N. 246 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 2005
Ordinanza emessa il 26 gennaio 2005 dal giudice di pace di Bari sul ricorso proposto da Guguci Octavian contro il Prefetto di Bari Straniero - Espulsione amministrativa - Automaticita' del provvedimento senza previa valutazione della pericolosita' sociale, in conseguenza della mancata richiesta del permesso di soggiorno entro il termine di otto giorni lavorativi, pur in ipotesi di legittimo ingresso in Italia - Ingiustificato eguale trattamento di situazioni diverse - Incidenza sul principio di inviolabilita' personale. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 13, comma 2, lett. b), in relazione all'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. - Costituzione, artt. 3 e 13.(GU n.19 del 11-5-2005 )
IL GIUDICE DI PACE Sciolta la riserva di cui all'udienza del 21 gennaio 2005, emette la seguente ordinanza. Con ricorso iscritto al n.12/SP 2005, Guguci Octavian, nato a Draghiceni in Romania il 19 ottobre 1967, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Rosaria Faggiano ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Lecce, viale dello Stadio 19, si opponeva al decreto di espulsione con accompagnamento Cat.A/11/2004 n. 360 emesso dal Prefetto di Bari in data 16 novembre 2004 e notificato dalla Questura di Bari in pari data. Deduceva che nel mese di ottobre 2004, veniva fermato durante un controllo di polizia, ed essendo sprovvisto del permesso di soggiorno, previsto nell'art. 5, comma 2 del d.l. n. 286/1998, veniva espulso, con il divieto di far rientro in Italia per cinque anni. Deduceva, anche, che non era a conoscenza di tale obbligo, e di non avere mai riportato condanne penali. Sollevava, infine, questione di legittimita' costituzionale nei termini di cui appresso. D i r i t t o La misura dell'espulsione per cinque anni, comminata dalla Prefettura di Bari ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 286/1998 pone, a parere del ricorrente, dubbi di legittimita' costituzionale perche' sembra porsi in contrasto con il principio di eguaglianza sancita dall'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede una differenziazione della sanzione a seconda della gravita' della violazione commessa. Il comma 2 dell'art. 13 della norma richiamata, prevede i casi di espulsione quando lo straniero: a) e' entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non e' stato respinto ai sensi dell'art. 10; b) si e' trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno e' stato revocato o annullato, ovvero e' scaduto da piu' di sessanta giorni e non ne e' stato chiesto il rinnovo; c) appartiene a taluna delle categorie indicate nell'art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'art. 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327 o nell'art. 1 della legge 31 maggio 1956, n. 575, come sostituito dall'art. 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. Il comma 3 dello stesso articolo prevede, inoltre, l'espulsione prefettizia dello straniero sottoposto a procedimento penale. Appare evidente, quindi, la differente natura delle violazioni commesse dagli stranieri tutti sottoposti a decreto di espulsione prefettizio: nel primo caso, infatti, si tratta di clandestini, cioe' di coloro che entrano nel territorio dello Stato senza un passaporto o comunque senza munirsi di visto; nel secondo caso, si tratta di coloro che hanno fatto ingresso regolare in Italia con passaporto e visto turistico ma non hanno chiesto il permesso di soggiorno entro otto giorni, ovvero titolari di un permesso di soggiorno non rinnovato o revocato o annullato; nel terzo caso, si tratta di coloro che sono da considerare socialmente pericolosi. Orbene, nei casi di cui al punto b), le Corti di legittimita' e di merito hanno gia' attuato dei distinguo tra le differenti fattispecie: il permesso di soggiorno non rinnovato o non richiesto nei termini di legge, non comporta automaticamente l'emissione di un decreto di espulsione, mentre diverso e' il caso di permesso di soggiorno revocato o annullato. Con sentenza n. 7892 del 20 maggio 2003, la suprema Corte, a sezioni unite civili, ha sancito la non automaticita' dell'espulsione. Nonostante cio', i commi 13 e 14 dell'art. 13 d.lgs. n. 286/1998 dispongono che al decreto di espulsione, per qualunque motivo emesso, faccia seguito un divieto di reingresso per un periodo di dieci anni, lasciando solo all'amministrazione la discrezionalita' di comunicare un periodo di divieto di cinque anni. Tra tutti i casi previsti dal comma 2, dell'art. 13 citato, invero, il fatto di non aver chiesto il permesso di soggiorno negli otto giorni dall'ingresso in Italia, appare piu' una semplice irregolarita' amministrativa, causata dai motivi piu' vari, come, ad esempio, la mancanza di adeguata informazione, proprio per le gravi conseguenze che ne derivano. Appare, quindi, fondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 2, lettera b), in relazione all'art. 5, comma 2 e all'art. 13, commi 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998, in quanto lo stesso sembra porsi in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Detto principio, invero, vieta anche al legislatore di trattare in modo uguale situazioni soggettive profondamente diverse e non risulta applicato quando si impone lo stesso termine di divieto di reingresso a chi sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione per mancata o ritardata richiesta del permesso di soggiorno entro gli otto giorni dall'ingresso in Italia, anche se non ha commesso reati ne' si e' reso in alcun modo pericoloso per la sicurezza pubblica, e gli altri casi di persone soggette a decreto di espulsione per tutti gli altri motivi di espulsione. La norma, quindi, sembra porsi anche in contrasto con il generale precetto, desumibile dallo stesso art. 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative. Infine, il dubbio di costituzionalita' permane anche in riferimento all'art. 13 della Costituzione. Trattandosi, infatti, di misura che incide sulla liberta' personale dell'individuo, sia l'espulsione disposta in via amministrativa, che l'espulsione disposta dal giudice a titolo di misura di sicurezza, non assistite dal previo giudizio generale sulla pericolosita' sociale, risulterebbero in contrasto anche con l'art. 13 della Costituzione. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, accoglie l'eccezione di incostituzionalita', posta dal ricorrente, dell'art. 13, comma 2, lettera b) in relazione all'art. 5, comma 2 e all'art.13 commi 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui si pone in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, nonche' con l'art. 13 della Costituzione.
P. Q. M. Visto l'art. 134 della Costituzione. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza, accoglie l'istanza di parte ricorrente e, per l'effetto, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art.13, comma 2, lettera b) in relazione all'art. 5 comma 2 e all'art. 13, commi 13 e 14 d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui si pone in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, nonche' con l'art. 13 della Costituzione. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ordinando la sospensione del procedimento in corso. Ordina che, a cura della cancelleria, copia della presente ordinanza sia comunicata alle parti ed alla autorita' che ha emesso il provvedimento impugnato, e venga notificato al Presidente del Consiglio dei ministri ed ai Presidenti delle due Camere. Bari, addi' 24 gennaio 2005-01-24 Il giudice di pace: Frugis 05C0529