N. 116 ORDINANZA 7 - 18 marzo 2005

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Governo  della  Repubblica  -  Camera  dei  deputati  -  Senato della
  Repubblica  - Tutela risarcitoria in forma specifica per i pubblici
  dipendenti  sospesi  o  dimessisi  a  causa di procedimento penale,
  successivamente  conclusosi  con  proscioglimento  -  Adozione  con
  decreto-legge  - Ricorso del Consiglio superiore della magistratura
  - Mancata richiesta del parere del C.S.M. su disciplina applicabile
  ai  magistrati  ordinari  -  Denunciata  lesione  della sfera delle
  attribuzioni costituzionalmente garantite, lesione del principio di
  leale   collaborazione   tra  i  poteri  dello  Stato  -  Requisiti
  soggettivo  ed  oggettivo  per  la  proposizione di un conflitto di
  attribuzione   -   Sussistenza   -  Ammissibilita'  del  ricorso  -
  Comunicazione e notificazioni e conseguenti.
- Legge  24 dicembre 2003, n. 350, art. 3, comma 57, quale modificato
  dall'art. 1  del  decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito in
  legge,  con  modificazioni, dall'art. 1 della legge 11 maggio 2004,
  n. 126,  e  art. 2,  comma 3,  del medesimo decreto-legge n. 66 del
  2004, convertito in legge n. 126 del 2004.
- Costituzione,  artt. 105,  77; legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 37,
  terzo  e quarto comma; norme integrative per i giudizi davanti alla
  Corte costituzionale, art. 26, comma 3.
(GU n.12 del 23-3-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Fernanda CONTRI;
  Giudici:  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto CAPOTOSTI, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO,   Romano  VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,
Alfonso QUARANTA, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 57,
della  legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2004)  e  all'articolo 2,  comma 3,  del decreto-legge 16 marzo 2004,
n. 66  (Interventi  urgenti  per  i  pubblici  dipendenti  sospesi  o
dimessisi    dall'impiego    a    causa   di   procedimento   penale,
successivamente conclusosi con proscioglimento), convertito in legge,
con  modificazioni,  dall'art. 1  della legge 11 maggio 2004, n. 126,
promosso  dal  Consiglio  superiore  della  magistratura, con ricorso
depositato  il  14 dicembre  2004  ed iscritto al n. 279 del registro
ammissibilita' conflitti.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 26 gennaio 2005 il giudice
relatore Ugo De Siervo.
    Ritenuto   che  il  Consiglio  superiore  della  magistratura  ha
promosso ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei confronti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica
e  «ove  occorra»  del Governo, in relazione alle disposizioni di cui
all'art. 3,   comma 57,   della   legge   24 dicembre   2003,  n. 350
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato  - legge finanziaria 2004), quale modificato dall'art. 1
del  decreto-legge  16 marzo  2004,  n. 66  (Interventi urgenti per i
pubblici  dipendenti  sospesi  o  dimessisi  dall'impiego  a causa di
procedimento penale, successivamente conclusosi con proscioglimento),
convertito  in  legge,  con  modificazioni,  dall'art. 1  della legge
11 maggio   2004,   n. 126,  e  dell'art. 2,  comma 3,  del  medesimo
decreto-legge n. 66 del 2004, convertito in legge n. 126 del 2004;
        che,  secondo  quanto  riferisce  il  ricorrente,  il Governo
sarebbe  intervenuto  in  via  d'urgenza  sulla disciplina introdotta
dall'art. 3,  comma 57,  della  legge n. 350 del 2003, la quale aveva
introdotto  una  peculiare tutela risarcitoria in forma specifica per
quei  pubblici dipendenti che «abbiano subito un'ingiusta sospensione
o  che  siano  stati  indotti  ad  abbandonare il pubblico impiego in
ragione  di un procedimento penale» successivamente conclusosi con la
loro assoluzione;
        che,   mentre  la  citata  disposizione,  nella  formulazione
originaria, demandava la sua attuazione ad un regolamento, il Governo
avrebbe  ritenuto  di  provvedere mediante il decreto-legge n. 66 del
2004;
        che   la   disciplina   risultante  dai  due  atti  normativi
richiamati   individuerebbe  tra  i  destinatari  dell'intervento  il
pubblico  dipendente  che, essendo stato sospeso dal servizio o dalla
funzione   e  comunque  dall'impiego,  o  avendo  chiesto  di  essere
collocato  anticipatamente in quiescenza a seguito di un procedimento
penale, sia stato successivamente prosciolto;
        che  risulterebbe,  inoltre,  una  netta  diversificazione  a
seconda  che  il  provvedimento di proscioglimento sia stato adottato
con  forma assolutoria piena, ovvero con formule assolutorie diverse,
poiche'  nel  primo  caso  il dipendente vanterebbe un vero e proprio
diritto   soggettivo  perfetto  al  ripristino  o  prolungamento  del
rapporto   d'impiego   dinanzi   al   quale  all'amministrazione  non
residuerebbe  spazio  alcuno  per  valutazioni discrezionali (art. 3,
comma 57, della legge n. 350 del 2003), mentre nel secondo caso sulla
domanda  dell'interessato  l'amministrazione  avrebbe  la facolta' di
disporre  il  reintegro,  previo accertamento negativo dei profili di
responsabilita'   disciplinare  (art. 3,  comma 57-bis,  della  legge
n. 350 del 2003);
        che  l'applicabilita'  di  questa  disciplina  ai  magistrati
ordinari apparirebbe obbligatoria;
        che   il   Consiglio  superiore  della  magistratura  lamenta
anzitutto  la  lesione  delle  proprie prerogative di cui all'art. 10
della  legge  24 marzo  1958,  n. 195 (Norme sulla costituzione e sul
funzionamento  del Consiglio superiore della magistratura), in quanto
il  Governo,  intervenendo  con un decreto-legge su norme concernenti
l'ordinamento  giudiziario,  avrebbe  impedito  che,  a  causa  della
ristrettezza  dei  termini  per  l'emanazione  e  la  conversione del
decreto-legge,  venisse chiesto il parere del C.S.M., reso necessario
dal principio di leale collaborazione tra i poteri dello Stato;
        che  il  Consiglio risulterebbe esautorato delle sue funzioni
piu'   tipiche  dall'introduzione  di  un  automatico  meccanismo  di
reintegrazione   o  di  prolungamento  del  rapporto  di  lavoro  dei
magistrati, come si verificherebbe nell'ipotesi di istanza presentata
a  seguito  di  proscioglimento con formula piena, dal momento che il
C.S.M.  dovrebbe  «totalmente  prescindere dalla valutazione circa la
rilevanza  disciplinare  dei  fatti  che  hanno  formato  oggetto  di
procedimento   penale,  ai  fini  dell'accertamento,  in  termini  di
attualita',  della  idoneita'  e  delle attitudini del richiedente ad
esercitare nuovamente le funzioni»;
        che,  per  quanto  concerne  le  modalita' del ripristino del
rapporto di impiego, ulteriore lesione delle competenze attribuite al
C.S.M.  si  riscontrerebbe  nell'art. 2,  comma 3,  del decreto-legge
n. 66  del  2004,  cosi' come convertito dalla legge n. 126 del 2004,
la'  dove si stabilisce che al magistrato riammesso in servizio venga
conferita,  in  caso  di  anzianita'  non  inferiore  a  dodici  anni
nell'ultima    funzione   esercitata,   una   funzione   di   livello
immediatamente  superiore  anche  in soprannumero, previa valutazione
della  sola  anzianita'  di  ruolo  e  delle attitudini desunte dalle
ultime  funzioni  esercitate e, nel caso di anzianita' inferiore, una
funzione, anche in soprannumero, dello stesso livello;
        che,  nel caso di domanda dell'interessato di conferimento di
funzioni   di   livello  superiore,  rimarrebbe  al  C.S.M.  la  sola
possibilita'  di  assumere  il  provvedimento,  valutando  unicamente
l'anzianita'  di ruolo del magistrato al momento della cessazione dal
servizio, rimanendo ad esso sottratta la valutazione discrezionale in
ordine  alla  «idoneita'  specifica,  in  concreto,  del magistrato a
rivestire   quelle   determinate   funzioni  in  relazione  al  posto
richiesto»;
        che,  sempre  secondo  quanto  riferisce il ricorrente, sulla
base di tale disciplina, alcuni magistrati, collocati anticipatamente
in  quiescenza  a  seguito  di procedimenti penali dai quali sono poi
risultati  assolti con formula piena, avrebbero presentato istanza di
riammissione nell'ordine giudiziario;
        che,  pertanto,  l'Assemblea plenaria del Consiglio superiore
della  magistratura,  nella  seduta del 3 novembre 2004, ritenendo la
disciplina lesiva della sfera di attribuzioni garantita dall'art. 105
della   Costituzione,   ha   ritenuto   di   sollevare  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato dinanzi a questa Corte;
        che   il  ricorrente,  in  relazione  all'ammissibilita'  del
conflitto  di  attribuzione determinato da atti legislativi, richiama
la  giurisprudenza  di  questa  Corte  ed  in particolare la sentenza
n. 457  del  1999,  secondo  la  quale  qualora  l'atto  lesivo delle
attribuzioni costituzionali sia un atto legislativo, lo strumento del
conflitto   sarebbe  utilizzabile  in  via  residuale  rispetto  alla
questione di legittimita' costituzionale in via incidentale;
        che,  a  quanto si osserva nel ricorso, nel caso in questione
non  vi  sarebbe  «altro  rimedio  che l'elevazione del conflitto tra
poteri  per  tutelare  le attribuzioni», dal momento che il Consiglio
non   potrebbe   dare   attuazione  parziale  al  disposto  normativo
provvedendo sulla domanda di riammissione ai fini della ricostruzione
del  solo rapporto di servizio senza procedere anche all'assegnazione
delle  funzioni  giudiziarie,  «attesa l'inscindibilita' del rapporto
funzionale dal rapporto di servizio»;
        che  l'alternativa  possibile  alla  difesa  immediata  delle
proprie  attribuzioni attraverso il conflitto consisterebbe - secondo
il  ricorrente  -  nel negare ai magistrati istanti il diritto che la
legge  ha  voluto  assicurare,  attendendo  eventuali ricorsi in sede
amministrativa  allo  scopo  di  sollevare  in  via  di  eccezione la
relativa questione di legittimita' costituzionale;
        che  tale  soluzione, tuttavia, sarebbe preclusa dal divieto,
per    l'amministrazione,    di    disapplicare   leggi   della   cui
costituzionalita' si dubita;
        che  -  anche  a voler ritenere superabile l'obiezione appena
citata  - in tal modo la tutela delle attribuzioni costituzionali del
C.S.M.  dipenderebbe  dall'eventuale  impugnativa  dei  provvedimenti
contra  legem  da  parte  degli  interessati  e dalla valutazione del
giudice adito;
        che  il  ricorrente  ha  concluso  chiedendo che questa Corte
dichiari:  a) che non spetta alle Camere, in violazione dell'art. 105
Cost.  e del principio di leale collaborazione, convertire il decreto
legge  n. 66  del  2004,  posto in essere, a sua volta, in violazione
dell'art. 77  Cost.,  senza  aver  previamente  assunto il parere del
C.S.M., ai sensi dell'art. 10 della legge n. 195 del 1958; b) che non
spetta  al  Parlamento  (ne'  al  Governo  in  sede  di  adozione del
decreto-legge  n. 66 del 2004) stabilire, in violazione dell'art. 105
Cost.,  che  la  riammissione  in  servizio  dei  magistrati ordinari
prosciolti  avvenga  senza  che il C.S.M. possa valutare la rilevanza
disciplinare  dei  fatti  che  hanno  formato oggetto di procedimento
penale  e che l'attribuzione ad essi delle funzioni avvenga senza che
il  C.S.M.  possa  valutare  l'idoneita'  specifica, in concreto, del
magistrato a rivestirle in relazione al posto richiesto; che, invece,
spetta   al  C.S.M.,  in  base  all'art. 105  Cost.  e  al  principio
costituzionale  di  leale  collaborazione,  fornire  al  Governo e al
Parlamento  il  proprio  parere  in  ordine  ai  progetti di legge in
materia di ordinamento giudiziario.
    Considerato   che   in   questa   fase   del  giudizio,  a  norma
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
questa  Corte  e'  chiamata  a delibare, senza contraddittorio tra le
parti,  esclusivamente  se  il  ricorso sia ammissibile, valutando se
sussistano  i  requisiti  soggettivo  ed oggettivo di un conflitto di
attribuzione    tra    poteri   dello   Stato,   rimanendo   tuttavia
impregiudicata  ogni  ulteriore  determinazione  anche in ordine alla
stessa ammissibilita';
        che,  in relazione alla sussistenza dei requisiti soggettivi,
in  conformita'  alla  costante  giurisprudenza di questa Corte, deve
essere  riconosciuta  la legittimazione del Consiglio superiore della
magistratura  a sollevare conflitto di attribuzione, in quanto organo
direttamente  investito  delle  funzioni previste dall'art. 105 della
Costituzione;
        che, ancora dal punto di vista soggettivo, nessun dubbio puo'
sussistere sulla legittimazione del Governo nel suo complesso e delle
due Camere a resistere al conflitto;
        che,  con riferimento ai presupposti oggettivi, il ricorso e'
indirizzato  alla garanzia della sfera di attribuzioni determinata da
norme   costituzionali,  in  quanto  la  lesione  lamentata  concerne
competenze  del  Consiglio superiore della magistratura riconducibili
all'art. 105 della Costituzione e che, dunque, sussiste la materia di
un conflitto;
        che,  circa  l'idoneita'  di  atti aventi natura legislativa,
quali  quelli  in  questione,  a  determinare  conflitto, non possono
escludersi sulla base di questa preliminare valutazione le condizioni
per riconoscerla;
        che,  comunque,  solo  in seguito alla piena esplicazione del
contraddittorio sul punto potra' adottarsi una decisione definitiva;
        che, conseguentemente, il ricorso - salva e impregiudicata la
facolta'  delle parti di proporre, nell'ulteriore corso del giudizio,
istanze  ed  eccezioni  su  tutti i punti esaminati in questa sede di
valutazione preliminare - deve essere dichiarato ammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953, n. 87, nei confronti del Governo della Repubblica, della Camera
dei   deputati  e  del  Senato  della  Repubblica,  il  conflitto  di
attribuzione  proposto dal Consiglio superiore della magistratura con
il ricorso indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a) che   la   cancelleria   di  questa  Corte  dia  immediata
comunicazione   della  presente  ordinanza  al  ricorrente  Consiglio
superiore della magistratura;
        b) che,  a  cura  del  ricorrente,  il  ricorso e la presente
ordinanza  siano  notificati  al Governo della Repubblica, in persona
del Presidente del Consiglio dei ministri, alla Camera dei deputati e
al  Senato della Repubblica, in persona dei rispettivi Presidenti pro
tempore,  entro  il  termine di novanta giorni dalla comunicazione di
cui  al  punto  a),  per  essere successivamente depositati presso la
cancelleria  di questa Corte entro il termine di venti giorni fissato
dall'art. 26,  comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2005.
                        Il Presidente: Contri
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 18 marzo 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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