N. 113 ORDINANZA 7 - 18 marzo 2005
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Professioni - Notaio - Procedimento disciplinare - Sanzioni pecuniarie - Irrisorieta' della misura edittale - Denunciata lesione dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, dei principi in materia di svolgimento di pubbliche funzioni, di buon andamento della pubblica amministrazione, del giusto processo - Manifesta infondatezza della questione. - Legge 16 febbraio 1913, n. 89, art. 137. - Costituzione, artt. 3, 54, 97 e 111.(GU n.12 del 23-3-2005 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Fernanda CONTRI; Giudici: Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), promosso con ordinanza del 9 luglio 2003 dal Tribunale di Savona nel procedimento disciplinare nei confronti del notaio Marasco Fabrizio, iscritta al n. 391 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2004. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri. Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice relatore Fernanda Contri. Ritenuto che il Tribunale di Savona, con ordinanza emessa il 9 luglio 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), «nella parte in cui determina l'ammontare delle ammende notarili»; che il collegio rimettente, investito di un procedimento disciplinare a carico di un notaio, osserva come l'irrisorieta' della misura edittale delle sanzioni pecuniarie previste dalla norma impugnata renda del tutto inutile l'attivita' demandata all'amministrazione della giustizia, sotto il profilo sia finanziario che organizzativo-funzionale, in palese contrasto con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e snaturando inoltre la volonta' del legislatore di disciplinare i tratti pubblicistici dell'attivita' notarile con un sistema sanzionatorio ormai privo di contenuto; che, ad avviso del giudice a quo, non dovrebbe temersi il vuoto normativo derivante da una eventuale pronuncia di incostituzionalita', in quanto l'assenza totale di una misura sanzionatoria determinerebbe una situazione preferibile, poiche' eviterebbe inutili costi a carico dell'amministrazione ed eliminerebbe i pregiudizi di immagine dell'apparato statuale anche in ambito comunitario; che il Tribunale rimettente ritiene la norma in oggetto lesiva anche dell'art. 54 della Costituzione, che impone ai cittadini cui sono affidate pubbliche funzioni il dovere di adempierle con disciplina, in quanto tale dovere sarebbe incompatibile con l'assenza di un effettivo sistema sanzionatorio, posto quale garanzia di disciplina; che sussisterebbe inoltre una violazione del principio di giusto processo, dal momento che la misura irrisoria delle sanzioni pecuniarie trasformerebbe il procedimento disciplinare in una «farsa», nonche' dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza, poiche' solo per la categoria di professionisti in esame la condotta illecita resterebbe priva di una effettiva sanzione; che il rimettente sottolinea infine come la giurisprudenza costituzionale abbia ritenuto sindacabile l'esercizio del potere discrezionale del legislatore nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza; che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando la manifesta infondatezza della sollevata questione, sulla quale la Corte si e' gia' pronunciata in tutte le prospettazioni evidenziate. Considerato che la norma censurata dal Tribunale di Savona e' stata piu' volte sottoposta a scrutinio di costituzionalita' da questa Corte che, pur constatando la irrisorieta' della misura delle sanzioni pecuniarie ivi stabilite, ha ritenuto preclusa ogni possibilita' di intervento, poiche' la determinazione dei precetti cosi' come il tipo e l'entita' delle rispettive sanzioni costituiscono scelte spettanti alla discrezionalita' del legislatore (ordinanze n. 377 del 2004, n. 18 del 2003, n. 274 e n. 279 del 2002); che nelle richiamate pronunce si e' anche affermata l'estraneita' dei principi costituzionali contenuti negli artt. 54 e 97 Cost. alla materia delle sanzioni disciplinari, sia in relazione alla previsione dei precetti sia in ordine alle conseguenti sanzioni; che la pronuncia auspicata dal giudice rimettente, ad avviso del quale dovrebbe essere dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 137 della legge n. 89 del 1913 «nella parte in cui determina l'ammontare delle ammende notarili», provocherebbe una situazione di diseguaglianza e di grave pregiudizio all'interno del sistema sanzionatorio, poiche' rimarrebbero del tutto privi di conseguenze disciplinari, ancorche' di consistenza irrisoria, comportamenti piu' gravi di quelli per i quali e' prevista la sanzione dell'avvertimento o della censura; che appare opportuno comunque sottolineare come nel sistema disciplinare stabilito per i notai «il profilo sanzionatorio morale» - che secondo il rimettente non costituirebbe nemmeno un risultato concreto dell'azione disciplinare - derivi non tanto dalla entita' della sanzione medesima quanto dalla stessa sottoposizione al procedimento disciplinare, ove si consideri che l'applicazione delle pene disciplinari dall'ammenda alla sospensione e fino alla destituzione spetta al tribunale civile all'esito di un procedimento che prevede l'intervento obbligatorio del pubblico ministero; che pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo, la misura irrisoria delle sanzioni pecuniarie non equivale a trasformare il procedimento disciplinare in una «farsa», perche' esso reca in se' comunque un notevole grado di afflittivita'; che, infine, non e' nemmeno invocabile la violazione del principio di eguaglianza, in relazione alla dedotta circostanza che solo per la categoria di professionisti in esame la condotta illecita resterebbe priva di una effettiva sanzione, data l'assenza di termini omogenei di comparazione; che, infatti, il sistema disciplinare dei notai prevede oltre alle pene disciplinari dell'avvertimento, della censura, della sospensione e della destituzione, anche la sanzione dell'ammenda, che non e' invece contemplata per gli illeciti disciplinari di altre categorie professionali; che la questione sollevata risulta manifestamente infondata sotto tutti i profili. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 137 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 54, 97 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Savona con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2005. Il Presidente e redattore: Contri Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 18 marzo 2005. Il direttore della cancelleria: Di Paola 05C0366