N. 115 ORDINANZA 7 - 18 marzo 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Procedimento  civile  -  Istanza  di  ricusazione  -  Sospensione del
  processo  -  Obbligatorieta'  -  Potere  delibatorio del giudice in
  presenza  di vizi di rito o di merito e di evidenza della finalita'
  dilatoria  - Mancata previsione Denunciato contrasto con i principi
  del  giudice naturale, del giusto processo, del contraddittorio, di
  parita'   ed   eguaglianza   delle   parti,  dell'imparzialita'  ed
  indipendenza   del   giudice,   irragionevolezza  e  disparita'  di
  trattamento  rispetto  al processo amministrativo - Possibilita' di
  dare  alle  norme  censurate una interpretazione compatibile con la
  Costituzione - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., artt. 52, 53 e 54.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 111.
(GU n.12 del 23-3-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 52, 53 e 54
del  codice  di  procedura  civile,  promosso  con  ordinanza  del 26
giugno 2004  dalla  Corte  di  cassazione  sul  ricorso  proposto  da
Angelino Di Bella, in proprio e nella qualita' di Presidente e legale
rappresentante  della  Sanremo S.p.A., contro Sanremo Assicurazioni e
Riassicurazioni  S.p.A.  in  l.c.a.,  iscritta al n. 713 del registro
ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  26  giugno 2004  la  Corte di
cassazione,   prima   sezione   civile,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale degli articoli 52, 53 e 54 del codice di
procedura  civile,  «in  quanto  non  consentono  allo stesso giudice
ricusato  di  dichiarare  inammissibile  l'istanza di ricusazione che
tale  appaia  -  per motivi di rito e di merito - «"immediatamente" e
"manifestamente"»;
        che la questione e' stata sollevata nel corso del giudizio di
cassazione  conseguente  al  ricorso  proposto  da  un socio (nonche'
amministratore)  di  una  societa'  di  assicurazioni,  per  ottenere
l'annullamento  della  sentenza  di  appello  resa  nel  giudizio  di
opposizione alla dichiarazione di insolvenza della societa', posta in
liquidazione coatta amministrativa;
        che,  come risulta dall'ordinanza, nel giudizio di cassazione
sono intervenuti: a) un'istanza del ricorrente per la ricusazione del
presidente del collegio designato per l'udienza del 27 marzo 2001; b)
una  successiva  istanza  di  ricusazione dichiarata inammissibile in
data 12 ottobre 2002 da un nuovo collegio; c) un'ulteriore istanza di
ricusazione  di  quattro componenti di tale collegio, a seguito della
quale  esso,  ritenuto l'effetto sospensivo dell'istanza, rinviava la
causa  a  nuovo  ruolo;  d)  il  rigetto  di  tale  nuova  istanza di
ricusazione  da  parte  di  un  diverso  collegio  con  ordinanza del
15 luglio 2003 e la fissazione dell'udienza del 19 maggio 2004; e) la
proposizione  di  un'ulteriore istanza in data 14 maggio 2004, per la
ricusazione  di  quattro dei cinque componenti del collegio designato
per l'udienza indicata, fondata su nuove ragioni;
        che  la  Corte  rimettente ritiene di non condividere la tesi
accolta  da  tre  sentenze  delle sezioni unite e da alcune decisioni
delle  sezioni semplici - che esclude l'effetto sospensivo automatico
dell'istanza  di ricusazione, e ne consente una previa delibazione di
ammissibilita'  da  parte dello stesso giudice ricusato; ed afferma -
in  conformita'  ad  altra giurisprudenza applicata anche dai collegi
che  hanno trattato gli incidenti di ricusazione nel giudizio a quo -
che  l'art. 52,  terzo  comma,  cod.  proc.  civ.,  secondo  cui  «la
ricusazione  sospende  il  processo»  deve  essere  inteso  nel senso
dell'automatismo  della  sospensione,  senza  alcuna  possibilita' di
delibazione, anche in presenza di manifesti vizi di rito o di merito,
essendo  il  giudizio  di  inammissibilita' od infondatezza riservato
espressamente al giudice della ricusazione;
        che   in   particolare,   secondo  la  rimettente,  l'avversa
interpretazione, se pure potrebbe trovare giustificazione nei giudizi
di  merito,  nei  quali  i vizi di costituzione del giudice derivanti
dalla   causa   di  ricusazione  possono  convertirsi  in  motivi  di
impugnazione,  non  l'avrebbe  nel giudizio di cassazione, essendo le
sentenze  della  Corte  suscettibili solo di impugnazione revocatoria
per errore di fatto;
        che,  sulla  base  di  questi  rilievi, la rimettente ritiene
l'automatismo  della  sospensione in contrasto con i principi (a) del
giudice naturale, «perche' lo strumento della ricusazione, poiche' le
persone  dei  giudici  di  ogni  ufficio  sono  di  numero finito, ha
l'effetto  di "pilotare" la causa secondo gradimento»; (b) del giusto
processo,    perche'    i    tempi   della   decisione   diverrebbero
incontrollabili;  (c)  del contraddittorio, «perche' viene attribuito
ad   una  parte  il  potere  di  sospendere  il  corso  del  processo
reiteratamente  e  ad  libitum»;  (d) di parita' ed eguaglianza delle
parti, «perche' la sospensione interviene ipso iure, senza che quindi
la  controparte  possa  in alcun modo rappresentare e far valutare le
proprie, eventualmente difformi, esigenze»;
        che,   secondo   la  rimettente,  l'abuso  della  ricusazione
consentito   dalla   normativa   impugnata  determinerebbe  anche  la
violazione  della  ripartizione  delle  materie fra le sezioni civili
della  Corte  di  cassazione,  che, pur non prevista dall'ordinamento
giudiziario,  sarebbe  da  sempre  applicata, al fine di garantire la
piu'  piena  e trasparente attuazione del principio dell'indipendenza
ed  imparzialita' del giudice, in ossequio agli artt. 101 e 107 della
Costituzione;
        che,   inoltre,  la  possibilita'  di  reiterare  istanze  di
ricusazione  frustrerebbe  l'esigenza  di assicurare un equo processo
entro   un   termine   ragionevole,   perseguita   dall'art. 6  della
Convenzione  europea  dei  diritti  dell'uomo  e  dall'art. 111 della
Costituzione  (come  pure  dall'art. 3  della  legge  13 aprile 1988,
n. 117 e dall'art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89);
        che,  infine, l'unilaterale potere di disposizione attribuito
al  ricusante  sarebbe  irragionevole,  se confrontato con la diversa
disciplina data a tutte le altre cause di sospensione dagli artt. 295
e  successivi  cod.  proc.  civ.  e  con  le  cautele predisposte per
l'automatismo degli eventi interruttivi del processo;
        che un ulteriore profilo di incostituzionalita' sussisterebbe
per   disparita'  di  trattamento  con  la  disciplina  del  processo
amministrativo,  la  quale  consentirebbe, in assenza di una norma di
sospensione  automatica, di delibare l'ammissibilita' dell'istanza di
ricusazione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, che ha
depositato  memoria sostenendo l'inammissibilita' della questione per
difetto di rilevanza.
    Considerato che questa Corte - con ordinanza n. 388 del 2002, non
presa  in  esame dalla rimettente - ha gia' dichiarato manifestamente
infondata  la  questione  di  costituzionalita'  dell'art. 52,  terzo
comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui, prevedendo
che  «la  ricusazione sospende il processo», imporrebbe al giudice la
sospensione  anche quando l'istanza, costituendo mera reiterazione di
altra  gia'  ritenuta  dal  giudice  competente inammissibile, appaia
carente  dei requisiti formali di ammissibilita' e tenda al solo fine
di procrastinare o paralizzare l'attivita' giurisdizionale;
        che  la  citata  ordinanza  pone in rilievo come - nonostante
l'apparente   rigidita'   della   formula  -  la  norma  (secondo  la
giurisprudenza   di  legittimita'  di  gran  lunga  prevalente  e  le
osservazioni  di diffusa dottrina) si presti ad una lettura diversa e
riconosca  al  giudice  della  causa  - obbligato in ogni caso a dare
corso  all'istanza  di ricusazione trasmettendo il relativo fascicolo
al  giudice  competente  -  il  potere  di delibare preventivamente i
presupposti   formali   di  una  valida  ricusazione  ai  fini  della
sospensione   del   giudizio,   per  cui  un'istanza  di  ricusazione
presentata  senza rispettare le condizioni e i termini prescritti non
produce   la   sospensione  del  processo,  perche'  non  integra  la
fattispecie che tale sospensione impone;
        che  i  parametri in riferimento ai quali la questione e' ora
sollevata  sono i medesimi scrutinati allora, ed in piu' gli artt. 24
e  25  della Costituzione, ma le ragioni della manifesta infondatezza
della  questione  sono riferibili anche ad essi, ricollegandosi ad un
orientamento    interpretativo    assolutamente    prevalente   nella
giurisprudenza  di  legittimita'  circa  il  carattere non automatico
della sospensione del processo e l'esistenza di un potere delibatorio
del  giudice  della  causa in presenza di ricusazioni che rivelino un
uso distorto dell'istituto;
        che   la   Corte   rimettente,   pur   consapevole   di  tale
orientamento, dichiara di non condividerlo e per tale ragione solleva
la questione;
        che,  come piu' volte questa Corte ha affermato, le leggi non
si dichiarano incostituzionali se esiste la possibilita' di dare loro
un significato che le renda compatibili con i precetti costituzionali
e  cio'  assume  particolare rilievo qualora, come nella fattispecie,
l'opzione  interpretativa  che  consente  tale  risultato  sia  stata
ripetutamente  - pur dopo l'ordinanza di rimessione - condivisa dalle
sezioni  unite  della  Corte di cassazione, massima espressione della
funzione di nomofilachia;
        che   siffatto   orientamento   giurisprudenziale   e'  stato
enunciato  anche  (Corte  di  cassazione,  sezioni unite, n. 3948 del
1989)  in  riferimento  ad  istanze  di  ricusazione  presentate  nel
giudizio di cassazione;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale degli articoli 52, 53 e 54 del codice di
procedura civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 24, 25 e
111  della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l'ordinanza in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2005.
                        Il Presidente: Contri
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 18 marzo 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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