N. 208 ORDINANZA 23 - 26 maggio 2005

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione Veneto - Ambiente - Rifiuti speciali - Apertura e gestione di
  nuove  discariche  nel territorio della Regione - Limiti ostativi -
  Denunciata  lesione del principio di eguaglianza, della liberta' di
  iniziativa   economica,  del  diritto  di  esercizio  di  attivita'
  economica   sull'intero   territorio  nazionale,  della  competenza
  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di tutela della concorrenza -
  Difetto di autonoma e autosufficiente motivazione sulla rilevanza e
  sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  -  Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, art. 33, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 41, 117 e 120.
(GU n.22 del 1-6-2005 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Piero Alberto CAPOTOSTI;
  Giudici:  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale MARINI,
Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco  AMIRANTE,  Ugo  DE SIERVO, Romano
VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 1,
della  legge  della Regione Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 (Nuove norme
in   materia   di  gestione  dei  rifiuti),  promosso  con  ordinanza
dell'8 agosto 2003 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Geo
Nova  s.p.a. contro la Regione Veneto ed altro, iscritta al n. 18 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 8, 1ª serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  della  Geo Nova s.p.a., della
Regione Veneto e del Comune di Vedelago;
    Udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2005 il giudice relatore
Giovanni Maria Flick;
    Uditi gli avvocati Franco Gaetano Scoca e Franco Zambelli per Geo
Nova s.p.a., Giorgio Orsoni per la Regione Veneto e Franco Giampietro
per il Comune di Vedelago.
    Ritenuto che con l'ordinanza in epigrafe il Consiglio di Stato ha
sollevato,   in  riferimento  agli  artt. 3,  41,  117  e  120  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33,
comma 1,  della  legge  della  Regione  Veneto  21 gennaio 2000, n. 3
(Nuove norme in materia di gestione dei rifiuti), il quale stabilisce
che, nella predetta Regione, le nuove discariche per rifiuti speciali
- diverse da quelle per rifiuti inerti di seconda categoria tipo A ai
sensi   della   deliberazione   del  Comitato  interministeriale  del
27 luglio  1984  -  possono  essere  realizzate esclusivamente: a) da
soggetti  singoli  o associati per lo smaltimento di rifiuti derivati
dalle  loro  attivita'  di  produzione di beni ubicate nel territorio
regionale;  b)  da  soggetti  titolari  di attivita' di trattamento o
recupero   di   rifiuti   ubicati   nel  territorio  regionale,  come
individuati  negli  allegati B e C del decreto legislativo 5 febbraio
1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della
direttiva   91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  della  direttiva
94/62/CE  sugli  imballaggi  e  sui  rifiuti  di imballaggio), per lo
smaltimento  di rifiuti derivanti dalle loro attivita', ad esclusione
di coloro che esercitano soltanto le operazioni di cui ai punti D15 e
R13 dei citati allegati;
        che  l'ordinanza  premette  che,  con  deliberazione  del  21
giugno 1991,  la  Regione  Veneto  aveva volturato a favore della Geo
Nova  s.p.a.  un  progetto  per la realizzazione di una discarica per
rifiuti  speciali  non tossici in Comune di Vedelago, precedentemente
approvato  dalla  Provincia di Treviso, precisando che il termine per
l'avvio  dell'attivita'  di  smaltimento  sarebbe  stato  determinato
successivamente,  in  relazione  ai  fabbisogni,  nel  quadro  di  un
programma che prevedeva l'attivazione di ulteriori discariche;
        che,   con  deliberazione  del  13 ottobre  1998,  la  Giunta
regionale  del  Veneto  aveva  dichiarato  decaduta l'approvazione di
detto progetto, nella parte in cui valeva come concessione edilizia;
        che il provvedimento era stato impugnato davanti al Tribunale
amministrativo  regionale  del  Veneto  dalla  Geo  Nova, chiedendone
l'annullamento;
        che  nelle  more  -  avendo  la Regione rappresentato come il
progetto  iniziale non fosse piu' adeguato ai criteri emergenti dalla
sopravvenuta   evoluzione  tecnico-normativa  -  la  Geo  Nova  aveva
presentato un progetto di adeguamento dell'impianto;
        che  il  progetto  era  stato  pero'  respinto  dalla  Giunta
regionale   con   deliberazione  del  4 agosto  2000,  qualificandolo
«improcedibile»  per  difetto  dei  requisiti  previsti dall'art. 33,
comma 1, della legge della Regione Veneto n. 3 del 2000, che consente
la realizzazione di nuove discariche per rifiuti speciali solamente a
soggetti che intendano smaltire rifiuti derivati da loro attivita' di
produzione  di beni ubicate nel territorio regionale, ovvero titolari
di  attivita'  di  trattamento  o  recupero  di rifiuti ubicati nella
Regione,   per   lo  smaltimento  di  rifiuti  derivanti  dalla  loro
attivita';
        che  anche  tale  ulteriore deliberazione era stata impugnata
dalla Geo Nova;
        che,   con   sentenza   del   19 luglio  2002,  il  Tribunale
amministrativo   regionale   adito,  riuniti  i  due  ricorsi,  aveva
esaminato  anzitutto  il secondo, respingendolo nel merito, in quanto
basato  sulla tesi - ritenuta non condivisibile - che la discarica di
cui  la  ricorrente era titolare doveva considerarsi gia' in servizio
alla data di entrata in vigore della citata legge regionale, e dunque
non «nuova»;
        che,  conseguentemente,  l'altro ricorso - volto a contestare
la  decadenza della concessione edilizia insita nell'approvazione del
progetto  originario - era stato dichiarato improcedibile per difetto
di  interesse,  sul  rilievo  che la ricorrente, anche in caso di suo
accoglimento,  non  avrebbe  potuto  comunque  aprire  la  discarica,
perche'  non  in  possesso dei requisiti soggettivi di cui alla norma
regionale in questione;
        che  avverso la decisione aveva proposto appello la Geo Nova,
sostenendone   l'erroneita'   ed   eccependo,   altresi',  nel  corso
dell'udienza di discussione, l'illegittimita' costituzionale di detta
norma regionale in riferimento agli artt. 3, 41 e 120 Cost;
        che,  al  riguardo, il giudice a quo riferisce di avere, «con
sentenza  parziale  in  pari  data»:  «a)  (...)  rigettato l'appello
concernente  il  capo di  sentenza  relativo  alla impugnazione della
deliberazione   della  Giunta  Regionale  del  Veneto  4 agosto  2000
n. 2568,  recante  l'improcedibilita' del procedimento di adeguamento
presentato   dall'appellante;   b)   (...)   ritenuto  di  non  poter
pronunciare   sul   secondo   capo della  sentenza  di  primo  grado,
riguardante la improcedibilita' per sopravvenuto difetto di interesse
in  ordine  all'esame  del  secondo  ricorso  nel  merito,  ritenendo
rilevante e non manifestamente infondato il dubbio sulla legittimita'
costituzionale  dell'art. 33,  comma 1,  della  legge  regionale  del
Veneto 21 gennaio 2000, n. 3»;
        che  la  questione  di costituzionalita' sarebbe rilevante in
quanto «il provvedimento regionale impugnato si fonda sulla norma ora
in   questione,   il   cui   eventuale  annullamento,  per  l'effetto
retroattivo  che gli e' proprio, priverebbe il provvedimento medesimo
del presupposto normativo legittimante»;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza, il Consiglio di
Stato  osserva  come  la  norma  censurata  istituisca  in  danno dei
cittadini  diversi  da quelli in essa indicati, solo perche' privi di
«alcuni  requisiti  di  collegamento  con il territorio della Regione
Veneto»,  un  limite  ostativo  allo  svolgimento  dell'attivita'  di
apertura e gestione di discariche nella suddetta Regione;
        che tale limite risulterebbe incompatibile sia con il diritto
di iniziativa economica, garantito a tutti dall'art. 41 Cost; sia con
il  generale  principio  di eguaglianza, di cui all'art. 3 Cost; sia,
ancora,  con  l'art. 120  Cost.,  che - nel testo originario, vigente
alla  data  di  adozione della legge regionale de qua - stabiliva, al
quarto  comma,  che  la  Regione  non  puo'  limitare  il diritto dei
cittadini  di  esercitare in qualunque parte del territorio nazionale
la  loro  professione,  impiego o lavoro: principio peraltro ribadito
anche  nel  primo  comma del nuovo testo dello stesso art. 120 Cost.,
introdotto   dalla   legge   costituzionale   18 ottobre  2001,  n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);
        che  il  giudice rimettente sottolinea, in proposito, come la
giurisprudenza costituzionale abbia posto costantemente l'accento sul
rapporto  che  lega  gli  artt. 41 e 120 Cost., i quali disegnano una
nozione  unitaria  di mercato, in cui non sono ammissibili limiti che
«senza  alcun  fondamento costituzionale finiscono per restringere in
qualsiasi modo il libero movimento delle persone e delle cose fra una
regione  e  l'altra»;  e  come,  di  conseguenza,  questa Corte abbia
ritenuto  costituzionalmente illegittime leggi regionali che ponevano
barriere  limitative all'espansione dell'impresa ed al suo diritto di
calibrare   le   strutture   organizzative  sulla  propria  capacita'
produttiva, giacche', in forza dei citati precetti costituzionali, la
decisione   di   mantenere   l'attivita'   d'impresa  entro  l'ambito
territoriale  in  cui  e'  sorta o di estenderla ed articolarla in un
territorio  piu'  vasto,  oltre  i  confini della Regione di origine,
rappresenta      espressione     della     liberta'     organizzativa
dell'imprenditore   ed   e'  affidata  in  modo  esclusivo  alle  sue
valutazioni;
        che  la  norma  impugnata,  peraltro,  non sarebbe rispettosa
neppure  dei  limiti  alla  potesta' legislativa regionale risultanti
tanto  dal  testo  originario  dell'art. 117  Cost.,  che  da  quello
introdotto  in sede di riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione;
        che  a  partire  dall'emanazione della legge 10 ottobre 1990,
n. 287  (Norme  per  la  tutela  della  concorrenza  e  del mercato),
difatti,  la  tutela  della liberta' di concorrenza sarebbe entrata a
far  parte dei principi fondamentali della legislazione statale, alla
cui osservanza le Regioni sono tenute nell'esercizio della competenza
concorrente  nelle materie ad esse demandate; mentre, con la modifica
del  titolo  V,  la  tutela  della concorrenza costituisce materia di
competenza   esclusiva   dello   Stato,   totalmente  sottratta  alla
legislazione regionale;
        che si e' costituita nel giudizio di costituzionalita' la Geo
Nova  s.p.a., chiedendo di dichiararsi costituzionalmente illegittima
la norma impugnata, «per lo meno nella parte in cui limita l'apertura
di  nuove  discariche  di  rifiuti  speciali non tossico nocivi a chi
svolge  attivita' di produzione dei rifiuti nell'ambito della Regione
Veneto»;
        che  la  parte  privata  rileva  come  la  norma  consenta la
realizzazione di nuove discariche per rifiuti speciali esclusivamente
a  soggetti  che,  per  un  verso,  siano essi stessi «produttori» di
rifiuti  speciali;  e, per un altro verso, svolgano la loro attivita'
nell'ambito della Regione;
        che  la seconda di tali condizioni sarebbe peraltro destinata
a  cadere  automaticamente  a  seguito della sentenza di questa Corte
n. 505   del   2002,   la   quale  ha  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo,  per  contrasto  con  l'art. 120  Cost., il limite posto
dallo  stesso  art. 33  allo  smaltimento  in  discariche ubicate nel
Veneto  di  rifiuti  speciali di provenienza extraregionale (quindici
per  cento  della  capacita'  della discarica): venuto meno, difatti,
ogni  ostacolo  allo smaltimento di rifiuti «esterni», non vi sarebbe
piu'   ragione   per  impedire  l'apertura  di  nuove  discariche  al
«produttore» di rifiuti speciali operante al di fuori del Veneto;
        che,  a  sua volta, la prima condizione - per cui il soggetto
che intende aprire una discarica deve essere egli stesso «produttore»
di  rifiuti  speciali  -  si porrebbe in contrasto con la liberta' di
iniziativa  economica  privata,  garantita  dall'art. 41  Cost.,  non
essendo  ravvisabile  alcuna  ragione  di  «utilita'  sociale»  o  di
«sicurezza»  perche'  l'attivita'  di  smaltimento  non  possa essere
svolta da un soggetto esterno al ciclo di produzione dei rifiuti;
        che detta condizione violerebbe, altresi', gli artt. 10 e 117
Cost.,   giacche'  tanto  la  disciplina  comunitaria  della  materia
(contenuta   nella   direttiva   75/442/CEE,  come  modificata  dalla
direttiva  91/156/CEE),  quanto  le norme statali di attuazione della
stessa  -  dettate  dal  d.lgs.  n. 22  del  1997  e costituenti, per
espressa  previsione  dell'art. 1,  comma 2,  «principi  fondamentali
della  legislazione  statale»  -  non  solo  non prevedono affatto la
necessaria  coincidenza  soggettiva  tra  produttore  di  rifiuti  ed
esercente   l'attivita'   di   smaltimento;   ma   contemplano   anzi
esplicitamente la possibilita' di una scissione delle due figure;
        che  si e' costituita, inoltre, la Regione Veneto, eccependo,
in via preliminare, l'irrilevanza della questione nel giudizio a quo,
in  quanto  il  mancato  accoglimento dell'istanza della Geo Nova, di
approvazione  del  progetto  di  adeguamento  dell'impianto,  sarebbe
dipeso esclusivamente dal fatto che la societa' interessata intendeva
avviare  un'attivita'  di mero smaltimento di rifiuti speciali, senza
abbinarla  -  come  prescritto  dalla  norma denunciata - alla previa
produzione  di  beni  ovvero al trattamento o recupero dei rifiuti: e
cio'  a  prescindere dall'ulteriore requisito della localizzazione di
tali  attivita'  nel territorio regionale, sul quale si incentrano le
censure del giudice rimettente;
        che,  nel  merito,  ad  avviso  della  Regione,  la questione
sarebbe   comunque   manifestamente   infondata,  giacche'  la  norma
impugnata  costituirebbe  puntuale  attuazione  del principio - posto
dalla  legislazione  statale  in rapporto ai rifiuti speciali - della
specializzazione dell'impianto di smaltimento, integrato dal criterio
della   prossimita',   al  fine  di  ridurre  il  piu'  possibile  la
movimentazione  dei  rifiuti  (art. 5,  comma 3,  lettere  b e c, del
d.lgs. n. 22 del 1997);
        che la disposizione in parola, d'altro canto, non inciderebbe
sulla liberta' di iniziativa economica privata o sul diritto previsto
dall'art. 120  Cost.,  non  stabilendo alcun ostacolo all'apertura di
nuove  discariche da parte di soggetti residenti in altra Regione, ma
semplicemente  limitando  tale  facolta' a coloro che gia' esercitano
nel  territorio  regionale  un'attivita'  interdipendente;  ne'  essa
inciderebbe  sulla  competenza  esclusiva  dello  Stato in materia di
tutela della concorrenza, prevista dall'art. 117 Cost;
        che  si e' costituito nel giudizio di costituzionalita' anche
il Comune di Vedelago - intervenuto autonomamente nel primo grado del
giudizio  a  quo  ed  evocato quindi in sede di appello - il quale ha
eccepito, in via preliminare, l'irrilevanza della questione sotto due
distinti profili;
        che, anzitutto - secondo il Comune - il giudice a quo avrebbe
motivato in modo difforme la rilevanza della questione nella sentenza
parziale  n. 5035  del  2003  e  nell'ordinanza  di rimessione: nella
sentenza,  in  base  al  rilievo  che,  in  caso  di dichiarazione di
incostituzionalita'  della norma impugnata, sarebbe potuto riemergere
l'interesse  della  Geo  Nova alla decisione nel merito del primo dei
due  ricorsi da essa proposti, dichiarato improcedibile dal Tribunale
amministrativo  regionale;  e  nell'ordinanza,  invece,  in  base  al
diverso  assunto  che  «il provvedimento regionale impugnato si fonda
sulla norma ora in questione»;
        che  di  fatto, pero', il Consiglio di Stato non soltanto non
ha  sospeso  il  giudizio, per la parte in cui verteva sulla delibera
della  Giunta regionale del 2000, applicativa della norma denunciata;
ma  ha  anzi  pronunciato  sentenza  parziale di rigetto dell'appello
avverso  il  relativo capo di sentenza: sicche', per questa parte, la
questione risulterebbe ormai «esaurita»;
        che  il  giudice  rimettente  avrebbe sospeso, per contro, il
giudizio  sulla  parte  relativa  all'originario  primo  ricorso,  in
rapporto  al  quale,  pero',  la  disposizione censurata non potrebbe
comunque  venire  in considerazione: e cio' sia perche' detto ricorso
riguardava  un  provvedimento antecedente all'emanazione della norma;
sia,  e  comunque,  perche'  nella  sentenza parziale il Consiglio di
Stato  avrebbe accertato incidentalmente, con efficacia di giudicato,
che  l'originaria  autorizzazione  del 1991 era stata, medio tempore,
revocata  integralmente  da  due provvedimenti regionali del 1999, ai
quali  l'appellante  aveva  prestato acquiescenza: con la conseguenza
che  l'interesse  dell'appellante  alla  decisione nel merito di tale
primo  ricorso  -  volto  a contestare una dichiarazione di decadenza
parziale    della    predetta    autorizzazione   -   sarebbe   ormai
definitivamente venuto meno;
        che,  in  secondo  luogo,  poi,  il  giudice  a  quo  avrebbe
censurato  l'art. 33  della  legge della Regione Veneto n. 3 del 2000
solo nella parte in cui postula un «requisito di collegamento» con il
territorio  regionale  dei  soggetti  abilitati all'apertura di nuove
discariche:   requisito   che,  peraltro,  non  verrebbe  affatto  in
considerazione  nella fattispecie concreta, dato che il diniego della
Regione  Veneto  e'  stato  motivato  con  il  difetto  del  distinto
requisito  dell'abbinamento dell'attivita' di smaltimento a quella di
produzione ovvero di trattamento o recupero dei rifiuti;
        che,   nel   merito,   il   disposto  della  legge  regionale
risulterebbe - sempre ad avviso del Comune - del tutto ragionevole, e
comunque  perfettamente  congruente con la norma - principio statale,
vigente  al  momento della sua adozione, la quale vietava di smaltire
in  discarica,  a  partire  dal  1° gennaio  2000, rifiuti diversi da
quelli  riconducibili  a  categorie  tassativamente indicate (art. 5,
comma 6, del d.lgs. n. 22 del 1997);
        che  la  norma  impugnata avrebbe inteso difatti attuare tale
previsione  stabilendo,  in  sostanza,  che  le  nuove discariche per
rifiuti  speciali debbano essere asservite ad impianti di trattamento
e  recupero  (c.d.  piattaforme  polifunzionali), idonei a ridurre il
piu'  possibile  il  volume  e la pericolosita' dei rifiuti destinati
alla  discarica:  obiettivo, questo, che verrebbe perseguito nel modo
piu'  razionale  proprio  imponendo al soggetto che intende aprire la
discarica  di  realizzare,  contestualmente,  i  connessi impianti di
pretrattamento o recupero;
        che  nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  la Geo Nova e la
Regione  Veneto  hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive
tesi difensive;
        che  la  Geo Nova ha in particolare contestato l'eccezione di
inammissibilita'  della  questione  sollevata  dalle  parti  avverse,
assumendo  che  con  la  sentenza  parziale  il Consiglio di Stato si
sarebbe  pronunciato esclusivamente sul motivo di appello relativo al
carattere   di   novita'  della  discarica  di  cui  al  progetto  di
adeguamento  presentato  da  essa appellante, costituente la premessa
fattuale  di applicabilita' della norma denunciata: prospettiva nella
quale  il  quesito  di costituzionalita' rimarrebbe rilevante ai fini
della decisione di ambedue i ricorsi.
    Considerato  che  il Consiglio di Stato dubita della legittimita'
costituzionale  dell'art. 33,  comma 1,  della  legge  della  Regione
Veneto  21 gennaio  2000,  n. 3, censurando segnatamente che la norma
denunciata  -  in  contrasto  con  gli artt. 3, 41, 117 e 120 Cost. -
istituisca  in danno dei soggetti diversi da quelli in essa indicati,
solo  perche'  privi di determinati «requisiti di collegamento con il
territorio della Regione Veneto», un limite ostativo allo svolgimento
dell'attivita'  di  apertura  e  gestione  di  discariche per rifiuti
speciali nella predetta Regione;
        che l'ordinanza di rimessione motiva la rilevanza del quesito
di   costituzionalita'   con   l'esclusiva   considerazione  che  «il
provvedimento regionale impugnato» nel giudizio a quo «si fonda sulla
norma  ora in questione, il cui eventuale annullamento, per l'effetto
retroattivo  che gli e' proprio, priverebbe il provvedimento medesimo
del presupposto normativo legittimante»;
        che,  peraltro,  alla  stregua  delle premesse in fatto della
stessa  ordinanza,  fra  i due provvedimenti regionali in discussione
nel  giudizio  principale, il solo che si fonda sulla norma censurata
e' la deliberazione della Giunta regionale del 2000, con cui e' stato
respinto   il   progetto   di  adeguamento  dell'impianto  presentato
dall'appellante;
        che,  sempre  nelle  premesse  in  fatto  dell'ordinanza,  si
riferisce,  d'altro  canto,  che il giudice a quo, con coeva sentenza
parziale,  ha  rigettato  l'appello avverso il capo della sentenza di
primo   grado  relativo  all'impugnazione  della  predetta  delibera:
esaurendo  cosi',  alla  luce  di tale indicazione, il proprio potere
decisorio  al  riguardo,  con conseguente difetto di pregiudizialita'
della questione (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 215 del 2003; n. 264
e  n. 67  del 1998); mentre ha ritenuto di non poter decidere, stante
il  dubbio  di  costituzionalita',  sull'altro  capo della  pronuncia
appellata,  concernente  la  delibera  di  Giunta  del 1998 che aveva
dichiarato   decaduta   l'approvazione  dell'originario  progetto  di
discarica  dell'appellante, nella parte in cui costituiva concessione
edilizia: delibera che peraltro non si basa sulla norma denunciata;
        che  il  giudice  rimettente,  inoltre  -  pur  impugnando il
comma 1 dell'art. 33 della legge regionale de qua nella sua interezza
-  svolge  le  sue censure con esclusivo riferimento ai «requisiti di
collegamento»  con  il  territorio  regionale  postulati  dalla norma
impugnata;  e  non  anche  con riguardo al requisito concorrente, ivi
parimenti  previsto,  del  necessario  abbinamento  dell'attivita' di
smaltimento  dei  rifiuti con quelle di produzione (lettera a) ovvero
di trattamento o recupero (lettera b) dei rifiuti stessi;
        che l'ordinanza di rimessione non specifica, peraltro, se nel
giudizio  a  quo i censurati requisiti di localizzazione territoriale
vengano  effettivamente  in  rilievo  (tra  le  parti  costituite nel
presente  giudizio  e'  invero pacifico che la societa' appellante ha
sede  legale  ed  operativa  in  Veneto,  e  che  il  suo progetto di
adeguamento e' stato respinto dalla Regione per difetto del requisito
del   necessario   abbinamento  di  attivita);  ne',  d'altra  parte,
l'ordinanza  argomenta  circa  l'eventuale  inscindibilita'  dei  due
gruppi  di  requisiti  in  discorso,  avuto riguardo alla complessiva
architettura della norma;
        che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l'ordinanza
di    rimessione    deve   contenere   un'esposizione   autonoma   ed
autosufficiente   delle   ragioni  della  ritenuta  rilevanza  e  non
manifesta  infondatezza  della  questione  sollevata,  senza  che  la
relativa   motivazione   possa   venir  sostituita  o  integrata  dal
riferimento  ad  altri  atti  o  provvedimenti, ancorche' inerenti al
medesimo  giudizio principale (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 59 del
2004;  n. 317 e n. 60 del 2003): sicche', a prescindere da ogni altro
rilievo,  vanno  comunque  disattese  le  tesi  difensive delle parti
costituite,  volte a prospettare - peraltro in direzioni contrapposte
-  l'esigenza di integrare o «correggere» la motivazione dell'odierna
ordinanza  di  rimessione  attingendo  ai  contenuti  della  sentenza
parziale dianzi ricordata;
        che    la   questione   deve   essere   pertanto   dichiarata
manifestamente inammissibile.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 33, comma 1, della legge della
Regione  Veneto  21 gennaio  2000,  n. 3  (Nuove  norme in materia di
gestione  dei  rifiuti),  sollevata, in riferimento agli artt. 3, 41,
117  e 120 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza
in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2005.
                      Il Presidente: Capotosti
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 26 maggio 2005.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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