N. 158 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 aprile 2004

Ordinanza   emessa   il   1°   aprile   2004  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  2  marzo  2005)  dal  tribunale  di  Trieste  nel
procedimento  civile  vertente  tra  Soc.  Sereco Coop. a r.1. contro
Uniriscossioni S.p.A. ed altra

Minoranze  linguistiche  -  Procedimento  civile - Cittadini italiani
  appartenenti alla minoranza linguistica slovena, persone giuridiche
  slovene  nonche'  cittadini  italiani  appartenenti  alla minoranza
  linguistica  slovena,  rappresentanti  legali di persone giuridiche
  slovene  -  Possibilita'  di usare, su loro richiesta, nel processo
  davanti  al giudice competente per territorio dove sia insediata la
  predetta minoranza la lingua materna nei propri atti usufruendo per
  questi  della  traduzione  in  lingua italiana, nonche' di ricevere
  tradotti nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e
  le  risposte della controparte - Limiti e condizioni - Incidenza su
  diritto  fondamentale  della  persona - Violazione del principio di
  uguaglianza  -  Lesione  del  principio  di  tutela delle minoranze
  linguistiche  -  Richiamo  alle sentenze della Corte costituzionale
  nn. 28/1982, 62/1992 e 15/1996.
- Codice di procedura civile, art. 122, in combinato disposto con gli
  artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 38.
- Costituzione,  artt. 2,  3  e  6;  Statuto  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia, art. 3.
Minoranze  linguistiche  -  Procedimento  civile - Cittadini italiani
  appartenenti alla minoranza linguistica slovena, persone giuridiche
  slovene  nonche'  cittadini  italiani  appartenenti  alla minoranza
  linguistica  slovena,  rappresentanti  legali di persone giuridiche
  slovene - Uso della lingua slovena nei rapporti con i concessionari
  di  pubblici  servizi  - Limiti e condizioni - Incidenza su diritto
  fondamentale  -  Violazione  del principio di uguaglianza - Lesione
  del principio di tutela delle minoranze linguistiche.
- Legge  23 febbraio 2001, n. 38, artt. 4, comma 1, e 8, commi 1 e 5,
  in combinato disposto.
- Costituzione,  artt. 2,  3  e  6;  Statuto  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia, art. 3.
Minoranze   linguistiche   -  Italiani  appartenenti  alla  minoranza
  linguistica  slovena,  persone giuridiche slovene nonche' cittadini
  italiani   appartenenti   alla   minoranza   linguistica   slovena,
  rappresentanti  legali  di  persone  giuridiche  slovene  - Diritto
  all'uso   della  lingua  slovena  nei  rapporti  con  le  autorita'
  amministrative e giudiziarie locali e diritto di riceverne risposta
  in  lingua  slovena  -  Limiti  e condizioni - Incidenza su diritto
  fondamentale  -  Violazione  del principio di uguaglianza - Lesione
  del principio di tutela delle minoranze linguistiche.
- Legge 23 febbraio 2001, n. 38, art. 4, comma 1.
- Costituzione,  artt. 2,  3  e  6;  Statuto  Regione  Friuli-Venezia
  Giulia, art. 3.
(GU n.12 del 23-3-2005 )
                         IL GIUDICE ONORARIO

    A  scioglimento  della  riserva pronunciata all'udienza datata 20
novembre 2003;
    Lette, preliminarmente, secondo l'ordine:
        la conclusione in via assolutamente preliminare della Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia affinche' venga disposta l'immediata
revoca  della concessa sospensione della cartella di pagamento n. 114
2003 00063708 74;
        la  conclusione  in  limine litis della Uniriscossioni S.p.A.
affinche' venga revocato il provvedimento datato 2 luglio 2003, nella
parte  in cui dispone la sospensione dell'efficacia della cartella di
pagamento  n. 114  2003  00063708  74  e comunque ritiene sussistente
nella  fattispecie  in  considerazione  e  nel  presente  processo il
diritto  del  Grgicõ  di  utilizzo,  attivo  e  passivo, della lingua
slovena;
        la  conclusione  in  via pregiudiziale della Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  affinche'  venga  dichiarato  il  difetto  di
giurisdizione  dell'adito  tribunale  spettando  la  cognizione della
presente controversia al tribunale amministrativo regionale;
    Considerato   come,   in   seguito  all'impossibilita'  di  parte
ricorrente a presenziare all'udienza datata 4 novembre 2003 (rinviata
d'ufficio  al  6  novembre  2003), la stessa e' stata per tale motivo
rinviata  al  20  novembre  2003,  alla  quale  parte  attrice non e'
comparsa,  pur  essendo a carico della medesima l'onere di informarsi
sui   provvedimenti   adottati  in  udienza  ed  essendo  l'onere  di
comunicazione   a   carico   dell'autorita'   giudiziaria   solo  per
provvedimenti  adottati fuori udienza (134 c.p.c., 176, secondo comma
c.p.c.), il che non e' nel caso in esame;
        che,   pertanto,   questo  giudice  puo'  pronunciarsi  sulle
suddette  istanze  ed  eccezioni  formulate  dalle  parti  costituite
presenti;
    Osservato,  innanzitutto,  come  «l'irrituale  istanza» datata 20
giugno  2003 sia stata qualificata da questo giudice quale ricorso ai
sensi  dell'art. 22  e  ss.  legge  n. 689/1981 in base agli elementi
prodotti  con l'atto introduttivo e precisamente la presunta notifica
nel  febbraio  2002  dell'ordinanza ingiunzione (avviso giacenza atti
giudiziari)  e  la  cartella  di  pagamento  n. 114  2003 00063708 74
notificata  in  data  30 maggio 2003 in cui vengono indicate sanzioni
amministrative   ai  sensi  della  legge  n. 689/1981  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  -  Ispettorato  ripartimentale  delle foreste
Trieste  per complessivi Euro 24.788,27, e tenuto conto del fatto che
a  pagina  5  della cartella di pagamento, sotto la rubrica «Quando e
come   il   contribuente   puo'  presentare  ricorso  contro  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  -  Ispettorato  ripartimentale  delle foreste
Trieste»   segue   l'indicazione   «Le  modalita'  ed  i  termini  di
impugnativa   potranno   essere   richiesti   direttamente   all'ente
creditore»;
        che  pertanto,  a fronte di tali limitate indicazioni ed alle
doglianze  del  sig.  Grgicõ  (Gregori)  Dario, rappresentante legale
della  Sereco  Soc.  coop.  a r.l. con sede in localita' Padriciano -
Padricõe 60 - Trieste, riguardanti la mancata traduzione dei due atti
nella  lingua  slovena,  il  giudicante non poteva che seguire quella
giurisprudenza  di  legittimita'  (richiamata  anche dalla resistente
Uniriscossioni  S.p.A.  ) ai sensi della quale l'opposizione prevista
dagli  art. 22  e  23 della legge n. 689 del 1981 puo' essere diretta
anche contro la cartella esattoriale emessa per la riscossione di una
sanzione  amministrativa,  allorquando il destinatario della cartella
ha interesse a dedurre l'assenza del provvedimento sanzionatorio o la
sussistenza  di  vizi  relativi  alla  sua  notificazione (Cassazione
civile sez. I, 2 settembre 1997, n. 8380, Cassazione civile sez. un.,
10 gennaio 1992 n. 190);
        che,  inoltre,  e'  devoluto  alla  giurisdizione del giudice
ordinario   -  secondo  i  principi  fissati,  in  tema  di  sanzioni
amministrative, dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 - il giudizio di
opposizione  proposto  avverso  una  cartella  esattoriale notificata
contenente  l'intimazione  di  pagamento  di  una  somma  a titolo di
sanzione  amministrativa  ma priva, secondo l'assunto dell'opponente,
delle  indicazioni  necessarie  a  stabilire se sia stata previamente
emessa  un'ordinanza ingiunzione o comunque se quest'ultima sia stata
debitamente   notificata;  la  mancata  notificazione  dell'ordinanza
ingiunzione   priva,   infatti,   il   destinatario   della  cartella
esattoriale del rimedio (opposizione) previsto dalla legge e pertanto
il  suddetto  momento  di  garanzia  deve essere recuperato a livello
della  cartella  esattoriale (Cassazione civile sez. un., 23 novembre
1995, n. 12107);
    Infatti  in  relazione  alla  cartella esattoriale emessa ai fini
della   riscossione   di   sanzioni  amministrative  pecuniarie  sono
ammissibili, a seconda dei casi (Cassazione civile sez. I., 28 giugno
2002 n. 9498):
        l'opposizione  ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689,
allorche'  sia mancata la notificazione dell'ordinanza ingiunzione al
fine  di  consentire  all'interessato  di  recuperare l'esercizio del
mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori;
        l'opposizione  all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c.,
allorche'  si  contesti  la  legittimita' dell'iscrizione a ruolo per
omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza di un
titolo  legittimante  l'iscrizione  a  ruolo,  o  si  adducano  fatti
estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo (si vedano pero' le
limitazioni  di  cui  all'art. 57 d.P.R. n. 602/1973, come risultante
dalle modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ammette
le  opposizioni  ex  art. 615  c.p.c.  solamente  in  relazione  alla
pignorabilita' dei beni);
        l'opposizione  agli  atti  esecutivi,  ai sensi dell'art. 617
c.p.c.,  allorche'  si  contesti la ritualita' formale della cartella
esattoriale  o si adducano vizi di forma del procedimento esattoriale
(si   vedano   pero'   le   limitazioni  di  cui  all'art. 57  d.P.R.
n. 602/1973,  come  risultante  dalle  modifiche  di cui al d.lgs. 26
febbraio  1999,  n. 46,  che  non  ammette le opposizioni ex art. 617
c.p.c.  in  relazione  alla regolarita' formale ed alla notificazione
del titolo esecutivo);
    Osservato,  comunque,  come  dalle  parti convenute non sia stata
chiarita  la  natura  dell'atto  comunicato a parte attrice in data 9
febbraio  2002, tutt'ora non individuato (presumibilmente trattasi di
notifica del titolo esecutivo);
        che,  quindi,  a  fronte  della documentazione prodotta dalla
Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  ed, in specie, l'ordinanza
ingiunzione   prot.   F/11.1/(135)/n. 1283   datata  24  giugno  1998
concernente  le  somme di cui alla cartella di pagamento, la sentenza
n. 633/2001  datata  14  marzo  2001  del Tribunale di Trieste con la
quale  veniva  rigettato  il  ricorso ex legge n. 689/1981 avverso la
citata  ordinanza  ingiunzione  e  la nota datata 11 marzo 2003 prot.
F/11.1/n.  0473/2003  di  invio  del  ruolo  al concessionario per la
riscossione,  l'atto di data 20 giugno 2003 del sig. Grgicõ (Gregori)
Dario,  rappresentante  legale  della Cooperativa Sereco Soc. coop. a
r.l.  puo'  e  deve  essere  qualificato  quale opposizione agli atti
esecutivi  ex  art. 617,  comma 1 c.p.c. e art. 57 d.P.R. n. 602/1973
come  risultante  dalle  modifiche di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999,
n. 46  (regolarita'  formale  del precetto - cartella esattoriale), e
non quale ricorso ex art. 22, legge n. 689/1981;
    Rilevato,  quindi,  come la sospensione ex art. 22, ultimo comma,
legge  n. 689/1981,  datata  2  luglio  2003  sia  stata  pronunciata
indebitamente  e  quindi debba essere revocata, non potendo ritenersi
nemmeno  che  trattavasi  di  sospensione  dell'esecuzione  ai  sensi
dell'art. 60  d.P.R.  n. 602/1973  e  dell'art. 624  c.p.c.,  essendo
quest'ultima  disposizione  applicabile  solamente  alle  ipotesi del
ricorso   ex   art. 615,  secondo  comma  c.p.c.  o  619  c.p.c.  non
sussistenti  nel  caso  in  esame  e,  comunque  - anche in relazione
all'art. 60 d.P.R. n. 602/1973 indicante il giudice dell'esecuzione -
non   essendo  ancora  iniziata  l'esecuzione  che,  per  pacifica  e
consolidata  giurisprudenza  di legittimita', ha inizio solamente con
il pignoramento (Cass. 10354/1991);
        che,  pertanto,  la  sospensione non poteva venir pronunciata
ne' ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 22, legge n. 689/1981 ne' ai
sensi degli artt. 624 c.p.c. e 60 d.P.R. n. 602/1973;
        che,  comunque,  la  parte  attrice  non  richiedeva  la mera
sospensione del pagamento della cartella numero 114 2003 00063708 74,
ma   la   sua  -  con  termine  atecnico  -  interruzione,  viste  le
affermazioni contenute nell'atto introduttivo in merito alla nullita'
degli  atti  privi della traduzione della lingua slovena e della loro
inefficacia,  se  privi  della  traduzione  in  lingua slovena quando
destinati  agli  appartenenti  alla minoranza slovena, secondo quanto
affermato  dalla  sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della Pretura
di  Roma, (comunque in lingua slovena il verbo «prekinete» puo' avere
il  duplice significato sia di sospensione che di interruzione - vedi
Il   grande   dizionario  italiano-sloveno,  S.  ëlenc,  DZS  1997  e
Slovenskoitalijanski  slovar,  J. Kotnik, DZS 1974 - mentre l'Ufficio
esperti linguistici della Corte d'Appello di Trieste ha utilizzato il
solo significato di «sospensione»);
        che  pertanto,  interpretando  l'atto  introduttivo  nel  suo
insieme  nella correlazione petitum - causa petendi ricercando anche,
ai  sensi  dell'art. 99  c.p.c., la domanda implicita, secondo quanto
affermato  dalla giurisprudenza di legittimita' (Cass. 1570/1973), in
conformita'  alla  quale il limite di cui all'art. 112 c.p.c. recante
il principio della corrispondenza della pronuncia alla richiesta deve
essere  posto  in  relazione  al potere del giudice di interpretare e
qualificare   la   domanda   (Cass.  383/1999,  5110/1998,  381/1997,
3289/1990,   1368/1989,   1248/1989)  potere  che  rende  irrilevante
l'eventuale improprieta' delle espressioni giuridiche contenute negli
atti  di  parte  (Cass. 1552/1997), pur essendo comunque vincolato ai
fatti allegati e provati dalle parti (Cass. 5814/1995), parte attrice
chiede  la pronuncia della nullita' o comunque dell'inefficacia degli
atti inviatile, in quanto privi della traduzione in lingua slovena;
    Considerato, comunque, come cio' attenga al merito della causa;
    Tutto cio' premesso;
    Revoca  il  provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte in cui
dispone  la  sospensione  dell'efficacia  della cartella di pagamento
n. 114 2003 00063708 74;
    Nel  mentre  occorre - una volta esaminate e risolte le eccezioni
in  relazione  alla  disposta ed ora revocata sospensione - procedere
all'esame:
        della conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A.
affinche'  venga  revocato  il  provvedimento datato 2 luglio 2003 di
questo giudice, nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella
fattispecie  in considerazione e nel presente processo il diritto del
Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena;
        della conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A.
affinche'  venga  dichiarato il ricorso inammissibile e/o inesistente
in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana;
        della conclusione in via pregiudiziale della Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  affinche'  venga  dichiarato  il  difetto  di
giurisdizione  dell'adito  tribunale  spettando  la  cognizione della
presente controversia al tribunale amministrativo regionale;
    Considerato,  infatti,  come,  in relazione a tali eccezioni, pur
dovendo   il   giudice   procedere   alla   verifica   della  propria
giurisdizione  in relazione alla causa dedotta in giudizio, qualsiasi
pronuncia  in  merito e questo stesso provvedimento giudiziale devono
venir previamente esaminati:
        1)  sotto  l'aspetto  del diritto del Grgicõ (Gregori) Dario,
rappresentante  legale  della  Sereco  Soc.  coop. a r.l. con sede in
localita'  Padriciano  60  -  Trieste,  a veder tradotti gli atti del
processo (compreso il presente) in lingua slovena;
        2)  e, conseguentemente, in merito alla preliminare richiesta
di  revoca del provvedimento datato 2 luglio 2003, nella parte in cui
comunque  ritiene  sussistente  nella fattispecie in considerazione e
nel  presente  processo  il  diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e
passivo, della lingua slovena;
        3)  ed  alla conclusione in limine litis della Uniriscossioni
S.p.A.  affinche'  venga  dichiarato  il  ricorso  inammissibile  e/o
inesistente  in  quanto  redatto  in  lingua  slovena e non in quella
italiana;
        4)  risolte  tali  questioni sub punti 1), 2) e 3), procedere
all'esame dell'eccezione di difetto di giurisdizione;
    Chiarito  come  il provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte
in  cui comunque ritiene sussistente - pero' ai meri fini di un fumus
boni   iuris  della  revocata  sospensione  -  nella  fattispecie  in
considerazione  il diritto del Grgicõ all'utilizzo, attivo e passivo,
della   lingua  slovena  attiene  in  realta'  alla  successiva  fase
processuale  di  verifica  del  diritto  vantato e di pronuncia della
sentenza  (traduzione in lingua slovena degli atti ricevuti in data 9
febbraio  2002  ed  in data 30 maggio 2003, a pena di loro nullita' e
comunque  privi  di  efficacia  immediata  ai  sensi  della  sentenza
n. 17601 datata 19 gennaio 1981 della Pretura di Roma);
    Nel  mentre  il provvedimento datato 2 luglio 2003 nella parte in
cui comunque ritiene sussistente nel presente processo il diritto del
Grgicõ  di  utilizzo,  attivo  e  passivo,  della  lingua  slovena ha
rilevanza  immediata  nel  processo, dovendo a tale regola sottostare
tutti   i  precedenti  e  successivi  atti  processuali  compreso  il
presente;
    Considerato,  come  la  convenuta Uniriscossioni S.p.A. chieda la
revoca  di  tale  provvedimento  ritenendo  il  ricorso  introduttivo
inammissibile  e/o  inesistente in quanto redatto in lingua slovena e
non   in   quella   italiana   in  quanto  la  sentenza  della  Corte
costituzionale  n. 62/1992  esplica  i  propri  effetti  con riguarda
esclusivo  alle  opposizioni  alle ordinanze di ingiunzione e non con
riferimento  alle opposizioni agli atti esecutivi, come quella di cui
al presente giudizio;
        che,  inoltre, nel merito evidenzia come la legge 23 febbraio
2001,  n. 38,  recante  Norme  a  tutela  della minoranza linguistica
slovena  della Regione Friuli - Venezia Giulia, pur in vigore, non e'
ancora  assistita  da  efficacia  operativa,  nemmeno  essendo  stata
completata   la  procedura  di  formazione,  da  parte  del  Comitato
istituzionale  paritetico,  ai  sensi dell'art. 4 della citata legge,
della   tabella   indicante  i  comuni  o  loro  frazioni  cui  siano
territorialmente applicabili le disposizioni di favore introdotte;
        che,  sullo  stesso  argomento formula osservazioni in merito
alla  predisposizione  di  cartelle di pagamento ed avvisi di mora in
lingua  slovena - disciplinati dal decreto del Direttore generale del
Dipartimento  delle entrate datato 28 giugno 1999 (G.U. n. 173 del 26
luglio   1999)  emanato  in  base  ad  una  norma  di  legge  di  cui
all'art. 25,  secondo  comma,  d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come
modificato  dall'art. 11  del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 46 - nonche'
sull'operativita' dell'art. 8, comma 5, della citata legge secondo il
quale le modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al comma 1
del  medesimo  articolo  per  i  concessionari di servizi di pubblico
interesse  sono disciplinate mediante specifiche convenzioni, entro i
limiti  delle  risorse  finanziarie  disponibili  ai sensi del citato
articolo, dagli enti pubblici interessati di intesa con il Comitato;
    Rilevato comunque come tale ultima osservazione attiene al merito
della controversia;
        che,  dunque,  non  rileva  sotto  l'aspetto  processuale  di
predisposizione  dell'atto  introduttivo  redatto  esclusivamente  in
lingua   slovena   da   parte   dell'attore,   non  costituitosi  con
l'assistenza  di  un  difensore, e della traduzione in lingua slovena
degli atti di causa e dei provvedimenti giurisdizionali, quale quello
di  data  2  luglio 2003, l'odierno e la sentenza che dovra' statuire
sull'eccepito difetto di giurisdizione;
    Considerato  come  sul  medesimo  argomento  interviene  anche la
difesa  della  Regione  autonoma Friuli-Venezia Giulia, evidenziando,
oltre  al  quinto  comma dell'art. 8 della citata legge di Tutela, il
contenuto  dell'art. 4  ed in specie, la necessita' di una tabella di
comuni o frazioni di comuni predisposta, su richiesta di almeno il 15
per cento dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta
di  un  terzo  dei  consiglieri  dei comuni interessati, dal Comitato
entro  diciotto mesi dalla sua costituzione, ed approvata con decreto
del Presidente della Repubblica;
        che  all'epoca  della notifica della cartella di pagamento in
questione  non  risultava emanato il richiamato decreto Presidenziale
(e tantomeno alla data odierna);
    Considerato,   inoltre,   come   la   medesima   regione  sollevi
l'eccezione  di'  difetto di giurisdizione del giudice adito, poiche'
l'attuazione   delle  disposizioni  concernenti  l'uso  della  lingua
slovena  nei  rapporti  con  i  concessionari  di servizi pubblici e'
subordinata  all'adozione  di  specifiche  convenzioni  da  parte dei
soggetti  interessati  e  quindi  dovrebbe  ritenersi  che il ricorso
concerna  il profilo organizzatorio del servizio pubblico, spettante,
ai  sensi  dell'art. 33, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato
dall'art. 7, comma 1, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205,
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
        che,  in  via  assolutamente  subordinata, visto il carattere
assorbente   delle   sollevate   questioni   pregiudiziali,   ritiene
l'infondatezza delle pretese di controparte, ritenendo l'art. 8 della
legge  n. 38/2001  norma  a  carattere  meramente  programmatico, che
necessita'   di  specifici  atti  applicativi,  primo  fra  tutti  il
provvedimento  di  delimitazione  dei territori in cui e' presente la
minoranza slovena mediante d.P.R. ai sensi dell'art. 4 della medesima
legge;
    Pertanto   la   mancata   adozione   ditale   provvedimento   non
consentirebbe l'adozione dei richiesti provvedimenti organizzatori di
concreta  applicazione del diritto all'uso della lingua slovena nella
pubblica amministrazione;
        che  riteneva  anch'essa  del  tutto inconferente il richiamo
alla   sentenza   costituzionale  n. 62/1992  in  quanto  applicabile
esclusivamente al processo di opposizione ad ordinanza ingiunzione di
cui  agli  artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981 nonche' fuorvianti e
inconferenti  i  richiami al Memorandum di Londra del 1954 ovvero del
Trattato di Osimo ratificato con legge 14 marzo 1977, n. 73;
    Comunque  -  osserva  la  stessa aministrazione regionale - dalla
medesima  sentenza  risulterebbe  che il diritto all'uso della lingua
slovena  nei  processi  di opposizione ad ordinanza ingiunzione viene
riconosciuto  ai  soli cittadini italiani appartenenti alla minoranza
linguistica  slovena  e non anche alle persone giuridiche aventi sede
in   zone   nemmeno   limitate   territorialmente  (visto  il  tenore
dell'art. 4  della  citata  legge)  in  cui  e' presente la minoranza
linguistica  slovena,  pertanto  sentenza  inconferente  sia sotto il
profilo  oggettivo in relazione al procedimento nel quale si pretende
l'applicazione  sia  sotto  il  profilo  soggettivo in relazione alla
persona che ha proposto in giudizio l'odierna azione;
    Tutto cio' premesso;
    Letti  gli  artt. 3 e 6 della Costituzione nonche' l'art. 3 dello
Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia;
    Lette  le  sentenze  della Corte costituzionale 11 febbraio 1982,
n. 28  (concernente  l'art. 137 c.p.p. 1930), 24 febbraio 1992, n. 62
(concernente  gli  artt. 22 e 23 in combinato disposto con l'art. 122
c.p.c.) e 29 gennaio 1996, n. 15 (concernente l'art. 122 c.p.c.);
    Il   giudice   solleva   d'ufficio   questione   di  legittimita'
costituzionale:
        1) dell'art. 122 c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4
e  8 commi 1, 3, e 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto
agli  artt.  2,  3  e  6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello
Statuto  speciale  della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella
parte  in  cui non consentono ai cittadini italiani appartenenti alla
minoranza linguistica slovena nonche' alle persone giuridiche slovene
nonche' ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza linguistica
slovena,  rappresentanti  legali  di  persone giuridiche slovene, nel
processo  di  civile  davanti  al  giudice  avente  competenza  su un
territorio  dove  sia  insediata  la predetta minoranza, di usare, su
loro  richiesta,  la  lingua  materna nei propri atti, usufruendo per
questi  della  traduzione  in  lingua  italiana,  nonche' di ricevere
tradotti  nella  propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e
le  risposte  della  controparte, se non, nei soli territori compresi
nella  tabella  di  cui  all'art.  4  della  citata  legge, previe le
necessarie  misure  mediante  adeguamento degli uffici, dell'organico
del  personale  e  dell'organizzazione  interna,  nel  rispetto delle
vigenti  procedure di programmazione delle assunzioni di cui all'art.
39  della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni,
ed  entro  i  limiti  delle  risorse finanziarie disponibili ai sensi
dell'art.  8,  della citata legge, nonche', nelle zone centrali delle
citta'  di  Trieste  e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli,
non  prima  che  le singole amministrazioni interessate istituiscano,
anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche'
residenti  in  territori  non  previsti  dall'art.  4  che  intendono
avvalersi  dei  diritti  di cui ai commi 1, 2 e 3, dell'art. 8, della
citata legge;
        2)  del combinato disposto degli artt. 4, comma 1, ed 8 comma
1 e 5, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2,
3  e  6 della Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale
della  Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui non
riconoscono   ai   cittadini  italiani  appartenenti  alla  minoranza
linguistica  slovena  nonche' alle persone giuridiche slovene nonche'
ai   cittadini   italiani  appartenenti  alla  minoranza  linguistica
slovena,  rappresentanti  legali  di  persone  giuridiche  slovene, i
diritti di cui al comma 1 dell'art. 4, legge 23 febbraio 2001, n. 38,
nei rapporti con i concessionari di servizi di pubblico interesse, se
non  con  quelli  aventi sede nel territorio di cui all'art. 1, legge
citata, e competenza nei comuni dicui all'art. 4, della citata legge,
secondo  le  modalita'  previste  dal  comma  4  dell'art. 8 e previa
disciplina delle modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al
comma  1 del medesimo articolo mediante specifiche convenzioni, entro
i  limiti  delle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 4
della  citata  legge,  da  parte  degli  enti pubblici interessati di
intesa con il Comitato;
        3) dell'art. 4, comma 1, della legge 23 febbraio 2001, n. 38,
in   rapporto   agli  artt. 2,  3  e  6  della  Costituzione  nonche'
dell'art. 3   dello   Statuto   speciale   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  nella parte in cui non riconosce ai cittadini
italiani appartenenti alla minoranza linguistica slovena nonche' alle
persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani appartenenti
alla  minoranza linguistica slovena, rappresentanti legali di persone
giuridiche  slovene,  il  diritto  all'uso  della  lingua slovena nei
rapporti  con  le autorita' amministrative e giudiziarie locali ed il
diritto  di  ricevere  risposta  in  lingua  slovena se non, nei soli
territori  compresi  nella  tabella  di  cui  all'art. 4 della citata
legge, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli uffici,
dell'organico   del  personale  e  dell'organizzazione  interna,  nel
rispetto  delle  vigenti procedure di programmazione delle assunzioni
di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni,   ed   entro   i   limiti  delle  risorse  finanziarie
disponibili  ai  sensi dell'art. 8 nonche', nelle zone centrali delle
citta'  di  Trieste  e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli,
non  prima  che  le singole amministrazioni interessate istituiscano,
anche in forma consorziata, un ufficio rivolto ai cittadini ancorche'
residenti  in  territori non previsti dall'art. 4, della citata legge
che  intendono  avvalersi  dei  diritti  di  cui  ai  commi  1, 2 e 3
dell'art. 8 della citata legge;
    Che pertanto questo giudicante deve preliminarmente esprimersi in
merito  alla  rilevanza  e non manifesta infondatezza delle sollevate
questioni  di  illegittimita'  costituzionale  di  cui  ai precedenti
paragrafi  1.,  2.  e  3., ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo
1953, n. 87 e dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
n. 1.

                          I n d i r i t t o

    1.  -  La questione di legittimita' costituzionale, dell'art. 122
c.p.c. in combinato disposto con gli artt. 4 e 8 commi 1, 3 e 4 della
legge  23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt. 2, 3 e 6 della
Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione
autonoma  Friuli-Venezia Giulia, nella parte in cui non consentono ai
cittadini  italiani  appartenenti  alla minoranza linguistica slovena
nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani
appartenenti   alla  minoranza  linguistica  slovena,  rappresentanti
legali  di persone giuridiche slovene, nel processo di civile davanti
al  giudice  avente competenza su un territorio dove sia insediata la
predetta  minoranza,  di  usare, su loro richiesta, la lingua materna
nei  propri  atti,  usufruendo  per questi della traduzione in lingua
italiana,  nonche' di ricevere tradotti nella propria lingua gli atti
dell'autorita'  giudiziaria  e le risposte della controparte, se non,
nei  soli  territori  compresi  nella tabella di cui all'art. 4 della
citata  legge, previe le necessarie misure mediante adeguamento degli
uffici,  dell'organico  del  personale e dell'organizzazione interna,
nel   rispetto   delle  vigenti  procedure  di  programmazione  delle
assunzioni di cui all'art. 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e
successive modificazioni, ed entro i limiti delle risorse finanziarie
disponibili  ai sensi dell'art. 8, della citata legge, nonche', nelle
zone  centrali  delle  citta'  di Trieste e Gorizia e nella citta' di
Cividale  del  Friuli,  non  prima  che  le  singole  amministrazioni
interessate  istituiscano,  anche  in  forma  consorziata, un ufficio
rivolto  ai  cittadini  ancorche' residenti in territori non previsti
dall'art.  4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2
e  3,  dell'art. 8,  della  citata  legge  e' rilevante ai fini della
decisione  e  non manifestamente infondata per le ragioni che vengono
qui di seguito riportate.
    La  questione  e'  rilevante  ai  fini della decisione, in quanto
l'atto  introduttivo  del  giudizio  e'  stato  redatto  dalla  parte
attrice,  non costituitasi a mezzo di un difensore, esclusivamente in
lingua slovena. Tale aspetto e' stato contestato, come sopra esposto,
dalla  convenuta  Uniriscossioni S.p.A. secondo la quale l'atto sotto
tale  aspetto  risulterebbe  inammissibile  e/o inesistente. Inoltre,
questo  giudice,  seguendo  sin  dall'inizio  del  processo i dettami
enucleati  nel  sentenze  costituzionali  11 febbraio 1982, n. 28, 24
febbraio   1992,   n. 62  e  29  gennaio  1996,  n. 15,  ha  disposto
l'assistenza linguistica sia in forma scritta, mediante la traduzione
in  lingua  italiana  dell'atto introduttivo ed in lingua slovena del
decreto  di  fissazione  dell'udienza  e del verbale di causa, sia in
forma  orale, richiedendo l'assistenza in udienza di un interprete di
lingua slovena dell'Ufficio esperti linguistici della Corte d'appello
di Trieste. La decisione sulla costituzionalita' dell'art. 122 c.p.c.
in  combinato  disposto  con  gli  artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della
legge  23  febbraio  2001, n. 38, risulta rilevante nel caso in esame
non   solo   in  relazione  alla  decisione  sull'ammissibilita'  e/o
inesistenza  dell'atto  introduttivo, redatto solo in lingua slovena,
ma  anche  immediatamente  insede  processuale per quanto riguarda la
traduzione  di tutti gli atti processuali diretti alla parte attrice,
non   costituitasi  mediante  un  difensore,  compreso  il  presente,
nonche', in relazione alla domanda della citata Uniriscossioni S.p.A.
con  la  quale  la  medesima  richiede  in limine litis la revoca del
decreto  datato  2  luglio  2003  nella parte in cui comunque ritiene
sussistente  nella  fattispecie  in  considerazione  e  nel  presente
processo  il  diritto del Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della
lingua slovena.
    La  non manifesta infondatezza deriva dalla lettura dell'art. 122
c.p.c.  in  combinato  disposto  con gli artt. 4 e 8, commi 1, 3, e 4
della   legge   23   febbraio   2001,  n. 38,  attraverso  la  citata
giurisprudenza  costituzionale  in  materia.  Infatti,  dopo l'ultima
sentenza  della  Corte costituzionale di data 29 gennaio 1996, n. 15,
il  quadro  normativo  di riferimento per quanto riguarda l'uso della
lingua  slovena  e' cambiato radicalmente in peius con l'approvazione
della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (in Gazz. Uff. 20 dicembre 1999,
n. 297)  -  Norme  in  materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche e, da ultimo, con la legge 23 febbraio 2001, n. 38 (in Gazz.
Uff.  n. 56  dell'8 marzo 2001) - Norme per la tutela della minoranza
linguistica  slovena  della regione Friuli-Venezia Giulia. Infatti, i
due  testi normativi prevedono una limitazione territoriale ulteriore
rispetto  a  quella individuata nelle fino ad allora vigenti norme di
tutela  della  minoranza  slovena  e  ben  evidenziate  nelle  citate
pronunce  costituzionali,  secondo le quali «tanto la Costituzione (e
lo  Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia) quanto il Trattato
di  Osimo, nell'ambito dei fini connessi alla tutela "positiva" delle
minoranze   linguistiche,  impongono  al  legislatore  e  alle  altre
autorita'  della  Repubblica,  l'impegno di perseguire l'obiettivo di
assicurare    agli    appartenenti   alla   minoranza   slovena   del
Friuli-Venezia  Giulia  il diritto di usare la propria lingua materna
nei  rapporti con gli uffici pubblici e, in particolare, nei rapporti
con  gli  uffici  giudiziari» (Corte cost. 24 febbraio 1992, n. 62) e
«gli  argomenti  posti  a  fondamento  della  presente decisione sono
destinati ad assumere una portata piu' ampia, con riguardo al diritto
degli  appartenenti  alla  minoranza slovena di far uso della propria
lingua,  in  generale, nelle controversie di fronte al giudice, nelle
quali trovi applicazione l'art. 122, comma 1 c.p.c.» (Corte. cost. 29
gennaio 1996, n. 15).
    L'art. 4  della  legge  n. 38/2001 (analogamente all'art. 3 della
legge  n. 482/1999),  invece,  dispone  che le misure di tutela della
minoranza  slovena  previste  dalla  citata  legge  si applicano alle
condizioni  e  con  le  modalita'  indicate  nella  legge stessa, nel
territorio  in  cui la minoranza e tradizionalmente presente. In tale
territorio  sono  considerati  inclusi i comuni o le frazioni di essi
indicati in una tabella predisposta, su richiesta di almeno il 15 per
cento  dei cittadini iscritti nelle liste elettorali o su proposta di
un  terzo  dei consiglieri dei comuni interessati, dal Comitato entro
diciotto  mesi  dalla  sua costituzione, ed approvata con decreto del
Presidente  della Repubblica. Qualora il Comitato non sia in grado di
predisporre  nel termine previsto la tabella di cui sopra, la tabella
stessa  e'  predisposta  nei successivi sei mesi dalla Presidenza del
Consiglio  dei  ministri,  sentite  le  amministrazioni interessate e
tenendo  conto  del lavoro svolto dal Comitato, fermo restando quanto
stabilito  dall'art.  25  della citata legge concernente le modifiche
dell'ambito territoriale di applicazione della legge.
    Viene,   quindi,  introdotta  una  limitazione  territoriale  non
presente  nella precedente normativa in materia concernente i diritti
individuali  degli  appartenenti  alla  minoranza  slovena in Italia.
Infatti,  la  limitazione  territoriale all'interno del territorio di
Trieste,  prima,  e  delle  aree della Regione Friuli-Venezia Giulia,
poi, in cui risulta storicamente insediata la minoranza slovena quale
minoranza linguistica riconosciuta, era prevista solamente per quanto
riguarda  i  diritti  collettivi  del  c.d. bilinguismo visivo, cioe'
nella  forma  disciplinata  dal terzo comma dell'art. 5 dello Statuto
speciale  allegato al Memorandum di Londra del 1954, secondo il quale
nella  zona sotto l'amministrazione italiana le insegne sugli edifici
pubblici  e  le  denominazioni delle localita' e delle strade saranno
redatte  nella  lingua  del  gruppo  etnico  jugoslavo  (ora sloveno)
oltreche'  nella  lingua  dell'amministrazione  suddetta,  in  quelle
circoscrizioni  elettorali del Comune di Trieste e negli altri comuni
in  cui  gli appartenenti al suddetto gruppo etnico rappresentano una
rilevante parte della popolazione (almeno un quarto).
    Occorre  sul  punto,  ad  ulteriore  prova  della  non  manifesta
infondatezza   della   questione,  richiamare  quanto  dedotto  nella
sentenza  n. 15/1996  della  Corte costituzionale (anch'essa indicata
dalla  parte  attrice  e  del  tutto ignorata dalle parti convenute),
concernente  fattispecie  pressoche'  identica alla presente, sebbene
concernente  gia'  la  fase  esecutiva  di  cui  agli artt. 543 e ss.
c.p.c.,  nella  quale,  il  debitore, cittadino italiano appartenente
alla  minoranza  slovena,  aveva  presentato memoria scritta, redatta
nella  madrelingua,  con  la  quale  si  era  opposto  all'esecuzione
deducendo  la  nullita'  del  pignoramento,  nonche'  della  cartella
esattoriale  e  dell'avviso  di  mora in precedenza a lui notificati,
perche'  non  tradotti  in  lingua slovena. Che, inoltre, all'udienza
fissata  per  la  dichiarazione  del  terzo  pignorato,  il  suddetto
debitore  aveva richiesto la traduzione in lingua slovena del verbale
del processo esecutivo.
    Orbene,  in  tale pronuncia il giudice a quo aveva osservato come
le  pretese  soggettive fossero effettive ed azionabili, in relazione
al dictum della sentenza n. 62 del 1992, soltanto nella misura in cui
siano  state  adottate  adeguate  norme  di  attuazione e siano state
predisposte  le necessarie strutture organizzative, entrambe sono ben
individuabili ed operative nell'Ufficio esperti linguistici presso la
Corte  d'appello  di Trieste istituito ai sensi della legge 14 luglio
1967, n. 658.
    Ma,  sebbene  la  tutela linguistica fosse sino ad ora pienamente
riconosciuta  anche  nel processo civile (oltreche' in quello penale)
nei  rapporti  tra  cittadino  italiano  di  nazionalita'  slovena  e
autorita'  giudiziaria,  in seguito alla necessaria delimitazione dei
territori  compresi  nella  tabella  di  cui  all'art.  4 della legge
n. 38/2001 e, nelle zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e
nella citta' di Cividale del Friuli, a fronte della necessita' che le
singole  amministrazioni  interessate  istituiscano,  anche  in forma
consorziata,  un  ufficio rivolto ai cittadini ancorche' residenti in
territori  non  previsti  dall'art.  4  della  legge  n. 38/2001  che
intendono  avvalersi  dei diritti di cui ai commi 1, 2 e 3 del citato
articolo, tale intervento legislativo ha comportato l'eliminazione di
quella  -  come  affermato  dalla Corte costituzionale nella sentenza
n. 28  del  1982  -  «operativita' minima» [ns. sottolineatura] della
tutela  delle  minoranze  riconosciute  -  e, nella specie, di quella
slovena   «che   implica»  oltre  all'inammissibilita'  di  qualsiasi
sanzione  che  colpisca  l'uso  della  propria  lingua da parte degli
appartenenti  alla  minoranza  protetta,  il diritto «gia' ora ... di
usare  la  lingua  materna  e di ricevere risposte dalle autorita' in
tale  lingua;  nelle  comunicazioni  verbali,  direttamente  o per il
tramite di un interprete; nella corrispondenza, con il testo italiano
accompagnato  da  traduzione in lingua slovena». Nella sentenza n. 62
del  1992,  la  Corte costituzionale ha ulteriormente chiarito che il
«nucleo  minimale di tutela [ns. sottolineatura] per gli appartenenti
alla minoranza riconosciuta» comprende «il diritto di usare la lingua
materna  nei  rapporti con le autorita' giurisdizionali e di ricevere
risposte  da  quelle  autorita'  nella  stessa lingua» specificando -
sebbene  in  relazione  al  caso  specifico degli artt. 22 e 23 legge
n. 689/1981  -  il  riconoscimento  della  «facolta'...,  nei giudizi
davanti  all'autorita' giudiziaria avente competenza su un territorio
dov'e'  insediata la minoranza slovena, di usare, a ... richiesta, la
lingua   materna   nei  propri  atti,  usufruendo  per  questi  della
traduzione   nella   lingua   ufficiale,  oltreche'  di  ricevere  in
traduzione nella propria lingua gli atti dell'autorita' giudiziaria e
le  risposte della controparte». In tal senso la sentenza della Corte
n. 15/1996  ha  statuito  che  la  tutela nel processo dell'identita'
linguistica   dell'appartenente  alla  comunita'  di  lingua  slovena
concerne  «gli atti, provenienti dall'interessato, non solo ufficiali
(cioe'  quelli previsti dalla legge processuale i quali confluiscono,
insieme  a  quelli delle altre parti e del giudice, nel processo), ma
anche  personali  (v.  art. 5  comma  1  dello "Statuto speciale" del
1954)».  Inoltre,  tale  diritto  non  concernerebbe  i soli rapporti
verticali  cittadino, pubblica amministrazione (e nella specie quella
giudiziaria) come disposto dall'art. 5 dello Statuto speciale, ma, in
base  a  quanto  motivato  nella  sentenza  n. 62  del  1992, anche i
rapporti  orizzontali  con la ricezione nella propria lingua altresi'
delle  risposte della controparte, in quanto la tutela dell'identita'
linguistica  ha  una  sua  ragione d'essere in rapporto alla funzione
giudiziaria  e  non  tanto  al  giudice.  Cio'  esclude  i  soli atti
processuali  compiuti  per  il  tramite  di avvocati e procuratori da
parte  del cittadino appartenente alla minoranza. Infatti, «la tutela
dell'identita'  linguistica  e'  personale,  poiche'  solo la persona
appartenente  alla  comunita'  di  lingua diversa da quella dominante
puo'   avvertire   come   una   menomazione  della  propria  dignita'
l'imposizione,  che  fosse  eventualmente  stabilita nei rapporti con
l'autorita',  della  lingua ufficiale di questa». (sempre Corte cost.
n. 15/1996).
    E   proprio   a   questo   punto   occorre   procedere  all'esame
dell'eccezione  dell'Amministrazione  regionale,  secondo  la quale i
suddetti principi varrebbero per le sole persone fisiche appartenenti
alla minoranza, ma non per le persone giuridiche. Contro tale assunto
militano tre eccezioni.
    Innanzitutto,  la  Regione  sconfessando  se'  stessa, in data 24
giugno 1998 (cioe' antecedentemente all'entrata in vigore della legge
23  febbraio 2001, n. 38) ha tradotto in lingua slovena l'ordinanza -
ingiunzione  prot.  F/11.1/(135)/n. 1283  notificata alla Cooperativa
agricola forestale Sereco S.r.l. - persona giuridica - il che denota:
        1) come la Regione non si sia posta in tale sede, come invece
nel  presente  processo, la questione sull'affermata inapplicabilita'
della  sentenza  n. 62/1992 alle persone giuridiche aventi sede nelle
zone in cui e' presente la minoranza linguistica;
        2)  ne'  si  e'  posta le gia' indicate limitazioni di natura
territoriale,  al  tempo non sussistenti in quanto intervenute appena
con la successiva legge di tutela della minoranza slovena n. 38/2001,
il che conferma che in seguito all'approvazione della citata legge e'
venuto  meno  il  nucleo  minimale di tutela reiteratamente enunciato
nelle pronunce della Corte costituzionale.
    Comunque,  e  questa  e'  la  seconda  eccezione, la stessa legge
n. 38/2001 tutela anche le persone giuridiche slovene (cioe' composte
da  cittadini  italiani  appartenenti alla minoranza slovena) quando,
all'art. 7  riconosce  il diritto alla denominazione, agli emblemi ed
alle  insegne  in  lingua  slovena  sia alle imprese slovene sia alle
altre  persone  giuridiche, nonche' ad istituti, enti, associazioni e
fondazioni  sloveni.  Pertanto,  anche  tali  soggetti  giuridici, in
quanto  estrinsecazione  dei  loro soci o associati appartenenti alla
minoranza   slovena,  soggiacciono  alla  medesima  tutela,  operando
infatti  a  mezzo  di  persone  fisiche di nazionalita' slovena, loro
rappresentanti  legali  che  hanno diritto di avvalersi della propria
madrelingua   nei  rapporti  con  le  pubbliche  autorita'.  Infatti,
l'art. 2   della   Costituzione  riconosce  e  garantisce  i  diritti
inviolabili  dell'uomo  sia come singolo sia nelle formazioni sociali
ove  si  svolge  la  sua  personalita'.  L'unico  dubbio permarrebbe,
invece,  per persone fisiche slovene che operano quali rappresentanti
legali  di  persone giuridiche non slovene, per le quali, invece, non
e' stata sollevata in questa sede eccezione di incostituzionalita'.
    Infine, quale terza eccezione, sarebbe del tutto irragionevole ed
indice  di  disparita' di trattamento un'interpretazione che assicuri
la   tutela  linguistica  ai  cittadini  italiani  appartenenti  alla
minoranza  slovena  uti  singoli  e  la  neghi, invece, se i medesimi
cittadini  italiani  appartenenti  alla minoranza slovena decidano di
associarsi o costituire una societa', sia di capitali, che di persone
(per  quest'ultima  tanto  piu',  in  quanto operano pur sempre quali
persone  fisiche  e  non  quali  meri  rappresentanti della societa',
persona   giuridica,   anche   tenendo  conto  anche  della  limitata
soggettivita'  anche  delle societa' di persone). E di un tanto si e'
reso perfettamente conto il legislatore nel formulare l'art. 7, comma
2, della legge n. 38/2001.
    La   legge  n. 38/2001  ha,  quindi,  eliminato  radicalmente  le
garanzie   costituzionali  di  minima  tutela  linguistica.  Infatti,
seguendo  il  dettato degli artt. 4 e 8 della citata legge di tutela,
sino  alla  delimitazione dei territori di cui all'art. 4 i cittadini
italiani di lingua slovena non possono usufruire dei suddetti diritti
fondamentali  di  tutela  linguistica.  E,  comunque,  anche  se tali
territori  fossero gia' stati delimitati (si e' infatti in attesa del
d.P.R.  che  approvi  l'elenco predisposto dal Comitato paritetico di
cui  all'art. 3 della citata legge), al di fuori degli stessi ai suoi
appartenenti  viene negata la tutela linguistica individuale, sebbene
risiedano  in  zone  d'insediamento  storico  della minoranza slovena
oggetto  delle  normative  di tutela, zone indicate nell'art. 1 della
legge  n. 38/2001, oltreche' nel Trattato di Osimo del 1975 (legge 14
marzo 1977, n. 73) e nel Memorandum di Londra del 1954 (si vedano per
es. le norme in materia scolastica e di diffusione radiotelevisiva in
lingua  slovena:  decreto  del  Presidente della Repubblica 31 luglio
1997  -  in  Gazz.  Uff.,  24  ottobre,  n. 249  - Approvazione della
convenzione  stipulata  in  data 11 giugno 1997 fra la Presidenza del
Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria
e  la  RAI  - Radiotelevisione italiana S.p.A. per la trasmissione di
programmi   radiofonici   e  televisivi  in  lingua  slovena  nonche'
radiofonici in lingua italiana per la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia,  16  giugno 1997, n. 199, in attuazione della legge 14 aprile
1975,  n. 103  -  in  Gazz.  Uff., 17 aprile, n. 102 - Nuove norme in
materia  di  diffusione  radiofonica  e televisiva; legge 22 dicembre
1973,  n. 932  -  in  Gazz. Uff., 23 gennaio, n. 21 - Modificazioni e
integrazioni   della  legge  19  luglio  1961,  n. 1012,  riguardante
l'istituzione  di  scuole  con  lingua  di insegnamento slovena nelle
provincie  di  Trieste e Gorizia, nonche' le altre norme citate nella
sentenza costituzionale n. 28/1982).
    Pertanto,  appare evidente come la delimitazione dei territori di
cui  all'art.  4,  dipenda  dalla  volonta'  politica  delle  singole
amministrazioni   comunali   (proposta   al  Comitato  paritetico)  e
governative  (decreto  Presidente della Repubblica) di volta in volta
elette,  con  un  concetto  di delimitazione territoriale elastica di
tutela.  Il  contrasto  insito  nell'art. 4 della legge n. 38/2001 e'
evidente  dal  suo stesso tenore letterale dove prima afferma che «le
misure  di  tutela  della  minoranza  slovena previste dalla presente
legge  si applicano alle condizioni e con le modalita' indicate nella
legge  stessa, nel territorio in cui la minoranza e' tradizionalmente
presente»  e  nello stesso tempo definisce quale territorio in cui la
minoranza  e tradizionalmente presente solo quello dei comuni o delle
frazioni  di  essi  indicati  in una tabella predisposta dal Comitato
paritetico  ed approvata con decreto del Presidente della Repubblica.
Il concetto di presenta tradizionale evoca quelli di presenza storica
ed  effettiva  e  quindi  oggettiva e non quella di presenza definita
politicamente  e  quindi  soggettiva,  temporalmente  variabile,  che
potrebbe  portare - in violazione delle disposizioni costituzionali e
del livello minimo di tutela che deve essere comunque garantito - sia
all'estensione  della tutela anche a zone della provincia di Udine in
cui  la  minoranza  non  e  storicamente presente, sia all'esclusione
dell'intero  territorio  regionale  dalla legge di tutela, compresi i
territori di plurisecolare presenza storica della minoranza. Con cio'
la  legge  n. 38/2001  tamquam non esset (e conseguentemente l'art. 6
Cost. e art. 3 St. spec. Regione F.V.G.).
    L'unica  possibilita' per i cittadini residenti nei territori non
inclusi  nella  tabella  di  cui  all'art.  4  e  comunque  l'ipotesi
obbligata per i cittadini residenti «nelle zone centrali delle citta'
di Trieste e Gorizia e nella citta' di Cividale del Friuli», anche se
incluse  nei territori di cui all'art. 4 (vista la locuzione "invece"
presente  nel  comma  4  dell'art. 8), e' quella di rivolgersi ad «un
ufficio  rivolto  ai  cittadini  ancorche' residenti in territori non
previsti  dall'art.  4  che intendono avvalersi dei diritti di cui ai
commi   1,  2  e  3»  che  «le  singole  amministrazioni  interessate
istituiscono,  anche in forma consorziata». Tali uffici a distanza di
tre  anni  dall'approvazione  della legge, non sono ne' operanti, ne'
costituti in forma consorziata, tantomeno dal Ministero di giustizia.
Oltre  al fatto- attinente all'organizzazione della p.a. e quindi non
oggetto  di  verifica  costituzionale  - che risulterebbe assurdo, in
un'epoca di telefonia mobile nonche' di comunicazioni via fax e posta
elettronica (si veda il processo societario e la normativa in materia
di  processo  telematico),  obbligare  i cittadini italiani di lingua
slovena  non  solo a spostarsi per rilevanti distanze per raggiungere
il  suddetto ufficio, ma anche a rivolgersi, all'interno dello stesso
Palazzo di Giustizia, ad un unico ufficio predisposto a tal fine.
    Occorre,  inoltre,  evidenziare  come  nel  censimento  del  1971
(ultimo  con  richiesta  di  appartenenza  etnica)  a  fronte  di una
popolazione  di  15.564  persone  dichiaratesi appartenenti al gruppo
linguistico  sloveno  nel Comune di Trieste (comprese quindi le «zone
centrali  delle  citta'  di  Trieste  ...»  nel  cui  centro citta' e
periferia   cittadina  si  sono  dichiarate  appartenenti  al  gruppo
linguistico  sloveno 9.789 persone) nei cinque comuni limitrofi della
Provincia   di  Trieste  si  e'  dichiarato  invece  tale  un  numero
complessivo,  inferiore,  di  9.142  abitanti. Pertanto, nel 1971 per
quanto  riguarda  la  Provincia  di Trieste, i cittadini dichiaratisi
appartenenti  al gruppo linguistico sloveno (cioe' quasi il 10% della
popolazione  provinciale)  risultavano  piu'  numerosi  non  solo nel
Comune di Trieste rispetto agli altri cinque comuni limitrofi (15.564
nel  primo,  9.142  nei secondi), ma anche piu' numerosi nelle stesse
zone  centrali e periferiche della citta' di Trieste (9.789) rispetto
alle  circoscrizioni  non  cittadine  dell'Altipiano est ed Altipiano
ovest  del  medesimo  Comune  di  Trieste (5.775). La limitazione dei
diritti  linguistici  individuali  ai soli territori ricompresi nella
tabella  di  cui  all'art.  4  e  comunque, nelle zone centrali della
citta'  di Trieste al solo sportello unico comporta quindi violazione
dell'art.  3  della  Costituzione  quale  irragionevole disparita' di
trattamento  tra cittadini italiani di lingua slovena della Provincia
di  Trieste  residenti  nei  territori e cittadini italiani di lingua
slovena  della  Provincia  di  Trieste  non  residenti nei territori,
nonche'  tra  cittadini  italiani  di  lingua  slovena  del Comune di
Trieste  residenti  nei  territori  e  cittadini  italiani  di lingua
slovena  del  Comune  di  Trieste non residenti nei territori ovvero,
anche  se residenti nei territori, abitanti nelle zone centrali della
citta' e quindi obbligati ad usufruire del solo ufficio appositamente
(non  ancora)  costituito  a  tal fine. Inoltre, essendo la totalita'
degli  uffici  statali  e regionali ed il 90% degli uffici dei comuni
capoluogo  ubicata  nelle  «zone  centrali  delle citta' di Trieste e
Gorizia  e nella citta' di Cividale del Friuli» cio' comporta che per
es.  tendenzialmente un solo ufficio (comunque non ancora costituito)
posizionato  in  un  punto  imprecisato  del  territorio  provinciale
dovrebbe  assicurare  ai  24.706  cittadini  di  lingua slovena della
Provincia  di  Trieste  (censimento 1971) il livello minimo di tutela
linguistica,  con  una  disparita'  di  trattamento  rispetto ai loro
concittadini  di  lingua  italiana  che,  invece,  possono rivolgersi
direttamente   agli  uffici  competenti  siti  sul  territorio  senza
obbligati  spostamenti,  e  con  conseguente,  violazione dell'art. 3
della Costituzione.
    Pertanto, non essendo stati ancora delimitati i territori inclusi
nell'elenco  di cui all'art. 4, dovendo i cittadini appartenenti alla
minoranza  slovena  non  residenti  nei territori di cui all'art. 4 o
residenti  nelle  zone  centrali  delle citta' di Trieste e Gorizia e
nella  citta'  di  Cividale  del  Friuli,  e  comunque  per questioni
concernenti   amministrazioni   statali,   regionali   e  dei  comuni
capoluogo, utilizzare esclusivamente un ufficio a loro destinato, non
istituito  ne' operante, allo stato attuale nessun cittadino italiano
appartenente  alla  minoranza  slovena, residente nel distretto della
Corte d'appello di Trieste (comprendente l'intera area d'insediamento
della  minoranza  slovena)  puo' rivolgersi all'autorita' giudiziaria
nella  propria  madre  lingua  e  ricevere  risposta  nella medesima,
nonostante  che  gli  uffici  di traduttore ed interprete siano stati
predisposti  in  attuazione  della  legge  14  luglio  1967,  n. 568,
antecedente all'attuale normativa di cui alla legge n. 38/2001.
    Nella propria sentenza n. 15 del 1996 la Corte costituzionale non
ha  ritenuto  di  dover  addivenire  ad  una sentenza dichiarativa di
incostituzionalita'    dell'art.    122    c.p.c.   in   seguito   ad
un'interpretazione    costituzionalmente   orientata   della   citata
disposizione  del  codice di rito. Tale interpretazione risulta pero'
attualmente totalmente preclusa dal tenore letterale e incondizionato
degli  artt. 4  e  8  della legge n. 38/2001 che devono quindi essere
dichiarati   incostituzionali   per  le  motivazioni  che  precedono.
Infatti,  come  ben  evidenziato nella pluricitata sentenza n. 15 del
1996,   se   le   richiamate   norme   costituzionali   e  statutarie
costituiscono  principi  direttivi  la  cui  concreta effettivita' e'
condizionata  da  leggi  e misure amministrative e dipende percio' da
iniziative  essenzialmente politiche, l'esistenza di norme, ancorche'
di  principio  -  come  l'art. 3 dello Statuto della Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia, «la cui costituzione in autonomia speciale e'
giustificata    per    l'appunto    dall'esistenza    di    comunita'
etnico-linguistiche  minoritarie e dall'esigenza di norme particolari
di  garanzia»  (ibidem)  - le quali «proclamano veri e propri diritti
costituzionali  e  pertanto  non  puo'  ridursi  in  mero auspicio di
intervento   futuro   di   autorita'   politico-amministrative,  come
deriverebbe  dal  concetto  di  norme  meramente programmatiche», ma,
«dalle   norme   costituzionali   in   questione   deriva   sempre  e
necessariamente   l'obbligo   di   ricercare   una  "tutela  minima",
immediatamente   operativa,   sottratta   alla   vicenda  politica  e
direttamente      determinabile      attraverso     l'interpretazione
costituzionale  dell'ordinamento,  anche attraverso la valorizzazione
di  tutti  gli  elementi  normativi esistenti, suscettibili di essere
finalizzati allo scopo indicato dalla Costituzione». Questi elementi,
assumibili  come  un'attuazione,  sebbene  parziale,  dell'art. 3 St.
F.V.G.,  possono  essere rinvenuti secondo la Corte, «nell'art. 8 del
Trattato   di  Osimo,  che,  richiamando  l'indicazione  dell'art.  5
"Statuto  speciale"  del  1954,  trasferisce  in  una  norma  interna
immediatamente  applicabile  il  relativo  assetto  di tutela» (Corte
cost. 29 gennaio 1996, n. 15).
    Attuazione,  sebbene  parziale,  dell'art.  3  St. F.V.G., che e'
preclusa  dal  tenore  degli artt. 4 e 8, commi 1, 3 e 4, della legge
n. 38  del 2001 in combinato disposto dell'art. 122 c.p.c. per quanto
riguarda  l'atto  introduttivo  del  giudizio  ed  i  successivi atti
processuali,  quale il decreto di data 2 luglio 2003 di cui si chiede
la revoca, nonche' gli atti di parte.
    2.  -  La  questione di legittimita' costituzionale del combinato
disposto  degli  artt. 4, comma 1, ed art. 8, comma 1 e 5 della legge
23  febbraio  2001,  n. 38,  in  rapporto  agli  artt. 2. 3 e 6 della
Costituzione nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione
autonoma  Friuli-Venezia Giulia nella parte in cui non riconoscono ai
cittadini  italiani  appartenenti  alla minoranza linguistica slovena
nonche' alle persone giuridiche slovene nonche' ai cittadini italiani
appartenenti   alla  minoranza  linguistica  slovena,  rappresentanti
legali  di  persone  giuridiche  slovene, i diritti di cui al comma 1
dell'art.  4  legge  23  febbraio  2001,  n. 38,  nei  rapporti con i
concessionari  di  servizi  di  pubblico interesse, se non con quelli
aventi  sede nel territorio di cui all'art. 1 e competenza nei comuni
di cui all'art. 4, secondo le modalita' previste dal comma 4 e previa
disciplina delle modalita' di attuazione delle disposizioni di cui al
comma 1 mediante specifiche convenzioni, entro i limiti delle risorse
finanziarie  disponibili  ai sensi dell'art. 4 della citata legge, da
parte  degli  enti  pubblici interessati di intesa con il Comitato e'
rilevante  ai  fini  della decisione e - non manifestamente infondata
per le seguenti ragioni.
    La  rilevanza  deriva dalla questione pregiudiziale di difetto di
giurisdizione   del  giudice  ordinario  spettando  - secondo  quando
eccepito  dalla convenuta Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - la
cognizione   delle   modalita'   di   attuazione  delle  disposizioni
concernenti   l'uso   della   lingua   slovena  nei  rapporti  con  i
concessionari  di  servizi pubblici al giudice amministrativo ex art.
33 d.lgs. n. 80/1998 come modificato dall'art. 7, comma 1, lettera a)
legge   n. 205/2000,   ai   sensi   del   quale  sono  devolute  alla
giurisdizione   esclusiva   del   giudice   amministrativo  tutte  le
controversie  in  materia  di pubblici servizi, in particolare quelle
riguardanti  le  attivita'  e le prestazioni di ogni genere, anche di
natura  patrimoniale,  rese  nell'espletamento  dei pubblici servizi.
Pertanto, l'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' dei limiti
posti  dal  legislatore  nei  comma  1  e 5 dell'art. 8, della citata
legge,  al  godimento  dei  diritti  linguistici  di  cui  al comma 1
dell'art.  8  nei  rapporti  con  i concessionari di pubblici servizi
farebbe  venir  meno  la  decisione  sulla questione pregiudiziale di
difetto  di  giurisdizione  in  merito alla quale questo giudice deve
esprimersi  immediatamente  dopo  la  richiesta  domanda di revoca in
limine litis del decreto del 2 luglio 2003.
    La  non  manifesta  incostituzionalita' del combinato disposto di
cui  agli  artt.  4,  comma  1, e 8, commi 1 e 5,della citata legge -
oltreche'  per  i  motivi  gia'  esposti  sub  1)  in  relazione alla
limitazione territoriale e all'operativita' nelle zone centrali delle
citta'  di Trieste e Gorizia nonche' in quella di Cividale del Friuli
(«secondo le modalita' previste dal comma 4») - risulta fondata anche
nella  parte  in  cui limita i diritti di cui al comma 1 del medesimo
articolo (costituenti la cd. tutela minima) richiedendo che:
        i   concessionari  di  pubblico  servizio  abbiano  sede  nel
territorio di cui all'art. 1 (cioe' nelle province di Udine, Gorizia,
Trieste),  escludendo  quindi  la  maggior parte dei concessionari di
pubblici  servizi  operanti nella Regione Friuli-Venezia Giulia - tra
cui la stessa convenuta Uniriscossioni S.p.A. ma anche Posteitaliane,
Telecomitalia  ecc.  -  che  hanno  invece rilevanza nazionale e sede
extraprovinciale  in  seguito alle concentrazioni e fusioni d'imprese
in  tale  ambito, anche a fronte delle reiterate modifiche in materia
di  pubblici  servizi  locali  apportate agli artt. 113 e 113-bis del
d.lgs.  n. 267/2000.  Tale  limitazione,  oltre  a  violare la tutela
minima   richiesta  a  livello  costituzionale  dagli  artt. 6  della
Costituzione  e  3  St.  Reg. F.V.G., atteso che l'ambito di pubblici
servizi  gestiti  mediante concessione e' in costante aumento con una
conseguente  crescente esclusione dei diritti linguistici individuali
in  tale  ambito,  viola  anche il principio di uguaglianza ex art. 3
della  Costituzione  nei  casi  in  cui nel comune di appartenenza il
servizio  di  riscossione  per  determinate  entrate  comunali  venga
gestito  da  un  concessionario  «locale»  (diritti  linguistici solo
previo convenzionamento), per altre direttamente dall'amministrazione
comunale  (diritti  linguistici  senza previo convenzionamento) e per
altre  ancora  da  un concessionario nazionale (esclusione totale dei
diritti linguistici);
        vengano  previamente  disciplinate le modalita' di attuazione
delle  disposizioni  di  cui  al  comma  1  dell'articolo  8 mediante
specifiche  convenzioni. Pertanto la concreta effettivita' della c.d.
«tutela  minima»  e'  condizionata da misure amministrative e dipende
percio'  da  iniziative essenzialmente politiche, sebbene l'esistenza
di  norme, ancorche' di principio - come l'art. 3 dello Statuto della
Regione  autonoma Friuli-Venezia Giulia - le quali «proclamano veri e
propri diritti costituzionali [...] non puo' ridursi in mero auspicio
di  intervento  futuro di autorita' politico-amministrative» come ben
evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15 del 1996.
    Tale   questione   di   illegittimita'  costituzionale,  oltre  a
condizionare  l'eccezione  di  difetto  di  giurisdizione del giudice
adito,  sollevata  dalla convenuta amministrazione regionale, risulta
rilevante  anche  ai  fini della decisione del merito della causa, in
quanto parte attrice ritiene gli atti di riscossione nulli e comunque
inefficaci   senza  notifica  della  traduzione  in  lingua  slovena,
richiamandosi  alla sentenza pretorile romana n. 17601 del 19 gennaio
1981.
    3.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 4,
comma  1, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, in rapporto agli artt.
2,  3  e  6  della  Costituzione,  nonche'  dell'art. 3 dello Statuto
speciale  della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia nella parte in
cui  non  riconosce ai cittadini italiani appartenenti alla minoranza
linguistica  slovena  nonche' alle persone giuridiche slovene nonche'
ai   cittadini   italiani  appartenenti  alla  minoranza  linguistica
slovena,  rappresentanti  legali  di  persone  giuridiche slovene, il
diritto  all'uso  della  lingua slovena nei rapporti con le autorita'
amministrative  e  giudiziarie  locali  ed  il  diritto  di  ricevere
risposta  in lingua slovena se non, nei soli territori compresi nella
tabella  di  cui  all'art.  4,  previe  le necessarie misure mediante
adeguamento    degli    uffici,   dell'organico   del   personale   e
dell'organizzazione  interna, nel rispetto delle vigenti procedure di
programmazione  delle  assunzioni  di  cui all'art. 39 della legge 27
dicembre  1997, n. 449, e successive modificazioni, ed entro i limiti
delle  risorse  finanziarie disponibili ai sensi dell'art. 8 nonche',
nelle  zone centrali delle citta' di Trieste e Gorizia e nella citta'
di   Cividale  del  Friuli,  prima  che  le  singole  amministrazioni
interessate  istituiscano,  anche  in  forma  consorziata, un ufficio
rivolto  ai  cittadini  ancorche' residenti in territori non previsti
dall'art.  4 che intendono avvalersi dei diritti di cui ai commi 1, 2
e  3,  dell'art.  8 risulta rilevante e non manifestamente infondata,
oltreche' per i motivi di cui ai punti 1) e 2) per quanto riguarda la
delimitazione territoriale, l'ufficio unico nelle zone centrali delle
citate   citta',   del  previo  convenzionamento  e  della  sede  dei
concessionari, anche per le ragioni che qui di seguito si espongono.
    La  questione  e'  rilevante  oltreche'  ai fini della revoca del
decreto  datato  2  luglio  2003  nella parte in cui comunque ritiene
sussistente  nella  fattispecie in considerazione (ai soli fini pero'
del  fumus  boni iuris) e nel presente processo il diritto del Grgicõ
di  utilizzo,  attivo  e passivo, della lingua slovena, anche ai fini
della   decisione.  Infatti,  parte  attrice  afferma  che  gli  atti
inviatile  dalla  Uniriscossioni  S.p.A. e dalla Regione sono nulli o
comunque inefficaci quando destinati agli appartenenti alla minoranza
slovena,  poiche'  privi  della traduzione in lingua slovena, secondo
quanto  affermato  dalla  sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della
Pretura  di  Roma.  Inoltre,  la  convenuta  Uniriscossioni S.p.A. in
limine  litis  ritiene  il  ricorso  inammissibile e/o inesistente in
quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana. Nel mentre
la  Regione,  in  via  assolutamente  subordinata, chiede dichiararsi
l'infondatezza  dell'azione  ritenendo  la  legge  n. 38/2001  ed  in
particolare  l'art.  8  di  carattere meramente programmatico, la cui
applicabilita' necessita dell'adozione di specifici atti applicativi,
primo  fra  tutti  il  provvedimento di delimitazione dei territorio,
oltre alle gia' esposte eccezioni in merito all'inconferente richiamo
alla  sentenza costituzionale n. 62/1992, al Memorandum di Londra del
1954 ovvero del Trattato di Osimo ratificato con legge 14 marzo 1977,
n. 73,  e  al riconoscimento del diritto all'uso della lingua slovena
ai  soli  cittadini  italiani appartenenti alla minoranza linguistica
slovena e non anche alle persone giuridiche.
    In   punto   non   manifesta  infondatezza  per  quanto  riguarda
l'operativita'  della  tutela  minima  nei confronti della Regione ai
sensi  dell'art. 3 St. Reg. F.V.G. e delle leggi regionali in materia
ci  si  richiama  a  quanto  gia'  dedotto  sub 1). In relazione alla
Uniriscossioni  S.p.A.,  invece, occorre osservare che la medesima e'
concessionaria  per  la  riscossione  dei  tributi  e  delle  entrate
patrimoniali  della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e pertanto
opera,  quale  concessionaria,  in  nome  e  per  conto della Regione
medesima.  Quindi, e' come se operasse l'Amministrazione regionale in
quanto  la p.a. anziche' gestire alcuni servizi di pubblica utilita',
puo'  conferirne  l'esercizio  a  privati concessionari che divengono
legittimati  all'esercizio  pubblico. Ove mancasse l'instaurazione di
tale  rapporto  concessiorio,  la  Regione dovrebbe provvedervi con i
propri  mezzi,  organizzando  in  proprio  Il  servizio. Pertanto, il
cittadino italiano appartenente alla minoranza slovena nel momento in
cui  interloquisce  con  il  concessionario  e' come se interloquisse
direttamente  con  l'amministrazione  regionale,  che opera, infatti,
attraverso  il  concessionario.  Quindi,  oltre  alle  normative  sul
diritto   d'accesso  agli  atti  ex  legge  n. 241/1990  al  medesimo
cittadino debbono essere riconosciute le stesse garanzie linguistiche
di  cui  gode  (o  dovrebbe  godere)  nei  confronti della regione ex
artt. 6  della  Costituzione  e  3  St.  Reg.  F.V.G.  Altrimenti  il
cittadino,  pur  interagendo  sia nell'uno che nell'altro caso con la
Regione, sebbene attraverso il filtro del concessionario, si vedrebbe
negata  o,  perlomeno,  condizionata  la propria tutela linguistica a
seconda che la p.a. usufruisca di concessionari di pubblici servizi o
operi  direttamente a mezzo dei propri uffici in violazione dell'art.
3  della  Costituzione  che  richiede  pari trattamento per identiche
situazioni.  Concludendo,  si  ritiene  che  anche  la  questione  di
incostituzionalita' sub 3) risulti non manifestamente infondata.
    Infine, riportando le richiamate disposizioni sub nn. 1), 2) e 3)
della  legge  n. 38/2001  l'espressione «entro i limiti delle risorse
finanziarie  disponibili»  occorre osservare come, oltre al fatto che
la  tutela  minima  derivante da diritti costituzionalmente garantiti
non  puo'  venir  condizionata  dalla  presenza  o  meno di copertura
finanziaria,  tale  copertura  viene  comunque  garantita  dalla l.r.
n. 20/1973  per  gli enti locali e dalle leggi 482/1999 e 38/2001 per
tutte  le  amministrazioni  (oltre  alla  gia' citata legge 14 luglio
1967,  n. 658,  per  la  Giustizia),  leggi che appunto risultano tra
l'altro  finalizzate  alla  copertura  delle  spese  sostenute  dalle
pubbliche   amministrazioni   per   l'assunzione   di   interpreti  e
traduttori,  oltre  al  fatto  che  questi  -  o personale bilingue -
risultano   gia'   presenti   nell'organico  della  Regione  autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  (e  quindi anche a supporto dell'attivita' di
suoi  concessionari di pubblici servizi quali Uniriscossioni S.p.A.),
in  quello  dell'Ufficio  territoriale  del  Governo,  del  Comune di
Trieste  e  della  quasi  totalita'  dei 32 comuni del Friuli-Venezia
Giulia in cui risulta storicamente insediata la minoranza slovena. Di
conseguenza,  dovendo  - secondo i dettati della Corte costituzionale
sin dalla sentenza n. 28 del 1982 - ricercare gli strumenti normativi
e  organizzativi  gia'  disponibili  al fine di assicurare il livello
minimo   di  tutela  richiesto  dalla  Costituzione,  tali  strumenti
risultano  gia'  esistenti ed attivati, ma la loro operativita' viene
preclusa  dalle  delimitazioni  territoriali  di cui all'art. 4 della
citata  legge,  dalla  necessita'  di  un  unico  ufficio  nelle zone
centrali  delle  citta' interessate e dal previo convenzionamento dei
concessionari  dei pubblici servizi che comunque devono aver sede nel
territorio  di cui all'art. 1 e competenza nei comuni di cui all'art.
4 della citata legge.
    Tutto cio' premesso, in relazione:
        alla  conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A.
affinche'  venga  revocato  il  provvedimento datato 2 luglio 2003 di
questo giudice, nella parte in cui comunque ritiene sussistente nella
fattispecie  in considerazione e nel presente processo il diritto del
Grgicõ di utilizzo, attivo e passivo, della lingua slovena;
        alla  conclusione in limine litis della Uniriscossioni S.p.A.
affinche'  venga  dichiarato il ricorso inammissibile e/o inesistente
in quanto redatto in lingua slovena e non in quella italiana;
        alla  conclusione in via pregiudiziale della Regione autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  affinche'  venga  dichiarato  il  difetto  di
giurisdizione  dell'adito  tribunale  spettando  la  cognizione della
presente controversia al tribunale amministrativo regionale;
        al  merito  della causa in cui parte attrice ritiene gli atti
inviatile  dalla  Uniriscossioni  S.p.A.  e  dalla  regione  nulli  e
comunque inefficaci quando destinati agli appartenenti alla minoranza
slovena,  poiche'  privi  della traduzione in lingua slovena, secondo
quanto  affermato  dalla  sentenza n. 17601 del 19 gennaio 1981 della
Pretura di Roma;
        alla   conclusione   della   regione   in  via  assolutamente
subordinata in ordine all'infondatezza delle suddette pretese;
        alla  conclusione  della Uniriscossioni S.p.A. nel merito, in
via subordinata, per il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della  legge
costituzionale  9  febbraio  1948, n. 23, e l'art. 231 della legge 11
marzo 1953, n. 87;
    Ritenute  le  questioni  nn. 1),  2) e 3) rilevanti ai fini della
decisione della controversia e non manifestamente infondate;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per
la   risoluzione   della   questione   di   costituzionalita'   delle
disposizioni sopra indicate;
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
alle  parti  in  causa  ed  al  Presidente del Consiglio dei ministri
nonche'   per   la  comunicazione  ai  Presidenti  del  Senato  della
Repubblica e della Camera dei deputati.
      Trieste, addi' 31 marzo 2004
                     Il giudice onorario: Ozbic
05C0355