38, comma 3, Cost.). E' altresi' indubbio che la garanzia di una tutela minima ed uniforme sul piano nazionale di questi diritti non possa prescindere da una disciplina omogenea anche dell'aspetto della ripartizione dei costi e quindi si devono ritenere coperte dalla riserva statuale anche le determinazioni in ordine all'imposizione o meno dell'obbligo di contribuzione a carico del fruitore del servizio e, nel primo caso, alla quantificazione di tale contributo. Infatti, se si desse all'art. 117, lettera m), cit. un'interpretazione restrittiva, in forza della quale lo Stato dovrebbe occuparsi unicamente dell'identificazione delle prestazioni socio-assistenziali che devono essere assicurate su tutto il territorio e della definizione degli standards delle stesse, si darebbe la possibilita' alle regioni di sovvertire i principi costituzionali sopra richiamati. Queste infatti, agendo sulla leva della partecipazione alla spesa, potrebbero realizzare nei fatti quella discriminazione nella tutela dei diritti che il costituente ha inteso invece prevenire (e tale discriminazione diverrebbe ancor piu' evidente se questa materia venisse affidata ai vari regolamenti di zona, con una diversificazione della disciplina che opererebbe anche a livello infraregionale). Infine - ed e' l'ultimo rilievo - vi e' da chiedersi se sia coerente con il valore che assume il riconoscimento costituzionale dei diritti civili e sociali il fatto che la norma regionale preveda un obbligo di contribuzione da parte del beneficiario che corrisponde al costo integrale della prestazione (pur se rientrante nel livello essenziale), ritagliando alla sfera pubblica unicamente compiti di ordine amministrativo ed organizzativo (fatte salve le provvidenze per i casi di bisogno). Sono infatti gia' presenti sul territorio varie realta', frutto dell'iniziativa di privati, enti o di associazioni, che offrono questo tipo di servizi a pagamento, rispetto alle quali l'intervento pubblico si porrebbe come una mera alternativa, concorrenziale o meno, ma comunque svuotata dal carattere assistenziale e promozionale che dovrebbe invece caratterizzarla. Pertanto il giudice, visti gli artt. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, e ss. (e successive modifiche);
P. Q. M. Solleva la questione di legittimita' costituzionale del combinato normativo di cui agli artt. 12, cpv., e 63, comma 1, legge regionale Lombardia n. 1/1986 in relazione ai principi di cui agli artt. 2 Cost., 3, comma 1 e 2, Cost., 38, comma 3, Cost. e 117, lettera m) Cost. in quanto: 1) prevede la facolta' - e non l'obbligo - per la regione di assicurare a tutti coloro che ne hanno necessita' di beneficiare delle prestazioni socio-assistenziali rientranti nei livelli minimi; 2) condiziona la fruizione di tali servizi da parte dei soggetti che non versano in stato di bisogno ad ulteriori requisiti ed in particolare all'obbligo di contribuzione nella spesa; 3) in via subordinata, prevede che il costo di tali servizi possa essere posto totalmente a carico del beneficiario. Sospende il giudizio in attesa della definizione della questione. Manda alla cancelleria perche' notifichi l'ordinanza alle parti, al presidente della giunta regionale e ne dia comunicazione al presidente del consiglio regionale, trasmettendo quindi gli atti alla Corte costituzionale con la prova di tali adempimenti. Gallarate, addi' 10 dicembre 2004 Il giudice: Radici 05C0351